Читать книгу Documenti Umani - Federico De Roberto - Страница 10
III.
ОглавлениеEgli aveva voluto tornare a Napoli, rivederla in quel quadro dove prima gli era apparsa, rifare a passo a passo—ora—il cammino percorso dal giorno che l'aveva conosciuta. Ella assecondava tutti i suoi capricci, non aveva più volontà propria; gli si era data tutta, anima e corpo, il giorno che aveva indovinato ciò che era passato nel cuore di quell'uomo, la religione che le aveva dedicata dal profondo dell'anima; il giorno che, dopo tanto accumularsi di tristezze, la passione di quell'uomo l'aveva fatta rinascere all'amore.
A Napoli, ella aveva completamente mutato il suo sistema di vita; con abili pretesti si era sbarazzata della folla che prima le stava attorno; evitava le visite, i teatri, ogni luogo di riunione. Suo zio di Marciano e il duca di Majoli erano le sole persone che ancora vedesse. Vecchio, un po' sordo, vivente con lo spirito in un tempo che non era più il suo, il principe di Marciano non dava ai due amanti fastidio di sorta.
Quanto al duca, non una parola, non un accenno aveva dimostrato che egli conoscesse quel che era accaduto; non una contrazione aveva rivelata l'angoscia che gli stringeva il cuore…. Era dunque vero? Egli amava la baronessa? L'amava d'amore? La sua esperienza non lo aveva dunque avvertito che quell'amicizia avrebbe dovuto dar luogo ad un sentimento diverso?… No; egli non se ne accorgeva ora soltanto; non se ne accorgeva soltanto al dolore di cui la felicità di Andrea Ludovisi gli era cagione; da molto, da lungo tempo, scendendo nell'intimità della propria coscienza, egli aveva scoperto quel sentimento più dolce, più forte, più grande, che vi germinava nascostamente. Però, il predominio che egli aveva imparato ad esercitare su di sè stesso, la nitidezza di percezione che aveva acquistata nelle cose del cuore, a prezzo di sangue, lo avevano retto, impedendogli di spinger oltre l'avventura; di fare, con la propria, l'infelicità di quella donna.
Al punto in cui i dolori provati lo avevano ridotto, non rimaneva in lui che una sola, ma grande capacità sentimentale: la commiserazione pietosa per tutte le miserie umane. Ora, nella calma relativa in cui sapeva la baronessa, gli sarebbe parso un tradimento, un delitto, il tentar di turbarla; e perchè, se non per soffrire nuovamente egli stesso? V'erano troppe amarezze nella vita di quella donna che, presto o tardi, avrebbero avvelenata ogni possibile gioia; e la pena provata dal duca dinanzi alla trionfante passione di Andrea, in cui la baronessa aveva riposta l'ultima fede della sua vita, si risolveva più nella previsione dei nuovi tormenti che le si preparavano, che nella sua personale contrarietà.
Già quando Andrea Ludovisi si era rivolto a lui, nell'occasione del duello col cavaliere di Sammartino, egli non aveva potuto nascondere il proprio rammarico, vedendo le cose avviarsi per una china fatale. Ed aveva rifiutato di assistere l'amico, quasi pauroso di farsene complice. Dinanzi alla felicità degli amanti, più tardi, egli si domandava qual dritto finalmente avesse a costituirsene giudice; e dimenticava la propria pena nello spettacolo dell'altrui esultanza. Ma la ripresa delle ostilità, nel mondo, contro la baronessa, aveva ben presto fatto rinascere in lui i più tristi presentimenti sul prossimo avvenire dei due amanti; ed una volta, discutendo con Andrea, in un modo generale e teorico, sulla sincerità umana, gli aveva dette delle parole che suonavano come un'ammonizione.
—Sì, noi crediamo ogni giorno di esser sinceri; soltanto non vogliamo accorgerci che la credenza di oggi fa a pugni con quella di ieri…. Oggi, che tu credi di amare qualcuno, lo stimi; le sue stesse debolezze ti sembrano interessanti, te lo fanno più caro; lascia mutare per poco la tua disposizione di spirito, e ti parrà la cosa più naturale il rinfacciargliele come una colpa.
—Sta bene, quando la disposizione di spirito è capace di mutare. Ma vi sono dei sentimenti che non si possono spegnere se non a costo della stessa vita….
—Allora si soffre, e si fa soffrire. La saggezza consisterebbe appunto nel soffocarli a tempo.
Andrea Ludovisi guardò curiosamente il duca di Majoli. Aveva compresa l'allusione, e non supponendo che quel giudizio potesse essere disinteressato, sospettò un momento che glie ne volesse per la sua riuscita presso Costanza di Fastalia; che fosse, infine, un poco geloso…. Poi scacciò il suo sospetto, rimproverandosi di averlo concepito. La più grande dirittura si leggeva negli sguardi dell'amico; egli ne conosceva l'antica nobiltà dell'animo, ed aveva potuto apprezzare tutta la delicatezza, il rispetto, la stima, la protezione di cui aveva circondata la baronessa.
Perchè, intanto, il duca non voleva credere—era evidente—alla sincerità dell'amor suo? Perchè la stessa Costanza aveva talvolta l'aria di dubitarne?
—Come è possibile,—diceva ella,—che tu mi ami così?… Come sono indegna dell'amor tuo!…
—Tu, indegna?…—ed aveva dato in uno scoppio di risa.—Ah! ah!… Ma non vedi dunque che è incredibile per me quel che succede? Che non è vero, che non può esser vero che tu mi ami, poichè io non ho nulla per essere amato da te? Tu, indegna, tu?…
—Ah, se sapessi….
Ma, come ogni volta che ella accennava al proprio passato, Andrea
Ludovisi le chiudeva la bocca con un bacio.
—Taci, taci!… Che cosa vorresti dirmi? di chi vorresti parlarmi?…
Non esiste che una sola Costanza, la Costanza mia….
Nel salotto, sul tavolo di legno intarsiato e ornato di borchie metalliche, il ritratto della baronessa Costanza stava esposto, insieme con altri di famiglia, nel porta-ritratti di peluche rosso aperto a foggia di paravento. Egli le diceva:
—Guarda dunque: questa non sei tu, è un'altra donna, completamente diversa. Dov'è il sorriso che ora ti luce negli occhi?… È un'altra donna!… Io vorrei il tuo ritratto; ma come sei ora, ora che sei mia, comprendi?…
Avevano convenuto di incontrarsi da Montabone, come per caso; ma come Andrea Ludovisi andò a trovare la baronessa, dopo averle espresso quel desiderio, ella gli si fece incontro con un'aria festosa.
—Una sorpresa!
Costanza dischiuse il piccolo cofanetto di raso azzurro dalla chiave dorata, che stava sull'étagère.
—Ecco l'imagine ridente…. di quella che fui una volta!
Andrea guardava il ritratto, la figura quasi infantile di quella donna in veste bianca, circonfusa di veli; e alzando gli occhi verso di lei, chiese con un accento di incredulità:
—Questa?… Sei tu?…
—Ero…. quindici anni or sono! È il ritratto fatto durante il mio viaggio di nozze.
Con un sospiro, era andata a gettarsi sul divano semicircolare disposto in un angolo del salotto. Stette a lungo, pensosa, con la testa appoggiata sulla palma della destra. Poi, scuotendosi, visto che egli non veniva a raggiungerla, chiamò:
—Andrea!
Non ottenne risposta. Immobile, tutto nero sullo sfondo luminoso della finestra, egli guardava ancora il ritratto.
—Andrea!…—e, levatasi, gli si avvicinò. Mute, grosse, luccicanti, le lacrime gli sgorgavano dagli occhi spalancati, gli rigavano le guancie, cadevano una dopo l'altra sulle mani leggermente tremanti.
—Andrea!…. Andrea mio!… Guardami, che cosa è stato?… Ma guardami!
Più grosse, più spesse, le lacrime continuavano a sgorgargli dalle palpebre gonfie. Ora, dei singhiozzi gli salivano alla gola, lo scuotevano tutto, gli scomponevano il viso.
—Lasciami…. lasciami….
—Ma perchè, Signore Iddio, perchè?
Ella lo aveva trascinato verso il divano, dove era caduta di peso, quasi piangente anche lei. Allora egli le si era messo in ginocchio dinanzi, asciugandosi gli occhi con la sua veste, un lembo della quale portava di tratto in tratto alle labbra.
—Perdonami!… Ti ho fatto male?… Ma il vedere quel ritratto…. l'imagine della Costanza di un altro…. Ora è finito, guarda; è proprio finito.
—Allora, dammi quel ritratto.
—Ah, no!
Egli lo aveva portato con sè, lo aveva nascosto gelosamente, e un irresistibile impulso lo persuadeva a rivederlo. Dinanzi a quella figura, la crisi di pianto si rinnovava, ogni volta. Una tenerezza amara lo vinceva al pensiero di quella sposa, di quella vergine che entrava appena nella vita, lieta, confidente, e che un tenebroso avvenire insidiava. Quali sogni dorati avevano spiegato le loro seduzioni dietro quella fronte purissima? Quali gioconde visioni si erano svolte dinanzi a quegli occhi ridenti?… Ahi! uno spettacolo di miserie, di tristezze, di dolori, si era presentato in cambio dei lieti sogni; e come lungamente, come amaramente quegli occhi fatti per rispecchiare il sorriso dei cieli avevano pianto!… E non poter nulla contro tutto ciò; non poter nulla lui che avrebbe dato la vita per vederla sorridere!… Se fosse stato possibile tornare indietro cogli anni, rivedere vivente quella figura che cominciava a sbiadirsi; amarla e farsene amare, dedicarle tutto sè stesso!… Ahimè, ciò che era stato, era stato fatalmente, irremediabilmente. Qualcuno, un altro, aveva colto il candido fiore di quell'anima, lo aveva profanato, lo aveva calpestato….
E poi?