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II.

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—Vedete?—disse l'ingegnere Ferrieri al suo giovane amico Paolo Dinolfi, appena questi ebbe finito di leggere.—Vi sono anche dei documenti umani che depongono per l'esaltazione, per il lirismo, per l'idealità, per tutto ciò che voi fate presto a negare quando avete esclamato: rettorica!

—Permetta,—interruppe il Dinolfi, ripiegando con cura il manoscritto e posandolo sul tavolo.—Io non ho negata la rettorica; ho detto soltanto che la rettorica non è la verità!

—Oh, bene! E se noi cominciassimo a intenderci sul significato dei vocaboli? La verità! Quale verità? Vi è una verità reale, e ve n'è una ideale…. A vostra volta voi mi domanderete di spiegarvi queste altre grosse parole. È semplicissimo; io non uscirò dai limiti dell'etimologia. Reale è il mondo delle cose, ideale è il mondo delle idee. Ora una idea, un sentimento, un fatto psichico è nel vero allo stesso titolo di una cosa, di un avvenimento, di un fatto fisico. Una concezione spirituale esiste con lo stesso diritto di un oggetto materiale; si potrebbe anche dire: con un diritto più legittimo—poichè il mondo esteriore non ci si rivela che per via di imagini interne….

—Una lezione di psicologia?

—Avete ragione; ma perchè avete torto! Torniamo all'argomento. Io ho letto, per esempio, tutti i vostri libri; essi lasciano un sapore molto amaro—vi hanno perfino fatto una colpa del vostro pessimismo! Ora, che cosa direste voi se io affermassi che questo vostro pessimismo deriva da una persuasione di dolore, non da un dolore veramente provato? Mi rispondereste che credere di soffrire val quanto soffrire realmente! Non è vero? E voi mi dareste causa vinta!… Perchè di tutte queste dolci e torturanti credenze, dell'amore, della poesia, dell'ideale, noi siamo tutti capaci; perchè vi sono dei momenti in cui tutta la nostra anima vibra come se fosse per spezzarsi, in cui soltanto l'inverisimile è vero; perchè, malgrado i nostri capelli bianchi, malgrado la severità dei nostri studii, noi piangiamo se una canzone echeggia da lontano, nell'ora del tramonto, e daremmo—che cosa?—per poter fare ancora della rettorica!…

Paolo Dinolfi guardò un momento negli occhi l'ingegnere Ferrieri.

—Lei può dunque garantirmi l'autenticità di questo documento?

—Ne dubitate ancora? Ma io non posso darvi che la mia parola! È un'antica storia, ignorata da tutti. La donna è morta, sono molti anni….

—E l'uomo?—interruppe l'altro.

—L'uomo,—rispose l'ingegnere, dopo un momento di esitazione—l'uomo che passava quella notte a scrivere la sua confessione, e che, all'alba, dopo aver baciato lievemente in fronte i suoi cari, usciva armato del suo revolver, ben deciso a farla finita appena avrebbe provveduto al recapito della sua lettera, l'uomo è qui, dinanzi a voi…. Oh, per carità, non sorridete; mi fate male!… Ascoltate; io vi dirò ancora qualcosa, da cui potrete argomentare la mia sincerità!… Non sapete dunque, caro romanziere, che noi proponiamo, ma che bisogna fare, in ogni circostanza, la parte del Caso? Nel ritardo di un minuto può esservi la perdita o la salvezza di un uomo. Ora, un minuto si può perdere in un modo volgarissimo; basta, per esempio, una saccoccia sdrucita, una lettera che vi caschi dalla saccoccia, una persona che vi corra dietro a riportarvi la vostra lettera…. E se questa lettera è stata da voi scritta col cuore sanguinante e con la mente smarrita, potrà nascere in voi la tentazione di rileggerla quando la freschezza pungente del mattino avrà sedato la vostra esaltazione…. Allora, in mezzo al ridestarsi delle attività umane dopo la salutare tregua della notte; allora, dinanzi allo spettacolo della più minuta e prosaica realtà—le vacche della lattaia, il carro delle immondizie—voi potrete sentire come una doccia ghiacciata sferzarvi la schiena, e giudicare precisamente rettorica le vostre lacrime della notte…. Voi non le avrete meno versate per questo! Voi non le sentirete meno gonfiarvi gli occhi quando, molti anni dopo, rimesterete tutte queste cose intime e dolorose dinanzi a un amico….

In quel momento, una voce argentina squillò nella grande stanza da studio.—È permesso?—e una bambina di circa dieci anni, un mucchio di rose fra carnagione e vestito, si fermò sull'uscio tenendo un grosso rotolo di carte fra le braccia, interdetta alla vista di un estraneo.

—Avanti, Vannina; su via! Hai paura dei miei amici?

—Hanno portato questo per te—e la piccola miniatura di donna non levava gli occhi curiosi di dosso a Paolo Dinolfi.—E dice la mammina che lei è pronta per andar fuori….

—Prega la mammina di andar sola per oggi—rispose l'ingegnere, dopo aver dato un'occhiata alle carte.—Ho qui un bel da fare. Tu le terrai buona compagnia.

E l'ingegnere Ferrieri, attirando a sè la figliuola, le stampò due grossi baci sulle guancie.

—Non ha un altro bambino?—chiese premurosamente il Dinolfi che a quella piccola scena si era sentito intenerire.

L'ingegnere si passò una mano sulla fronte.

—È morto, compie ora un anno! Me l'ha portato via la malattia che infierisce in questo povero paese, la stessa che portò via la mia buona mamma. Non sapete che noi siamo qui ogni giorno in pericolo di vita? È urgente provvedere al rimedio, e questo è ora il mio gran da fare; un progetto di sistemazione del sottosuolo della città, in modo da evitare l'inquinamento delle acque. Bisognerà adottare un nuovo tipo di fogne…. Ecco la prosa che viene a interrompere la poesia della nostra comunione spirituale…. Vedete, mio caro romanziere? Esse sono nel vero entrambe!

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