Читать книгу Il Re prega - Ferdinando Petruccelli della Gattina - Страница 6
ОглавлениеBambina si acconciò ed uscì. Era gaia. Si sedè vicino il fuoco e si cioncò il cioccolatte, mentre i famigliari del conte portavan via i bauli ed i pacchi alla corriera. Nessuno parlava.
Bambina cercò il gatto per dargli un pezzetto del suo pan burrato. Il gatto era scomparso. Bambina cominciò a perdere il suo contegno calmo. Il cane restava al suo posto. Il conte gli fece passare un collare per condurselo a casa. Bisognò trascinarlo, strangolarlo, prenderlo in braccio per distaccarlo dalla casa. Non mordeva, gemeva come una Maddalena. Ciò scosse Bambina. I suoi occhi si umettarono. Infine bisognò lasciare quella dimora.
Don Diego ne uscì il primo, a passo fermo ma celere. Non osò voltarsi indietro. Era eccessivamente pallido. Le sue mani ed i suoi labbri tremolavano; la sua parola era male articolata. Bambina fece il giro della casa, ne uscì a passi lenti; ma, varcando la soglia, le sue lagrime esplosero, il singhiozzo la soffocò. Si sentì annichilita. Le parve mettere il piede sul vuoto e rotolar nell'abisso. Il conte le prese paternamente la mano, le diede il braccio, e la tolse via da quella porta ove la era caduta a ginocchio. Don Diego era partito e tirava su senza fermarsi. Premeva la mano sul cuore per reprimervi la tempesta. Bambina, annegata nelle lagrime, disse addio al conte e salì in vettura. Don Diego si fermò un istante per susurrare all'orecchio del conte:
—Al capezzale del mio letto, sotto i mattoni, è la cassa dei mille fucili che sapete. Li farete trasportare a Cammarota, al P. Giuseppe da Saponara, che ne conosce già il destino ulteriore o che gli sarà comunicato a suo tempo da Carduccio. Coraggio e costanza!—Dite a Tiberio di esser prudente. Bisogna esporre la vita, ma non isciuparla per nulla.
—Sarà mia cura. Addio.
—A rivederci in tempi più prosperi.
Don Diego salì nel veicolo e si partì.
La carrozza veniva di Calabria. Vi erano nell'interiore un capitano di gendarmeria e la madre di un giovane di Gerace, che era stato condannato a morte per delitto politico. La povera madre andava a dimandare la grazia al re…. mentre un generale lo faceva fucilare in una corte di prigione!
Il capitano era un padre di famiglia che esercitava il suo tristo mestiere per dar del pane ai figliuoli, bravo uomo, compito, avendo un fratello capo di ripartimento al ministero del Culto, disgustato delle sue funzioni, agendo male, pensando bene. Il capitano Taffa si mostrò pieno di attenzioni per le due signore e cordialissimo verso il prete.
Don Diego non aveva mai viaggiato; usciva per la prima volta dalla sua terra. Il tancheggio della vettura dava il mal di mare a Bambina. Ella si covigliò nel suo canticello, pallida come morta, sentendosi morire, e provò di dormire. Si apersero tutti gli sportelli per darle aria. La signora calabrese se la poggiò sul petto maternamente. Alla prima salita sullo stradale si scese di cocchio, e ciò sollevò Bambina quantunque non stesse bene il giorno intero.
Il fratello della dama calabrese, che aveva ceduto il suo posto a Bambina, ed un cappuccino, occupavano la predella del cocchiere che si appollaiava sulle stanche.
Grazie alle spallette del capitano tutto andò a modo. Il cocchiere camminò bene. Negli alberghi si ebbe pronto e pulito servizio. I mendicanti del cammino accompagnarono la vettura per una mezz'ora solamente, pigolando, assassinando i viaggiatori di Eccellenza! di rinfrescate le anime del Purgatorio! di obbligate la S. Vergine! Il prezzo dei desinari fu discreto. Si ottennero lenzuola nette ai letti, una tovaglia senza chiazze a tavola, dei maccheroni cotti al punto. Le serve spinsero la deferenza verso la cocolla e verso l'uniforme fino a mettere una camicia di bucato, quantunque non si fosse che al venerdì e ne avessero già messa una la domenica. I carrettieri ebbero la delicatezza di cedere un po' di posto accanto al fuoco. Lo zoccolante offrì del tabacco da naso a tutti, non escluse le donne, e si ostinò a voler confessare le serve. Io credo ch'e' si lavò perfino le mani prima di mettersi a tavola; perocchè tutti i viaggiatori della stessa vettura desinavano insieme.
La prima sera si fe' alto a Sala. Aveva piovuto quasi tutta la giornata. Si era in marzo. Il cielo carreggiava dei grossi nuvoloni grigi, neri, bianchi, che voltolavano come le onde del mare sotto il soffio di un freddo rovato. La strada era malinconica, senza orizzonte,—eccetto la catena degli Apennini, l'Alpi, il monte Sireno vicino Lagonegro, che ammantellato interamente di neve, sembrava nondimanco come a scorruccio. Se il cappuccino non avesse intonato di tempo in tempo un Dominus vobiscum! con una bella voce di basso, se il cocchiere non avesse di tempo in tempo zufolato e canticchiato una strofa della canzone Graziella, nulla avrebbe sgrinzita la serietà, il lugubre anzi dei viaggiatori. Ciascuno aveva un pensiero, peggio ancora forse, un dolore che lo ripiegava in sè,—tranne il cappuccino che da un lercio convento di Calabria andava a pascolo nel ricco convento di Eboli. Si riparò a letto di buon'ora, appena dopo cena.
Il domani, aprendo le finestre, si poteva credersi sulle sponde dell'Oceano. La nebbia copriva la pianura di Diano, ed il vento l'agitava come i flutti in tempesta. La notte però aveva nevicato.
I viaggiatori, nel secondo giorno, si mostrarono più comunicativi. Si avvicinavano ancora di una tappa alla meta delle loro speranze. Pochi alberi nella campagna. Sulle colline pietose qualche pianta malaticcia di olivo, lacera per vecchiezza.
La dama calabrese raccontò allora perchè si recasse in Napoli, perchè era vestita a lutto, perchè piangesse in silenzio e non schiudesse le labbra, perchè dei singhiozzi profondi la strangolassero anche quando i suoi occhi erano asciutti. La parola di questa povera madre gettò il terrore tra i viaggiatori. Lo stesso francescano si tacque e sporse la sua tabacchiera alla dama. Il capitano arrossì. Don Diego impallidì. Bambina avvinghiò le sue braccia attorno al collo della povera madre, l'abbracciò e pianse con lei.
Al ponte di Campestrino, il capitano, ad un tratto, chiuse di autorità gli sportelli della carrozza per la ragione seguente.
In questo sito, i briganti svaligiavano spessissimamente i viaggiatori. Il governo vi aveva fatto piantare delle palanche, e su queste si erano esposte le teste mozze dei briganti impiccati. Il capitano volle sottrarre alla vista della povera madre quelle teste di condannati. Ei si curò poco di orbare i viaggiatori dello spettacolo di quel ponte monumentale, uno dei più belli d'Europa, che congiunge due colline, anzi due montagne. L'architetto, secondo la leggenda, avendo domandato a re Nasone, che volle visitarlo stando a caccia a Persano, come trovasse l'opera sua, re Ferdinando rispose:
—Eccellente.
—Sire, ne sono incantato.
—Qualche cosa vi manca però, riprese quel re beffardo.
—Che cosa, sire?
—La tua testa.
Il ponte aveva costato tre milioni. Gittandolo un po' più in su, l'architetto avrebbe risparmiato allo Stato tre quarti della somma. Ma egli avrebbe altresì guadagnato di meno. L'osservazione del re, pur troppo giusta, lo spaventò: quindi a poco morì di paura!
A mezzodì il sole comparve e si salì a piedi l'erta a picco dello Scorzo, altrettanto per alleggerire i cavalli che per sdolenzirsi. Faceva freddo. Le montagne di Postiglione erano belle nelle loro bianche drapperie dorate, da raggi ridenti. L'Olborno abbarbagliava. Il Sele travolgeva flutti torbidi e corrucciati. La foresta di Persano, caccia reale, sembrava un'immensa macchia nera nel mezzo del piano, ove degli olivi grossi come querce secolari, screpolati, fessi, attortigliati, mutilati come invalidi, popolano la campagna di Eboli. Ai lembi della pianura, sulle sponde del mare. Pesto. Alla vetta della montagna di Scorzo, i viaggiatori scorsero in lontananza, come un'immensa lamina arancio ed azzurro, il mare e le montagne di Amalfi.
Ad Eboli il cappuccino si fermò. Il capitano si fermò a Salerno. Però egli scrisse, alla matita, due parole a suo fratello per raccomandargli Don Diego. E grazie a lui, il calesse che doveva condurre i viaggiatori a Napoli fu trovato immantinente, ed il cocchiere fu obbligato a mostrarsi ragionevole e cortese.
Vi sono delle circostanze in cui il despotismo si benedice!
Si giunse a Napoli la sera. Il cocchiere depositò le sue vittime in una locanduccia del Pendino.
Un'ora dopo, il barone di Sanza stringeva la mano del suo compaesano.