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CAPITOLO VII

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Come la ninfa Lippea fu coronata della ghirlanda, che avea vinta.

Per questo Lippea bella è disdegnosa;

e perché vinta gli parea a ragione

quella grillanda tanto preziosa,

andò piangendo all'alta dea Iunone,

5 dicendo a lei:—Perché le paraninfe,

che vengon dietro a te, cosí abbandone?

Queste silvestre e queste rozze ninfe

di dea Diana, tra' boschi assuete

e tra li scogli e valli e tra le linfe,

10 perché han vinto il cervo, stanno liete

e stan superbe e fan di noi dispregio

con beffe e riso e con parol secrete.

Perché a me, che son del tuo collegio,

la mia vinta corona mi si nega?

15 Io 'l dico per l'onor e non pel pregio.

Se il pregio mio, regina, non ti piega,

mover ti debbe la mia compagnia:

vedi che ognuna per me te ne prega.—

Iunon alquanto a ciò sorrise pria,

20 e poi benigna a lei la man distese,

dicendo:—Usar convien qui cortesia.

Dacché Diana tien questo paese,

e noi venimmo ad onorar sua festa,

ben è che 'nverso lei io sia cortese.

25 La tua vittoria a tutte è manifesta,

e tutte veggon ch'è tua la grillanda

e che l'emula tua perde la 'nchiesta.

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Ma va' a Diana ed a lei la domanda:

cosí a me piace e voglio che si faccia

30 da te e dall'altra ciò ch'ella comanda.—

Allora andò con reverente faccia

e disse a lei:—O figlia di Latona,

con reverenza io prego che ti piaccia

che mi sia data la vinta corona;

35 tu sai, Diana, che secondo il patto

debbe esser mia, e ragion me la dona.—

La dea rispose a lei con benigno atto:

—D'allora in qua, Lippea, bene ti vòlsi,

che festi alla grillanda sí bel tratto.

40 Del cervio la vittoria io ti tolsi;

quand'egli cadde, io gli rendei la lena,

e su levato alle mie ninfe il volsi,

ché di perder le vidi aver gran pena;

ond'i', a pietá commossa, alla lor parte

45 il feci andar a prego di Lisbena.

Né questo feci per ingiuriarte,

ma perché scaccia invidia e serva amore

sempre l'onor che insieme si comparte.—

E poi la 'ncoronò con grande onore

50 e nel carro la pose seco appresso,

con la grillanda di tanto valore.

Iunon, che stava non molto da cesso,

diede a Lisbena un arco d'unicorno

per premio della caccia a lei promesso,

55 tutto smaltato d'un bianc'osso eborno,

e d'una pelle d'orso un bel carcasso

fulcito tutto d'oro intorno intorno.

Diana intanto il carro a passo a passo

mosse verso Iunon; e, giunta a lei,

60 riverenza gli fe' col capo basso,

dicendo:—O gran regina delli dèi,

Lippea, che sta meco qui presente,

tanto m'è grata e piace agli occhi miei,

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che, se a te piace ed ella me 'l consente,

65 prego che facci che meco rimagna

insino all'altra festa rivegnente

e non sia grave a lei nostra montagna;

ché meco la terrò non come ancella,

ma come mia carissima compagna.—

70 La dea assentío ed anche Lippea bella;

e l'altre ninfe ne fenno allegrezza,

mostrando ognuno insieme esser sorella.

E tutto il loco s'empí di dolcezza,

di canti e balli su nel verde prato,

75 il quale ha ben sei miglia di larghezza.

Cupido, ed io con lui, stava occultato;

e dalle dèe sí poco er'io distante,

ch'io intendea lor parlar da ogni lato,

quando l'Amor mi disse:—Tutte quante

80 le ninfe hai viste; or, dimmi, qual tu vuoi?

a qual ti piace piú esser amante?—

E detto questo, d'un de' dardi suoi

d'oro ed acceso mi percosse il petto,

e beffeggiando se ne rise poi.

85 Ed io a lui:—Il grato e bello aspetto

della gentil Lippea tanto eccede,

che nulla paion l'altre a lei rispetto.

Ma perché non è esperta, non s'avvede

ch'io l'ami e che di lei m'abbi ferito,

90 e la mia pena occulta ella non crede.

Per quella fé, con la qual t'ho seguito,

ferisci ancora lei, perché s'avveggia

quant'ha valore in sé l'arco tuo ardito.—

Cupido rise come chi beffeggia;

95 cosí ridendo da me disparío

sí come un'ombra o cosa che vaneggia.

—Ove ne vai—diss'io,—o falso dio?

perché mi lassi? Or veggio ben ch'è folle

chi pone in te speranza ovver desio.—

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100 In questo, come mia fortuna volle,

una schiera di cervi giú emerse

e discese nel pian suso dal colle.

Le ninfe tutte per la valle sperse

cursono a far la caccia per lo piano

105 per vari lochi e vie aspre e diverse.

Lippea coll'arco bello, ch'avea in mano,

seguí un cervio, ch'andò verso il monte

e passò a lato a me poco lontano.

Sola soletta e con le voglie pronte

110 gli andava dietro su tra il bosco incolto,

ferendo lui con le saette cónte.

Ed io, che stava lí in quel loco occolto,

per ritrovarla dietro a lei mi mossi,

e tra le frondi del boschetto folto

115 due miglia o quasi cred'io andato fossi,

ch'io la trovai, e la fiera avea morta,

in prima dato a lei mille percossi.

E quand'ella di me si fo accorta,

lassò il cervio e misesi a fuggire

120 su verso il monte timidetta e smorta.

E dietro a lei io comincia' a dire:

—O ninfa bella, io prego, alquanto ascolta,

prego che mie parole vogli udire.—

Come il cacciato cervio si rivolta

125 sol per veder se il seguitan li cani,

cosí ella facea alcuna volta.

E poi fuggía tra quelli boschi strani,

ed io seguíala tra le acute spine,

che mi strappavan le gambe e le mani.

130 —Perché fuggendo sí ratto cammine?—

diceva io a lei.—Io prego che ti guardi

che tra li boschi e scogli non ruine.

Deh! perché non ti volti e non mi sguardi?

Di te ferito m'ha, o cara gioia,

135 il falso Amor co' suoi orati dardi.

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Se tu non m'hai pietá, non ti sia noia

almen ch'io t'ami; e questo sol domando,

se tu non vuoi ch'io manchi ovver ch'io muoia.

Io prego il sacro Amor ch'io veggia il quando

140 ferisca te e costrengati tanto,

che sii, com'io, soggetta al suo comando.—

Quand'ella questo udí, si volse alquanto

e disse, vòlta a me, alzando il grido:

—Mai si potrá Amor di me dar vanto.

145 Tutta la forza del crudel Cupido

metto a dispetto e le saette e 'l foco,

ed anco alla battaglia io lo disfido

ch'egli abbia possa a innamorarmi un poco,

e del vano arco, il qual portare egli usa,

150 secura io me ne vo in ogni loco.

Il petto mio trasmutato ha Medusa

contro l'Amor in sasso e 'n dura pietra,

ed a piacergli ha ogni porta chiusa,

sí che suoi dardi e sua vile faretra

155 niente curo; e bench'egli mi fera,

il colpo suo mia carne non penètra.—

E perché ogni ninfa è piú leggera

assai che l'uomo, da me dipartisse,

correndo come veltro ovver pantera,

160 e 'nsin che fu a Diana, non s'affisse.

p. 40

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