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CAPITOLO X

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Nel quale l'Amore discorre delle varie impressioni dell'aere con l'autore, a cui da Venere vien promessa la ninfa Ilbina.

Oh Speranza vivace e sempre verde!

Se ogni cosa all'uom toglie fortuna,

ella sempre rimane e mai si perde.

Questa soletto al lume della luna

5 mi mise tra li boschi e tra li rovi

con gran fatica e senza posa alcuna.

Dicea fra me:—Ben converrá ch'io provi

ogni mio ingegno e cerchi ogni paese,

che Lippea bella mia ninfa ritrovi.—

10 E giá cercando er'ito ben un mese

per l'aspro bosco e per la selva amara,

quando Cupido a me si fe' palese.

E come quando Febo si rischiara,

perché la nube grossa s'assuttiglia,

15 che prima ostava alla sua faccia chiara;

cosí una luce splendida e vermiglia

mi die' nel volto; e, mentre l'occhio innalzo,

per veder meglio aguzzando le ciglia,

io vidi lui, che stava su in un balzo

20 e disse a me:—Ricòrdati che tue

giá tante volte m'hai chiamato falzo.

Però t'ho tolto l'allegrezze tue;

ma io prometto a te di ristorarte,

se falso e traditor non mi di' piúe.

25 Ma sappi prima che forza né arte

al regno di Iunon giammai perviene:

tant'ello dalla terra si disparte;

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ché 'l regno, il quale Saturnia mantiene,

è posto in aere su nel freddo loco,

30 onde la pioggia e la grandine viene.

Lí non riscalda la spera del foco,

che non riscalda in giú tanto da cesso,

né anco il sol niente o molto poco;

ché 'l raggio del gran Febo in giú riflesso

35 non riscalda da lungi o molto oblico,

ma ben dappresso è riflesso in se stesso.

E quando a questo loco, ch'io ti dico,

il vapor di quaggiú salendo giugne,

ratto che sente il freddo a sé nemico,

40 in sé si strigne ed in sé si congiugne

e fassi nube; e, quand'egli è costretto,

si fa la pioggia, perché l'acqua smugne.

Ma nella state quel vapor, che ho detto,

ha molto in sé del terrestro vapore

45 sulfureo e secco e d'ogni umido netto.

E questo, quando sente l'umidore,

sí come fa all'acqua la calcina,

s'accende, e con gran rabbia n'esce fuore

quindi il baleno e 'l tuon con gran ruina.

50 E di questo vapor Vulcano a Iove

fa tre saette nella sua fucina.

Che se ben miri quanto è piú forte ove

sta sulfurea fiamma inclusa ed arda,

tanto piú furiosa ella si move,

55 sí come apparir può nella bombarda,

ché poca fiamma accesa tanto vale,

che tuona e rompe ed esce fuor gagliarda;

perché la state vieppiú alto sale

del chiaro Febo il suo riflesso raggio,

60 e risal meno obliquo e piú eguale.

Però questo vapor, che pria dett'aggio,

conven che 'l sole il lieve in piú altura

a farlo nube in piú alto viaggio.

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Ov'ei trova adunata piú freddura,

65 ivi si stringe, e l'acqua da lui scossa

grandine fassi: sí 'l ghiaccio la 'ndura.

Ma, perché nell'inverno non ha possa

il sol, che tanto insú il vapor lieve,

'nanti ch'assai insú faccia sua mossa,

70 ancor non fatto nube si fa neve;

e raro e sperso fatto ghiaccio cade,

come bambace in terra, lieve lieve.

A cosí alte e sí fredde contrade

da che salir non puoi, qui a te venni,

75 ché di tanta fatica io t'ho pietade.—

E, detto questo, con parole e cenni

mi fece scender giú per una scheggia;

e, quando in un bel prato giú pervenni,

io vidi ninfe; e ciò, ch'occhio vagheggia

80 mai di bellezza, risplendeva in loro:

tanto ognuna era bella e tanto egreggia.

Parean venute dal superno coro

quaggiú nel mondo, creatur celeste

use con Iove in l'alto concistoro.

85 Quando mi viddon, fuggîr ratte e preste

alquanto a lungi e poi voltôn lor volti,

me risguardando tacite e modeste.

—Io prego—dissi—che da voi si ascolti

di questa mia venuta la cagione,

90 che m'ha condutto in questi boschi incolti.

Cercando vo il regno di Iunone:

da che fortuna m'ha condutto a voi,

prego vostra pietá non m'abbandone.

—Al regno di Iunone andar non puoi

95 —mi rispose una,—ché sí in alto è posto,

che montar non potresti insino a loi.—

E quando questo a me ebbon risposto,

passâro un monte e sí ratto fuggîro,

che appena il vento si movea sí tosto.

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100 Ed io dirieto a lor, con gran suspiro,

presi la costa e salsi il monte ratto;

e quando giú nell'altra valle miro,

io vidi l'arco di Iunon lí fatto

ed alto in aere, il qual per segno diede

105 Dio a Noè, con lui facendo il Patto.

E come re ovver regina siede

nell'alto tron, cosí su quel si pose

Venus vestita d'òr da capo a piede,

con la corona di mirto e di rose,

110 con lieta faccia ed aspetto sí bello,

piú che mai dèe ovver novelle spose.

Cupido allor volar come un uccello

vidi per l'aere; e credo sí veloce

Cillen non corse mai, né tanto snello.

115 Venus mi disse in questo ad alta voce:

—O giovin, c'hai montata insú la costa,

spronato dall'amor caldo e feroce,

la bella ninfa, che a te fe' risposta,

da me e dal mio figlio a te è sortita,

120 che l'abbi a tuo voler ed a tua posta.

Fa' che tu passi qua, dov'è fuggita

nell'altra valle, e tanto lí rimagne,

che da Cupido per te sia ferita.—

Per questo io trapassai l'aspre montagne,

125 tanto ch'io la trovai nell'altro piano,

che stava a coglier fior con le compagne.

Cupido lí non molto da lontano

di quella bella ninfa mi ferío

d'una saetta d'oro, ch'avea in mano.

130 Però io con ingegno e con desio

m'appressa' a loro e dissi:—O ninfe belle,

in questo loco sí silvestre e rio

per consigliarmi alcuna mi favelle:

deh! non v'incresca che alquanto qui stia,

135 stancato tra le selve amare e felle.—

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La ninfa, che risposto m'avea pria:

—O giovin—disse,—non abbiam temenza,

né anco incresce a noi tua compagnia.

Ma noi Minerva, dea di sapienza,

140 aspettiam qui; e da noi qui s'aspetta

con lo gran carro della sua eccellenza;

ché qui tra noi è una giovinetta,

che vuoi menare al suo regno felice,

la qual tra le sue ninfe ha per sé eletta;

145 e non sappiam di qual di noi si dice.

Noi non voramo, quando ella discende,

che alcun uomo con noi trovasse quice.

Per quella cortesia, che 'n te risplende,

ti prego che di qui ti parti alquanto,

150 ché tua presenza sospette ne rende.

—O ninfa, veder te m'è grato tanto

—risposi a lei—e tanto a te mi lego,

che io non posso andar in alcun canto.

Ma io a me stesso la mia voglia niego

155 contra mia voglia ed al partire assento,

da che ti piace: tanto può 'l tuo priego.

E, da che io mi parto con tormento,

dimmi chi se'; e quando qui ritorno,

prego, del tuo parlar fammi contento.—

160 Per la vergogna arrosciò il viso adorno,

e ch'io non fossi udito ella temea:

però ella mirava intorno intorno.

Poscia rispose:—Io nacqui giá 'n Alfea,

Ilbina ho nome e tra li duri scogli

165 vo seguitando la selvaggia dea.

Piú non ti dico: omai partir ti vogli.—

p. 55

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