Читать книгу L'Imperatore Giuliano l'Apostata: studio storico - Gaetano Negri - Страница 4

PREFAZIONE

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Nel presentare questo nuovo mio libro ai miei pochi ma cortesi lettori, io vorrei rinnovare l'espressione di un desiderio, già manifestato nei miei volumi antecedenti. Io vorrei che essi fossero persuasi che non c'è, nel mio pensiero, neppur l'ombra di un'inclinazione tendenziosa. Per me la storia non ha interesse, se non è trattata con uno spirito e con un metodo rigorosamente oggettivo. Se lo scrittore si giova della storia per dare sfogo alle sue preconcette preferenze, se vuol forzare i fatti alla giustificazione delle sue teorie, potrà scrivere un'opera interessante ed eloquente, potrà scagliare un libello od imaginare un romanzo, ma non scriverà una storia.

Tale concetto deve applicarsi alla storia delle religioni, come a quella di qualsiasi altro fenomeno dello spirito umano. Lo studio, la narrazione di un episodio religioso non dev'essere nè un'apologia nè un attacco; dev'essere un'imparziale, serena, diligente esposizione degli avvenimenti e delle cause che li hanno prodotti. [pg!viii] Questo metodo di critica perfettamente oggettiva non deve offendere nessuna coscienza, per quanto delicata, poichè una religione, quale sia l'origine sua, viene pure a contatto con gli uomini, ed è quindi necessariamente perturbata, oscurata dall'elemento umano, e soggetta a tutte le vicissitudini che quell'elemento subisce col passar dei secoli. Anche l'acqua di un fiume sgorga limpida come un cristallo dalla vena montana, ma poi, scorrendo sul fondo della valle, serpeggiando per la fertile pianura, attraversando le popolose città, s'intorbida e s'inquina pei detriti impuri che le cadono in seno. Risalga alle scaturigini genuine chi vuol confortarsi coi suoi salutari lavacri.

Generalmente la storia dei fatti religiosi si fossilizza o nell'ammirazione irragionevole di tutto, anche di ciò che non può esser ammirabile, perchè è il prodotto dell'azione disturbatrice che l'uomo vi ha esercitata, od in un'avversione non meno irragionevole anche di ciò che dev'essere rispettato, perchè è l'espressione genuina dell'irresistibile aspirazione dell'anima umana all'infinito. Quanto più in un paese è scarsa la coltura e mancante il senso critico, tanto più è prevalente questo modo esclusivo e falso di giudicare gli avvenimenti nella loro attinenza col fenomeno religioso. E, in conseguenza di questa ristrettezza di giudizio, non è più possibile lo studio oggettivo del processo di azione e reazione per cui passa lo spirito umano nei suoi successivi adattamenti alla forma religiosa. È la faccia umana del fenomeno religioso, è l'osservazione delle alterazioni che il sentimento religioso subisce nell'ambiente intellettuale e storico da cui è circondato che esercita una singolare attrattiva sullo studioso delle leggi che determinano l'evoluzione dell'uomo e della società. Chi riesce ad applicare alla coscienza umana, nei suoi rapporti col fatto religioso, una lente che non sia colorita da nessun pregiudizio di affermazione o di negazione, riesce, insieme, a scoprirne le più intime fibre, ad isolarne i tessuti più profondi e delicati. [pg!ix]

L'essere razionale si distingue dal bruto perchè, potendo assorgere, mercè le sue facoltà di astrazione e di riflessione, al concetto di causa, pone davanti a sè due problemi dalla cui soluzione dovrebbe scaturire la spiegazione e la ragione dell'universo, il problema della morte ed il problema dell'esistenza del male. Le religioni antiche davano una soluzione vaga ed incerta del primo, e non ne davano alcuna del secondo. Prometeo che osava agitare questo problema era un ribelle che Giove inchiodava sul Caucaso. Le religioni antiche, ispirandosi ad una tendenza essenzialmente ottimista, attenuavano il problema del male, non ne sentivano tutta la portata e la tragica difficoltà. Ben le vide e le sentì il Cristianesimo, che fu la religione della sventura e del dolore. Ma il Cristianesimo non lasciò l'uomo piangente e sgomentato davanti all'esistenza del male, poichè, scrutando il problema della morte, vide nella morte il processo di redenzione dal male. Quest'idea, in cui era la chiave del mistero del mondo, parve divina all'umanità assetata d'ideale, afflitta ed oppressa dalla prepotenza e dall'iniquità trionfante. Quest'idea ha dato al Cristianesimo una vittoria che sembra senza ragione a chi non sa comprendere che la ragione si trova nella rispondenza del Cristianesimo con le più profonde esigenze dell'umana coscienza. Ma quest'idea, ottenuta che ebbe la vittoria sulle religioni e sulle dottrine dominanti nel mondo antico, divenuta, a sua volta, dominatrice, non ha potuto conservarsi nella purità della sua ispirazione genuina e dovette adattarsi al mondo che l'aveva abbracciata, lasciando oscurare quella virtù redentrice che ne aveva fatta la forza e le aveva guadagnato il cuore umano. [pg!x]

Lo studio che qui si presenta prende il Cristianesimo appunto nel momento in cui, dalle angustie di segreti ed isolati recessi, esce e si allarga come un fiume regale sul campo immenso dell'impero romano. Distendendosi su terreni isteriliti, di nuovo li fertilizza con le sue acque fecondanti, ma prende e trascina con sè una parte delle brutture da cui erano contaminati.

Era naturale che in questo momento, in cui ancora non era scomparso del tutto quel complesso di forze su cui si innalzava l'antica civiltà, questa tentasse di dare l'ultimo guizzo ed, approfittando del traviamento a cui il Cristianesimo, divenuto un istituto mondano, cominciava ad essere in preda, volesse rinnovare il combattimento, nella fiducia di riuscirne vincitrice.

Questo movimento dello spirito antico che resiste un'ultima volta all'invasione del Cristianesimo e ridesta gli antichi ideali si è personificato in un curioso ed enigmatico personaggio, l'imperatore Giuliano. Ora è una grande fortuna per lo storico il trovar concentrate nel foco di una sola persona tutte le passioni che hanno determinato l'indirizzo, provocato l'atteggiamento dell'anima umana, in un dato momento della sua evoluzione. La storia non è viva, non è chiara, non è sicura se non quando può esercitarsi intorno all'individuo e può cogliere nella sua coscienza il riflesso diretto degli avvenimenti e delle idee diffuse nel mondo. [pg!xi] La storia che vaga da astrazione in astrazione, che incede nell'aria rarefatta di principî e di generali affermazioni, che è una scienza di concezioni aprioristiche, crea, come la metafisica, dei grandi edifici che, appena sorti, svaniscono, simili a quelle figure fantastiche di cui scorgiamo, talvolta, il profilo nelle nuvole spinte dal vento sull'azzurro del cielo. Tutta la scienza ormai la scienza dell'uomo come quella della natura, è la scienza dei fatti. L'ipotesi non vale se non come una preparazione alla scoperta del fatto, e la teoria deve seguire, non precedere il fatto. La storia, anch'essa, deve essere, sopratutto, una ricerca di fatti ed un'analisi psicologica dell'uomo. Noi dobbiamo ricreare, quanto più è possibile, nella storia, il dramma umano, rivivere nel pensiero, nel sentimento, nelle passioni della persona umana in un punto determinato del tempo, in un determinato conflitto di speranze e di timori, d'ire e di affetti, d'illusioni e di realtà.

È ciò, appunto, che io ho tentato di fare col personaggio tanto curioso ed interessante dell'imperatore Giuliano. Non ebbi per lui nessun preconcetto di simpatia o di esecrazione. Ho cercato esclusivamente di comprenderlo, scrutando i moventi che lo avevano spinto al suo folle tentativo, ricreando l'ambiente in cui era vissuto, riguardando, infine, il mondo che lo circondava, attraverso l'atmosfera di quegli stessi pregiudizî in cui era cresciuto. Da uno studio siffatto balza fuori una figura vivente e si apre uno spiraglio da cui si scopre un lembo di realtà.

Nello scrivere questo libro io non ebbi altro scopo, fuor di questo puramente oggettivo, e ci vorrebbe una larga dose di buona, dirò meglio, di cattiva volontà, per vedercene un altro. [pg!xii] Chi ha un temperamento critico sa guardare i fenomeni morali con quello stesso disinteresse speculativo con cui guarda i fenomeni fisici, con quella stessa necessaria imparzialità con cui il chimico analizza una sostanza e l'astronomo determina l'orbita di un corpo celeste. Una cosa è il sentimento ed un'altra la ragione. La causa vera del disordine che perturba i giudizî umani è che gli uomini portano il sentimento là dove non dovrebbero portare che la ragione. Errore funesto, ma non più funesto dell'errore di quei pensatori i quali credono che la ragione esaurisca l'universo e non s'accorgono, per la brevità del loro sguardo, che essa lascia pur sempre una larga striscia d'ignoto, dove il sentimento regna assoluto ed invincibile dominatore.

Aprile 1901.

G. Negri.

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[pg!xiii]


GIULIANO

nel busto d'Acerenza

L'Imperatore Giuliano l'Apostata: studio storico

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