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Didone abbandonata
ATTO PRIMO
SCENA QUARTA

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Didone – Anna – Berta – Clivia – Rubinia – epoche ancelle – indi il Questore.

Did. Anna… mia dolce sorella… Lascia che io sfoghi sul tuo seno il mio dolore immenso. Ah! tu non fosti mai maritata… nè puoi immaginare…

Anna. Ho sempre desiderato di trovar marito – epperò comprendo quanto tu debba soffrire nell’aver perduto il tuo.

Did. Perdere!.. ma ciò è ben più grave che non trovare… Vedi, sorella, voglio spiegarmi con un paragone: tu sei abituata a prendere il thè ogni sera…

Berta. Sicuro! quando si è abituati a prendere il thè ogni sera, non si può dormire se prima…

Did. Chi osa interrompere la regina?..

Berta. Perdonate, augusta sovrana… Ma noi si fa di tutto… per distrarvi dalla vostra grave melanconia… La principessina Anna non ha pratica di queste faccende… e bisogna esprimersi sotto metafora… Io voleva dire che quando si è abituati a prendere il thè, non è più possibile farne senza – e siccome… una giovane… e bella… e possente regina quale voi siete, o augusta Dido, tiene a sua disposizione tutti i magazzeni dello Stato…

Did. (colla massima collera). E tu osi supporre!.. Animo! via!.. sentiamo un poco cosa tu intendi per questi magazzeni dello Stato!.. Fuori la frase tutta intera! Vediamo fin dove può giungere la impertinenza delle mie cameriere… dopo che il mio Sichéo ebbe la debolezza di accordare una costituzione.

Cliv. Regina: non vi adirate… Io pure sono di avviso…

Did. Tu pure, civettuola!..

Rub. Eccelsa regina… piuttosto che vedervi morire di dolore…

Did. Sentiamo un poco: piuttosto che vedermi morire…?

Berta. Sentite regina… Anch’io ho avuto i miei giorni di immenso lutto, allorquando venni a perdere il mio primo marito, che era, come sapete, il gran cuoco delle vostre reali cucine… La prima notte, ho sentito il sangue montarmi alla testa… e fui sul punto di commettere uno sproposito… Ma poi, riflettendo bene, ho veduto che la sventura non era irreparabile, ed ho finito collo sposare Medonte, il maniscalco dei vostri augusti cavalli.

Did. Sciagurata!.. E non hai sentito, nella prima notte dello spergiuro imene, spalancarsi gli abissi? – non hai veduto giganteggiare presso il talamo l’ombra fiera e sdegnosa dello spento consorte?

Berta. Non ho sentito… non ho veduto nulla… Ero troppo distratta. Vi assicuro, regina, che il vostro augusto maniscalco non mi dava tempo di pensare ai quondam.

Did. (Queste donne di bassa estrazione non hanno cuore!..)

Berta. Regina!..

Rub. Berta ha ragione… Tergete le lacrime… e pensate…

Did. Non più!..

Anna. A me pare…

Did. Basta, vi dico!.. (levando la mano in atto minaccioso). Già troppo ho offesa la sacra e imperitura memoria del fu augusto mio consorte, prestando orecchio ai vostri scandalosi propositi… Io dovrei punirvi severamente… Ma pure mi sento inclinata a usarvi clemenza riflettendo alla vostra grossolana costituzione… ai vostri bassi natali… Parlo a voi, o pettegole… Quanto a te, mia ottima sorella; a te, inesperta della vita e non colpevole che di puerili desiderii e di illusioni fallaci, odi bene quanto io sto per dirti. – Io giuro per ciò che vi ha di più sacro nell’Olimpo e sulla terra, per la venerabile barba di Saturno, per tutti gli Dei e le Dee immortali, per lo Statuto proclamato dal mio fu augusto consorte, per la mia lista civile… giuro di serbare eterna fede al cenere di Sichéo – giuro che questa mia mano non verrà mai profanata dal contatto di un uomo, foss’egli per beltà ed eleganza di forme rivale di Apollo, e per energica costituzione di muscoli pari a Marte l’invitto. Io porterò eternamente la gramaglia… e i miei capelli disadorni e sparsi di immonda cenere… faranno testimonianza perpetua del mio dolore. (Levando le braccia verso il lampadario). Numi e semi–numi dell’Olimpo! a voi, vindici d’ogni spergiuro, salga questo mio voto solenne… E se mai di un solo desiderio, di un solo pensiero io offendessi la cara e venerata memoria del mio augusto consorte; scendano pure i vostri fulmini sulla mia testa regale,

Arda la reggia, e sia

Il cener di lei, la tomba mia!


Coro. Così sia!

(Breve silenzio. – Didone rimane immobile alcun tempo colle braccia levate – poi, riscuotendosi, riprende:)

Did. Anna: dilette ancelle… Ritiratevi fino a nuovo ordine… Nell’eccesso del mio cordoglio, io dimenticava di propiziare gli Dei… Recitiamo una dozzina di Deprofundis in suffragio dell’augusto defunto.

(Didone va ad inginocchiarsi in un lato della sala, e raccoglie il capo nelle mani nell’attitudine di chi prega fervorosamente).

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