Читать книгу La sorella - Giambattista della Porta - Страница 6

ATTO I
SCENA V

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Pardo vecchio, Trinca.

Pardo. Trinca, dove è Attilio?

Trinca. A casa; e stimo ch’abbia una gran facenda per le mani.

Pardo. Io son molto mal sodisfatto di lui, perché non li vedo far cosa che mi vada a gusto: è tanto mutato da quel di prima, che non mi par desso. Da quel benedetto giorno – per non dir maladetto, – che menò la sorella da Costantinopoli, menò seco la cagione della sua ruina. Ahi, tardo mio pentimento! Tutti i suoi pensieri tendono all’ozio. Prima, se alzava inanzi giorno, andava alla messa, poi allo Studio, tornava a casa, si poneva a studiare; e quando era l’ora del desinare, con gran fatica lo poteva distaccar da’ libri; poi si dicea l’ufficio della Madonna: tutto diligenza, ubidienza e divozione. Or, tutto il giorno in letto, non s’alza insin ad ora di desinare, non si parte da casa mai; ad ogni altro pensa fuor ch’allo studio; è divenuto insolente, mal creato, e mi beffeggia. Non va piú a messe, non dice officio; e la buona educazione, ch’ornava il suo nascimento, è tolta via da usanza cosí cattiva.

Trinca. Padrone, chi prattica con zoppi, al fin impara a zoppicare: vostro figlio è stato in Turchia, dove non s’odono messe, né si dicono uffici – ché ben sapete che i turchi son mali cristiani, – né si usa levar mattino, né si va a Studio; anzi coloro che attendono a simili cose, li chiamano catamelechi, cioè uomini di poco conto.

Pardo. Tutto il giorno a gracchiar con la sorella, e rider fra loro; e quando io vi son presente, pis pis dentro l’orecchie, e dagli atti e cenni conosco che si burlano de’ fatti miei, si parlano in zergo e mi danno la baia, e stimano che non me ne accorga.

Trinca. Quello che voi chiamate zergo, son parole turchesche; e l’usa per farsi intendere dalla sorella che non intende ben l’italiano; e cosí mezo turchesco parlano delle cose di Costantinopoli.

Pardo. Per dirtela, tratta troppo licenziosamente con la sorella: si baciano, si succhiano, si toccano, e fanno tutto il giorno alla lotta, l’un sopra l’altra, quasi che non se la pone di sotto.

Trinca. Son sorelle e fratelli carnali al fine, e il sangue tira e fa l’ufficio suo. E la legge maumettana di lá comanda che le sorelle e fratelli trattino fra loro con molta amorevolezza: sará bisogno smaumettarsi a poco a poco. Poi vostra figlia è allegra di condizione, burla volentieri, e or tanto maggiormente, che si vede libera dalla servitú turchesca e in casa di suo padre e fratello: e questa amorevolezza la chiamano in turchesco tubalch.

Pardo. Io non voglio che non trattino insieme con molta amorevolezza, ma in fin ad un certo termine onesto e di creanza, e non con modi cosí disonesti e di scandalo a chi li vede. Son tali, che m’hanno scemato gran parte dell’amor che li portava; e se mi son mai pentito di cosa mal fatta, mi son pentito di averlo mandato in Turchia a riscattar la sorella, perché ho comprato il mio male, e, per ricovrar la figlia, ho perduto i danari, la figlia, il figlio e me stesso, per il dispiacer che mi dánno.

Trinca. In Turchia è usanza.

Pardo. E pur con Turchia, Turchia: il canchero che ti mangi! tutte le mal creanze le scusi con Turchia. Ti conosco per un scappato da mille forche; quanto piú gli scusi, piú l’accusi: se pur son usanze turchesche, or che siamo tra cristiani, bisogna viver da cristiani.

Trinca. Se voi l’aveste maritata, sareste uscito da intrico.

Pardo. Non ho trovato cosa a proposito.

Trinca. Sète di quei padri che prima muoiono, che maritano i figli, per non contentarsi mai.

Pardo. Or ho deliberato dar Sulpizia per moglie ad Attilio, e vo’ che mi ubedisca, cosí per l’obligo che mi tiene di figlio, come per l’onestá della dimanda, e come per l’amor che mi porta: ché l’amor e l’ubedienza son sorelle carnali.

Trinca. V’è tenuto per obligo, e farallo per cortesia e per amore.

Pardo. Se ben è tenuto per obligo, facendolo per amore e cortesia, l’averò quello obligo io, che devo alla sua cortesia e amorevolezza. E vo’ dar Cleria al capitano, e mi liberarò della servitú di aver femine a casa. Ho conchiuso iersera il parentado, e vo’ che si sposino al tardi. In questo vorrei che usassi la tua astuzia, overo che non l’usassi contro me, ch’io non posso essere tanto studioso a guardarmene, quanto tu ingegnoso ad ingannarmi. Ben sai che ho san Mazzeo vicino a casa, e quel medico di casa Querciuolo, che ti suol medicare le spalle, quando il ricercano. Vorrei che li persuadessi a non esser ostinati, ché non venghi con loro a termini poco onorevoli, come non ho fatto per lo passato.

Trinca. Egli non ricusa Sulpizia, ce l’ho proferta da vostra parte: ne ha tanta voglia, che non vede l’ora che sia sera. Di Cleria non bisogna aver tanta fretta.

Pardo. Che vuoi che se invecchi in casa e poi non trovi can che la fiuti? è meglio purgar la casa delle femine, che della peste. Avendo quel capitano, ará la buona ventura.

Trinca. Anzi l’arcimala ventura.

Pardo. Che li manca?

Trinca. È troppo giovane: lasciamolo invecchiare un altro poco.

Pardo. Non ha quarant’anni.

Trinca. Ha quaranta malanni. Ne ha piú di sessanta: e che altro sono quei peli bianchi, che un richiamo di giovani, che dieno quello a vostra figlia, che non può darle il marito? Egli è come un asino zoppo, a cui mancando le forze del suo natural potere, si cade tra via, bisogna alzarlo a due mani e porlo per la strada. E se ben si vanta che sia stato colonello e generale di esserciti, credo ch’adesso non servirebbe se non per lancia spezzata.

Pardo. S’inchina assai volentieri a questo.

Trinca. Di ciò statene sicuro, sta l’importanza nel potersi drizzare.

Pardo. È ricco.

Trinca. Sí, d’anni; ma povero di robbe e di cervello, puzza di fallito, e ogni giorno piglia dinari a perdita; e se ben s’ha consumato tutto il suo patrimonio a dadi, non consumará certo il matrimonio con vostra figlia. Con quelle sue bravaríe se vuol smaltir per quel che non è. Si pasce d’aria e vive di ruggiada come le cicale, mangia a tavola con la gloria e ambizione, e, essendo un becco, si vuol servir di vostra figlia per una vacca. E per mantener quel fumo del suo camino, quando ella non consentirá, con una furia di bastonate le fará far quel che vuole; talché mangiará sempre piú bastonate che pane.

La sorella

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