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Prefazione con suor Angelica

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Suor Angelica versa il Te.

Lei non ama essere chiamata così: infatti, ogni volta che lo faccio, un po’ per scherzare, un po’ perché mi viene quasi spontaneo, mi corregge prontamente.

«Angelica… solo Angelica!» si affretta a dire «E poi, quand'ero suora, non era neppure questo il mio nome. Lo sapete bene.» Sorride, Angelica, e mi offre il suo Te speciale, composta da una miscela di The, scuri e saporiti, che solo lei sa dosare. «Lo chiamo “napoletano”, perché è il Te preferito dai meridionali… voi siete abituati a bere sempre quel vostro, fortissimo, cafe espresso.» Siamo sedute. Non posso fare a meno di ammirarla: non è una donna particolarmente alta ma ha una forte personalità, abilmente dissimulata sotto gli abiti pastello e la voce bassa e discreta. Il fisco è asciutto, ma gode della bellezza di chi, a cinquant'anni, ha un corpo sano, un portamento signorile e un carisma irriducibile. «Va bene di zucchero?» Chiede amabilmente, come sempre, e naturalmente le confermo che è perfetto, come i suoi pasticcini, freschissimi, che prepara ogni volta apposta per me. Sorbisce un bel sorso, poi riprende, spaziando con lo sguardo verso la veranda. Dai cristalli pulitissimi si intravede il cielo che, il tramonto, comincia ad imbrunire. «Siete pronta?» continua a darmi del voi; al tu proprio non si sa abituare… E, come accade ormai da qualche mese, “suor” Angelica, acconsente a raccontare una di quelle confessioni che ha ascoltato, di nascosto, quando era una giovane novizia. All'inizio c’è voluto il bello e il buono, per carpirle i suoi segreti e spesso si lamentava: «Accidentaccio a me e a quando vi ho confidato l’esistenza del passaggio segreto…» soleva dire, irritata, però sorrideva, come una nonna, che finge di annoiarsi a raccontare, per l’ennesima volta, la fiaba preferita ai nipotini. Poi un giorno si arrese, giustificandosi con sé e con Dio, e acconsentì a confidarmi, ogni tanto, qualcuna delle incredibili confessioni che aveva origliato. Pensava che, dopotutto, i protagonisti di quelle storie erano degli emeriti sconosciuti, e tali sarebbero rimasti per sempre… ma non il loro peccato. Magari, questi racconti, sarebbero serviti al lettore per conoscere quanti subdoli metodi il maligno conosce per tentare il corpo, con la droga più antica del mondo: il sesso, il piacere e la perversione. Ci eravamo accordate così: lei narrava e io registravo. In seguito trascrivevo e cercavo di fare mia la storia. Sempre, per telefono o da vicino, ero costretta a farle una o due interviste, per approfondire certi particolari; i punti che mi colpivano di più; le sfumature che sentivo di dover svelare… così sono nati questi racconti. Mi è piaciuto molto scriverli, spesso anche troppo: infatti non l’ho mai confessato alla cara Angelica ma, a volte, la storia era talmente intrigante, che non sono stata capace di trattenermi. Ho dovuto soddisfare l’esigenza di una rapida masturbazione, per placare i bollenti spiriti e tornare, serena, a svolgere le mie faccende.

Per questa storia, estremamente forte, non sono riuscita a trovare titolo migliore: Profanazione.

Peccati Erotici Delle Italiane 2

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