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Cenno storico dell'industria dei filtrati dolci in Italia

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La pratica della filtrazione del mosto d'uva appena spremuto dagli acini, o dopo avere subìto una breve fermentazione, venne introdotta in Italia dagli enologi francesi, specialmente della Champagne, dove si usava da tempo filtrare i mosti destinati alla fabbricazione dei vini spumanti col metodo naturale. Prima ancora del 1848, degli albori cioè del nostro risorgimento politico, si cominciarono in Piemonte, specie a Canelli, Acqui ed Asti a filtrare i mosti di malvasia e di moscato per la razionale fabbricazione dei vini omonimi di lusso o spumanti. Verso il 1850 sorse a Napoli una società che impiantò uno stabilimento di champagne e che si fornì di lambiccati di Torre del Greco, dove, secondo il signor Giuseppe Perelli Minetti, i piemontesi avevano già precedentemente introdotto l'uso della filtrazione del mosto, secondo altri invece furono gli stessi enologi francesi che insegnarono quasi contemporaneamente a preparare i filtrati del Piemonte e i lambiccati di Torre del Greco.

Nel 1855, causa lo stremato raccolto del vino per gli effetti delle prime invasioni dell'oidio nel Napoletano, alcuni commercianti di là si recarono a fare le provviste di mosti in Puglia, specialmente nel Barlettano. Quivi prepararono loro stessi, con operai propri e col mezzo dei cappucci, i lambiccati che spedivano a Napoli. D'allora cominciò a diffondersi in Puglia la pratica della filtrazione dei mosti appresa dai commercianti locali, che procurarono naturalmente di soddisfare le nuove richieste del mercato napoletano prima e di quelli dell'alta Italia poi.

In questo frattempo (1864-65) per opera di negozianti lombardi e piemontesi si cominciarono a preparare i primi filtrati anche nelle Romagne, a Lugo, Bagnacavallo, Massa Lombarda e Cotignola (prov. di Ravenna) mentre nel 1870-73 il signor Giuseppe Perelli Minetti introduceva a Brindisi il vecchio filtro astigiano a un sacco semplice, da un ettolitro, e poscia modificava il filtro Mesot, adattandolo al mosto con l'aggiunta di rubinetti e con la riduzione del serbatoio metallico a cassone quadrato di legno, foderato di latta.

Verso il 1876 s'iniziò il grande lavoro di esportazione dei vini pugliesi da taglio in Francia, dove la fillossera aveva decimata la produzione vinaria, il Rouhette introdusse allora in Puglia il suo filtro a telai, munito di rubinetti, che servì e serve ancora oggi così alla filtrazione del vino come del mosto per la preparazione dei filtrati dolci.

Il filtro Rouhette, che per la celerità del lavoro venne tosto preferito ai cappucci napoletani, diede il primo impulso alla industria dei filtrati dolci nel Barlettano e nel Brindisino, industria che oggi ha raggiunto un notevole sviluppo, perchè si è ormai estesa a molti comuni vinicoli della Puglia, della Basilicata, del Napoletano, delle Romagne e del Piemonte, mentre accenna a diffondersi anche in Calabria, in Sicilia e in altre importanti regioni italiane.

In Puglia esistono oggidì parecchi stabilimenti che si occupano quasi esclusivamente della preparazione dei filtrati dolci durante il periodo della vendemmia, ma oltre a ciò, quasi tutti i commissionari e anche qualche produttore sono provvisti di filtri per allestire qualche vagone di filtrato ai loro clienti dell'alta Italia.

Nella scorsa campagna, notizie particolareggiate ci furono richieste dalla Sicilia relative alla preparazione dei filtrati, specialmente per conto di S. E. l'on. marchese Di Rudinì che volle già tentare la nuova industria nelle sue vaste cantine di Pachino, dove erano sin ora completamente sconosciuti i filtrati dolci.

Il filtro Rouhette che fece presto abbandonare in Puglia l'uso dei cappucci napoletani, ha perduto oggi anch'esso un pò della sua rinomanza e va rapidamente cedendo il posto ai filtri a sacchi pieghettati, sul tipo olandese-Carpenè, ma reso più semplice e più adatto alla filtrazione del mosto che non siano gli altri tipi di filtri conosciuti in enologia.

I filtrati dolci

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