Читать книгу Il Terrore Privato Il Terrore Politico - Guido Pagliarino - Страница 9
ОглавлениеUn terzo assassinio, due giorni dopo il colloquio fra Evaristo e Vittorio, aveva confermato la traccia del maniaco omicida, ormai definito dai media, e quindi dal pubblico, il Mostro dellâOrecchio.
La vittima, Margherita Piccozza Ferini di cinquantacinque anni, casalinga, era moglie dâun funzionario di banca di grado elevato. Anche questa coppia, come quella del primo delitto, era senza figli. I coniugi vivevano in un appartamento di loro proprietà in un palazzo in Lungo Dora Voghera. Era stato il marito dellâuccisa, rientrato a casa dal lavoro verso le 18, a fare la raccapricciante scoperta e ad avvertire il 113. Il cadavere presentava un evidente ematoma alla testa, come nel secondo caso; questa volta, però, non sâera trovato lâoggetto contundente, lâassassino doveva esserselo portato via: il medico legale avrebbe stabilito trattarsi dâun martello.
Vittorio, poco dopo le 19, dopo una rapida cena, era uscito per andare a un cinema e non aveva visto il suo solito notiziario televisivo; neppure, al ritorno, aveva guardato un telegiornale della notte, perché sâera messo subito a letto a leggere un libro, fin a quando era stato preso dal sonno. Aveva avuto dunque notizia del delitto solo la mattina seguente, da un articolo di Carla Garibaldi che ne riportava le modalità .
Lâamico aveva telefonato a Evaristo che, anche stavolta, lâaveva volentieri ricevuto nel suo ufficio.
Il commissario gli aveva detto: âPurtroppo per la vittima, un cane pastore tedesco che la coppia teneva a guardia dellâalloggio e per difesa personale, è morto proprio ieri mattina, non molte ore prima della morte della signora Ferini avvenuta, secondo i primi riscontri del medico legale, fra le 15 e le 17. Come ci ha detto il vedovo, il corpo dellâanimale, per ragioni igieniche, era stato incenerito a cura del veterinario di famiglia, cui la padrona lâaveva portato in mattinata a quel preciso scopo. Dato che io credo assai poco alle coincidenze, ho il sospetto che lâassassino avesse gettato al cane uno o più bocconi avvelenati mentre la bestia, quella mattina sul presto, si trovava nel giardino pubblico sotto casa, lasciata come al solito libera dal padrone, comâegli ci ha detto fra un singhiozzo e lâaltro per sua moglie, poverâuomo: il loro Lampo ha cominciato a sentirsi male salendo sullâascensore e in casa sâè prostrato a terra senza più forze; i coniugi lâhanno allora riportato di sotto, lui tenendolo in braccio, e lâhanno caricato sullâutilitaria della moglie perché lei lo portasse dal veterinario, ma il cane a quel punto è morto; dunque, mentre lui, per non giungere in ritardo, è andato senzâaltro in banca con la propria auto, la moglie, con la propria, ha condotto la bestia allo studio, comâera in programma, ma solo più per farla incenerireâ.
âDunque, Evaristo, lâassassino non sarebbe preda dâimprovvisi raptus, ma preparerebbe con cura i suoi delittiâ.
âSe è vera la mia idea dellâavvelenamento del cane, direi di sìâ.
âSfortunaccia vuole che non ci sia più il corpo dellâanimale per unâautopsiaâ.
âAppuntoâ.
Il quarto omicidio era avvenuto il posdomani, fra le 0 e le 2 di notte a parere del medico legale. Era stato eseguito col solito metodo del punteruolo affondato in un orecchio, ma aveva avuto per vittima un uomo, un certo Alessandro Cipolla, sessantasei anni, pensionato, ed era stato perpetrato sulla via.
La mia collega Carla aveva saputo dal proprio vice, per un comunicato ai media da questi raccolto in Questura, che il morto era stato un etilista senza casa che aveva vissuto negli ultimi anni da vagabondo, dormendo sotto cartoni dâimballaggio in qualche angolo di gallerie pubbliche o portici, e châegli era già conosciuto alla Polizia a causa dâuna chiamata via telefonino al 113, un paio di mesi prima, da parte dâuna signora, molto anziana ma sempre lucida, già insegnante di lettere, da lui molestata sotto i portici di via Roma con una brusca richiesta di denaro e, nulla ottenendone, da lui bersagliata di sputi: non appena era giunta una volante, lâaustera professoressa aveva chiesto agli agenti di prendere i dati del molestatore, che intanto aveva seguitato a girarle attorno facendole pernacchie e, alternativamente, ruttandole contro effluvi vinacei, e aveva fatto seguire una denuncia in Questura lo stesso giorno. Lâaveva però ritirata il dì seguente, per sopraggiunta compassione, âdopo una notte di rimorsi alla innominato del Manzoniâ, pare avesse detto con assoluta serietà al perplesso assistente capo di turno. Il senza dimora Cipolla mangiava alle mense dei poveri e si beveva nei bar e nelle vinerie non solo tutta la pensione, ma pure quanto riusciva a raggranellare chiedendo lâelemosina, sempre con un fare aggressivo, essendo ubriaco fin dal mattino. Era un avanzo dâuomo che nessuna persona dâassennato sentire avrebbe avuto la spietatezza di colpire fisicamente in qualche modo, e meno che mai dâuccidere e in maniera talmente atroce.
Considerando lo stato asociale dellâultimo ucciso, era scoccata nel vice questore Giandomenico Pumpo, non dimentico dâessere stato il capo della Squadra Anti Sette, lâidea che si fosse trattato dâun omicidio rituale di fanatici del cosiddetto satanismo giovanile acido, non nuovo ad attacchi a inermi barboni dormienti, quali di loro gravemente feriti, quali uccisi, sebbene le azioni si fossero svolte, fino ad allora, cospargendo le vittime di liquido infiammabile e dando loro fuoco. Il dottor Pumpo aveva indirizzato Evaristo Sordi anche su tale strada.
La nostra Carla Garibaldi era stata informata della nuova pista da Vittorio, con la mia mediazione, ed era uscito in conseguenza su La Gazzetta Libera un suo articolo-inchiesta sulle sette diaboliche, che faceva riferimento ai delitti del Mostro dellâOrecchio. Il mio amico vi figurava, anonimamente, come â fonte vicina alla Questuraâ.