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Capitolo VIII

S’era rimasti in intimità fin quasi all'ora dell'aperitivo.

Per il mio animo non sarebbe stata una semplice avventura di viaggio. Nel tornare in albergo con Norma, avevo cominciato a comprenderlo.

Avevo già fatto la doccia da lei e al Plaza m’ero cambiato in un momento; ma eravamo giunti lo stesso dal Lines con mezz'ora di ritardo, per ultimi: "Va bene così", m’aveva sussurrato lei, appena prima d’entrare, nel vedere che guardavo l’orologio, "sei l'ospite d'onore."

Forse non andava tanto bene al padron di casa che, non appena il cameriere, un mulatto sulla sessantina d'aspetto fragile, ci aveva introdotti, s’era lasciato scappare un sorridente "Oh, finalmente!" ma subito s’era corretto: "Eravamo tutti impazienti di conoscerla di persona, signor Velli!" e, dopo avermi stretto la mano, volgendosi ai presenti m’aveva applaudito. Gli altri s'erano uniti.

L'editore appariva sulla cinquantina, capelli folti sale e pepe tenuti incolti, media altezza e magrissimo; ma forte: la stretta di mano era stata potente.

Eravamo una ventina. Gli ospiti più importanti, come avevo capito dall'atteggiamento di maggior rispetto del Lines e meglio avrei saputo da Norma, erano otto: i fratelli Albert ed Elizabeth Valente, entrambi sulla quarantina, miliardari in dollari, lui patron del premio intestato al defunto padre poeta dilettante ch'era vissuto per decenni in fama di padrino mafioso ma, quand'era morto, aveva ormai conquistato l'abito dell'onesto finanziere; Peter Capponi, grosso importatore quarantenne, e sua moglie Angela, sulla trentina, unica donna presente tutta ingioiellata; un certo Vito Valloni, grasso barbuto di pelo bianco con in testa una canuta parrucca a istrice che lo rendeva ridicolo, uomo di media altezza, oltre i sessanta, proprietario di gran magazzini e negozi, emittenti televisive e giornali in vari States; il taciturno generale Reginald Huppert, capo della Polizia di New York, con la moglie Liza, assai più giovane di lui, sui trentacinque, sorellastra del Lines: molto bella; Anne Montgomery, vedova, la più ricca donna d'America, sui cinquantacinque; il di lei figlio Donald, d'aspetto insignificante, non molto alto, bruno di capelli, che dimostrava una trentina d’anni; e il loro amministratore e consulente finanziario John Crispy, sessantenne.

"Strano idealista, quel Donald Montgomery", m’aveva detto Norma dopo ch'eravamo usciti noi soli sul terrazzo: "È l'erede d'una colossale fortuna ma, dopo la laurea in legge che la madre gli fece prendere perché meglio curasse i loro interessi, è entrato come funzionario nell'FBI: incredibile, vero?"

"Poteva forse scegliere meglio."

"È quel che penso anch'io. Comunque gli affari di famiglia continuano a essere totalmente diretti, dietro percentuale, da John Crispy". L’aveva indicato con un breve movimento del capo: in quel momento l’uomo, seduto in un angolo appena all'interno, era intento a sorbirsi tutto solo un intruglio e a mangiarsi olivette: "Non farti ingannare dall'apparenza: lo chiamano il Caimano di Wall Street. Lavora come un matto restando sobrio tutto il giorno, poi verso quest’ora inizia a rilassarsi bevendo a più non posso. Non so come faccia ma non si ubriaca mai."

Aveva seguitato a pettegolare toccando gli altri presenti.

M’ero domandato come Norma, semplice impiegata della fondazione, potesse sapere tutte quelle cose. Forse tramite il marito. Precisa risposta m’era giunta dopo alcuni minuti.

Mentre si rientrava, mi s'era avvicinata lesta Liza Huppert, la moglie del generale, che prendendomi sotto il braccio m’aveva allontanato da Norma e indirizzato, quasi a forza, al tavolo delle bevande.

Essendo lei parente del padron di casa, l'avevo seguita docile.

"Norma è buona assistente, signor Velli?" m’aveva chiesto in uno stentato italiano: "Già mostrato città?"

Avevo assentito col capo meccanicamente: "Parli pure la sua lingua, signora Huppert: conosco l'anglo americano bene. Sì, Norma Miniver m'è utilissima, in verità."

Chi sa con qual viso l’avevo detto? So che la donna se n’era uscita con un sorriso non bello; e, con gran maleducazione: "Attento, dolce poeta! Non sarà mica che voi due…”

"No", avevo smentito seccamente: "M'è di valido appoggio, tutto qui". L’avevo guardata fisso, con rimprovero: come osava?!

"Ah", era parsa rallegrarsi, senza mostrare d'aver notato la mia espressione ed espirando sonoramente quell'ah; poi m’aveva porto con entrambe le mani uno dei calici del tavolo, l'unico che contenesse una bevanda verde che odorava di menta e rosmarino; e m’aveva trattenuto il bicchiere e la mano destra fra le sue, per un poco, con evidente intenzione d'approccio. Quindi, presa per sé una coppa colma d'uno spumante rosato l’aveva vuotata in un sol sorso. "Eh sì, povera ragazza, non ha avuto fortuna!" aveva ripreso a dire atteggiando il viso a un'ambigua commozione senza saper nascondere il proprio sadismo.

M'ero indispettito e avevo compreso d'essermi ormai innamorato di Norma. Ero stato lì per allontanarmi ma anche stavolta non avevo voluto offendere, in Liza, suo fratello Mark. Avevo però lanciato un'occhiata istintiva a Norma che, non molto lontana, stava parlando con uno degli ospiti.

La signora Huppert aveva seguito il mio sguardo e, sorridendo ampio e prendendo a stringermi forte la mano libera dal bicchiere, aveva detto: "Sì, poveraccia: il precedente marito era molto ricco, ma dopo pochi anni dal matrimonio era finito in rovina e suicida. Grazie agli amici Valente, le era stato dato un posto alla fondazione; e buon per lei che ha voluto conservarlo anche dopo il nuovo matrimonio." Io tacevo. Imperterrita, senza quasi prendere fiato, aveva soggiunto: "Possibile che non avesse scoperto, povera oca, le tendenze del marito? Eppure pare che davvero non l'avesse saputo per un pezzo, sino a quando un giorno, capitando inaspettata nel suo studio, bell'imprevidente quel pittore però, il loro appartamento è proprio sullo stesso piano! ebbene, Norma aveva sorpreso il maritino nudo abbracciato a suoi modelli e modelle: un bisessuale, le dico, ma più di là che di qua!"

Infastidito da quella compagnia, avevo posato il bicchiere, senz’aver bevuto, e sforzandomi avevo sorriso un "Mi scusi."

Allontanandomi, avevo notato che Caimano Crispy s'avvicinava al tavolo e, iniziando a conversare con Liza, ignaro che fosse stato il mio bicchiere lo prendeva e cominciava a sorseggiarne il liquido verde.

Mi s’era avvicinato il Lines: "Vorrei parlarle. Andiamo di là, prego"

M’aveva fatto accomodare sull'unica poltrona del suo studiolo domestico, zeppo di libri e manoscritti che soffocavano la piccola scrivania Carlo X cui s’era seduto e debordavano dalle due librerie Impero: "Tante volte lavoro qui invece che in ufficio. Per gli altri generi no, ma la poesia preferisco leggermela prima io; e qui me la posso gustare più tranquillo. Anch'io ho pubblicato qualche libro di versi e, conoscendo abbastanza bene sette lingue, compreso l'italiano, posso valutare in originale testi stranieri."

Il Metro Dell'Amore Tossico – Romanzo

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