Читать книгу È L'Amore Che Ti Trova - Isabelle B. Tremblay - Страница 10

CAPITOLO  5 – IAN

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Ian guardava l’ampia selezione di fiori presenti nel negozio e non sapeva cosa scegliere. Il suo cuore tentennava tra una rosa rossa e un bouquet di margherite. Era ancora all’antica e amava regalare fiori alle donne che frequentava. Ce l’aveva con se stesso per non essere andato all’appuntamento con Emma il giorno prima. Doveva essere arrabbiata con lui e a ragione, dato che non aveva risposto agli ultimi messaggi che le aveva mandato. Non cercava mai di fare supposizioni, ma questa volta era facile indovinare. Aveva deciso di passare dal suo hotel e scusarsi di persona. Era l’unico modo sicuro per sapere quello che provava la giovane donna nei suoi confronti. Ian era stato sul punto di uscire il giorno prima, quando era arrivata Lilly senza preavviso, mandando all’aria tutti i suoi piani. Non aveva potuto raggiungere Emma e gli era stato difficile liberarsi anche solo per avvertirla della sua assenza. Era pienamente consapevole che nessuna ragazza con un po’ di dignità gli avrebbe dato un’altra possibilità. Ma la sua intuizione lo portava a lei e seguiva sempre il suo istinto.

Finì per scegliere il bouquet. Tirò fuori una banconota da venti dollari dalla tasca dei jeans, tutta sgualcita, e la porse alla cassiera con il suo perenne sorriso incantatore. Era quello che offriva a tutte le sue potenziali conquiste. Lei arrossì e gli diede il resto, sorridendo stupidamente. Ian pensò che in un altro momento le avrebbe fatto sicuramente delle avance e le avrebbe chiesto il suo numero di telefono, ma ora c’era solo Emma nei suoi pensieri. Dopo essere uscito dal negozio si accese una sigaretta, controllando il cellulare per la decima volta in quindici minuti per vedere se l’oggetto dei suoi desideri gli aveva scritto, ma non c’era alcun messaggio. Si diresse allora verso l’hotel dove alloggiava, ripetendo a mente le scuse che aveva preparato. Ci teneva a rendere plausibile la storia che si era inventato.

Finalmente arrivò davanti all’edificio. Quando spinse la porta della hall vide Emma insieme a Candice, Charlotte, Alice ed Elvie. Si avvicinò timidamente e sorrise a Candice, che aveva alzato lo sguardo per esaminarlo.

“Dica?” chiese secca, guardando l’uomo da cima a fondo.

Ian indicò Emma, che gli dava le spalle e sembrava molto impegnata a parlare con Charlotte. Candice posò delicatamente la mano sull’avambraccio della giovane donna e le fece cenno di voltarsi. Emma si voltò e fece una smorfia trattenuta quando vide Ian mostrarle il mazzo di fiori che le aveva comprato prima di arrivare. Il giovane percepì il suo disagio.

“Ciao Ian”, disse tranquillamente, distogliendo lo sguardo.

“Ciao”, disse lui porgendole i fiori e avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia. Continuò dicendo: “Possiamo parlare, Emma?”

Candice mostrò, senza nemmeno nasconderlo, segni di impazienza, prima di rispondere alla giovane donna. Era visibilmente contrariata per il fatto che uno sconosciuto andasse a mischiare questioni personali con quelle professionali.

“Vi do cinque minuti. Non uno di più, Emma. Abbiamo un sacco da fare. Ti aspettiamo fuori.”

Charlotte fece un occhiolino alla sua amica appena percettibile, prima di seguire le sue colleghe fuori. Ian si avvicinò a Emma e le posò una mano sulla vita per prenderla da parte. Di riflesso lei si allontanò, sottraendosi alla vicinanza che lui cercava di stabilire.

“Non hai risposto ai miei messaggi”, disse Ian gentilmente, cercando di evitare un tono accusatorio.

“Quali? Quello che mi hai mandato quando avevo sprecato il mio tempo ad aspettarti?”

Lui chinò la testa, sentendosi colpevole. Sapeva di essere in torto.

“Beh, ci sono anche quelli di stamattina, dove ti imploravo di perdonarmi. Ti dicevano quanto avessi bisogno di vederti…”

“Così tanto che ieri non ti sei presentato e ho dovuto aspettare fino ad arrendermi di fronte all’evidenza che non saresti venuto. Il tuo messaggio è arrivato tardi. Sono in viaggio qui, avrei potuto fare qualcos’altro ieri sera.”

Emma distolse lo sguardo, evitando attentamente quello del giovane. Non voleva incontrare gli occhi di Ian. Qualcosa in lei era cambiato. Ian, dal canto suo, non pensava di dover lottare così tanto per ricevere il suo perdono. Fiori e belle parole erano spesso bastati in passato, ma si rese conto che Emma era diversa dalle altre donne che aveva conosciuto fino a quel momento. Non era una donna arrendevole.

“No, non ho ricevuto niente. La batteria del mio telefono è completamente scarica e non ho portato il caricabatterie. Senti Ian, non credo che…”

“Emma, ti prego, dammi un’altra possibilità. Ho rovinato tutto. Ne sono pienamente consapevole. Ieri ho avuto un imprevisto. Sono stato un irresponsabile per non aver trovato due minuti per cancellare l’appuntamento, ma sono stato colto completamente di sorpresa. Ho bisogno di conoscerti. Non sei il tipo di donna che un uomo vorrebbe lasciare andare così. Potremmo andare al ristorante stasera… ti invito. Ti tratterò come la regina che meriti di essere.”

Emma si morse il labbro inferiore fissandosi le scarpe, evitando sistematicamente di guardare Ian. Si sentiva ancora attratta da lui, ma l’avventura che aveva vissuto la sera prima aveva in qualche modo cambiato le sue percezioni.

“Non è possibile. Parto domani. Stasera ho un ricevimento. Non credo sia una buona idea iniziare qualcosa che non potremmo continuare.”

Ian non si dava per vinto. Si fece insistente.

“Posso venire a trovarti a Montreal? Potremmo passare qualche giorno insieme e conoscerci meglio. Dammi il tuo indirizzo…”

Tirò fuori un modesto taccuino dalla tasca posteriore dei pantaloni, strappò un foglio e glielo porse. Tirò fuori anche una piccola matita che teneva nella spirale del taccuino. A Emma non piacque la sua insistenza e si sentì sempre più intrappolata. La magia della prima notte era sparita. Annotò il suo indirizzo e-mail e gli restituì foglio e matita.

“È tutto quello che posso fare per il momento. Scrivimi. Vedremo. Devo andare al lavoro, è una giornata impegnativa. Ti risponderò, te lo prometto.”

Ian attirò la giovane donna verso di sé e la baciò furtivamente sulla bocca. La sentì irrigidirsi al contatto con lui per poi allontanarsi piuttosto in fretta. Lui non aveva alcuna intenzione di arrendersi. Candice, che aveva scelto quel momento per tornare dentro a chiamare Emma, non si era persa nulla della scena che si era appena prodotta.

“Ce ne stiamo andiamo”, disse freddamente, indicando la porta con la mano.

Emma fece un sorriso dispiaciuto a Ian e si diresse verso Candice, che sembrava furiosa. Si sentiva ancora più a disagio con la donna, visibilmente arrabbiata, che con il suo amico. Aveva la netta sensazione di aver dato un’impressione di sé, durante quel breve periodo contrattuale, completamente sbagliata. Non capiva perché, all’improvviso, gli uomini la corteggiassero. Non era il momento giusto, sperava di fare bella figura e ottenere ulteriori ingaggi con la rivista dove lavorava Charlotte, per passare più tempo con lei e anche per arrotondare le sue entrate.

Ian, impotente, seguì la giovane donna con lo sguardo finché non scomparve dalla vista. Di solito positivo, aveva ora dei dubbi, data la reazione di Emma. Non prevedeva niente di buono con lei se non riusciva a cambiare la situazione. Forse lasciarsi trasportare dalla corrente lo avrebbe aiutato un po’. Sentiva che poteva facilmente innamorarsi di quella donna. Aveva bisogno di andare fino in fondo a ciò che ardeva in lui, anche a rischio di farsi un po’ male. Dopotutto, non sarebbe stata la prima volta.

***

Emma si sedette vicino a Charlotte, che consultava la sua agenda, sentendo l’occhio freddo di Candice su di sé. La donna la osservava attentamente senza dire nulla, cosa che la metteva ancora più a disagio. Elvie e Alice erano intente a conversare. Evitò con cura di incrociare lo sguardo del loro capo. Non voleva lasciarsi toccare dal giudizio che sembrava provenire da lei.

“È incredibile che tu abbia passato tre ore chiusa dentro l’ascensore. Non riesco ancora a crederci”, disse Charlotte chiudendo la sua agenda e riprese: “Io sarei semplicemente andata in panico!”

“Un altro aneddoto da aggiungere alla mia lista”, rispose Emma a bassa voce.

“Eri sola?” chiese Elvie, improvvisamente interessata alla conversazione.

Emma era imbarazzata. Giocò di riflesso con un bottone della camicia, mentre fissava l’interruttore che permetteva di alzare e abbassare il finestrino dell’auto. Ricordava la notte prima con Gabriel. Si erano salutati senza promesse, con un ricordo delizioso. Momenti magici. Lui le aveva lasciato il suo biglietto da visita e lei il proprio.

Aveva tenuto quel segreto per sé, come un sogno che si fa e si conserva gelosamente. Avevano preso le loro cose, si erano rivestiti e avevano aspettato che tornasse la luce. Lei si era addormentata sulla sua spalla, lui le aveva accarezzato i capelli e la nuca tutto il tempo. Un gesto tenero. Quello di un innamorato, non di un amante passeggero.

Quando l’ascensore era ripartito l’aveva svegliata con un bacio sulla fronte, dolcemente. E, prima di andarsene, l’aveva baciata focosamente. Con una passione che Emma non aveva mai conosciuto. Una leggera fitta al cuore le diceva che non l’avrebbe più rivisto. Doveva già essere tornato alla sua vita normale. Una vita che immaginava occupata, con tante ore di lavoro e di attività e nemmeno un minuto per sé o per pensare a lei. Sicuramente, per lui era stata solo una breve storia e aveva già voltato pagina. Era quello che credeva. E forse era meglio così. Tuttavia, trovava difficile riprendere il corso della sua vita dopo aver vissuto un momento così forte con un semplice sconosciuto. Eppure non era la prima persona a vivere una cosa del genere e certamente non sarebbe stata l’ultima. Era cambiata dalla sera prima. Era cresciuta.

“Ero con quel medico di Montreal”, rispose finalmente, prima di guardare fuori.

“Chiudetemi in uno spazio chiuso con lui in qualsiasi momento”, scherzò Charlotte.

Emma sentì una punta di gelosia al pensiero che Charlotte potesse fare qualcosa con Gabriel, ma scacciò rapidamente quell’idea.

“Eri in buona compagnia, nel caso avessi avuto un malore”, osservò Elvie.

“Si stima che il 4-5% della popolazione soffra di claustrofobia. Lo sapevate che…”, iniziò Alice.

“No, va bene, Alice. Niente dettagli, per favore!” tagliò corto Charlotte.

Candice rimase in silenzio. Alla fine distolse lo sguardo da Emma e si mise a studiare le sue dipendenti con aria pensierosa. Stava analizzando la situazione. Emma era sollevata che avesse finalmente smesso di fissarla, ma si chiedeva comunque perché lo facesse. Poi cominciò a pensare a Ian. Il suo interesse per lui era molto meno forte di quanto non fosse inizialmente.

“Cosa voleva Ian?” chiese Charlotte a bassa voce.

“Te lo dico stasera”, rispose Emma.

Candice aveva di nuovo posato lo sguardo sulla giovane donna e sembrava aspettare anche lei una risposta. Emma si sentiva un po’ in trappola perché sapeva che la sua migliore amica non avrebbe mollato l’osso facilmente.

“È andata male ieri sera?”

“Non si è presentato.”

“No! Non ci credo! Ha osato farti questo? Racconta!”

“Più tardi, ti ho detto. Più tardi!”

Lo sguardo inquisitore di Candice infastidiva Emma. Si azzardò a farle un piccolo sorriso e la donna lo ricambiò in modo meccanico. Emma non capiva l’interesse che sembrava suscitare. Avrebbe voluto avere il coraggio di Charlotte e la sua sfacciataggine per chiederglielo direttamente. Le mancava la sua capacità di ribattere prontamente e dovette ammettere che non le avrebbe mai fatto quella domanda. Preferiva inventarsi, come giustificazione, che la detestava e che probabilmente non le avrebbe offerto altri contratti. Dopotutto, era ciò che si meritava con la sua mancanza di professionalità negli ultimi due giorni.

Emma aveva la cattiva abitudine di immaginarsi le cose invece di risolvere i malintesi o chiarire situazioni come quella. Era più facile per lei, a volte, vivere nella sua mente che affrontare la verità, anche se questa avrebbe potuto liberarla da un peso. L’attenzione ricevuta dalla direttrice di Style Magazine la metteva a disagio e non ricordava nessuno che la fissasse così tanto, per quanto andasse indietro nel tempo.

***

Candice aveva organizzato una serata di networking per la loro ultima notte in New Jersey. Erano state invitate le persone del posto, così come tutti gli operatori che gravitavano, da vicino o da lontano, attorno al mondo della moda. Charlotte era eccitata dall’opportunità di incontrare tanta gente del settore. Era sorpresa di essere stata così assennata durante quel viaggio e di aver avuto un tale controllo. Ammise con se stessa, tuttavia, che viaggiare con il suo capo le aveva permesso di porre un freno a qualsiasi tentazione di follia che le fosse passata per la testa. Candice faceva quell’effetto. La cosa non le pesava: era ora che pensasse a calmarsi e a diventare più seria. Spesso invidiava la maturità di Emma, anche se pensava che potesse essere sinonimo di noia. Le loro differenze erano ciò che le univa, la base della loro amicizia, perché riuscivano a completarsi a vicenda.

Ammirò il suo riflesso nello specchio un’ultima volta e si passò le mani sulla vita per mettere a posto il tessuto del suo vestito rosso. Si era innamorata di quel capo quando lo aveva visto indosso a una delle modelle durante un servizio fotografico per la copertina dell’ultimo numero della rivista.

“Wow! Sei semplicemente magnifica!” esclamò Emma, guardando la sua amica.

“È carino, eh? Mi piace troppo questo vestito, mi sento come se fosse stato creato per me!”

Emma aveva scelto un semplice abito nero che aveva già indossato a una festa di fidanzamento. Preferiva non farsi notare ed evitare troppa attenzione. Avrebbe anche evitato il ricevimento, se avesse potuto, ma non aveva avuto scelta.

“Cos’è successo con Ian?” chiese Charlotte, guardando l’ora.

“Mi sono tirata indietro. Quando l’ho visto stamattina, non ho più avuto voglia di continuare a frequentarlo, nemmeno per una sera”, rispose Emma. Proseguì: “Mi ha fatto arrabbiare che non si sia presentato. È una totale mancanza di rispetto per me. Patrick l’ha fatto così tanto nel passato. Mi è sembrato di rivivere la stessa cosa.”

“Perlomeno è uno che regala fiori! Un pensiero molto carino.”

“Non cambia niente. Siamo due estranei. Non è una buona idea iniziare una relazione a distanza. Non conosco quel tipo…”

“E, detto tra noi, non è per niente da te vivere una storia senza futuro. Non riesco a immaginarti in questo tipo di relazione senza attaccamento. Tu hai bisogno di un  rapporto con basi solide e forti…”

Emma abbassò lo sguardo. Ripensò a Gabriel per qualche secondo. Non riusciva a confidare alla sua amica quello che era successo il giorno prima. Voleva tenere quella storia per sé. Cambiò argomento.

“Tu cosa hai fatto ieri sera?”

Charlotte si mise al collo una collana sobria, impreziosita da un piccolo diamante. Si era sollevata i capelli, lasciando libera la nuca.

“Sono andata in spiaggia e ho letto”, rispose lei, dopo essersi assicurata che i suoi gioielli e il suo vestito fossero in armonia.

“Non riesco a immaginarti a leggere invece di divertirti…”

“Francamente, mi conosci fin troppo bene. Prima sono andata al bar dell’hotel, ma non c’era nessuno di interessante, così sono andata a prendere un libriccino che Alec mi ha prestato… il signor Wilson, voglio dire.”

Emma alzò la testa verso la sua migliore amica. Non le era sfuggito che aveva chiamato il signor Wilson per nome. Alec Wilson era l’insegnante di inglese privato che aveva raccomandato a Charlotte. Lo conosceva solo professionalmente, ma era un uomo che all’inizio si mostrava freddo e balbettava leggermente quando era nervoso o sotto pressione. Aveva diversi anni più di Charlotte ed Emma scacciò rapidamente l’idea che tra loro avesse potuto nascere una qualsiasi storia d’amore.

“Che opera è?” chiese curiosa.

Cime tempestate, o qualcosa del genere…”

Charlotte frugò nella borsa e tirò fuori il libro gettandolo sul letto accanto alla sua amica.

Cime tempestOSE di Emily Brontë, un classico della letteratura inglese. Ti piace?”

“Non saprei. Non sono sicura di aver ben capito la storia. Forse il mio inglese non è ancora abbastanza buono?”

Guardò la sua amica come se stesse ponendo a lei la domanda.

“È un universo oscuro. In questa storia viene descritto il lato peggiore dell’uomo. Dove la passione è distruttiva. Heathcliff… che uomo tormentato. Mi è piaciuta molto la complessità dei personaggi di questo romanzo. E pensare che è stata una giovane donna solitaria a scriverlo, senza realmente avere alcuna esperienza della vita!”

“Beh, non so se continuerò a leggerlo… È il libro preferito del signor Wilson.”

Emma ebbe un altro sospetto. Da quando Charlotte leggeva i libri preferiti delle persone che frequentava? C’era qualcosa sotto, ne era convinta. Forse stava nascendo tra loro una vera amicizia.

“Sembra che ci sia una buona intesa tra voi…”

“È molto gentile. Queste scarpe o quelle?” chiese Charlotte indicando un paio di décolleté rosse con il tacco a spillo e un altro paio rosso, ma con un tacco più largo.

“Quelle a sinistra.”

“È quello che pensavo anch’io.”

Charlotte non voleva parlare di Alec con Emma. Non subito, almeno. Non era pronta. Trascorreva sempre più tempo con lui a parlare e a scambiare opinioni su aree di interesse che entrambi condividevano. Lo trovava molto gentile ed era la prima volta che il suo fascino leggendario sembrava non fare effetto su un uomo. Aveva l’impressione che fosse stato profondamente ferito in passato. Lei apprezzava la sua compagnia e la cosa sembrava reciproca. Negli ultimi tempi Charlotte pensava a lui abitualmente, ma dava la colpa alla loro nuova complicità e ai momenti che spesso trascorrevano insieme. Nel corso delle settimane era diventato un confidente. Ed era più facile per lei confidarsi in una lingua che non padroneggiava appieno che farlo nella sua lingua madre.

Quando avrebbe capito esattamente il legame che esisteva tra loro si sarebbe decisa a parlarne con Emma. Aveva anche fatto una videochiamata con lui la sera prima, mentre la sua amica era al bar ad aspettare Ian. Avevano parlato del suo soggiorno e del suo lavoro in inglese. Chiaramente, il contesto della loro chiamata non era per nulla professionale. Finché non si fosse spinto oltre avrebbe continuato a conversare con lui.

“Hai intenzione di dimenticare completamente Ian?” chiese, tornando al tema iniziale.

“Ha detto che mi scriverà. Voglio proprio vedere se manterrà la parola”, rispose Emma.

“Ad ogni modo quel tipo mi puzza. Mi sembra piuttosto improbabile che si sia innamorato di te così in fretta. A me la cosa spaventerebbe tanto che scapperei a gambe levate.”

“Non è innamorato, ma ha riconosciuto qualcosa in me. Beh, cambiamo discorso. È pazzesca la piega che ha preso questo viaggio di lavoro… la mia vita non scorre più come un fiume lungo e tranquillo. Sono successe più cose in due giorni che in tre mesi!”

È L'Amore Che Ti Trova

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