Читать книгу Posseduta Dagli Alfa - Jayce Carter - Страница 12

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Capitolo cinque

Il battito di Claire palpitò sotto il tocco di Joshua, il suo polso sottile incapace di nascondere il modo in cui tremava.

Ma il suo profumo lo attirava più vicino. Voleva inspirarlo, immobilizzarla a terra e respirare il suo profumo fino a che non avesse impregnato il suo corpo.

Quando era stata l’ultima volta che aveva desiderato così ardentemente una donna? Certo, provava desiderio per tutte le donne, ma Claire?

Lei era diversa e Joshua non provava niente del genere da anni. Da anni non incontrava una donna in grado di attirare la sua attenzione per più di una volta.

L’alfa allontanò il pensiero mentre la trascinava nel piccolo retrobottega, un cenno alla guardia, che rispose con un sorrisetto. A volte conoscere persone si rivelava utile e Joshua aveva lavorato abbastanza per il proprietario che, occupare la stanza per tutto il tempo che desiderava, non avrebbe causato alcun problema.

E quando Joshua fece voltare Claire, quando la spinse contro la porta e trovò la sua gola con le labbra, quando la sua lingua assaporò il battito frenetico dell’omega, seppe che avrebbe desiderato decisamente molto tempo.

Fotterla insieme a Bryce e Kaidan non gli aveva dato fastidio. Condividevano molto, tutte le loro vite, in realtà. Avevano sempre immaginato che, se mai avessero deciso di sistemarsi, lo avrebbero fatto loro tre insieme a una sola donna. Funzionavano insieme, il loro era un legame più stretto di quello dato dal sangue, erano più che fratelli. Era un legame che dava loro forza.

Ciononostante, non poteva negare di apprezzare l’idea di averla tutta per sé.

L’omega fece un respiro tremolante e spinse contro le sue spalle, la tensione alle stelle.

Se mai avesse scoperto chi l’aveva ferita, avrebbe fatto a pezzi il bastardo. Non era tipo da tirarsi indietro di fronte agli aspetti più brutti della vita. Sapeva dannatamente bene cosa accadesse ad alcune omega, la vita che vivevano, ma erano cose astratte.

Aveva persino aiutato a salvare alcune delle omega più sfortunate, un’attività svolta sottobanco dalla loro impresa. Ricordava una ragazza, Fiona, un’adolescente, ma abbastanza grande da andare in calore. Non pesava nulla, il bastardo che l’aveva presa usava dei farmaci per mantenerla in uno stato di calore quasi costante.

Era stato Kaidan a occuparsi di lei, il migliore di loro con le donne, a portarla dal dottore e stringerle la mano mentre la esaminava. Viveva, supponeva, nascosta e silenziosa da quando l’avevano salvata. Ogni tanto, si recavano nella piccola baita in cui viveva fuori città per dare un’occhiata e aggiornare il sistema di sicurezza. Nei cinque anni da quando l’avevano salvata, non aveva proferito parola, nascondendosi nella sua stanza al loro arrivo.

La spinta delle mani di Claire sul suo petto lo fece arretrare abbastanza da darle spazio.

«Aspetta», sussurrò lei.

«Certo, aspetta. Sì.» Joshua si passò una mano tra i capelli, mentre si sforzava di mantenere il controllo. «Te l’ho detto, sei tu a decidere. Non ti costringerò a fare nulla.»

Le mani di Claire rimasero sul suo petto, le dita arricciate, le unghie smussate premute contro la sua pelle. I respiri dell’omega si scontravano contro il suo mento e la sua gola, affannosi e spezzati. «Non puoi starmi addosso.»

Ah, tutto qui?

Quando la sua mente non era annebbiata dal calore, non lo voleva così vicino? Non voleva che fosse così opprimente?

Poteva lavorarci. Avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria.

Joshua annuì, posando le mani sul muro mentre si abbassava sulle ginocchia. «Che ne dici di questo, tesoro? Va bene?»

Il modo in cui i suoi occhi si spalancarono, quel colore rosato che danzava sulle sue guance – il cazzo di Joshua sobbalzò entusiasta contro la cerniera dei suoi pantaloni.

La desiderava. La desiderava più di qualsiasi altra cosa. Voleva affondare la faccia contro di lei e non lasciarla andare mai più.

Invece, aspettò.

Claire fece scattare la lingua, rosa e abbastanza bagnata da catturare la luce, verso il labbro inferiore, prima di annuire.

Joshua non aveva bisogno di altri sì. Le slacciò il bottone dei pantaloni e fece scivolare il tessuto lungo le sue gambe toniche. Sollevò uno dei suoi piedi e le sfilò la scarpa, per poter liberare quella gamba. Può bastare. Non serviva che fosse nuda per quello che voleva fare e più tempo le avesse concesso per riflettere, più si sarebbe potuta tirare indietro.

Riportò le dita all’altezza della sua vita, sulle semplici mutandine nere che nascondevano quella parte di lei per cui avrebbe ucciso in quel momento.

Claire si irrigidì, perciò Joshua appiattì le mani contro di lei. Aspetta. Non avere fretta. Premette le labbra contro il suo fianco, seguì l’orlo di pizzo fino a raggiungere il punto più allettante. Lì, sfregò contro la sua pelle con i denti.

Per quanto si sforzasse di essere delicato, non riusciva a trattenere completamente il suo lato primordiale.

Continuò a tracciare la sua linea di baci sul basso ventre della donna e allo stesso tempo posò le mani sul suo interno coscia. Accarezzò con le dita la pelle calda e delicata. I muscoli di Claire si contrassero, ma come Joshua fece scivolare la mano più in alto, la donna spostò i piedi verso l’esterno.

Nervosismo e paura potevano trattenerla, ma lo desiderava.

Quando raggiunse la sua fica, nascosta dalla stoffa nera delle mutandine, la accarezzò con le dita. Al secondo passaggio, premette la stoffa in maniera più decisa contro di lei, fino a sentire la sua apertura calda e le sue pieghe. La vedeva nella sua mente con le gambe spalancate per lui come durante il calore, i suoi capezzoli inturgiditi e scuri per lui come un invito.

Avrebbe dato un’altra bella occhiata prima o poi, una volta guadagnata la sua fiducia.

Joshua mosse le dita fino a poter usare il pollice per massaggiare il suo clitoride, nascosto sotto il suo intimo. La stoffa nera aveva assorbito la sua umidità, una tentazione a cui non Joshua era mai stato in grado di resistere. Le sollevò la gamba, quella che aveva liberato dai pantaloni e dalle scarpe, e se la mise sulla spalla per spalancarla. Ciò la costrinse a trovare l’equilibrio su un’unica gamba, ma Joshua appoggiò una mano contro il muro e Claire avvolse le dita intorno al suo polso per mantenersi in equilibrio.

Dannazione, gli piaceva che si appoggiasse a lui.

Incapace di resistere un attimo di più, Joshua si concesse un piccolo assaggio. Fece scattare la lingua lungo il suo centro, sfregando la lingua irrigidita contro il suo clitoride. L’azione non fu certo sufficiente a soddisfare il suo desiderio, il desiderio di spalancarle le cosce e banchettare per ore, fino a renderla un caos di tremiti e singhiozzi.

L’alfa si concesse il piccolo assaggio per tirare avanti, prima di far scivolare il pollice sotto le sue mutandine fradice e accarezzare il suo clitoride, che si era ingrossato sotto il suo tocco. Joshua si sedette sui talloni per osservare il corpo di Claire. Sarebbe stato meglio se l’avesse spogliata, ma in ogni caso, lo lasciava senza fiato.

La sua maglietta, né aderente né scollata, lasciava tuttavia intravedere il profilo dei suoi seni, i capezzoli appuntiti che premevano contro il tessuto come un’offerta. Di nuovo, il suo cazzo pulsò, duro e disperato e pronto.

Era impossibile che potesse averla. Era troppo insicura, troppo nervosa. Ci sarebbe voluto del tempo, ma il suo corpo si rifiutava di ignorare i propri bisogni.

Posizionò la mano di Claire sulla propria spalla e si infilò una mano nei pantaloni. Avvolse il proprio membro con l’ampio palmo e iniziò a masturbarsi con movimenti efficienti. Non c’era alcun bisogno di stuzzicare o di prolungare alcunché. Non tentò di trattenersi o di farlo durare. Si trattava solo di concedere al suo corpo un premio di consolazione, dato che non sarebbe potuto entrare nell’omega il cui sapore si attardava sulla sua lingua.

La schiena di Claire si inarcò e i suoi fianchi si mossero in avanti. Joshua tormentò il fascio di nervi nascosto lì, senza lasciarle tregua, senza darle il tempo di prendere fiato. Il sudore le imperlava la fronte, tracciando una scia lungo la sua gola. Nella luce tenue della stanza, Joshua riusciva a vedere il suo sudore e i suoi occhi chiusi e persi nel piacere.

L’alfa concentrò la propria attenzione sul suo clitoride, sfregandolo più forte, mentre la mano sul suo cazzo accelerava con l’ansimare dell’omega.

La tensione nel corpo di Claire crebbe fino a che non gettò la testa all’indietro, colpendo il muro con un tonfo, abbastanza forte da far trasalire l’alfa. I suoi gemiti si interruppero, il suo respiro si bloccò, le sue unghie scavarono nelle spalle di Joshua, abbastanza forte da graffiargli la pelle.

L’alfa la raggiunse poco dopo, un’ultima spinta data dalla vista di lei sopraffatta dalla passione, dal piacere, dal rossore sulle sue guance e dall’alzarsi e abbassarsi del suo petto.

Venne nei pantaloni, cosa di cui non si preoccupò affatto. Si alzò e raccolse il suo sperma caldo e spesso con le dita, mentre liberava la mano. La baciò, azione da lei ignorata, mentre tentava di riprendere fiato, mentre il suo corpo iniziava a riprendersi.

Joshua appoggiò la fronte coperta di sudore contro quella di Claire, prima di infilare le dita ancora ricoperte di sborra attraverso le sue labbra – un istinto da alfa, per marcare la compagna con il proprio odore, con il proprio sapore.

Compagna? La parola sedeva sulla punta della sua lingua come una minaccia, ma non riusciva a ricacciare indietro quell’appellativo.

E, come previsto, Claire rispose divinamente. Chiuse le labbra intorno a quelle dita e vi fece girare intorno la lingua, ingoiando il dono offerto.

Mentre l’omega succhiava le sue dita, mentre il suo profumo lo circondava e con la mano libera le accarezzava i capelli scuri, Joshua emise delle tenere fusa.

Claire si sarebbe dovuta abituare a lui, perché non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.

* * * *

Non poteva guardarlo. Anche se Joshua se ne stava in piedi nel negozio, impossibile da ignorare, Claire ci provò.

Guardarlo era troppo, avrebbe reso tutto troppo vicino, troppo reale. Non poteva fingere che non fosse accaduto nulla, non quando lo guardava. Quando lo faceva, tutto ciò a cui riusciva a pensare era la sensazione delle sue dita contro di lei, il modo in cui aveva leccato lo sperma dalle sue dita con grande entusiasmo, il modo in cui lo avrebbe implorato per averne di più se non l’avesse zittita con un bacio appassionato.

Come aveva potuto arrendersi a qualcosa di tanto stupido? Qualche momento di piacere non valeva il rischio.

Più dava, più avrebbero preso. Era ciò che facevano gli alfa. Prendevano e prendevano e non erano mai soddisfatti.

Maledetti, non capiscono che non mi è rimasto niente da dare?

Joshua l’aveva riportata al suo negozio, il viaggio in macchina silenzioso nonostante i suoi tentativi di coinvolgerla in una conversazione. Nemmeno il suo fascino poteva tentarla.

Claire non riusciva a liberarsi dall’inquietudine, il suo corpo si rifiutava di calmarsi. Dopo l’intenso orgasmo, il primo che avesse mai desiderato senza il calore, non riusciva a muovere i piedi. Tutto appariva troppo freddo, troppo chiuso, il mondo troppo grande e buio. Le era venuta la pelle d’oca e non era più riuscita a liberarsi da quella strana sensazione.

Claire passò accanto a Joshua mentre chiudeva il negozio e raccoglieva le sue cose. Mentre gli passava accanto, l’alfa le afferrò il braccio.

L’azione la fece immobilizzare, i nervi a fior di pelle. La pericolosità di quel tocco andava oltre la minaccia fisica. Dopo ciò che era successo fra loro, si era resa conto che avrebbe potuto fare di peggio che ferirla.

«Fai un respiro», disse.

«Riesco a respirare da sola.»

L’alfa le solleticò il braccio con il pollice, le labbra incurvate verso l’alto. «Sei nervosa. Pensavo di averti mostrato che non ti farò del male. Se avessi voluto fartene, non credi che lo avrei già fatto, ormai? Ne ho avute molte occasioni, dopotutto.»

«Cosa vuoi da me?» La domanda uscì debole dalle sue labbra.

Joshua sollevò la mano e la pose sulla sua nuca, un peso saldo ad ancorare i suoi pensieri erranti. «Perché hai così tanta paura, se non sai nemmeno cosa voglio?»

«Perché, qualunque cosa sia, non posso dartela.»

L’alfa inclinò la testa, il suo sorriso quasi divertito, prima di avvicinarsi per rubarle un rapido bacio. «Beh, tesoro, sono certo che ti piacerà ciò che voglio, quindi smetti di preoccuparti così tanto.»

Claire aprì la bocca per ribattere, ma il rumore di qualcuno che si schiariva la gola dietro di lei la fece voltare.

Improvvisamente, ogni senso di rilassamento svanì.

Alla porta c’era Bryce.

Posseduta Dagli Alfa

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