Читать книгу Posseduta Dagli Alfa - Jayce Carter - Страница 8

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Capitolo uno

Claire non si era mai introdotta di nascosto da nessuna parte e iniziare con l’ufficio di tre alfa doveva essere una delle sue idee peggiori.

Aveva fiutato parecchi alfa nel corso degli anni e ciò aveva sempre risvegliato in lei impulsi contrastanti di eccitazione e paura. Tuttavia, tale era il destino degli omega. Bramare ciò che li avrebbe distrutti, desiderare la loro più grande minaccia. Ogni alfa che aveva incontrato le aveva fatto venire voglia di cadere in ginocchio e, allo stesso tempo, di fuggire. Manteneva le distanze, usava oli di lavanda per smorzare il loro profumo – qualsiasi cosa pur di attenuare la propria reazione – ma esso penetrava comunque dentro di lei.

Se si fosse trovata in qualsiasi altro luogo, a fare qualsiasi altra cosa, sarebbe fuggita il più velocemente possibile. Anche un solo alfa avrebbe potuto rovinare tutto e l’odore di un paio le offuscava la mente.

Tuttavia, non aveva scelta. Non poteva fuggire.

Ciò di cui aveva bisogno doveva essere sottochiave da qualche parte in quell’ufficio, non c’era altra scelta. Nonostante ci avesse ragionato su centinaia di volte, era giunta sempre alla stessa conclusione – l’informazione doveva essere lì.

Claire aprì un altro cassetto della scrivania, scavando tra i documenti in cerca di annotazioni, un calendario, qualsiasi cosa. I file sul computer avrebbero potuto dirle ciò di cui aveva bisogno, ma sarebbero stati protetti da una password. Non poteva accedervi, visto che certi giorni persino accendere un computer si rivelava una sfida per lei.

Non aveva bisogno di molto, solo di un nome – un indizio su chi stesse cercando.

Un altro cassetto controllato e ancora niente.

Il dolore assillante allo stomaco la costrinse a chiudere gli occhi e forzare il respiro fra i denti serrati. La sua pelle si riscaldò e il sudore tra le scapole le fece appiccicare la maglietta alla schiena.

Che cosa le stava succedendo? Le ricordava l’inizio del calore, ma ne avrebbe riconosciuto i segnali molto tempo prima. Non andava semplicemente in calore da un momento all’altro. Si sarebbe sentita inquieta, non affamata, avrebbe sentito il bisogno di crearsi un nido. Con settimane di anticipo, avrebbe avuto dei sintomi a dirle che si stava avvicinando, dandole il tempo di incrementare i farmaci ed evitarlo. Non aveva raggiunto i trent’anni come omega senza riconoscere i segnali di un calore imminente.

La sensazione era iniziata dopo che aveva annusato uno straccio mentre perquisiva la casa di Jackie, sentendovi sopra l’odore di qualcosa che non riusciva a identificare. Feromoni potenti, ma non alfa, non esattamente. Il suo cervello era riuscito a dirle solo che c’era qualcosa di sbagliato.

Non che importasse in quel momento. Qualsiasi cosa le stesse causando il dolore allo stomaco, qualsiasi cosa le stesse facendo sudare la fronte, doveva ignorarla. Doveva concentrarsi, finire la sua ricerca e andarsene.

L’intera stanza puzzava di alfa. Tre di loro passavano del tempo in quello spazio e Claire poteva identificare l’odore di ognuno. Voleva chiudere gli occhi, inspirare profondamente, far entrare il profumo nei polmoni e lasciare che si diffondesse in lei. Dannazione, voleva buttarsi sul divano e immergere il naso nei cuscini. Nel momento in cui l’idea le saltò alla mente, si rimproverò. Se fossero tornati e avessero trovato qualcuno nel loro spazio, qualcuno che rovistava fra le loro cose – beh, Claire non aveva alcun desiderio di vedere che cosa avrebbero fatto.

Gli alfa non erano noti per il loro fantastico temperamento o la loro inclinazione al perdono. Tendevano a essere territoriali, irascibili e possessivi. L’ultima cosa di cui Claire aveva bisogno era essere catturata, rischiando dei test che avrebbero potuto rivelare cosa fosse.

La vita come omega non era mai facile, ma essere etichettata? Dover fuggire di nuovo? Cercare di farsi una nuova vita, una nuova identità, sempre che nessuno l’avesse venduta prima? No, non avrebbe rischiato di perdere tutto quello che aveva costruito.

Tirò fuori i suoi attrezzi dalla tasca dei pantaloni cargo, afferrando il grimaldello con cui si era allenata per mesi. Si era data a quell’hobby per tenere le mani occupate quando veniva assalita dall’ansia, ma sembrava che avrebbe dovuto mettere in pratica le proprie abilità. Armeggiò con gli attrezzi finché l’armadietto si aprì.

Claire sfogliò i documenti in cerca della data di cui aveva bisogno, ma nulla era organizzato per data, solo per nome. In ogni caso, le scartoffie contenevano il libro paga dei receptionist e le ricevute di spese aziendali, ma niente sui clienti.

Claire chiuse l’armadietto con uno spintone, facendo stridere il metallo, e sbuffò. Dove diavolo poteva cercare ancora? Dove altro avrebbe potuto trovare qualcosa sui clienti e gli orari di installazione?

Lo schiarimento di una gola alle sue spalle la fece sobbalzare. L’avevano beccata? Poteva trarsi d’impaccio? Quando si voltò, si ritrovò faccia a faccia con il suo peggior incubo. Tre uomini enormi stavano in piedi fra lei e l’unica uscita.

No, non semplici uomini. Non appena gli odori la colpirono, il suo stomaco si contrasse e la sua testa prese a girare, si rese conto di tre cose.

Uno, i tre uomini erano alfa.

Due, erano gli alfa che passavano sempre il tempo in quella stanza.

E tre – la parte peggiore – Claire era certamente in calore.

Si piegò in due, i crampi allo stomaco. Afferrò il lato della scrivania per restare in piedi, il respiro le entrava e usciva a fatica dal petto, mentre il suo corpo impazziva.

Era in calore. Il suo corpo si stava ribellando contro gli anni di inibitori, usati per mantenere i suoi cicli naturali sottochiave, il dolore tanto forte da metterla quasi in ginocchio. Gli importava solo degli alfa nella stanza, gli alfa che avrebbero potuto saziare il bisogno che le strisciava dentro.

«Chi sei tu?» La domanda proveniva da uno degli uomini, ma era tanto lontana. O almeno, così le parve, come se avesse parlato attraverso l’acqua a chilometri di distanza.

Quando una mano si posò sul suo braccio, Claire si rese conto che doveva aver parlato da più vicino.

Non riusciva a ricordare nessuna delle scuse che si era inventata. Tutto al di là del bisogno graffiante dentro di lei svanì, finché non poté far altro che voltarsi e premere la faccia contro il collo caldo di uno degli alfa, per riempirsi i polmoni del suo profumo.

«Cazzo. È in calore.»

Delle mani le afferrarono le braccia, allontanandola dal tepore e dal profumo. Lottò, un ringhio sulle labbra, finché non si rese conto che anche i due che l’avevano spostata erano alfa. Ognuno di loro avrebbe potuto soddisfarla, avrebbe potuto scacciar via il dolore che si era diffuso in tutto il suo corpo, che le aveva contagiato la mente, riducendola a puro istinto.

L’alfa contro cui aveva premuto il proprio corpo le afferrò le guance, costringendola a guardarlo negli occhi. Poi, emise un forte ringhio che attirò la sua attenzione, sorpresa da una punta di paura ed eccitazione. «Hai delle medicine per fermare tutto questo?»

Claire scosse la testa. Come la maggior parte delle omega, aveva lasciato le medicine a casa, dove non gliele avrebbero potute trovare addosso. Non aveva mai pensato di poter essere colta dal calore fuori casa. Prendeva le pillole per tempo, senza errori, senza mai dimenticare una dose. Il prezzo per la dimenticanza era troppo alto.

Perché sta accadendo?

L’alfa strinse le labbra e la sua mano si fermò sul basso ventre di Claire. Quel semplice tocco le fece contrarre la fica intorno al nulla e sollevare i fianchi.

Un ringhio simile provenne dagli altri uomini, interrotto altrettanto velocemente.

L’alfa si voltò per parlare con uno degli altri due, ma le parole non interessavano a Claire. Non avevano importanza.

«È troppo tardi.»

«Non puoi semplicemente usare il nodo con un’omega che fa irruzione qui.»

«Che altro dovremmo fare? Questo tipo di reazione? Il modo in cui odora di lavanda? Lo sta rimandando da troppo tempo.»

«Potremmo chiamare la polizia. Hanno degli alfa nello staff per occuparsi di queste cose.»

«Così noi non sapremo mai perché si trova qui e lei finirà nel sistema? Andiamo, Bryce, sai cosa succede a quelle omega.»

Stavano discutendo, ma l’alfa di fronte a lei le consentì di strisciare il naso contro la sua gola, di annegare nel suo profumo, quindi Claire smise di lottare. Il suo odore, la stretta delle mani dell’altro e la mano sul suo basso ventre erano sufficienti per il momento.

Troppo presto, l’alfa si allontanò per guardarla negli occhi. «Cosa vuoi, omega? Posso chiamare la polizia e con loro ci sarà un alfa che ti potrà aiutare.»

Polizia. Arrestata. Registrata. Quelle parole penetrarono nel suo stordimento e le fecero scuotere la testa. Non poteva permettere che accadesse, non poteva lasciarglielo fare.

«Piano, omega» disse l’alfa alla sua sinistra, facendo delle leggere fusa dopo le sue parole.

In qualsiasi altro momento, Claire sarebbe stata pronta a ringhiare all’idea di un alfa che la calmava con le sue fusa, ma in quell’istante, la aiutò. Alleviò la paura e la tensione.

L’alfa che aveva di fronte scambiò uno sguardo con gli altri due, prima di annuire. «Okay. Non chiameremo, non ancora, ma la situazione resta la stessa. Sei in calore e, a giudicare dalle tue reazioni, lo stai rimandando da tempo. Noi possiamo aiutarti, omega.»

Noi?

Claire non aveva mai voluto neanche un singolo alfa, figurarsi tre. Se l’era cavata per un decennio senza il tocco di uno di loro, senza cedere a quella parte di lei che odiava. Come avrebbe potuto gettare tutto al vento? Come avrebbe potuto arrendersi a quello che aveva lottato tanto duramente per rifuggire?

«Che cosa vuoi?» sbottò l’uomo davanti a lei.

Claire trasalì e quello alla sua destra rispose aspramente: «Non sai proprio come rivolgerti alle donne, eh? Guarda, tesoro, proverai dolore, potrebbe anche essere pericoloso. Hai atteso troppo a lungo. Non sarà divertente, non senza un po’ d’aiuto.» La sua voce suonò dolce, affascinante.

Un’altra ondata la scosse con violenza e un esile gemito lasciò la sua gola.

L’ultimo uomo parlò, quello silenzioso che aveva fatto le fusa per lei. Fece scorrere un dito lungo il suo mento, un tocco leggero verso il quale Claire si inclinò. «Non ti faremo del male. Sarai al sicuro, te lo prometto.»

Claire fece un passo indietro, scuotendo la testa per schiarirsi le idee e gli uomini la lasciarono andare. Si ritrovò così di fronte a tutti e tre, ognuno più grande, più forte e più potente di lei.

Che cosa voleva?

Si inumidì le labbra con la lingua prima di annuire. «Voglio voi.»

La schiena di Claire colpì il muro, così velocemente da farla sussultare. L’uomo che aveva parlato per primo la coprì con il proprio corpo, prendendosi il suo primo bacio.

Le mani forti dell’alfa le scivolarono addosso, le prime carezze rapide, come se stesse memorizzando la sua forma. Con uno strattone le sfilò la maglietta dai jeans. Claire si lasciò sfuggire un grido quando sentì il calore della pelle dell’uomo contro la propria, ma lui inghiottì il suono.

L’alfa interruppe il bacio per strapparle via la maglietta, approfittando della pausa per parlare. «Il mio nome è Bryce. Dillo.»

Claire si rifiutò. Non voleva nessun legame fra di loro, non voleva dargli niente di più di ciò che la biologia esigeva da lei.

Il ringhio che seguì il suo rifiuto incrementò la sua eccitazione, il suono a malapena trattenuto e primitivo. «No? Dimmi il tuo nome, allora.»

Di nuovo, non lo avrebbe fatto. Il suo nome apparteneva solo a lei. Non lo doveva a nessun alfa. Non era il nome che aveva ringhiato prima, quando non aveva avuto voce in Capitolo, quando aveva accettato docilmente il suo posto. No, Claire era il nome che si era creata, la vita che aveva costruito per sé, e apparteneva solo a lei.

L’uomo le sbottonò i jeans con un rapido movimento e le abbassò la cerniera, prima di spingere la mano all’interno. Fece scivolare le dita contro la sua figa fradicia e gemette, scaldandole l’orecchio con il suo respiro.

Tirò fuori la mano e le fece scivolare i jeans e la biancheria intima sui fianchi. Usò il piede per farli cadere a terra, ma Claire, con le scarpe ancora addosso, non riuscì a liberare i piedi.

Un borbottio, poi un altro paio di mani si occupò delle scarpe. «Sei sempre stato impaziente», disse quello affascinante.

Bryce ruotò la testa per ringhiare contro l’uomo che lo stava aiutando a svestirla. «Sta’ zitto, Joshua.»

Una volta che i pantaloni e le scarpe furono spariti, Bryce la fece voltare e la spinse contro il muro. La vernice levigata le rinfrescò la guancia, dandole sollievo dal fuoco che le bruciava la pelle.

Bryce le afferrò la base del collo con una mano, mentre con l’altra le allontanava i fianchi dal muro. Le separò i piedi con un calcio, aprendole le gambe, e premette la punta arrotondata del suo uccello contro la sua figa.

Prima di entrare dentro di lei, si fermò, sporgendosi in avanti per graffiarle il lobo dell’orecchio con i denti. «Il mio nome. Dillo.»

Claire scosse la testa, azione che la portò a premere ancora di più la guancia contro il muro.

Il ringhio dell’alfa risuonò grave, minaccioso, e non fece che accrescere il bisogno dell’omega. «Sei fortunata che non riesco a resistere al tuo odore. Altrimenti? Mi farei supplicare prima di concederti alcunché.» Le morse la spalla e i suoi fianchi si mossero in avanti fino a riempirla.

Claire emise un gemito come non ne sentiva da tempo. Lungo, protratto e disperato. Le sue mani, premute contro il muro, si contrassero, mentre il cazzo dell’alfa la dilatava.

Il suo uccello la riempiva, obbligando il suo corpo ad aprirsi, ad arrendersi a lui. Ogni grosso centimetro che le spingeva dentro le provocava un altro fremito, mentre accarezzava parti di lei rimaste inviolate per anni. L’uomo stava risvegliando in lei qualcosa che credeva morto da tempo, una brama e un desiderio così potenti da spaventarla. Non si fermò, né rallentò la sua avanzata, e il corpo di Claire accolse avidamente tutto ciò che aveva da offrire.

Era passato un decennio dall’ultima volta che aveva fatto sesso, un decennio da quando si era concessa tutto questo. I ricordi della sua ultima volta l’avrebbero sopraffatta se non fosse stato per il calore, che le lasciava solo l’istinto e il bisogno, senza spazio per il passato.

Se Bryce non le avesse dato ciò di cui aveva bisogno, si sarebbe messa a graffiare il muro con le unghie e a esigerlo.

Ma l’alfa glielo stava dando. Le spinte dei fianchi di Bryce, il modo in cui il suo corpo si arrendeva a quello di lui, le fecero inarcare la schiena. L’uomo continuò a morderla finché il suo corpo non fu premuto saldamente contro quello di lei, finché non le ebbe infilato dentro ogni grosso centimetro, intrappolandola tra sé e il muro, entrambi inamovibili.

A quel punto, le liberò la spalla, poi fece correre il naso lungo la sua gola, fin dietro l’orecchio. Il petto dell’alfa non lasciava nemmeno un centimetro di spazio fra loro, mentre inspirava e si lasciava sfuggire un gemito inebriante. Non le diede il tempo di adattarsi. La mano che non la stava intrappolando contro il muro si spostò sul suo fianco e l’uomo iniziò a imporle un ritmo violento.

Il suo cazzo stuzzicava le pareti vaginali di Claire, strisciando contro ogni punto sensibile dentro di lei, ma le sue spinte potenti non facevano nulla per il suo clitoride. I suoi capezzoli si indurirono contro il reggiseno, l’unico indumento che aveva ancora indosso, ma non era sufficiente. Claire mosse la mano verso il basso, pronta a infilarla fra le cosce per accarezzarsi il clitoride e raggiungere l’orgasmo.

Bryce, tuttavia, gliela afferrò e la immobilizzò contro il muro. «Verrai solo intorno al mio nodo.» Il suo ordine stridente raggiunse una parte profonda dentro di lei.

In qualsiasi altro momento, quella dominanza l’avrebbe terrorizzata. Andava al di là del suo essere un alfa, era qualcosa di più profondo. I suoi ordini le bruciavano la pelle e avanzavano lentamente dentro il suo corpo, fino a farle desiderare tutto ciò che lui desiderava.

Al pensiero del suo nodo, di come si sarebbe sentita di lì a poco, Claire premette più duramente contro di lui. Voleva di più, voleva tutto. Desiderava sentire come il suo cazzo si sarebbe gonfiato alla base, bloccandoli insieme e allargandola in un modo che nessun giocattolo sarebbe stato in grado di replicare.

Il calore sarebbe durato ore e, con gli altri due alfa nelle vicinanze, non ci sarebbe stata alcuna mancanza di appagamento per lei. Si sarebbe preoccupata dei rischi in seguito.

Premette le mani contro il muro e spinse verso di lui, accogliendolo più in profondità.

L’alfa spostò la mano dal suo collo ai suoi capelli, afferrandoli con forza. La strattonò verso di sé per rubarle un tiepido bacio mentre la scopava. La forza del suo corpo in bella mostra mentre la dominava.

Un ringhio più forte, più possessivo gli attraversò le labbra, inghiottito da Claire, prima che la base della sua lunghezza si gonfiasse dentro di lei. La nuova pressione la costrinse a gridare. Il nodo, grande quasi quanto un pugno, sfregava contro nervi nascosti dentro di lei che non potevano essere soddisfatti in altro modo. Invece di allontanarsi, l’uomo strusciò contro di lei, mentre il suo nodo cresceva e si allargava, costringendo il corpo di Claire a adattarsi alla nuova larghezza. Finalmente, il nodo si agganciò dietro il suo osso iliaco e la sensazione di essere intrappolata, il bisogno istintivo che solo il nodo riusciva a soddisfare, le fece gettare indietro la testa. Fu attraversata da una scossa di puro piacere, che le rubò ogni pensiero dalla mente e il respiro dai polmoni mentre veniva.

Non aveva alcuna possibilità di combatterlo e, dannazione, non voleva farlo. La biologia era una troia e l’aveva spinta oltre il limite. La sua figa si contrasse, pulsando intorno a lui, spremendo il suo nodo. Il cazzo dell’alfa ebbe uno sussulto, il suo bacino strusciò contro di lei, dato che non poteva ritrarsi o muoversi, a parte piccoli spostamenti.

L’alfa venne, riempiendola con ciò di cui aveva così disperatamente bisogno. Il suo sperma, come un unguento, alleviò il dolore nel corpo di Claire, la tensione. Come un segnale alla natura che aveva ceduto, che si era arresa, non solo a lui, ma al suo stesso violento istinto. Non che sarebbe durato, non dopo che il calore fosse finito.

Con ogni spruzzo di sperma che si faceva strada a forza nella sua figa, la voglia di combattere di Claire si attenuava. L’alfa la prese fra le braccia, stringendola a sé, sostenendo il suo peso. «Brava omega», sussurrò, e cazzo se l’elogio non la colpì dritta nel suo centro, facendola serrare nuovamente intorno a lui.

Posseduta Dagli Alfa

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