Читать книгу Incantesimo Di Mezza Estate - Kristen Strassel - Страница 5
Capitolo uno
ОглавлениеMonique
La nonna diceva sempre che la magia è quella parte della scienza che gli uomini devono ancora comprendere.
La mia risposta era sempre la stessa: mi sarei attenuta a ciò che potevo capire, grazie mille.
Avevo completamente sottovalutato mia nonna.
Avevo trascorso tutti i trentaquattro anni della mia vita da convinta sostenitrice del detto che la magia è una stupidaggine. Mia nonna sosteneva di essere un’incantatrice, ma mia madre aveva allevato me e mia sorella facendoci credere solo in ciò che poteva essere spiegato dai fatti e non dalla fede.
«Come fai a essere così tranquilla, hai lanciato un incantesimo su te stessa?» le chiesi. La nonna doveva aver invocato alcuni superpoteri davvero seri. Eravamo di fronte ai resti divorati dalle fiamme dell’unica casa in cui lei avesse mai vissuto. O almeno così ricordavo. Il nastro giallo della polizia sbarrava le porte rotte e le finestre andate in frantumi.
«È solo un edificio, Monique. Tutto ciò che conteneva può essere sostituito. Tutte le cose importanti», disse battendosi una mano sul petto, «le tengo qui.»
Non mettevo piede a Summerland da oltre un decennio, ma non importava, la nonna mi aveva accolta di nuovo come se avessimo pranzato insieme il giorno prima. Mentre lei si dilettava di magia, io avevo studiato medicina. Quando non ero stata impegnata a lavorare, avevo versato sangue, sudore e lacrime nella ristrutturazione di una vecchia casa trascurata a East Nashville. Avevo messo il mio cuore in quella casa.
«Non riesco a immaginare di perdere la casa in cui abito.»
«Tu dai troppa importanza alle cose materiali.» La nonna si avvicinò alla struttura bruciata e sollevò uno di quei nastri gialli che avvertivano di non oltrepassare. Fece un cenno con la testa, come se stesse salutando quel posto, e poi se ne andò senza voltarsi indietro. Mi fece segno di seguirla. «Nel tuo cuore cosa c’è?»
«Cosa vuoi dire?» Alcune cose non cambiavano mai. La nonna amava parlare per enigmi.
Sospirò, frustrata come sempre dalla mia praticità e dal rifiuto di credere nell’ignoto. Presto mi avrebbe ricordato che avevo preso da mia madre. «Per cosa saresti pronta a rinunciare a tutto?»
«Il mio ambulatorio pediatrico.» Ero appena diventata socia. Alla fine, ero uscita dall’estenuante tran tran della turnazione ospedaliera. Ora che avevo degli orari certi e una casa da chiamare mia, potevo iniziare a lavorare sulla vita che avevo trascurato. «E la mia casa.»
Lei scosse la testa. «Quelle sono cose. Qualcuno te le può portare via. Lasciami riformulare la domanda. Chi ci sarà per te quando perderai tutto? Non illuderti, succede a ognuno di noi.»
Una domanda che faceva riflettere. Avevo sempre potuto contare su Cecily, la mia migliore amica, ma trascorreva metà dell’anno in tour con la sua band. Quando era dall’altra parte del paese, non poteva mollare tutto per me. Ma non era quello che intendeva la nonna. Voleva sapere chi mi completasse, se ci fosse qualcuno in grado di sbloccare il mio cuore freddo, calcolatore e pratico.
La serratura era arrugginita e non potevo confessarle di aver smarrito la chiave.
«Ho te. E Sophie.» Mi sforzai di sorridere. Faceva male ammettere che era una cazzata.
«Ma non sei venuta al mio matrimonio» ribatté mia sorella dal sedile posteriore, il dolore ancora fresco nella sua voce.
Mi voltai e affrontai la sua delusione. «Avevo bisogno di più di due giorni di preavviso! E poi, chi si sposa di mercoledì?»
«Era la Festa di Beltane» rispose Sophie, come se quel fatto lo rendesse più praticabile.
«Adesso è qui. Non c’è bisogno di litigare.» La nonna avrebbe cercato, fino all’ultimo dei suoi giorni, di convincerci a mettere da parte le nostre differenze. Mi mise una mano sul braccio mentre guidavo, allontanando il veicolo su cui eravamo dalla sua casa. «Uno di questi giorni, Monique crederà nella magia.»
Stavo per dirle che era altamente improbabile, ma avevo notato alcune cose, in quel viaggio a Summerland. Sophie non era mai stata la personificazione della responsabilità, piuttosto era un’ottimista, ma non pensavo che ciò avesse nulla a che fare col fatto che si fosse sposata in fretta e furia. Si stava ancora crogiolando nel bagliore della sua prima notte di nozze. La nonna aveva perso tutti i suoi beni terreni e non sembrava affatto turbata. E invece eccomi qui, una palla di nervi, attaccata al cellulare come se me lo avessero impiantato chirurgicamente, e non riuscivo a pensare a una singola persona che fosse davvero pronta a guardarmi le spalle.
Sophie e la nonna chiacchierarono sulla via del ritorno alla montagna, e, per la prima volta, fui consapevole di tutte le cose che mi ero persa.
«Tyson e io ceneremo un po’ prima» disse Sophie quando scendemmo dall’auto. «Vuoi unirti a noi? Sono sicura che possiamo trovare un altro drago affamato che ci faccia compagnia, così non farai da ruota di scorta.»
Un altro drago affamato. Non un uomo. Sophie affermava che Tyson si era trasformato in un drago durante la loro prima notte di nozze, e che era stato il suo fuoco a bruciare la casa della nonna fino alle fondamenta mentre fermava un altro come lui. Il suo nuovo marito e i suoi amici che vivevano su quella montagna – proprio dentro la montagna – non erano il tipo di uomini con cui ero solita andare a cena, e lei aveva ancora molta strada da fare per convincermi del fascino del loro presunto lato misterioso. «Sembra divertente, ma non stasera.»
«Accetta l’invito di tua sorella.» Non mi sorprendeva che la nonna pensasse che dovessi andare. «Chance ti ha messo gli occhi addosso.»
Chance Drake. Il fratello di mio cognato. Un montanaro robusto e assolutamente stupendo. Avrei mentito a sostenere di non essermi goduta una o due fantasie su di lui da quando ero arrivata. «Non è esattamente il mio tipo.»
«E quale sarebbe il tuo tipo?» chiese Sophie. «Tyson conosce un sacco di persone. Possiamo trovare qualcuno da invitare a cena.»
Persone. Non draghi. Sembrava un po’ più sicuro.
«Sono sicura che le conosce.» Ammiravo il modo fanciullesco con cui Sophie guardava il mondo. Come la nonna, credeva ancora, senza alcun rimorso, che tutto ciò di cui avevamo bisogno fosse l’amore. Avrei voluto accettare. «Non sto cercando di stabilirmi a Summerland.»
La nonna alzò le mani, scuotendo la testa. «Chi ha parlato di sistemarsi? Goditi una cena gratis. Divertiti, Monique Louise. Lavori così duramente, non è l’unica cosa che conta.»
«Lo so.» In teoria, lo sapevo. Se un paziente fosse venuto da me nervoso come ero io, gli avrei detto di prendersi un po’ di tempo per se stesso. Ma non ero disposta a seguire il mio stesso consiglio. Rilassarmi non era nel mio vocabolario. «Sophie ha sposato Tyson una settimana dopo averlo conosciuto. Le cose sembrano andare velocemente, da queste parti.»
La nonna mi strinse il braccio. «Mentre sei qui, prova a fare tutte quelle cose che non faresti a Nashville. La tua vita sarà ancora là, quando tornerai.»
A giudicare dalla quantità di e-mail e messaggi che arrivavano in continuazione, quell’affermazione era accurata al cento per cento. La responsabile amministrativa dello studio e il mio socio stavano aspettando che tornassi e risolvessi i loro problemi.
Il mio problema era che non ne avevo voglia.
Amavo i miei pazienti, e prendermi cura di loro compensava tutte le lunghe ore di lavoro, le conversazioni difficili con altri medici e la burocrazia delle compagnie di assicurazione.
Ma non avevo realizzato quanto avessi bisogno di una pausa finché non ero stata costretta a prenderne una. Il tempismo era stato orrendo. Il nostro nuovo studio medico era stato appena sistemato, e la ristrutturazione della mia casa completata. Il mio conto in banca si piegava sotto il peso di entrambi, ma la nonna aveva ragione. Tutte quelle cose potevano aspettare. Mia sorella aveva una vita nuova di zecca di cui non sapevo nulla, e ignoravo che avesse iniziato a scrivere un blog che si occupava di recensire sex toys. Tipico di Sophie. Di solito mi sarei fatta beffe di quella sua attività, liquidandola come frivola, e poi avrei contato silenziosamente i giorni fino a quando non mi avesse chiesto di prestarle i soldi per l’affitto. Ma mia sorella era così felice da brillare, in realtà.
La nonna aveva appena perso tutto, e pensava che fossi io ad aver bisogno di cambiare il mio atteggiamento. Questo viaggio mi stava aprendo gli occhi.
Mi diressi nella stanza che occupavo nella caverna, mi tolsi i vestiti e iniziai a riempire d’acqua la vasca da bagno di rame. I draghi – come tutti insistevano a chiamarli – avevano costruito un palazzo all’interno di una montagna. Dato che avevo lottato con le unghie e con i denti per assumere svariati appaltatori per la ristrutturazione di casa mia, ero profondamente sbalordita da quel risultato.
Ogni stanza trasudava lusso. Potere. Creava un’atmosfera.
Le pareti di quella in cui stavo io erano scoscese e color argilla, ma non era uno spazio claustrofobico. Una finestra, abilmente nascosta nel fianco della montagna, regalava una vista infinita del cielo. Il letto, su cui erano drappeggiate coperte di pelliccia, sembrava paradisiaco, i miei piedi affondavano in morbidi tappeti e la tecnologia, lì dentro, rivaleggiava con quella di casa mia.
Inclinai la testa all’indietro, realizzando per la prima volta che c’era un lucernario sopra la vasca da bagno. E che quello era un panorama da godersi in due. Non era la prima volta che mi sentivo sola, durante quel viaggio a Summerland.
Afferrai il telefono per mandare un messaggio a Sophie.
È troppo tardi per accettare il tuo invito a cena?
Non mi rispose subito, e io dovetti respingere un moto di delusione. Non potevo aspettarmi che saltasse al mio comando dopo che l’avevo respinta per trent’anni o giù di lì.
Abbiamo appena ordinato il dolce, mi disse quando finalmente rispose. La prossima volta?
Certo. Dimmi che stai mangiando qualcosa con il cioccolato. Mi consideravo una drogata di cioccolato in crisi di astinenza dopo che avevo rinunciato allo zucchero due anni prima. Mi venne l’acquolina in bocca mentre sognavo il suo dessert.
E Chance che mi imboccava.
Un brownie con gelato alla vaniglia, panna montata e una ciliegina in cima, rispose, concludendo il messaggio con l’emoji della faccina con l’aureola.
Un po’ ti odio, in questo momento.
Il cioccolato è sempre a disposizione. Vidi che stava scrivendo ancora, ma il messaggio tardava a comparire. Interessante. Sophie non usava mai giri di parole. Diceva quello che le passava per la testa e ne affrontava le conseguenze. Mi faceva rabbrividire, ma la ammiravo comunque.
Il messaggio finalmente apparve. La prossima volta posso invitare anche Chance?
Avevo voglia di cenare con quell’uomo così affascinante, che poteva anche essere un drago, e che non somigliava per niente al mio inesistente tipo ideale? Quello con gli occhi bellissimi e abile con le mani? L’uomo così legato a quella piccola città da non darmi motivo di innamorarmi di lui se avessi programmato di tornare a casa e riprendere da dove avevo lasciato?
La risposta avrebbe dovuto essere semplice. Il mio cuore stava urlando “Fallo. Di’ di sì”. Perché, allora, non riuscivo a digitare quelle tre piccole lettere?
Forse.