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CAPITOLO 6


VIE DI FUGA

Il corpo di Nael sembrava pesare tonnellate. I piedi le erano rimasti incollati al terreno, non osava muovere un muscolo. Era terrorizzata e si stava già immaginando quali atrocità le sarebbero state inflitte.

I Nia-Za fluttuavano a mezz’aria. Il capo davanti, gli altri due un passo più indietro. Nael guardò dentro il cappuccio vuoto del leader e, nonostante il demone non avesse occhi, ebbe la stranissima impressione che la stesse osservando a sua volta. L’oscurità sembrava penetrarle dentro il corpo attraverso quello sguardo invisibile.

Il Nia-Za alzò un braccio verso di lei ed emise un grido da farle venire la pelle d’oca. I due demoni che stavano dietro le si fiondarono addosso.

La fine era ormai vicina.

Il corpo di Nael si mosse, spinto dall’istinto di sopravvivenza, e scattò indietro alla ricerca di un riparo. Sapeva che sarebbe stato tutto inutile, ma la volontà di salvarsi ebbe la meglio. Percorse qualche metro. Si accorse, però, che il suo tentativo di fuga sarebbe fallito ancora prima di iniziare.

Sentì delle voci gridare qualcosa. Qualcun altro la stava cercando e non potevano che essere i D-Soul.

Sapevano tutti che erano demoni, ma Nael non credeva fossero così spietati e sovversivi. Non era una novità che a Kali Phi, nascosti in mezzo agli umani, vivessero demoni pentiti. Ma il genere di demoni a cui sembravano appartenere loro non rispettavano certamente gli articoli per la pacifica convivenza presenti nel Patto. Se fosse stata in grado di uscire viva da quella nottata, Nael avrebbe cercato informazioni sullo strano tatuaggio che aveva visto sulla schiena di Ny e sulla loro vera natura.

Con la coda dell’occhio vide una vietta sulla sinistra, stretta e buia. Non ne aveva mai viste di simili dentro la cittadella. Era come se di notte tutto cambiasse forma, se la parte peggiore di Kali Phi venisse a galla. Ecco cosa c’era di diverso.

Perché non ne aveva mai parlato nessuno?

Si era appena accorta che ciò che la circondava al mattino e il terrore che si manifestava di notte erano due facce della stessa medaglia.

‹‹Dobbiamo trovarla››, gridò uno dei D-Soul.

Si appiattì contro il muro, non le importava sapere chi avesse parlato. Sentì altre voci e trattenne il fiato.

‹‹Ny, anche i Nia-Za sono sulle sue tracce, non credo abbia possibilità di farla franca››.

‹‹Non importa, Sam››, ringhiò Ny, ‹‹voglio essere sicuro che sia morta. Se i Nia-Za l’avessero catturata le sue grida si sarebbero sentite già da un po’, non credi?››.

‹‹Non è detto, e se l’avessero portata dal Maligno?››.

‹‹Potrebbe anche essere, ma ne dubito. Geb, che dicono le tue sensazioni?››.

Geb si portò l’indice e il medio accanto alla tempia sinistra. Rimase qualche secondo in silenzio. ‹‹È viva ed è qui, i Nia-Za la stanno ancora cercando››.

Ny guardò Sam incrociando le braccia e alzando un sopraciglio. Odiava quando contestavano i suoi ordini. ‹‹Allora? Che mi dici adesso?››.

‹‹Propongo di dividerci e setacciare ogni angolo della cittadella››, rispose Sam inchiodandolo con lo sguardo.

Ci fu una pausa carica di tensione fra i due.

‹‹Bene, separiamoci››, ordinò Ny.

Nael chiuse gli occhi e appoggiò la testa al muro. Respirò a fondo due, tre volte e pensò alla prossima mossa. Qualsiasi cosa avesse voluto fare, sarebbe stato un suicidio.

Avendo lasciato i Nia-Za indietro decise di scappare in fondo alla via. Prese un ultimo respiro e si mise a correre senza mai voltarsi. Giunta a metà, le grida dei demoni guardiani del Maligno la fecero sussultare.

L’adrenalina che le scorreva nelle vene la spinse a correre più forte. Era quasi arrivata alla fine della strada, quando una sagoma le bloccò l’unica via di fuga.

Rimase ferma.

La sua mente valutò in fretta due possibilità: morire sotto le atroci torture dei Nia-Za o per mano di uno dei D-Soul?

Decisamente meglio la seconda.

Aspettò che la sagoma avanzasse verso di lei. Quando furono abbastanza vicini, riconobbe chi l’aveva trovata: Mik.

Il demone procedeva con sguardo feroce. I suoi occhi sembravano scintillare al buio e un sorriso sprezzante spuntò sul suo volto. A quanto pare si reputava soddisfatto di averla catturata lui prima di tutti.

La paura e la consapevolezza che la sua ora era giunta paralizzarono Nael. Rimase immobile, come una statua di pietra, a osservare il suo boia. Glielo leggeva negli occhi che avrebbe voluto staccarle la testa a mani nude, e lo avrebbe fatto sicuramente di lì a poco. Stava solo mettendo la preda sotto pressione.

Le grida dei Nia-Za fecero saltare i piani del demone. Mik si guardò attorno con occhi di fuoco, poi tutto accadde ad una velocità sovraumana.

Nael gettò uno sguardo alle sue spalle e vide i demoni guardiani scaraventarsi contro di lei.

Sentì Mik gridare ‹‹No!››. Quando si voltò per guardarlo in faccia, lo vide scattare in avanti e spiccare il volo.

Nael si accovacciò a terra, pronta all’impatto con Mik e i Nia-Za. Pregava un qualche Dio di morire velocemente e senza soffrire molto.

All’improvviso, si sentì trascinare via dalla strada. Non era più in grado di ragionare, di dare una spiegazione logica a ciò che stava succedendo. Aveva perso i sensi per la paura e si lasciò trasportare ovunque la stessero portando. In quello stato di semincoscienza riuscì solo a percepire l’odore di umidità e muffa e a sentire l’acqua fredda scorrere sotto i suoi piedi.

La stavano portando all’inferno?

O nelle Terre di Nessuno, in superficie?

Cosa aveva fatto per meritarsi tutta questa attenzione?

Era nei guai fino al collo.

Quando tutto si fermò, si lasciò cadere a terra e un turbinio di pallini neri e grigi le avvolse la mente, facendola cadere in un sonno profondo popolato da demoni e mostri.

Più tardi, quando finalmente riuscì a riprendere conoscenza, aprì gli occhi e si guardò attorno. Era in una specie di tunnel, assomigliava a una caverna in realtà. Ma forse si sbagliava. Le caverne erano situate sottoterra, cosa poteva esserci ancora più in basso della cittadella?

L’inferno ormai si era trasferito ai piani alti.

‹‹Ben svegliata, fuggitiva››.

Qualcuno la fece alzare di scatto e la testa prese a pulsare per il dolore facendole perdere l’equilibrio.

Un ragazzo dai capelli scuri e dalla pelle ambrata corse accanto a lei e la sorresse per un braccio.

‹‹Ehi, non sforzarti. Come ti senti?››.

Nael lo guardò terrorizzata e ritrasse il braccio di scatto. ‹‹Chi sei? Dove sono? Vuoi uccidermi anche tu?››.

Il ragazzo si alzò in piedi e dalla tasca della felpa qualcosa si mosse. Nael indietreggiò per lo spavento e finì spalle al muro.

‹‹Non preoccuparti, è solo il mio amico Pirata››, e tirò fuori dalla tasca un topolino con il manto grigio tendente all’azzurro. Lo avvicinò al viso, naso contro naso, e gli diede un bacetto sul muso. Poi ritornò a fissare Nael.

‹‹D’altronde, posso capirti. Dopo quello che hai passato ieri notte… non è facile. Ah, io sono Crocus, Crocus Bates, e questa è la mia casa, anche se forse tu non hai mai sentito parlare della presenza di sistemi fognari sotto Kali Phi››.

Nael si passò le mani tra i corti capelli a caschetto. ‹‹Che diavolo sta succedendo?››, mormorò fra sé e sé. Guardò il ragazzo spaventata. ‹‹Quanto sono stata priva di sensi?››.

‹‹Più o meno diciotto ore››.

‹‹Diciotto ore?! Diavolo! Non ricordo nulla di quello che è successo ieri sera. Ho delle immagini vaghe, ma sembra più un incubo che la realtà vera e propria. Sto impazzendo››. E si prese la testa fra le mani pensando a quanto in pensiero dovevano essere i suoi genitori non vedendola rientrare dalla sera prima.

‹‹No, non sei pazza. Ci penso io a rinfrescarti la memoria, non preoccuparti››. Crocus e il suo topo si sedettero accanto a lei. ‹‹Allora, i Nia-Za si sono scaraventati addosso a te, pronti a infliggerti chissà quali atroci torture. Spero non volessero strapparti gli organi a mani nude o, peggio, usare gli ultrasuoni. Quelli sì che sono tosti, ti fanno impazzire, dicono che sia come…››.

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