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VIII

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Seguì un silenzio. La contessa guardava alla Caraghin, amabilmente sorridendo, senza però nascondere che non s’avrebbe avuto a male se quella si fosse decisa ad andar via. La Caraghin figlia si aggiustava già la gonna e volgeva alla mamma un’occhiata interrogatrice, quando di botto si udì nella camera contigua uno scalpiccio, un rincorrersi e il ruzzolar d’una sedia. Una ragazza tredicenne, imbrogliandosi nella sottana di mussola, irruppe nel salotto e si fermò in tronco. Si vedeva che solo per caso, correndo all’impazzata, era capitata là dentro. Nel punto stesso, apparvero sulla soglia uno studente in colletto cremisi, un ufficialotto della Guardia, un’altra giovanetta sui quindici anni e un grasso ragazzo rubicondo in camiciotto.

Il conte balzò da sedere, s’avanzò barcollando e strinse fra le braccia la ragazza entrata per la prima.

— Ah, eccola! – esclamò. – Ecco la santa, la mia cara santerella!

— Ogni cosa a suo tempo, bambina mia, – ammonì la contessa, facendo la severa. – Tu la guasti, Elia, – soggiunse rivolgendosi al marito.

— Augurii, augurii – disse la Caraghin. – Che bella creatura!

Neri gli occhi, larga la bocca, non bella, ma vivace, con le nude spalle infantili che dalla rapida corsa sussultavano nel busto, coi neri ricci svolazzanti, con le braccia magre, le gambette in calzoncini di pizzo, i piedini minuscoli in scarpette scollate, la piccola Natalia era in quella bella età, quando la ragazza non è più bambina e la bambina non è ancora ragazza. Divincolatasi dal babbo, corse dalla mamma, e nulla curandosi del severo monito di lei, nascose il visino arrossito nei merletti della mantiglia materna e si mise a ridere. Rideva non si sa di che, accennando con parole tronche ad una bambola che cavò fuori di sotto alla veste.

— Vedete?... la bambola... Mimì... guardate...

E dal gran ridere non potè dir altro e costrinse tutti gli altri a rider con lei.

— Via, via, col tuo mostricino! – le ingiunse la madre, facendo le viste di essere in collera. – È la più piccola delle mie bambine, cara signora Caraghin.

Natalia alzò il capo di mezzo ai merletti materni, guardò dal sotto in su la sconosciuta e tornò a nascondere il viso inondato di lagrime gioconde.

La signora Caraghin stimò opportuno di ammirare questa scena domestica e di prendervi parte.

— Dite un po’, carina... Che cosa vi è a voi Mimì?... Siete la sua mammina, non è vero?

Natalia non rispose verbo e la guardò con faccia seria. Non le andava a genio che la si trattasse come una bimba.

Tutti questi giovani intanto – Boris figlio della Drubezkoi, lo studente Nicola figlio del conte, Sofia nipote quindicenne del medesimo conte e il piccolo Pierino ultimo suo rampollo – si erano sparsi pel salotto e visibilmente facevano tutti gli sforzi del mondo per contenere nei limiti della convenienza il soverchio della vita che bolliva loro dentro. Si capiva che i loro discorsi tenuti nelle camere interne erano stati più allegri delle discussioni sul tempo, sui pettegolezzi correnti e sulla contessa Apracsin. Tratto tratto si sogguardavano l’un l’altro, e riuscivano a stento a trattenersi dal ridere.

Lo studente e l’ufficiale, bei giovani entrambi, erano coetanei, ma non si somigliavano punto. Boris era alto, biondo, di lineamenti corretti e delicati. Nicola, di mezzana statura, coi baffettini neri che gli spuntavano, era l’incarnazione della franchezza, dell’impeto, dell’entusiasmo. Entrando in salotto, s’era fatto rosso, volendo pur dire qualche cosa, e non sapendo che. Boris invece, senza punto turbarsi, narrò scherzosamente della sua antica amicizia con la signorina Mimì, la quale in soli cinque anni era orribilmente invecchiata, avea perduto il naso ed avea parecchie tacche sulla testa. Ciò dicendo, diè un’occhiata a Natalia; e la ragazza si voltò in là guardando al fratellino che si gonfiava tutto per non scoppiar dalle risa, e poi scappò via più che di corsa. Boris non si scrollò e non rise.

— Voi, mamma, volevate andar via, mi pare? faccio venire una vettura? – domandò, volgendosi alla madre.

— Sì, va, va, – rispose quella.

Boris uscì con passo tranquillo e seguì Natalia; il ragazzo grasso corse loro dietro, indispettito che lo avessero disturbato nelle sue occupazioni.

Guerra e pace. Ediz. integrale

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