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— «Non vuoi anche dei datteri?» —

— «Non sono arabo.» —

— «Neppure dei fichi?» —

— «Questo sarebbe come prendermi per un Ebreo. No, solo dell'uva desidero. Per i Greci nulla vi è di migliore del vino.» —

Questo cantore azzimato, in mezzo alla confusione del mercato è una figura che difficilmente si dimentica, ma, come per sfidarci al paragone, un'altra persona lo segue destando tutta la nostra meraviglia.

Egli s'avanza piano piano, colla testa bassa; si ferma ad intervalli, rivolgendo gli occhi al cielo, come per pregare. Un simile tipo non può trovarsi che in Gerusalemme. Appesa ad un nastro che gli tiene fermo il mantello sporge sulla fronte una busta di pelle, di forma quadrata; un'altra uguale è legata da una fettuccia al braccio sinistro, gli orli del suo abito sono ornati di una frangia alta: e da questi indizi, dal suo costume e dall'odore di santità intensa che si diffonde intorno a lui, lo riconosciamo per un Fariseo di una società religiosa, una setta politica, il cui bigottismo e il cui potere porteranno in breve tempo molti dispiaceri al mondo. La folla è assai densa al di là delle porte sulla strada di Joppa. Lasciando il Fariseo siamo attratti da alcuni gruppi di persone, le quali, ad agevolare il nostro studio, se ne stanno opportunamente in disparte. Vediamo, primo fra essi, un uomo di nobile aspetto, dalla carnagione chiara e fine, dagli occhi neri e lucenti, dalla barba lunga ed abbondante, ricco d'unguenti, vestito riccamente in modo adatto alla stagione. Teneva in mano un bastone e portava sospeso al collo, per mezzo di un cordone un grande sigillo d'oro. Era scortato da parecchi servi; alcuni di essi portavano delle piccole spade alle cinture, e, quando gli rivolgevano la parola, lo facevano col massimo rispetto.

Il resto della carovana consisteva in due Arabi genuini, magri come un filo, col viso abbronzato, colle guancie infossate, e cogli occhi d'una lucidezza quasi malvagia; sopra alla loro testa portavano dei rossi tarbooshes; sopra i loro abas, avviluppanti la spalla sinistra ed il braccio destro, delle coperte di lana. C'era un gran contrattare perchè gli Arabi stavano vendendo i cavalli offrendoli con tutto il loro ardore e con voci squillanti. Il personaggio elegante lasciava parlare i suoi servi, di quando in quando rispondeva con gran dignità; ad un tratto, scorgendo il Cipriotto, si fermò e comprò dei fichi.

Se dopo che l'intera compagnia ha passata la porta vicino al Fariseo noi ci portiamo dal venditore di frutta, egli ci racconterà con grandi reverenze come lo straniero fosse un Ebreo, uno dei principi della città che ha viaggiato ed imparato a distinguere la differenza che passa tra l'uva comune di Siria e quella di Cipro.

E così, fin verso mezzodì, e qualche volta più tardi, vi è costante corrente d'affari alla porta di Joppa, affari d'ogni sorta, che fanno intervenire al mercato rappresentanti di ogni tribù di Israele, di tutte quelle sette fra cui l'antica fede è stata suddivisa e frazionata, di tutte le religioni e le divisioni sociali, di tutta la plebe avventurosa, che, gaudente e tumultuante, gozzoviglia alle spalle d'Erode e dei Cesari suoi successori.

In altre parole, Gerusalemme, ricca nella storia sacra, più ricca nelle sacre profezie, — la Gerusalemme di Salomone, nella quale l'argento era abbondante come le pietre, e i cedri numerosi come i siccomori della valle — non era che una copia di Roma, un centro di pratiche profane, una sede di potere pagano. Un re Ebreo indossò un giorno vestiti sacerdotali ed andò nel Tempio a offrire incenso. Ne venne fuori un lebbroso; ma, nell'epoca della quale parliamo, Pompeo entrò nel tempio di Erode ed anche nell'ehal, e sortì senza timore, non trovando che una stanza vuota, e di Dio non una vestigia.

Ben Hur: Una storia di Cristo

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