Читать книгу Il "Damo viennese" - Lucio d'Ambra - Страница 4

Al Commendatore GIUSEPPE ARDIZZONE

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Direttore del Giornale di Sicilia.

Mio caro amico,

Questo romanzo è Suo, di diritto. Scritto per Sua richiesta cortese per il Giornale di Sicilia, fu da Lei accolto con straordinaria ospitalità, quell'ospitalità larga e cordiale ch'è solo segreto delle grandi case e dei grandi signori. Oggi che dalle pagine del Giornale di Sicilia è raccolto in volume, Il “Damo Viennese„ viene a Lei, stampato, come già venne manoscritto: cioè con tutta la mia affettuosa solidarietà e con tutta la mia più viva riconoscenza. Ma questo romanzo che muove le sue figurine su lo sfondo della guerra venne a Lei la prima volta in ore liete quando le nostre Armate, eroicamente sacrificandosi, avanzavano in terra nemica. Oggi il libro ritorna a Lei, caro amico, in ore angosciose quando, mutata in una ora di follia la fortuna, distrutto in un'ora ciò che con anni eroici s'era costruito, le nostre Armate fan fronte in Patria, sul nostro suolo, all'assalto dell'invasore. Non ho creduto, correggendo le bozze di queste pagine, mutare nulla alla prima versione, nè togliere quei particolari, così diversi dalla situazione d'oggi, che io non ho potuto riveder su la carta senza sentirmi inumidire il ciglio. Ma se dell'ora vittoriosa ed eroica non ci rimane più la terra conquistata palmo a palmo, ci resta tuttavia, di quelli eroi e di quelle vittorie, incancellabile e confortevole il ricordo. Perchè dunque cambiare? Perchè cancellare quei nomi di città liberate su cui la bandiera italiana ha sventolato? Tanto che quella non sia più la verità, che quelle città siano riperdute, Pierino Balla non sa. Noi lo sappiamo. Ma sappiamo anche che, quando le nostre regioni invase saran liberate, il nostro còmpito non sarà finito. Dovremo riprendere, oltre confine, ciò che il sacrificio degli eroi ha già pagato. Sacra è, per la Patria, così la terra ove operano i vivi come quella sotto cui riposano i morti. E quelle terre rifioriranno di libertà in una primavera ardente di cui il sangue italiano sarà stato ardentissimo seme. Su questo sogno già si chiudeva questo romanzo che muove, cronaca fedele, dalla commedia politica della primavera del 1915 per giungere all'epopea magnifica con cui l'Italia potè stupire il mondo. Su questo sogno, più che mai vivo nel nostro cuore, chiudo anche oggi questa lettera a Lei, caro amico, ripetendole ancora una volta, coi più cordiali spiriti, la mia amicizia devota e riconoscente.

Roma, 25 Maggio 1918.

L. d'A.

Il

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