Читать книгу Il trampolino per le stelle: Tre dialoghi e due racconti - Lucio d'Ambra - Страница 3
ОглавлениеIn un qualunque tempo, in un paese qualunque, poichè Pierrot è sempre Pierrot, maschera e uomo, poeta e fanciullo. Egli stesso lo ha detto: «Io dico sempre la stessa cosa, perchè è sempre la stessa cosa; e se non fosse sempre la stessa cosa io non direi sempre la stessa cosa».
Che cosa dice Pierrot? Dice che vuole essere amato più di quanto egli sappia amare. Dice che vuole un'innamorata sempre fedele, alla quale egli possa essere sempre infedele. Dice che tutto vorrebbe, senza dare mai niente: o tutt'al più un sospiro, un verso, una serenata, una canzone, un bacio, tuttociò insomma, che fa a lui piacere di dare prima che faccia piacere agli altri di ricevere. Sono io, Pierrot, io che scrivo. Sei tu, Pierrot, tu che leggi. Siamo tutti Pierrot, quanti noi siamo: uomini, fanciulli, poeti.
Questo mio Pierrot di stasera è, come tanti, è come tutti. Poeta anche lui. Innamorato anche lui. Vive lassù, in soffitta, tra cieli e venti, e vorrebbe una reggia. Ha per amica Colombina, fiorista nella strada accanto, e vorrebbe una regina. Ha per amici quattro studenti come lui e vorrebbe per amici i dotti di Salamanca e il Principe di Galles. Ha le tasche vuote e vorrebbe i milioni di Rothchild. Ha poco sale in zucca e crede d'avervi la saggezza di Socrate. Ama le donne, i fiori e i bambini, ma le donne se non pretendono, i bambini se non piangono e i fiori se non sono destinati a dire addio ai morti. È un piccolo egoista, pieno di cuore, come me, come voi, come tutti. È un bugiardo che pretende la verità negli altri, è uno che strappa agli altri le illusioni e vorrebbe averle tutte lui, è un omettino che crede di saper tutto e non sa nulla. Si vanta di tutto potere e nulla può, proclama di amare tutti e non ama che sè.
Ora è lì, nella soffitta, al suo tavolino coperto di carte e di libri. È con lui un amico, che lo lascia parlare, che lo sta sempre, povero Giobbe, pazientemente a sentire.
Fuori nevica da un cielo di farina. È l'ultimo giorno di carnevale. Lì, sul tavolino, gettata su un libro, c'è una mascherina nera, quella che Pierrot ha messo iersera e che rimetterà stasera, quando crede di andare per le bettole e fra le maschere a divertirsi.
Nel caminetto una sedia rotta fa un po' di luce e quel po' di luce par che faccia anche un po' di caldo. E Pierrot e l'amico chiacchierano per chiacchierare.
L'AMICO
Come mai oggi Colombina non c'è?
PIERROT
Mai più vedrai Colombina in questa onesta casa d'un poeta. Colombina è una fraschetta, una civetta, Colombina è l'ultima delle donne. L'ho scacciata un'ora fa da questa casa. Le ho gettato giù dalla finestra i suoi cenci e la sua cuffia, i suoi scialletti ed i suoi nastri, i suoi riccioli finti e i suoi fiori di carta. E non la rivedrò mai più, mai più, mai più, mai più...
L'AMICO
Te l'ho sentito dir cento volte e il giorno dopo Colombina era qui.
PIERROT
Non ero io a richiamarla. Era Colombina a ritornare.
L'AMICO
Colombina diceva il contrario.
PIERROT
Colombina ha sempre mentito.
L'AMICO
E tu non le hai mentito mai?
PIERROT
Mai! E, senti, se vuoi rimanermi amico, se tu vuoi che non ci guastiamo, non mi parlare mai più di Colombina. È morta, sepolta, dimenticata, cancellata, dileguata, volatilizzata, polverizzata, annientata, finita, sparita, svanita, allontanata, liquidata, volata, sfumata, centrifugata. Con l'ultimo giorno di carnevale la sua maschera è caduta. E domani è Quaresima. Il magro tempo quaresimale consiglia raccoglimento e meditazione, severi studii di metafisica e di filosofia. Dimenticherò nei numeri i suoi innumerevoli sorrisi e andrò a dormire, ogni sera, con un filosofo nuovo. I suoi innumerevoli sorrisi... Quanti ne aveva! Uno per prendermi e uno per lasciarmi, uno per deludermi e uno per illudermi, uno per mentirmi come se fosse vero e uno per dirmi la verità come se fosse una bugia, uno per fingersi schiava e uno per farmi vedere che era padrona, uno per darmi il suo cuore per sempre e uno per riprenderlo dopo un'ora... Ah, li conosco tutti, oramai, e non possono più farmi male... Del resto nulla oramai può più farmi male... Conosco le donne, gli uomini, i parenti, gli amici, i ricchi, i poveri, i sapienti, gli imbecilli, me, te, il mio vicino e quello che mi sta di rimpetto... Bella roba, tutta quanta, in verità... Ah, che orribile mondo, questo, dove tutto è illusione, menzogna, inganno, miraggio, vanità... Colombina, e tutte le donne, mi hanno mentito... Tutti gli amici mi hanno tradito... Tutte le illusioni se ne sono andate via per la finestra quando la realtà è riuscita a entrare dalla porta... Tutte le speranze sono andate in fumo su per la cappa del camino, quando ho cercato di scaldare al loro fuoco il mio povero cuore intirizzito... E bisogna star qui, in questo mondo stupido e vile, qui ad aspettare quello che non viene, a desiderare quello che nessuno può darti, a cercare quello che non c'è... Ah, andarsene, andarsene, andarsene... Via, via, lontano, lassù, lassù, dove non arrivano gli aviatori, dove non arrivano neppure gli uccelli, nell'etere, dove a quest'ora, nella sera serena, s'accendono le stelle, dove la mia parente, la luna, s'affaccia ogni tre settimane, ride a vedere quanto siamo stupidi, gonfia tutta la faccia a furia di ridere e poi si sgonfia e se ne va... Guarda...
(Prende su la scrivania il libro su cui è gettata la maschera. Sono le Odes funambulesques di Théodore de Banville. E mostra il libro all'amico, poi cerca una pagina segnata).
L'AMICO
Che libro è quello?
PIERROT
Un poeta. Tu non lo conosci perchè tu non sei poeta e i poeti li conoscono solo i poeti. Questo era un poeta che giuocava con le strofe, come i bimbi con le trottole. Legava il filo delle rime d'oro, stringeva e ristringeva attorno a un pensierino e poi lanciava la trottola, lanciava la strofa e si divertiva un mondo a vederle girare, girare, girare, tutte colori, tutte scintille, scintille che splendevano, ma non bruciavano, come quelle dei fuochi a girandola che accendono nelle sere di feste. Tu vedi tutto il cielo a fuoco e non è nulla, dopo un istante: nè ardore, nè luce: buio. Tu vedi tutte le pagine splendere alla luce di quel poema incandescente e fosforescente e vai per scaldarti. Ma la luce s'è spenta e non c'è più nulla quando l'ultima rima ha dato l'ultima scintilla. Era un poeta, sì, ma era poeta come si può essere lucciola. Amava le fate e i folletti, i clowns giocolieri e i fabbricanti di fuochi artificiali, le donne tutte splendore di gioielli veri o falsi e le ballerine tutte trasparenti di veli bianchi e rosei. Amava anche i Pierrot, come me, come lui. Chiedeva alle fate che non ci sono le cose impossibili che non si possono avere. Avrebbe voluto pescare la luna in fondo al pozzo e metter le stelle a modo suo, davanti alla sua finestra, come tanti lampioncini d'argento. E questo poeta dell'impossibile, questo poeta che visse e morì felice perchè non aveva cuore ed era tutto fantasia, voleva paragonarsi ad un clown, ad un bel clown di seta bianca e nera, che fa del suo sogno un trampolino, un gran trampolino per scappar via dal mondo e andarsene lassù fra le stelle. Ascolta, ascolta...
Plus haut! Plus loin! De l'air! Du bleu!
Des ailes! Des ailes! Des ailes!
. . . . . . . . . . .
Le clown sauta si haut, si haut...
. . . . . . . . . . .
Et le coeur dévoré d'amour,
Alla rouler dans les étoiles...
(E quando Pierrot ha finito di leggere l'Ode funambulesque di Banville, l'amico scuote il capo, mentre Pierrot è tutto vibrante d'entusiasmo).
L'AMICO
Son belli, questi versi. Ma il tuo poeta è pazzo. Chiede e sogna l'impossibile. E non si può, quando si è stanchi del mondo, saltar nelle stelle. Si può saltare dalla finestra e fracassarsi in istrada la noce del collo. L'uomo non può saltare più in là di due metri dalla sua finestra.
PIERROT
Ma questo appunto vuol dire esser poeti: sognare l'impossibile, cercare nell'irreale il compenso del reale, metter nella vita quello che non c'è, dare agli altri ciò che non hanno, aver le fate dentro un rimario, i maghi nel calamaio, la bacchetta dei miracoli nella matita, l'orchestra del paradiso in una conchiglia, l'oceano nella vasca del tuo giardino, il cielo nel rettangolo della tua finestra, tutto il mondo negli occhi d'una fraschetta come Colombina e un pubblico immenso, per ammirarti, nelle orecchie d'uno scemo come te.
L'AMICO
Grazie tante.
PIERROT
E, avendo tutto questo, andarsene, senza muoversi di qui, volar nelle nuvole coi piedi in terra, correre il mondo nella propria camera, dominare i popoli essendo soli, giuocar coi secoli per pochi anni, viver mille vite senza averne una ed aver tutto conosciuto senza aver mai visto nulla. E vorrei anch'io stasera, perchè non ho un soldo, perchè i miei versi nessuno li stampa, perchè nessuno mi vuol bene, perchè nessun amico mi capisce, perchè gl'imbecilli vanno in carrozza ed io vado a piedi, perchè Colombina mi ha lasciato per andare a cena col vecchio barone che la protegge, vorrei anch'io stasera, come Banville, toccar la bacchetta magica della fantasia, mutar questa bianca casacca con l'abito ad aereostato del clown, fatto apposta per salir su, su nel cielo e, uscito sul tetto di questa casa, trovare il gigantesco trampolino e spiccare il salto verso le stelle... E una volta raggiunti quei mondi nuovi, trovar tutto quello che quaggiù mi manca, l'amore, l'amicizia, la verità, la gloria. Trovar lassù la donna che non mentisce, l'amico che non tradisce, la realtà che non delude, la verità che non uccide, la gloria che non deride... Trovar lassù, nelle stelle, il mondo dei poeti e della poesia, i giardini sempre in fiore, i cieli senza nuvole, i mari sempre azzurri, il sogno senza risveglio, il trionfo senza nemici, l'amicizia senza invidie, l'amore senza sospetto, il possesso senza dubbio, il sorriso senza lacrime, la terra senza putredini, il bene senza male, la vita senza morte, il volo senza caduta, il sole senza tramonto, e, soprattutto, io che della menzogna ho sofferto e per la menzogna ho spasimato, io che la menzogna ho sentito, viscida e sfuggente, in ogni cosa del mondo, soprattutto, amico, io vorrei trovarvi soprattutto il bene dei beni, la gioia tra le gioie, quella che è la mia sete inestinguibile, il martirio famelico dell'anima mia: la verità, la verità senza veli, finalmente...
(Nell'esaltazione Pierrot s'è commosso. E ora è li, abbattuto su la scrivania, il volto sulle braccia ripiegate a fargli da cuscino. Ora non nevica più. Il cielo è nero. La notte è fonda. L'amico s'è levato ed ha acceso nella soffitta una piccola lampada senza luce che si contenta di far dell'ombra, un po' di penombra. Accesa questa e la pipa, l'amico viene, avvolto nel mantello, a batter le mani su le spalle di Pierrot).
L'AMICO
Vieni via. Vieni a cena. È carnevale.
PIERROT
No. Lasciami. Sono solo e disperato.
L'AMICO
Troveremo amici, donne, fiori, vini, canti...
PIERROT
L'amico non ha fede, la donna non ha cuore, il fiore domani è secco, il vino eccita un'ora, il canto porta in alto il cuore e poi lo lascia ricadere...
L'AMICO
Che importa? Cogli l'ora che passa. Ridi stasera, anche se ritornerai a piangere domani.
(Inutilmente l'amico, in tutti i modi, tenta Pierrot, cerca di persuaderlo a prender la vita così, com'è, le donne così, com'è lui, l'amore qual'è per tutti e l'illusione per quanto è lecito al mondo).
L'AMICO
Vieni? Soffri perchè Colombina t'ha abbandonato per avere un mantello di seta, una scarpa di raso e un anello d'oro? E tu vieni con una donna là dove Colombina pranzerà, e vieni con una donna bella come lei... con l'anello d'oro come lei... La troveremo e, per una sera, farò io le spese... E Colombina ti vedrà felice e si struggerà. Ti vedrà con una donna bella, felice anche senza di lei e si tormenterà. Se t'ha fatto soffrire che vuoi di più bello che farla soffrire a sua volta?
PIERROT
No. Lasciami. Colombina è morta. Ed io vorrei andarmene stasera, per sempre, dalla vita nella morte, dal sonno nel sogno e dal sogno nelle stelle.
(Visto che è inutile insistere l'amico rinunzia).
L'AMICO
Bè. Buona notte. Verrò a vederti domattina. Ti troverò?
PIERROT
Così potessi non trovarmi...
L'AMICO
Non mi scapperai stanotte dalla finestra per saltare nelle stelle?
(Pierrot solleva un momento il capo e guarda fuori, nella finestra, la notte profonda).
PIERROT
Non aver paura. Vedi? Le stelle non ci sono. La bacchetta magica non c'è e Banville il poeta era un fumiste. Ha vissuto settant'anni con sua moglie che lo chiamava Totò. Ha fatto il critico drammatico ascoltando ogni sera le più stupide commedie. Era commendatore della Legion d'Onore. Ha vissuto come tutti. È morto come tutti. Non è più nulla come tutti. E voleva, burlone e poveraccio, saltare nelle stelle... Totò...
(L'amico se n'è andato. Ha aspettato un momento dietro la porta pensando che Pierrot lo richiamasse, ma Pierrot non s'è mosso. Ha solo ripreso il libro delle Odes funambulesques ed ha riletto, una, due, tre, dieci volte, a voce alta, i versi di Banville. Giù, nella strada, una comitiva passa cantando. Pierrot guarda, nella finestra, il cielo buio e gli pare di vedere formarsi in quel nero il gigantesco trampolino fosforescente, come i versi di Banville. Vede un clown agile come le rime di Banville, salir su questo e prepararsi al salto flettendosi su le ginocchia e dondolando le braccia. Prima il clown ha il viso di Banville, poi quello di Pierrot. Ancora una volta la comitiva canta per istrada. Una macchina da scrivere batte col suo picchiettio nella soffitta accanto. Dal piano di sotto un pianoforte manda l'eco dei primi esercizii scolastici; le scale. E par che quel pianoforte metta in musica la dattilografia. Pierrot guarda fuori. La visione del trampolino fosforescente è scomparsa. Ripete ancora, sempre più piano, sempre più lento):
Et, le coeur dévoré d'amour,
Alla rouler dans les étoiles...
(Poi, ripiegato il capo su le braccia, Pierrot comincia a smarrire l'esatta nozione delle cose e affonda a poco a poco nella nebbia del sonno. Di tanto in tanto ancora qualche parola esce, sussurro appena, dalle sue labbra):
PIERROT
Le stelle... Pierrot... Banville... Il Trampolino... Totò...
(Così Pierrot s'è addormentato Il volume di Banville gli scivola dalla mano e ruzzola a terra. Suonano ancora, nella notte di carnevale, il coro lontano e la dattilografia musicale. Ma già Pierrot è partito dal sonno per il sogno, il sogno di Banville):
Plus haut! Plus loin! De l'air! Du bleu!
Des ailes! Des ailes! Des ailes!