Читать книгу Futuro Pericoloso - Mª Del Mar Agulló - Страница 9
6. Ti sei perso, ma io ti ho trovato
ОглавлениеSamuel si svegliò alle quattro del mattino piangendo per colpa di un incubo. Trovò Monica al piano di sotto seduta sul divano, con un’espressione addolorata. Monica aveva passato tutta la notte a svegliare tutti i suoi conoscenti e vicini per chiedergli se sapevano dov’era suo figlio Oscar. Nessuno sapeva niente.
Monica rimase seduta sul divano, con Samuel che dormiva con la sua testolina sulle sue gambe, ed era addolorata per la discussione con suo figlio. L’unica persona che non aveva chiamato era il padre di suo figlio, ma escluse subito che Oscar potesse essere con lui. Non sapeva dove viveva e non si era portato dietro il cellulare, quindi in pratica era impossibile.
La sveglia iniziò a suonare alle sette del mattino. Quel giorno iniziava a lavorare di nuovo. Monica si alzò dal letto, aveva dormito solo pochi minuti. Al suo fianco stava dormendo suo figlio minore. Dopo essersi vestita, lo svegliò.
– Svegliati, cucciolo – Samuel emise un lamento —. Svegliati o ti faccio il solletico.
– No! – protestò il piccolo.
– Preferisci Maribel o Rocío?
– Nessuna delle due.
– Devi scegliere, la mamma deve lavorare.
– Non posso rimanere con il mio fratellino?
– Il tuo fratellino non c’è, scegli – lo sollecitò Monica mentre si pettinava.
– Rimango solo.
– Non è possibile.
– Vengo con te.
– Non è possibile neanche questo.
– Cavolo, mamma, è che Maribel e Rocío non mi piacciono.
Trentadue minuti dopo, Monica arrivava a casa del suo cliente. La casa era una grande villa in periferia, circondata da alberi rigogliosi.
Un uomo imbronciato, con un vestito completamente bianco e con un fazzoletto viola nella tasca della sua giacca, che teneva in mano un bicchiere di plastica pieno di caffè, aprì la porta posteriore della limousine che guidava Monica.
– È consapevole del fatto che è arrivata due minuti più tardi? Spero che non si ripetano più dei ritardi, sennò dovrò licenziarla – l’uomo fissò il sedile di copilota —. Chi è questo bambino? – Monica arrossì.
– Mi dispiace, è mio figlio, non sapevo dove lasciarlo e… – si scusò Monica.
– Già, sì, si risparmi le sue scuse, non mi interessano e non mi piacciono le persone che ne hanno sempre una pronta, preferisco le persone decise. Non mi importa che abbia portato suo figlio, mi piacciono i bambini. Ma perché non parte?
– Mi dispiace, non so dove lavora. Potrebbe dirmi dove andare?
– Non le hanno dato l’indirizzo?
– No.
L’uomo sospirò.
– D’accordo, stavolta le dirò dove andare. E, per favore, non si scusi più e non mi dia del lei, non sono così anziano.
L’uomo aveva un aspetto giovane, nonostante fosse pieno di capelli bianchi. Monica calcolò che doveva avere all’incirca quaranta anni.
La donna di Elche mise in moto la limousine seguendo le indicazioni del suo capo. Era agitata, non voleva rovinare il suo nuovo lavoro dal primo giorno. Il tragitto durò appena dieci minuti. Se fosse andata per una strada automatica, ci avrebbe messo più di cinquanta minuti. Monica iniziò a capire il senso dell’utilizzo delle strade antiche: evitare ingorghi e arrivare prima alla meta.
– Sono piacevolmente sorpreso di lei – l’uomo regalò un sorriso a Monica per la prima volta —. Quanti anni hai? – chiese a Samuel.
Samuel alzò la mano nascondendo il pollice e indicando un quattro. L’uomo gli si avvicinò e gli accarezzò la testolina.
– Ci vediamo all’una, non arrivi in ritardo stavolta – disse rivolgendosi di nuovo a Monica, che fece sì con la testa.
L’uomo si mise degli occhiali da sole abbastanza moderni e scese dalla limousine, con così tanta sfortuna che rovesciò il resto del caffè sui pantaloni bianchi.
– Merda! Cazzo!
Samuel e sua madre risero mettendo la mano davanti alla bocca per nascondere la risata. Il capo di Monica si girò e sorrise forzando le labbra.
La donna di Elche si diresse con suo figlio verso un parcheggio abbandonato non molto lontano dall’azienda del suo capo, ricordandosi delle parole dell’uomo che l’aveva chiamata il giorno prima per dirle di non allontanarsi dall’azienda.
– Dobbiamo aspettare in macchina fino a che finisca?
– Sì. Vuoi che giochiamo a qualcosa?
Samuel scosse la testa per dire di no.
– Preferisco leggere.
– Sai, anche a tuo papà piaceva molto leggere.
– Mamma, quando andrò all’aldilà, lo vedrò?
– Non lo so, amore mio, speriamo di sì – gli rispose molto dolcemente.
Samuel prese uno dei due libri che si era portato e iniziò la lettura. Monica, invece, cercò su Internet il suo nuovo capo. Si chiamava Alexis, aveva quaranta anni come aveva immaginato e, quando era più giovane, era stato sulla copertina di numerose riviste a causa dei suoi scandali. Da quello che poté scoprire, si era sposato quattro volte, tutti matrimoni brevi tranne quello attuale, che durava già da quattro anni e dal quale erano nate le sue due meravigliose figlie: Yolanda di tre anni e Aura di un anno e mezzo. L’azienda dove l’aveva lasciato, “Il diamante dorato”, apparteneva alla sua famiglia da tre generazioni. Si occupava della fabbricazione e della ricerca di nuovi aggeggi tecnologici. Inoltre costruiva centri di immagazzinaggio dell’energia solare e bacini idrici in zone molto piovose per un progetto a scopo umanitario che permettesse di avere elettricità e acqua potabile a costo zero nelle case, un progetto annunciato anni prima, che Monica e altre persone bisognose non vedevano l’ora che si realizzasse.
Rovistando tra le foto da adolescente di Alexis, finalmente se lo ricordò. Se non l’aveva riconosciuto, era per colpa del suo grande cambiamento fisico. Quando era più giovane, era cicciottello, aveva la faccia piena di brufoli e si poteva dire che era brutto. Adesso, non potendo dire che era bello, era molto attraente, in parte grazie al suo aspetto più maturo. Da giovane aveva avuto un sacco di ragazze che gli si avvicinavano per i suoi soldi. Monica si ricordò che una di quelle ragazze era proprio una sua amica dell’infanzia che non ebbe molta fortuna. La sua attuale moglie era una vecchia modella svedese di biancheria intima, famosa per aver sfilato tre volte per la prestigiosa sfilata del disegnatore italo-spagnolo Fiordi Ramos e per aver avuto qualche particina in film famosi.
Senza che se ne rendesse conto, intenta com’era a scoprire nuovi dettagli sul suo capo, l’orologio segnò l’una meno un quarto. Monica mise in moto la limousine e si avviò.
Alexis salì senza dire una parola. Iniziò subito a leggere qualcosa sul suo cellulare, di stragrandi dimensioni. Monica lo guardava dallo specchietto retrovisore. Le sarebbe piaciuto scoprire di più sul suo nuovo capo, ma non osava parlargli, e inoltre non doveva. Quando arrivarono alla villa, scese senza salutare ed entrò in casa sua. Monica pensò che era antipatico.
Appena tornò a casa, vi entrò precipitosamente e cercò suo figlio maggiore, ma Oscar non era tornato. Subito dopo essersi assicurata che suo figlio non fosse tornato nel lasso di tempo in cui era al lavoro, suonarono il campanello di casa. Monica corse alla porta pensando che dovesse essere suo figlio. Invece vi trovò Ignacio con una rosa rossa un po’ pallida nella mano sinistra e uno sguardo che assomigliava un po’ a quella di un attore che recita in modo esagerato cercando di sedurre e un po’ a quella di un sadico assassino.
– Ciao, bella – disse mentre abbassava lo sguardo.
– Cosa vuoi, Ignacio? – chiese Monica mettendo le braccia sui fianchi.
– Non voglio arrivare alla difficile situazione di doverti sfrattare, quindi ci stavo pensando. Da sempre ho notato una certa attrazione tra noi – Monica tossì per non ridere —, ma dato che ieri Maribel mi ha detto che tu senti qualcosa per me, mi è parsa una buona idea uscire insieme. Se tu fossi parte della mia famiglia, non dovresti pagarmi l’affitto. Pensaci, sarebbe stupido rimanere per strada perché non vuoi uscire con me. In futuro potremmo persino sposarci e avere dei figli, se vuoi, anche se non mi piacciono molto i bambini.
– Credo di non averti capito bene. Mi proponi di prostituirmi in cambio dell’affitto?
– No, mi hai capito male. Io voglio solo che trionfi l’amore. Siamo due persone innamorate, perché non stare insieme?
Monica pensò che aveva sentito abbastanza stupidaggini, quindi rifiutò qualsiasi offerta dicendogli con durezza:
– Per te non sentirò mai niente di simile all’amore, quindi mettitelo in testa. Non tornare mai più per farmi una proposta così indecente come quella che mi hai appena fatto.
Monica si girò e sbatté la porta, davanti alla faccia stupita di Ignacio, che rimase lì in piedi senza sapere come reagire.
***
Erano le nove del mattino quando la porta principale si aprì. Monica vi accorse turbata. Oscar entrò con la faccia stanca.
– Tieni – disse Oscar a sua madre, consegnandole una busta.
Monica l’aprì, meravigliandosi della quantità di denaro che conteneva.
– Dove li hai presi? E dove sei stato da quando te ne sei andato? – chiese turbata.
– Tranquilla, sto bene. Paga Ignacio – disse con voce serena.
– No, finché non mi dici dove hai preso tutti questi soldi.
– Me li hanno dato i nonni, bastano per un anno intero.
Monica rimase a bocca aperta.
– Vedi, mamma, a volte non essere orgogliosi non è così brutto.
– Voglio che glieli restituisca subito – disse con tono autoritario.
– Ne abbiamo bisogno, o questi o la strada.
– Non più. Oscar, ho un lavoro, mi hanno assunta come autista.
Ora era Oscar a essere meravigliato.
– Cosa? Pensavo fosse uno scherzo. Sulle strade antiche guidano solo pazzi che cercano una scusa per sfidare la morte.
– Non mi succederà niente, le strade antiche sono quasi deserte.
– È quel quasi che mi preoccupa.
– Riguardo all’altro ieri… – Monica cambiò argomento.
– Non voglio parlarne.
Oscar iniziò a camminare verso le scale.
– Oscar, tuo padre non è come credi.
– Mamma, per favore, ho detto che non voglio parlarne.
– Ma abbiamo bisogno di parlarne.
– Parlare di cosa? Del fatto che sei una bugiarda?
– Ti ho deluso, vero?
– Non sai quanto.
Oscar salì al secondo piano e si chiuse in camera sua. Monica, invece, prese il cellulare e chiamò i suoi genitori.
– Chi è? Non vedo niente – si sentì parlare una voce femminile all’altro lato della linea.
– Non è una chiamata olografica, è solo vocale – una seconda voce si unì alla conversazione.
– Mamma, papà, sono io. Monica.
– Tesoro, devi comprarti un cellulare più moderno perché ti possiamo vedere come se tu fossi qui.
– Te ne regaleremo uno – disse suo padre.
– Nonni! – disse Samuel uscendo dalla cucina.
– Tesoro, attiva la videochiamata, voglio vedere mio nipote.
– Mamma, non ce n’è bisogno. Samuel, sali in camera tua – ordinò a suo figlio.
Samuel obbedì e salì le scale di corsa.
– Perché avete dato soldi a Oscar? Non ho bisogno dei vostri soldi.
– Io credo di sì, ci ha detto che vi avrebbero sfrattato.
– Papà, non intrometterti, ho già trovato lavoro.
– Bene, figlia, bene. Comunque tienili.
– Non ho intenzione di farlo.
– Questo tuo orgoglio ti farà fuori. Sai chi ho visto ieri dal parrucchiere?
– No, mamma.
– La madre di Oscar.
– La madre di Oscar sono io.
– Figlia, sei molto brava a fare la finta tonta. Sai cosa mi ha detto?
– Non ho voglia di indovinelli, mamma.
– Mi ha detto che vuole vedere suo nipote, e ne ha il diritto. Diciotto anni e l’ha visto solo nelle foto.
– Le hai fatto vedere foto di mio figlio? – chiese arrabbiata.
– È sua nonna. Per tua fortuna Oscar non ha avuto la faccia tosta di chiedere la custodia condivisa.
– Non avrete mica detto qualcosa di questo a mio figlio?
– Non gli abbiamo detto niente, ma se ce lo chiede, glielo diremo.
– Papà, è una questione tra me e mio figlio.
– Ti sbagli, è una questione tra tuo figlio e sua nonna.
Nel pomeriggio, come ogni ultima domenica di ogni mese, Monica e i suoi figli andarono insieme al cimitero a visitare la tomba del padre di Samuel, Miguel. Anche se era passato del tempo, il dolore per la perdita era ancora presente. Per Monica, Miguel aveva significato trovare la persona perfetta per lei, perderlo aveva significato un duro colpo. Se aveva potuto continuare con la sua vita, l’aveva fatto per i suoi figli. Per Oscar, era come se in Miguel avesse trovato il padre perduto, quello che tanto desiderava e che ora aveva scoperto di aver potuto avere se non fosse stato per la cupidigia di una madre che non gli permetteva di vederlo. Ma ora che conosceva parte della verità, era pronto a conoscerlo e a completare l’enigma che circondava l’adolescenza dei suoi genitori.