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TOMMASO ASPIRANTE CUOCO

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Tommaso era un ragazzone come tanti. Buono d’animo, ma molto pigro e con pochi interessi. Non poteva certamente essere definito brillante né eccelleva in nulla.

L’unica attività in cui non era certamente pigro era il mangiare: un po’ per goloseria, un po’ perché si ritrovava sempre con un appetito quasi insaziabile, che poi divenne quasi un’abitudine.

La sua passione per il cibo finì per influenzare in maniera determinante la sua adolescenza: il suo aspetto fisico, dato che divenne un ragazzone grosso ed anche eccessivamente corpulento; e la scelta di cosa fare nella vita. Gli era stato consigliato di imparare a cucinare, e lui, che non aveva altri grandi interessi, lo aveva trovato un consiglio ragionevole e lo aveva seguito.

Fresco di diploma, conseguito all’alberghiero con poco più del minimo dei voti, aveva cercato un lavoro nel mondo della ristorazione, e dopo lunghe ricerche era stato assunto come inserviente in una mensa aziendale. Non era un gran lavoro, e nonostante ciò, non essendoci abituato, almeno le prime volte si stancava molto. E poi più o meno sempre le stesse cose, riempire i piatti di persone estranee che al di là del banco parlavano tra loro con interesse di cose a lui del tutto sconosciute e incomprensibili.

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Tommaso era in fila col suo vassoio davanti al bancone delle vivande. Quel giorno doveva essere un’occasione particolare, o il cuoco doveva essersi sbizzarrito, dato che c’era una varietà di cibi preparati mai vista prima. Tommaso cominciò a riempirsi il vassoio con un primo; ma poi, vedendo che c’erano anche le lasagne ed i cannelloni, aggiunse un secondo piatto.

Vuole anche un supplì e dei fritti misti?”, gli chiese gentilmente l’inserviente. Lo guardò, ed il suo aspetto gli sembrò familiare. Un suo sosia, avrebbe detto. Sembrava proprio lui, Tommaso. Anzi, forse era lui, dato che anche la sua voce risuonava identica.

Grazie, volentieri”.

Scorrendo con la fila davanti alle vivande, il vassoio si era rapidamente riempito, eppure riusciva a farci stare sempre qualcosina in più. Doveva essere un vassoio più grande del normale, a pensarci bene.

Queste le ho fatte con tanto amore e con tanto formaggio, come piacciono a te: prendine un piatto abbondante!”. Dall’altra parte del bancone Tommaso riconobbe diverse altre facce a lui conosciute, oltre a sua madre in camice bianco che gli stava porgendo una porzione maestosa di melanzane alla parmigiana. Ad esempio c'era Francesco, suo ex compagno di banco a scuola; il pasticcere sotto casa; ed in cucina gli parve addirittura di intravvedere, per quanto non fosse possibile, la sua cara vecchia nonna. Ecco il perché di tutta quella scelta di portate, pensò Tommaso.

Il bancone gli era sembrato più lungo del solito (ma in fondo lui era abituato a stare dall’altra parte), ma alla fine arrivò alla cassa.

Va bene se prendo tutta questa roba, o è troppa?”, chiese timidamente indicando al cassiere, che somigliava molto a quel signore che lo aveva assunto, i suoi due vassoi pieni.

No, no, prendi pure. Però dovrai pagare un piccolo supplemento.”

Batté lo scontrino e glielo porse.

Tommaso lo lesse e sbiancò. “Ma io non ho tutti questi soldi!”

Stai tranquillo, nessun problema. Te li possiamo trattenere dai prossimi stipendi.”

Tommaso si risvegliò tutto sudato e col cuore che gli batteva forte forte. Era domenica mattina, ed era soltanto da una settimana che aveva iniziato a lavorare!

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La seconda settimana di lavoro, Tommaso cominciò a conoscere un pochino meglio i suoi colleghi e a prenderci un poco di dimestichezza, Adesso perlomeno non confondeva più i loro nomi: il cuoco si chiamava Gianni, la cassiera Fernanda, e poi c’erano Alberto, la signora Luisa, Vittorio e Maria.

Gianni, ti vogliono con urgenza al telefono”. Una persona elegante era scesa apposta dal piano di sopra per far avere al cuoco questo messaggio.

Sono nel clou della cottura. Devono aspettare un po’.”

Mi hanno detto che è molto urgente. Si tratta di tua sorella. Trova qualcuno che ti sostituisca.”

Gianni, sentendo nominare la sorella, era uscito di fretta dimenticandosi di indicare espressamente un suo provvisorio sostituto.

Ma non va nessuno al suo posto ai fornelli?”, chiese Tommaso ad Alberto. “Io certamente no, non è il mio compito”, gli rispose Alberto, “e rischierei di combinare un disastro. Se vuoi andare tu, se te la senti, ti copro io finché non apriamo e c’è poca gente”.

Tommaso, fresco di pratica scolastica ed un po’ anche desideroso di vedere e provare qualcosa di nuovo, non se lo fece ripetere. Entrò in cucina, controllò la cottura della pasta e del sugo. Ma dopo aver assaggiato il condimento pensò che ci sarebbe stato bene anche un pizzico di quella spezia orientale che andava tanto di moda, la curcuma, chissà se riusciva a trovarne. Aprì tutti gli sportelli esplorandone il contenuto. Non tante cose ma in grandi quantità, a dire il vero, ma niente curcuma. Ma un’altra spezia che poteva andarci bene la trovò, e la utilizzò. E al momento giusto fece senza problemi tutto quel che andava fatto: spegnere i fornelli, scolare, mescolare …. Poi fece suonare il campanello e la collega venne a prendere il pentolone pronto.

Appena in tempo: fra due minuti dobbiamo aprire. E con l’altro primo siamo indietro, immagino … ”, gli disse la collega.

Già. Su un altro fuoco c’era il riso. “Cosa è scritto sul menu? Riso fatto come?”

Riso ai funghi”, le rispose lei prima di uscire.

Sul riso Tommaso fece tutto da solo, e si divertì. E nel frattempo doveva controllare i contorni, appena abbozzati, e riscaldare i secondi.

Quando chiamò perché il riso era pronto, si affacciò Gianni, che era tornato a riprendere il suo posto e volle assaggiarlo.

Troppo buono, Tommaso, questo riso. Non abituarli troppo bene i nostri commensali, altrimenti poi rimarranno scontenti quando cucino io.”

Mi ero reso conto di aver sognato tutto ciò, un'altra domenica mattina; eppure un giorno al lavoro chissà perché me ne uscii quasi sovrappensiero chiedendo a Gianni come stesse sua sorella.

“Mia sorella? Ma io non ho sorelle, mai avute”, mi rispose lui sorpreso.

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Ero in cucina che mi cimentavo in alcune nuove ricette di mia invenzione insieme a Gianni, che mi stava dando una mano nelle cose più semplici, quando si affacciò il solito signore elegante del piano di sopra.

Scusatemi, lo so che per voi non cambierà nulla, ma volevo avvisarvi che oggi verranno a pranzo anche il braccio destro dell’Amministratore Delegato insieme ad un membro dell’Organo Ispettivo di controllo. E vedo che al banco manca qualcuno”.

Stai tranquillo, vado io”, mi anticipò Gianni dandomi una pacca sulla spalla.

Io proseguii in cucina. Il tempo sembrava non passare mai tra quegli effluvi ed il calore dei fornelli, e in grossi tegami affidavo in continuazione a Maria i cibi da me cucinati come per sfamare un esercito, quasi che i fornelli fossero magici e così pure la dispensa, in cui trovavo in sufficiente quantità tutti gli ingredienti, anche i più strani, che mi veniva in mente di utilizzare.

A un certo punto guardai in sala mensa e mi presi una piccola pausa vedendo che, pur essendoci in fila ancora un consistente numero di persone da servire, , la situazione delle vivande era tranquilla ed abbondante anche più del necessario. Là in un tavolo vidi alcuni signori che stavano chiacchierando e, vedendomi, mi parve che dicessero qualcosa su di me. Non so da cosa avessi intuito che tra di loro c’erano il braccio destro dell’Amministratore Delegato ed un membro dell’Organo Ispettivo, ma ad un tratto uno di quel gruppo si alzò da tavola e si diresse verso di me.

Fui preso dal panico. Da un lato volevo tornare in cucina per non farmi vedere inattivo; dall’altro era sempre più evidente che quell’uomo veniva da me, e sarebbe sembrato scortese allontanarmi.

Mi scusi, è lei il cuoco, vero?”

Se intende dire chi ha cucinato oggi tutto questo allora sì, sono io.”

Quel signore là in fondo desidererebbe parlare un attimo con lei.”

Mi pulii meglio le mani e mi sistemai il grembiule, dovendo presentarmi a gente vestita in modo davvero elegante; ma continuai a rimanere nel panico, nel timore di quello che avrebbero potuto dirmi.

Ed invece si presentarono con cordialità, alzandosi in piedi e stringendomi la mano.

Ci tenevamo a farle i nostri complimenti. Perché, almeno a me, in tutta la mia carriera lavorativa non mi era mai capitato di mangiare così bene in una mensa aziendale. Anzi, se proprio devo essere sincero, in vita mia ricordo di aver mangiato così squisitamente ben poche volte, da contarsi forse sulle dita di una mano, e solo in qualche ristorante di altissimo livello.”

Tommaso si risvegliò di buon umore ed un po’ eccitato, e con un certo languorino allo stomaco.

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Col passare del tempo, sebbene non fosse una persona di carattere particolarmente espansivo né portato a confidarsi con gli sconosciuti, Tommaso cominciò dapprima ad assuefarsi ai volti ed alle voci di molti dei commensali abituali, e poi anche a scambiare con alcuni di loro battute di scarso interesse e significato, ed a volte anche qualche sorriso. E imparò anche qualche metodo efficace per tenere e mosche lontano dai piatti.

Come una mosca fastidiosa, una persona con una telecamerina tra le mani si aggirava senza sosta attorno a lui, osservandone con impertinenza dettagli anche insignificanti ed a volte soffermandosi più a lungo, senza nessuna ragione apparente, su alcuni di essi.

Nel suo grembiule bianco, in compagnia del suo aiutante Gianni, Tommaso si trovava nello studio televisivo per la registrazione di una puntata di “Ricette d’Italia”. Erano la squadra della melanzana, e si apprestavano a sfidare la squadra della carota, composta da un noto chef di fama internazionale in compagnia di un’avvenente brunetta tutto pepe. Al centro, la bellissima presentatrice Donna Hally, che parlava di fronte ad una grande e strana macchina da presa posizionata al centro dell’ampio locale. Lei iniziò con la sua voce dolce e suadente:

Conoscete le regole: avete a disposizione esattamente gli stessi ingredienti, che stamattina ho comprato io stessa al supermercato del nostro sponsor “Superspesa”. Avete due ore di tempo a disposizione per le vostre magie. Ci rivedremo qui all’ora di pranzo con i nostri ospiti e giudici, con cui ci intratterremo in queste due ore su diversi importanti argomenti di attualità. Pranzeremo, e mi ci metto anch’io, coi piatti da voi cucinati. Ogni giudice assaggerà sei portate, tre di una squadra e tre di un’altra, ignorando completamente chi le abbia preparate e dando a ciascuna un voto. E adesso via, e che vinca il migliore!”

Tommaso, fin lì emozionato ed anche un po’ agitato per la vicinanza della bellissima presentatrice, si sentì più rilassato rimanendo in compagnia soltanto dei suoi ingredienti, delle sue padelle, dei suoi fornelli e del suo fidato Gianni. E a quel punto iniziò la parte più bella del suo sogno.

Si tirò su le maniche, si sistemò il grembiule ed il cappello da cuoco con cui era stato equipaggiato e predispose opportunamente il ripiano di lavoro. A portata di mano coltelli, cucchiai e forchette di varie fogge e dimensioni, olio aceto sale e pepe; per tutto il resto una rapida occhiata per capire dove trovarli all’evenienza. Gli sembrava ci fosse tutto, una cucina davvero da professionista.

Aprì l’ampio e ben fornito frigorifero, e ne estrasse di volta in volta, a seconda di quello che richiedevano le preparazioni, innumerevoli tesori della cucina italiana: scaglie di parmigiano, bresaola, rughetta, lardo di colonnata, pasta fatta in casa, fontina e burrata. E poi pesci di varie forme e dimensioni, gamberi, un’aragosta e pesino un’anguilla. E dalla dispensa funghi porcini, noce moscata, peperoncino in pezzi e in polvere, e tutte le verdure e le spezie occorrenti di volta in volta alla bisogna. E cominciò a preparare con fantasia, a partire dai soffritti e dagli intingoli, e ad assaggiare ora qua ed ora là come il famoso cuoco pasticcione della canzoncina, e dopo essersi leccato le dita proseguiva aggiungendo un altro ingrediente, oppure passando il tutto al fidato Gianni per impiattare.

Si sentiva beato in mezzo a quel buon cibo, tenendo d’occhio pentole borbottanti e padelle sfrigolanti, sorvegliando con occhio vigile la cottura su più fuochi, assaggiando ed annusando qua e là mentre le inebrianti esalazioni saturavano il locale e riempivano l’animo di desiderio e di voluttuoso appetito. In sottofondo scorrevano le chiacchiere degli ospiti, in cui non di rado riconosceva qualche suo amico o conoscente, e la bellissima voce di Donna Hally.

Quanto durò quella apparentemente interminabile beatitudine culinaria Tommaso non avrebbe saputo dirlo, ma evidentemente furono solo due ore, perché così asserì la bella Donna quando venne di persona a chiudere i giochi ed a spegnere i fornelli.

Adesso dobbiamo spegnere e lasciare tutto, è finito il tempo”.

Ma questi devono ultimare la cottura”, obiettò dispiaciuto ed imbarazzato Tommaso.

Hai fatto, come il tuo concorrente, un lavoro sicuramente egregio, perché tutte le portate hanno ricevuto ottimi voti. Adesso bisogna solo aspettare tutti insieme il verdetto del totalizzatore”, aggiunse la Hally col suo sorriso sempre radioso.

Si portarono al centro dello studio, proprio davanti alla grande telecamera, e dandosi le mani formarono una specie di piccola catena umana, come i pugili e l’arbitro al centro del ring in attesa del verdetto. Tommaso stringeva la mano di Gianni da una parte, e della Hally dall’altra.

E il vincitore è … Tommaso!”

Tommaso fu inondato di luce, mentre la Hally gli sollevava il braccio.

E bravo il nostro Tommaso, cuoco fatto da solo e venuto dal nulla. Pensate che lavora in una mensa aziendale. Complimenti!”

Gli diede due baci sulle guance, e poi … anche uno sulla bocca!

E Tommaso, per la grande emozione, si svegliò.

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Insomma, Tommaso col nuovo lavoro cominciava ad ambientarsi e non si trovava poi così male. Però sentiva una insoddisfazione di fondo, perché pensava che stare ai fornelli gli sarebbe piaciuto di più, e meditò che appena possibile si sarebbe messo di nuovo alla ricerca di un altro posto di lavoro, stavolta come cuoco.

“Buonasera a tutti, signore e signori. Sono Donna Hally e stasera sono qui con voi in compagnia di Tommaso, il vincitore dell'ultima edizione di “Ricette d'Italia”. Competizione di cui, per inciso, Tommaso è stato anche il più giovane concorrente. Come ti senti, dopo questa vittoria?”

“Sono contento, molto contento”, rispose lui un po' impacciato anche per una luce calda ed accecante che gli venne sparata sul viso, ed a cui a poco a poco riuscì ad adattarsi.

“Ma dimmi, come mai hai scelto di fare della cucina l'amore della tua vita?”

Tommaso non voleva rispondere con la banale verità: me lo hanno consigliato, mi piace mangiare bene, mio padre sosteneva che non avrei saputo far bene niente altro nella mia vita. Allora gli tornarono in mente alcune frasi che aveva studiato a scuola e che gli erano rimaste impresse, e cominciò a sciorinarle come se fossero idee sue [1] :

“Perché il piacere di mangiare è il solo che, se non si esagera, non stanca mai, a nessuna età, in ogni tempo e condizione. E tante volte riesce a consolarci della mancanza di tanti altri piaceri. E poi tutti abbiamo la fortuna di provare questa piacevole necessità anche più volte al giorno per tutta la vita. Quale altra attività potrebbe eguagliarla?”

“Bene, bravo. Bellissime parole”, rispose lei. E Tommaso provò la stessa orgogliosa soddisfazione di quell'unica volta in cui a scuola aveva preso un bel voto all'interrogazione.

“E pensate che questo ragazzo non fa neanche il cuoco di professione, ma lavora come inserviente in una mensa aziendale. E adesso ci farà vedere di cosa è capace, e ci svelerà alcuni dei suoi trucchi e segreti, giusto? Fra un attimo, dopo la pubblicità.”

Le luci si attenuarono, lei gli si accostò e con tutt'altro tono aggiunse, mentre con infinita dolcezza gli regalava il sorriso e gli occhi più belli e teneri del mondo: “Vero che lo farai? Lo farai per me, solo per me, biscottino mio?”

E a suggello della richiesta gli diede anche un bacio sulla bocca, facendolo arrossire e innamorare perdutamente di lei più di quanto egli già non fosse.

Il bacio durò moltissimo; ma siccome nei sogni non è possibile misurare il tempo, non potrei dirvi minimamente quanto. So solo che a un certo punto finì, le luci si ravvivarono e lei tornò più seria e distaccata. I due, a cui senza che Tommaso se ne fosse accorto avevano posto addosso un grembiule da cucina e cambiato la scenografia circostante, si trovavano ora davanti al piano cottura di una cucina professionale.

“E adesso la scena è tutta tua”, le disse la bella presentatrice.

Tommaso ebbe solo un attimo di panico. Ma poi cominciò a prendere e a mescolare alcuni ingredienti quasi a caso, tagliuzzandoli ora a striscioline, ora a pezzettoni, versandoli e disponendoli con gesti sapienti, mescolandoli, aggiungendovi spezie ed aromi e condimenti scelti come capitava, ma disponendo sempre ogni cosa nei piatti e nei recipienti con ordine e gusto estetico.

"La scoperta d'un nuovo cibo è più vantaggiosa alla felicità del genere umano della scoperta d'una stella, come disse una volta il grande Napoleone", si giustificò Tommaso a cui era tornata in mente questa bella citazione in associazione, chissà perché, al grande generale francese [2] .

“E tu come Napoleone mi stai conquistando.” Vicino a lui la bella Hally andava continuamente assaggiando, intingendo il dito e poi leccandolo voluttuosamente, ed approvando con gemiti di piacere.

Tommaso, intanto, dei suoi fantasiosi miscugli alcuni li cuoceva in padella ed altri in tegami, quali a fuoco vivo e quali a fuoco lento; e una volta impegnati tutti i fornelli ricorse anche al forno per una teglia maestosa e dall'aspetto appetitoso. Anche lui come la sua amica, che continuava senza ritegno a spizzicare con mugolii di approvazione e frasi di encomio, assaggiava in abbondanza. E là dove il fuoco non permetteva l'uso delle mani, si avventuravano cauti ma decisi con forchette e mestolini.

“Non posso che capitolare di fronte a tanta delizia e bontà. Mi stai letteralmente prendendo il cuore e l'anima, insieme al palato”, gli disse lei.

“Questo lo dobbiamo spegnere”, fece lui assaggiando da una padella. E sentendo una specie di trillo del forno:

“Anche quello che è nel forno dovrebbe essere pronto. Ti dispiace farmi da aiutante e pensarci tu, carissima?”

“Volentieri. Così intanto assaggio e sento come è venuto. Magari te ne lascio un pochino, se vuoi.”

Un altro suono, e Tommaso istintivamente assaggiò il contenuto di un altro pentolino.

“Per questo manca ancora un poco. Amore mio, cosa abbiamo nel forno?”, chiese Tommaso sentendo di nuovo il suono del timer.

“Niente, mio caro. Il forno è vuoto.”

“Ma l'hai spento? Perché se non lo spegni, anche se è vuoto, il timer continua a suonare.”

“Certo. Guarda tu stesso.”

Tommaso analizzò bene il forno, che era dello stesso modello di casa sua. “Hai ragione, è proprio spento. Ma deve essere rotto, perché continua a suonare.”

“Io ho paura invece che ci stiano chiamando dalla regìa perché dobbiamo interrompere la trasmissione. Anche perché questo mi sembra tanto il suono della tua sveglia, o sbaglio?”

“La mia sveglia? No, non può essere. E cosa c'entra con il forno?”

Tommaso si concentrò un attimo. Sì, quello era proprio il suono della sua sveglia. La trasmissione di cui era stato ospite d'onore stava per finire, e lui doveva alzarsi per prepararsi ad affrontare una nuova, anonima giornata di lavoro.

[1] “Fisiologia del gusto”, di Brillat-Savarin

[2] “Fisiologia del gusto”, di Brillat-Savarin

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