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L'EREDITA' AUSTRALIANA
Оглавление"Signora Willingstone. Signora Willingstone" chiamò a gran voce il signor Tobias. Facendogli cenno di spegnere il motore diede un'altra moneta al ragazzo che aveva acconsentito a dargli un passaggio con il trattore.
"Signora Willingstone", ripeté dopo essersi allisciato i suoi baffi bianco lucenti. Stavolta, senza quel frastuono di fondo, la signora Willingstone si affacciò alla porta della villa.
"Ah, sei tu, signor Tobias. Vieni, vieni, caro notaio, che ci prendiamo un tè insieme."
"Un tè a casa tua? Questa è proprio bella".
Il trattore aveva ripreso il suo fastidioso rumore mentre si allontanava per la stradina melmosa. Il signor Tobias, cercando di non sporcarsi, fece quegli ultimi passi fino alla veranda sulla punta dei piedi, come un trampoliere. "Dovresti far sistemare questa stradina: è tutto un pantano."
"Meglio. Così tiene lontano le persone indesiderate. Gli amici come te, invece, in qualche modo riescono sempre a raggiungermi. Qual buon vento ti porta? Immagino che sia in vacanza: come ogni anno, puntuale di questa stagione, giorno più giorno meno. Oserei dire che ti stavo aspettando. Entra pure."
"Eh, ormai direi che questa potrebbe essere la mia ultima vacanza."
"L'ultima vacanza? Cosa vuoi dire con ciò? Ti ha preso qualche malanno? O, peggio, non verrai più a trovarmi?"
"Oh, no, tutt'altro. Anzi, forse ci vedremo più spesso. E' che mi ritiro dall'attività. Vado in pensione. Da adesso comincia per me una lunga, unica vacanza."
"Allora abbiamo un motivo in più per festeggiare. Su, siediti che guardo se ho un po' di tè."
Le sedie del salone di casa Willingstone, di legno rustico e senza la minima traccia di imbottitura, erano quanto di più scomodo si potesse immaginare per sedersi, parola di notaio.
"Lascia stare il tè, tanto so che non ce l'hai. Tira fuori direttamente i bicchierini da liquore, e fammi sentire qualche specialità fatta in casa con le tue mani."
"Bravo. Sono d'accordo. Perché io sono un po' bisbetica ma molto ospitale, non è vero?"
A dire il vero un bicchierino ed una bottiglia mezza vuota erano già sul tavolo. La signora Willingstone portò un altro bicchierino ed un campionario di altre bottiglie di vario genere, che sistemò su un vassoio.
"Questa, però", disse vuotandosi un altro bicchiere da una senza etichetta "è la mia preferita. Oserei dire che è unica al mondo: un distillato di noci e ghiande. E la trovi solo qui. Ma dimmi un po', cos'è questa storia della pensione?"
Di fronte ad un bicchierino i modi di fare della signora Willingstone cambiavano sensibilmente, e questo il notaio lo sapeva benissimo. Già normalmente intrattabile ed ostile con l'universo intero, diventava ancora più acuta e pungente nella sua cattiveria; ma al tempo stesso, solo con chi beveva insieme a lei, benevola ed estremamente confidenziale.
Forse questo cambiamento, di personalità più che di umore, era ciò che aveva reso possibile il nascere tra loro di quella strana amicizia, ancora solida a distanza di tanto tempo. Dopo la prima casuale bevuta insieme - tanti anni prima nell'unico pub di quello stesso paesino - a torto o a ragione il compìto notaio, da poco rimasto vedovo, aveva creduto di riconoscere, dietro la grande franchezza e confidenza di lei, i segni inconfondibili dell'amicizia; un'amicizia che, già appena nata, sembrava di lunga data.
"Ormai ho una certa età, che poi è all'incirca la stessa tua, se non sbaglio. Ho deciso: lascio la mia attività, lo studio e tutto il resto a mio figlio. Continuerò a dargli una mano saltuariamente, così per passatempo, se e quando mi pare."
"Tutto sommato, se credi, fai bene a farlo, tu che puoi."
"Ah, si, certo. Ma potresti farlo anche tu, se volessi."
"Io? Ma stai scherzando! Come pensi che potrei mettermi a riposo? Non ho nessuno. Non ho nemmeno una pensione, tra l'altro. Chi mi manterrebbe? Chi porterebbe avanti i miei maiali?"
"Lasciami spiegare; e non dire che parlo per i miei interessi. Deformazione professionale quella si; ma tornaconto personale no di certo. Dunque. Hai una vaga idea, un domani che tu - corna facendo - lasciassi questo porco mondaccio, a chi andrebbero i tuoi beni?"
"Immagino che qui non vedano l'ora che io tiri le cuoia per prendersi la mia roba, e al tempo stesso liberarsi di una scocciatrice come me."
"E qui entra il discorso del testamento. Si, certo: ti dico che tu dovresti proprio fare testamento."
"Testamento? Ma sai benissimo che non ho nessuno. Nessun parente e nessuno che mi sopporta. Non andavo d'accordo neanche con mia madre. Figuriamoci se qualcuno poteva sposarmi, con questo mio caratteraccio. No, non c'è proprio nessuno a cui eventualmente lasciare un domani queste quattro mura e questo pezzo di terra. Se potessi li lascerei ai miei maiali. Magari ad un collegio, visto che ci ho passato qualche brutto anno della mia vita; o a qualche altro istituto del genere, tipo un orfanotrofio." Poi, con l'aria furba di chi ha capito tutto: "Non è che stai cercando di chiedermi di sposarti, per caso?"
"Che? Fossi matto. Non ci penso nemmeno! Credi di essere bella, da giustificare una simile pazzia da parte mia? No, no. E poi perché? No, io non pensavo ad un matrimonio; piuttosto ad una specie di adozione. Adesso ti spiego meglio: …"
La signora Willingstone reggeva bene in vista un cartello con su scritto il suo cognome. Era lì, lungo il corridoio "arrivo passeggeri" del piccolo aeroporto, da oltre mezz'ora, cioè all'incirca due o tre arrivi. Resisteva ormai da più tempo degli altri nell'avvicendarsi di sconosciuti che cercavano di farsi vedere dai loro cari.
Nessuno, guardandola, aveva cambiato espressione, manifestando in qualche modo interesse o curiosità verso di lei; neanche un piccolo numero di suoi compaesani che, notandola, avevano sì provato sorpresa, ma si erano ben sforzati di non darlo a vedere, ricambiando il disinteresse di lei nei loro confronti.
Finché in coda a un altro gruppetto, impacciato e sbilanciato da un bagaglio troppo voluminoso e instabile sulle rotelle, un ragazzo lesse il cartello e venne verso di lei.
"Salve. Sono io il signor Willingston. Ma senza la "e" finale."
"Bene, giovanotto. Benvenuto", e dopo una frettolosa stretta di mano: "Venga con me, giovanotto."
Nonostante l'età e le gambe ossute, il passo della signora Willingstone era rapido e deciso. Il ragazzo, col suo bagaglio, stentava a starle dietro e perse rapidamente terreno.
"Le dispiacerebbe aspettarmi?", le chiese in prossimità dell'uscita, temendo, una volta all'aperto, di poterla perdere di vista.
Lei si voltò contrariata, con l'espressione di chi ha molta fretta e non vuole sprecare tempo.
"Giovanotto: lo sa che io ho quasi tre volte la sua età? A momenti potrei essere sua nonna!"
Si era fermata, ma non aveva smesso di bofonchiare, parlando tra se a voce bassa ma in modo chiaramente udibile: "Che razza di uomini. Aveva ragione il signor Tobias; non aspettarti chissà cosa. La pasta di un uomo la si riconosce subito. Scommetto che non ha neanche fatto il militare."
"Senta", le disse il ragazzo perdendo la pazienza: "se ha avuto l'incarico di venirmi a prendere, non credo che lo stia portando avanti nel modo giusto; e non è certo un compito difficile. Ma se proprio non ci riesce, mi arrangerò da solo."
Per un attimo si pentì di quello che aveva detto: arrangiarsi da solo poteva essere troppo difficile e costoso. Smise perciò di lamentarsi, ma non certo di rimuginare tra sé sull'accaduto.
"Guarda se uno deve fare migliaia di chilometri per essere accolto da una vecchia rimbecillita arteriosclerotica. Farò le mie rimostranze a chi di dovere, al momento opportuno".
"Avanti, da questa parte" disse la signora Willingstone. E i due, ingrugniti e ciascuno imprecando tra sé, proseguirono nel parcheggio.
La macchina della signora Willingstone era molto vecchia e ancor più sporca, per cui sarebbe stato difficile dirne con precisione il colore originale. Probabilmente nocciola, o color fango, come spesso diceva scherzosamente il signor Tobias alludendo ad alcune chiazze più scure nella parte bassa della carrozzeria. Era uno di quei vecchi modelli americani, tutto metallo e smisurata.
La signora Willingstone aprì il bagagliaio. Quasi sadicamente, godendosi la scena che avrebbe dovuto confermare le sue opinioni, rimase a guardare senza muovere un dito mentre il ragazzo vi infilava faticosamente il suo borsone a rotelle.
"Guardi che sta comodo anche davanti. O forse pensa di essere troppo grasso?" Lei si irritò nuovamente, per il fatto che il ragazzo aveva preso posto sul sedile posteriore. "O crede che questo sia un taxi?"
Ma lui ignorò queste provocazioni. "Potrei sapere dove stiamo andando?"
"Ma naturalmente! Stiamo andando a casa mia, a parlare con il signor Tobias."
"A parlare col signor Tobias a casa sua?"
"Certo! Non è per questo che lei è venuto?"
"Si. Ma voglio dire: lei non sarà mica la signora Tobias?"
"No, naturalmente. Il signor Tobias è vedovo. Io sono la signora Willingstone, con la "e" finale."
"Willingstone come la signora dell'eredità? Pensavo che non avesse più parenti qui in Australia. Lei l'ha conosciuta?"
"Si, direi di si."
"E lei è parente della signora Willinstone?"
"In un certo senso si, in un certo senso no. Dal mio punto di vista, l'unica signora Willingstone di una certa importanza sono io, capisce? Ma adesso non mi faccia più domande. Le farà più tardi al signor Tobias. Lui è più bravo a parlare e a spiegarsi. Io potrei dirle qualcosa di sbagliato, o non spiegarmi a dovere. Gli avevo chiesto di venire con me all'aeroporto, ma non ha voluto saperne. Avrà avuto i suoi buoni motivi."
Arrivarono al paese dopo oltre un'ora di viaggio, durante il quale il giovane Alex Willingston, che pure aveva osservato con interesse ed attenzione il paesaggio circostante, non era riuscito a contare più di una dozzina di abitazioni in tutto.
"Una volta, quando non esisteva ancora l'aeroporto, questo era un paese molto più grande; ma resta a tutt'oggi il più importante centro della zona, perché c'è la stazione della ferrovia", spiegò lei. "Ormai siamo arrivati".
Ed infatti, di lì a poco: "Vede quella villa in fondo alla strada? Quella è casa mia. Che cosa ne dice: le piace?"
"Oh, bella è molto bella. E' il contesto che secondo me è infelice. Gli spazi sono così grandi. Qui è così fuori dal mondo, così … non so. Personalmente non credo che riuscirei a vivere in tanta solitudine. Io sono abituato a una grande città. A proposito: lei crede che in paese ci sia un posto per dormire? Un albergo o qualcosa di simile, per questa notte?"
"Per il dormire non si deve preoccupare: il signor Tobias ha detto che lei sarà mio ospite per tutto il tempo che vorrà. D'altronde a casa mia di camere ce ne sono in abbondanza: basterà sistemarne una, e magari darci una riscaldatina."
“Ah, eccovi arrivati. Come va? Avete fatto buon viaggio?”
Il signor Tobias, dalla veranda, diede loro il benvenuto mentre il giovane straniero si barcamenava, stavolta brillantemente, col suo pesante bagaglio.
“Un po’ lungo, ma non male. Sono Alex Willingston, piacere.”
“Io sono il signor Tobias.” Vigorosa stretta di mano. “Immagino che abbiate già avuto modo di conoscervi.”
“In un certo senso…”, fu la risposta di Alex, accompagnata da un’espressione poco entusiasta, sua e della signora Willingstone.
“Bene. Ora penso che sia il caso di farle visitare la villa. Vedrà, la troverà molto bella. Lasci pure qui la sua borsa.”
Iniziò una breve visita guidata attraverso le varie stanze della casa. Dopo il pianterreno, per la maggior parte caldo ed accogliente, si passò ai locali gelidi ed impolverati del primo e del secondo piano, quest’ultimo dal soffitto basso e insidioso. Il signor Tobias sembrava però non vedere né la polvere né gli altri evidenti segni di abbandono e trascuratezza, ma si soffermava a descrivere diversi dettagli dell’arredamento e dell’architettura, illustrando aneddoti, storia o curiosità legati a ciascuno di essi.
“Molto interessante”, pensava ogni volta tra sé Alex Willingston, concludendo però la sua valutazione di ogni camera con la considerazione che non avrebbe voluto passare lì la notte. Solo le stanze del pian terreno gli sembravano accettabilmente accoglienti.
“Che ne dice?", concluse il signor Tobias. "Certo una villa del genere alla periferia di Londra potrebbe valere dieci volte tanto. Comunque questa ha un valore intrinseco innegabile. E’ poi c’è l'allevamento di suini, e tutto il terreno intorno. Se vuole possiamo fare un salto a vederli anche subito."
“E’ tutto molto bello e interessante, ma non penso che mi fermerò qui più di qualche giorno. Perché invece non mi parla di qualcosa che mi riguarda di più, cioè di quella eredità per cui mi ha fatto venire?”
Il signor Tobias cambiò quasi colore e, rivolto alla signora Willingstone:
"Ma come: non gli hai spiegato niente?"
"No. Volevo che fossi tu a farlo. Sei molto più bravo. E poi ho capito subito che io e questo ragazzo non andiamo molto d'accordo."
"Oh, questo sinceramente mi dispiace. Niente da stupirsi: siamo pochissimi al mondo ad andare a genio alla vecchia Willingstone. Ma nulla è compromesso. Vediamo. Lei è volato fin qui in risposta ad una mia lettera per l'accettazione dell'eredità della signora Willingstone, non è vero?"
"Esattamente. La lettera ce l'ho qui da qualche parte, se vuole gliela mostro."
"Oh, non c'è bisogno. L'ho scritta io, la conosco benissimo. Allora, il fatto è semplice: lei ha di fronte a sé la signora Willingstone; e questa casa con tutto quanto annesso sono i suoi averi, per l'appunto l'oggetto dell'eredità."
"Ma… trattandosi di una eredità… pensavo che la signora Willingstone fosse morta!"
"No, no. Si vede che ha letto con poca attenzione. Non si parla da nessuna parte di avvenuto decesso. Solo di eredità e testamento. La signora non ha parenti prossimi in vita, e disponendo di un capitale non trascurabile mi ha commissionato la ricerca del più vicino parente disposto ad accettare le sue condizioni per diventare suo erede. Condizioni che poi si possono facilmente desumere leggendo la bozza di testamento allegata."
Il giovane Alex protestò: "No, la lettera non diceva questo. L'ho letta bene."
"Se vuole possiamo rivederla insieme. D'altronde io sono notaio, eredità e testamento sono argomenti in cui sono ferrato."
Anche la vecchia Willingstone cominciò a fare le sue rimostranze al signor Tobias: "Temevo che mi avresti trovato come erede uno straccione, uno che di mio avesse solo il nome e che sarebbe campato alle mie spalle per quanto tempo resta alla mia vita e anche oltre. Ed invece neanche quello: mi presenti un ragazzo che è talmente allocco da farsi venti ore di viaggio e andare dall'altra parte del mondo senza neanche capire perché. Il primo, dopo tanti rifiuti; e scommetto che non ce ne sarà un altro altrettanto babbeo. No, mi dispiace ma io a un tipo simile non lascio un bel niente."
"Voi mi state prendendo in giro", proseguì Alex. "Avete organizzato questo raggiro per truffarmi. Rivoglio indietro i soldi che ho speso, o vi farò causa. Vi denuncio e vi mando in galera."
"Stia calmo e sia ragionevole", ribatté il signor Tobias. "Se la mia lettera fosse chiara potremmo chiederne conferma alle altre otto persone che prima di lei hanno cortesemente declinato il mio invito. Io non ho intenzione di truffare nessuno: lei ha semplicemente frainteso quello che le ho scritto. Ma visto che ci si trova, rilegga con calma e rifletta bene. Potrebbe trovare la proposta davvero conveniente. La valutazione che ho fatto del patrimonio è sottostimata; e quanto vi si richiede per accettare l'eredità - cioè di spostare qui la vostra residenza e rimanerci finché la signora Willingstone resterà in vita - non è poi molto gravoso. Deve ritenersi fortunato ad aver ricevuto una simile proposta.”
Il giovane rimase un attimo in silenzio a riflettere, mentre la signora Willingstone continuava a borbottare: "No, io un babbeo e piantagrane simile come erede non lo voglio proprio."
“Si prenda tutto il tempo che le serve per riflettere”, proseguì il signor Tobias nonostante la contrarietà della signora. “Come scritto nella lettera, lei sarà ospite qui a nostre spese finché lo vorrà; in fondo in un certo senso fa parte della famiglia, anche se un po’ alla lontana. Ma quanto al rimborso del viaggio, se lo può togliere dalla testa."
“Forse sono stato un po’ precipitoso a venire qui", disse Alex quasi riflettendo tra sé. "Avevo sempre sognato di farmi una vacanza in Australia; ma rimanerci a vivere no, non credo che sia possibile. Anche perché tra qualche mese vorrei sposarmi, e la mia Camilla è molto attaccata alle sue radici.”
“Ci mancava solo uno smielato sentimentale”, continuò a lamentarsi la signora Willingstone, “e magari, invece che in balia di questo babbeo, tra un mese mi ritroverò nelle grinfie di una arpia sconosciuta. Lo dicevo, signor Tobias, che la cosa non poteva funzionare; almeno non in questi termini.”
Ma il signor Tobias, ignorandola, continuò. "Suvvia, Alex. Non c'è fretta. Ci rifletta bene. Chiami la sua fidanzata e glie ne parli: penso che abbia il diritto di sapere."
"E c'è un altro problema", proseguì Alex. "Io su una piccola somma in eredità ci facevo affidamento per tornare a casa. Lo davo per scontato. Così non so neanche se e come riuscirò a pagarmi il viaggio di ritorno, a meno di non rinunciare alla vacanza."
"Un motivo in più per parlare con la sua fidanzata. Vedrà che una soluzione si troverà. Anche perché qui un lavoretto stagionale lo si trova facilmente. Così si finanzierà la sua vacanza. A proposito: ottima scelta l'Australia, la tenga presente anche per il viaggio di nozze. Ha già in mente un programma, un itinerario?"
"Qualche idea ce l'avrei…"
"Perché sono in vacanza anch'io, in un certo senso. Se posso esserle d'aiuto in qualche cosa…"
Più tardi il signor Tobias riuscì a convincere Alex, che proprio non ne era entusiasta, a visitare i maiali e le terre annesse alla villa; ed il giorno seguente, nonostante la disapprovazione della signora Willingstone, lo convinse a farsi accompagnare da lui in un breve giro turistico della regione.
Il signor Tobias fece ritorno dopo quattro giorni, da solo. Riferì alla signora Willingstone di aver appurato che quel ragazzo effettivamente non faceva al caso loro, e di aver già spedito un'altra lettera al nominativo successivo della sua lista.
"Comunque questa volta è stato quasi divertente", le disse. "Almeno abbiamo visto una faccia nuova. E che faccia! Ti ricordi che espressione ha fatto quando ha capito che tu non eri morta?"
"E quando gli ho chiesto di aiutarmi a dar da mangiare ai maiali? Forse ti è sfuggita. Ma mai spassoso come quando è stato sopraffatto dall'odore di letame: mi stava quasi vomitando addosso!"
"Poveretto. In fondo è un bravo ragazzo."
"Appunto. Uno così non può essere mio parente neanche alla lontana. Se è davvero un mio parente, io sono …". Stava cercando un paragone adatto, ma fu il signor Tobias a trovarlo:
"… un'amabile, dolce vecchina".
Inaspettatamente, il giovane Alex, si rivide da quelle parti dopo oltre quattro mesi. Sembrava un altro: abbronzato, con una bella barba scura e vestito in modo casual. Arrivò a bordo di una vecchia moto da cross. con solo uno zainetto sulle spalle.
Anche nella villa sembrava che qualcosa stesse cambiando. La stradina di accesso, un tempo così fangosa, non sembrava più la stessa, e c'era un furgoncino carico di attrezzi parcheggiato davanti.
Bussò. "C'è nessuno?"
Aprì la porta una vispa morettina niente male, pensò Alex.
"In cosa posso aiutarla?"
"Cerco la signora Willingstone."
I due si guardarono con molto interesse. Lei - bassina, capelli lunghi lisci, occhi piccoli e pungenti - sembrava una di quelle persone perfettamente a loro agio in qualsiasi situazione, sempre, dovunque e con chiunque, e che emanano a chi sta intorno a loro questo armonico benessere. Anche lui, d'altronde, non era più impacciato come al suo arrivo in Australia, ed era molto cambiato in meglio non solo nell'aspetto fisico.
"E' dai suoi maiali. Se vuoi ti ci accompagno."
"Ti ringrazio. Ma non ti disturbare: so come arrivarci".
"Vieni", disse lei facendogli strada. In effetti, passando, sul retro i segni del cambiamento erano ancora più evidenti, constatò Alex. Oltre a variazioni di colori e forme dovuti alla diversa stagione, c'erano due nuovi casottini, un pergolato ed un pezzo di orto in più.