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Autunno 2014, Ancona (Marche)

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Tutto era andato liscio. La prima generazione di umanoidi era stata venduta un mese prima. La gente era impazzita, soprattutto chi aveva abbastanza denaro da acquistare un robot parlante che si prendeva cura dei bambini, cucinava, stirava e si occupava di qualsiasi lavoro riguardante la vita quotidiana. Adesso Gianluca stava cercando di fabbricare una versione più economica con le stesse caratteristiche, ma forse non così grande come i primi usciti dall’impianto di produzione che si trovava nei dintorni di Ancona. Era un edificio la cui costruzione era iniziata proprio nel momento in cui era stata trovata la soluzione. Anche lui aveva un umanoide a casa. Funzionava ma non lo usava, era lì soltanto per una questione di marketing: se l’umanoide era così buono da poter stare tra le macchine che erano a casa sua, allora doveva essere per forza perfetto per qualsiasi altra dimora. Aveva organizzato una serata per festeggiare il successo della sua impresa e l’umanoide aveva fatto il cuoco, il cameriere e il maggiordomo; aveva parlato in sette lingue divderse con gli invitati e aveva anche ballato con alcune signore sprovviste di partner.

Era stato un successone. Ogni tanto lo accendeva, così come si fa con un’auto, in modo che non si rovinasse, ma non lo utilizzava spesso.

Gli umanoidi erano stati acquistati da persone molto diverse: ambasciatori, gente dello star system di Hollywood, cantanti, nobili, sovrani e principi, gente che apparteneva al mondo della moda, della scienza, intellettuali e via dicendo. L’acquirente più bizzarro era stato un nobile inglese che viveva in vecchio palazzo appartenuto ai suoi antenati, con tanto di fattoria di maiali e ditta di prodotti suini. Quest’uomo era rimasto nel passato e viveva ancora come se non ci fosse mai stata la Grande Guerra. Nel suo palazzo c’erano un maggiordomo, due camerieri con divise nere, cuffie e grembiuli bianchi, una cuoca, uno steward, ecc. E allora, l’umanoide? Con lo scopo di guadagnare denaro con la fattoria senza dover pagare lo stipendio ai suoi operai, l’uomo aveva licenziato tutti quelli che vi lavoravano e aveva messo l’umanoide a controllare i maiali: il trasporto degli animali alla fabbrica, la macellazione, la selezione dei diversi tipi di carne, l’imballaggio. Tutti compiti svolti dai suoi umanoidi. All’inizio ne aveva acquistato soltanto uno, quello che in questo momento, gli era stato detto, era diventato il caposquadra. Ma poi ne aveva acquistati altri sei, visto che uno solo non riusciva a fare tutto il lavoro. Gli umanoidi non mangiavano, non avevano famiglia, non acquistavano vestiti, non andavano al cinema, non avevano bisogno di niente, soltanto di elettricità, e solo ogni tanto. Così facendo risparmiava un sacco di soldi e aveva lavoratori che non chiedevano niente e potevano lavorare 24 ore al giorno, sette giorni su sette, senza mai fermarsi.

“Vabbé’” - pensava Gianluca,- “ognuno può fare del suo meglio”. Per lui la cosa più importante era che le persone che avevano bisogno di uno di questi umanoidi fossero in grado di acquistarlo. Pensava fosse stata una grande invenzione considerando che riuscivano a svolgere qualsiasi mansione. C’era chi pensava che gli umanoidi avrebbero potuto mettere da parte molti operai, che i licenzamenti di uomini e donne sarebbero potuti aumentare per causa loro, che sarebbero stati la rovina di molte famiglie e che avrebbero significato la disumanizzazione della società. Ma lui non la vedeva così. Una famiglia avrebbe potuto fare un bell’investimento comprando un umanoide: quanto denaro avrebbe potuto risparmiare chi aveva una persona malata in casa con necessità di una sorveglianza costante, giorno e notte, durante un lungo periodo di tempo, diciamo anni? A dire il vero, una montagna di soldi. Trascorso un anno, l’umanoide sarebbe già stato ammortizzato. Questa era la cosa più importante: aiutare le persone.

L'Ultima Opportunità

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