Читать книгу l’Ascesa - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 13
CAPITOLO CINQUE
ОглавлениеLuna e i motociclisti scappavano dai controllati che man mano si avvicinavano. Scattarono verso le moto, cercando di arrivarvi prima che la maggiore velocità di quegli alieni li portasse loro addosso. Luna corse verso il punto dove si era fermata la sua motocicletta, ora riversa sul fianco con il sidecar verso l’alto, ovviamente buttata a terra dal caos che aveva fatto seguito al momento in cui l’avevano catturata.
Cercò di raddrizzarla, spingendovi contro tutto il corpo, ma sentendosi come se stesse premendo contro un muro di pietra. La sentì spostarsi leggermente mentre continuava a spingere, e poi finalmente la raddrizzò sollevando una piccola nuvola di polvere quando il sidecar andò a colpire la strada.
“Entra, Bobby,” gridò al cane, che era ancora impegnato a ringhiare all’orda di controllati in avanzata, come se potesse riuscire a respingerli. “Sbrigati!”
Luna indicò il sidecar e il cane colse il messaggio, saltandovi dentro e accomodandosi, guardandosi attorno ancora con i denti digrignati. Guardando alle sue spalle, Luna capì il motivo: i controllati erano davvero vicini, correndo a una velocità tale che a ogni battito di ciglio avevano guadagnato sempre maggior vantaggio. Luna fece per accendere la motocicletta, determinata a mettere più distanza possibile tra lei e i controllati…
Non partiva.
“Non ora,” disse a denti stretti mentre il motore borbottava e sputacchiava. “Andiamo!”
Saltò con tutto il proprio peso sul pedale dell’accensione, una volta e poi un’altra ancora. Vedeva i controllati sempre più vicini, a venti metri, poi a dieci. Luna sentì salire la paura. Non aveva davvero alcuna intenzione di venire a scoprire cosa facessero i controllati a qualcuno che non fosse più dei loro.
Saltò ancora una volta sul pedale, spingendo con tutto il suo peso, e la moto rombò avviandosi. Luna non esitò e accelerò il più forte possibile staccandosi dall’ondata di gente controllata che ormai incombeva su di lei. Sentì un peso mentre una mano priva di sensibilità si aggrappava alla sua moto, una donna con le pupille velate che si teneva con tutte le sue forze mentre la motocicletta la trascinava, facendola scivolare sul terreno.
Luna cercò di ricordare se avesse visto quella donna mentre erano stati tutti costretti a lavorare. Si trovò a pensare alla persona che probabilmente era ancora intrappolata da qualche parte dietro a quegli occhi, la persona che quasi sicuramente stava lottando contro quel corpo anche mentre tentava di afferrare Luna. Luna ora sapeva perfettamente quanto orribile fosse essere un controllato, e sapeva che non c’era nulla che la persona lì potesse fare per fermarsi.
D’altro canto sapeva anche che non sentivano dolore.
“Scusa,” le disse prendendo a calci alla donna fino a farla cadere in mezzo alla strada, permettendo alla moto di scattare in avanti. Luna stessa dovette tenersi con forza per non farsi sbalzare all’indietro.
Attorno a lei Luna vide i membri del Circolo Motociclistico di Capopolvere che prendevano le loro motociclette e partivano in formazione, le moto che disegnavano un’ampia V, come se potessero essere capaci di schiacciare qualsiasi cosa si fosse messa loro davanti. Vide Ignazio che saltava dietro a Orso, sempre tenendo stretta in pugno la sua preziosa pistola a vapore.
C’erano altri controllati che sbucavano dalle strade laterali ora, lanciandosi addosso alle motociclette da ogni direzione. L’unica speranza sembrava quella di continuare a dare gas ai motori, sperando che la pura velocità li portasse a superare la massa di gente controllata prima che questi potessero travolgerli come l’acqua che si riversa in un lavabo. A Luna non dispiaceva andare più forte. Avere paura della velocità era decisamente meglio che pensare alla prospettiva di essere fatti a pezzi dai controllati.
“Non vi fermate!” gridò Luna agli altri, con la voce più alta che poté in modo che le sue parole si potessero udire nonostante il rumore assordante dei motori. “Dobbiamo scappare!”
Continuarono a guidare il più velocemente possibile. Con i controllati che si avvicinavano da dietro e dai lati, le moto sbucarono dalla massa come un tappo dal collo di una bottiglia. In un istante si trovarono nello spazio aperto, lanciati a pazza velocità in mezzo a Sedona, cercando di allontanarsi il più possibile dall’orda di controllati. Ora la loro velocità era nettamente superiore a quella dei loro inseguitori, e si poterono dirigere senza ulteriori ostacoli verso i confini della città.
“Penso che ce ne siamo sbarazzati,” disse Lupetto con un sorriso che lasciava intendere quanto fosse felice di essere libero dal controllo degli alieni.
Luna gli sorrise, perché era ugualmente contenta di avercela fatta. Ed era contenta che anche lui fosse stato salvato. Non avrebbe per niente gradito l’idea di Lupetto che restava lì mentre lei e gli altri scappavano. Portò la moto vicino alla sua, pronta a chiamarlo, anche se non aveva un’idea chiara di cosa gli avrebbe detto. Magari che era contenta che lui fosse lì, o forse qualcosa di più.
Qualsiasi cosa stesse per dire, le parole le si bloccarono in gola quando il bagliore di qualcosa in cielo colse la sua attenzione, diventando ogni momento più grande.
“Una navicella!” gridò Luna mentre la vedeva scendere.
La navicella era una di quelle più piccole, ma questa aveva un aspetto in qualche modo più affusolato rispetto alle altre, e sembrava più pericolosa. Se le altre erano api operaie costruite per trasportare cose sulla nave più grande, questa assomigliava più a un calabrone, con i contorni spigolosi e dall’aspetto letale, progettata per uccidere qualsiasi cosa le si mettesse davanti.
“Sta venendo da questa parte!” gridò Luna.
Stava scendendo rapidamente e Luna si trovò a chiedersi da dove fosse saltata fuori. La navicella più grande sopra a Sedona era sparita. Addirittura la navicella madre che c’era prima in cielo ora se n’era andata, svanita tanto rapidamente quanto era arrivata. Questa doveva essere arrivata da una delle altre navicelle che stavano ancora sospese sopra ad altri paesi e città per prendere ciò che potevano. Dalla velocità a cui stava avanzando, probabilmente stava spingendo i suoi motori al massimo della loro potenzialità.
“Hanno mandato una navicella da un’altra città per prenderci?” gridò Lupetto.
Non aveva senso che una navicella fosse arrivata lì tanto velocemente, o che loro potessero essere tanto importanti per gli alieni. Eppure non le veniva in mente nessun altro motivo per cui una navicella spaziale come quella venisse così velocemente verso di loro, o così bassa, a una trentina appena di metri da terra. Forse il fatto che si erano risvegliati dalla condizione di controllati aveva fatto arrabbiare gli alieni più di qualsiasi cosa avessero potuto fare.
“Devono aver percepito che delle persone si sono liberate dal loro controllo,” gridò Luna.
“Ho scoperto che i controllati si affrettano ad andare dove ho operato con la mia pistola,” spiegò Ignazio dalla moto di Orso. “Penso stiano tentando di fermare i miei tentativi di aiutare la gente.”
Luna pensò agli alieni che l’avevano controllata. Come avrebbero potuto reagire a gente che si liberava di loro? Come avrebbero risposto a qualsiasi perdita di controllo quando tutto ciò che parevano volere era prendere sempre di più?
A Luna parve di vedere qualcosa che iniziava a brillare nella parte frontale della navicella, un arancione vivo che dava l’idea che qualcuno avesse dato fuoco alla punta del muso del velivolo. Luna cercò di decidere se si trattasse di un trucco della luce, e poi un pensiero ancora più orribile le venne in mente.
“Sparpagliatevi tutti!” gridò, tirando la motocicletta di lato così repentinamente che le ci volle uno bello sforzo per tenerla dritta.
La strada davanti alla loro piccola carovana eruppe in un’esplosione di energia che sbrecciò l’asfalto, sollevando pietra e terra che volarono in ogni direzione. Luna vide una delle moto scivolare e capovolgersi, il motociclista che rotolava a terra mentre la terra scompariva sotto di lui.
Luna andò fuoristrada, ignorando i salti e gli scossoni provocati dal terreno irregolare mentre rocce e buche minacciavano di sbalzarla di sella. Attorno a lei vide gli altri motociclisti che la seguivano, percorrendo il terreno brullo, restando alla larga dalla linea dritta della strada mentre la navicella aliena fischiava sopra le loro teste. Un altro blocco di terra e pietra si sollevò con un secondo sparo, e poi la navicella passò oltre, virando nettamente e preparandosi a tornare verso di loro.
Così allo scoperto erano un bersaglio facile. Luna poteva vedere la navicella aliena che si allontanava da loro, ma solo per prendere la rincorsa e tornare all’attacco. Se avesse sparato loro contro da quella distanza, avrebbe avuto un sacco di tempo per prendere la mira e colpirli per bene. Dovevano trovare un riparo, e dovevano farlo ora.
Luna si guardò attorno e poi indicò verso le valli di roccia rossa nei pressi di Sedona.
“Lì!” gridò. “È la nostra unica speranza.”
Spinse il motore, la motocicletta che scattava in avanti con gli altri al seguito. La terra esplose ancora attorno a loro a un altro passaggio della navicella, e per un momento o due Luna non poté vedere nulla davanti a sé. Quando la nuvola di polvere si diradò tanto da consentirle di vedere, dovette virare di scatto a sinistra per evitare i resti di un albero, strappato dal terreno dall’ultima esplosione. Luna sperava solo di condurre gli altri nella giusta direzione.
Si diressero verso la valle, imboccandola a tutta velocità e continuando a premere sugli acceleratori. Dei lampi di energia andarono a colpire le pareti delle montagne, sollevando in aria la terra e facendo franare le rocce, costringendo così Luna a virare e schivare per evitarle. Le pietre rotolavano e rimbalzavano con grosso frastuono; una le passò vicino alla testa, tanto vicina da costringerla ad abbassarsi per schivarla.
“Sta scendendo di più!” gridò Lupetto da qualche parte vicino a Luna. Luna sapeva di dover tenere gli occhi fissi sulla vallata davanti a sé, ma non poté fare a meno di arrischiare un’occhiata alle proprie spalle.
La navicella aliena stava volando quasi rasoterra, spostandosi nella valle e cercando di approntare lo sparo successivo.
“Più veloci,” gridò Luna.
“Non riusciamo a seminarla,” esclamò Lupetto.
“Non dobbiamo seminarla,” gridò Luna. “Dobbiamo solo scoprire quanto velocemente può svoltare.”
Vide Lupetto sorridere: aveva capito. Il gruppo di motociclisti continuò ad avanzare, inoltrandosi nella valle.
“Tieniti duro, Bobby,” disse Luna.
Luna si teneva stretta alla motocicletta, prendendo le svolte e le curve alla massima velocità, poi ancora più veloce. Le rocce rosse dei versanti torreggiavano sopra di lei come cumuli malformi, con pietre che cadevano quando venivano colpite da lampi di energia, un promemoria di quanto tutto questo potesse andare storto. Una curva presa troppo di corsa, uno scatto del manubrio nella direzione sbagliata, e lei Bobby sarebbero finiti di peso contro le pareti delle montagne, con troppa forza per poter sopravvivere.
Luna tenne stretto il manubrio, vi si chinò sopra e diede ancora più gas.
Osò lanciarsi un’occhiata alle spalle. La navicella aliena era ancora lì, che girava e svoltava insieme a loro, sparando a caso quando non riusciva a puntare un tiro perfetto. Oscillava da una parte e dall’altra sfrecciando in mezzo alla vallata. Poi, senza preavviso, Luna vide che andava a sfregare con un lato contro la parete.
“Attenzione!” gridò, mentre la navicella rimbalzava da una parete all’altra, sforzandosi di correggere la traiettoria mentre veniva deviata come la pallina di un flipper, le scintille che volavano a ogni colpo, assumendo pian piano un’angolazione che puntava verso il fondale della valle.
Il rumore quando colpì il terreno sembrò riempire il mondo, la polvere che volava mentre il velivolo si piantava di muso e tutto il resto veniva annebbiato. Luna e gli altri dovettero continuare a correre a tutta birra per guadagnare distanza dal disastro. Però lo spazio stava finendo, perché la vallata si stava chiudendo, sigillata da una parete di roccia che era traforata solo dalle aperture generate dalla grata di una caditoia. Luna corse verso quella parte, sperando che la navicella si fermasse prima di schiacciarli tutti contro la parete rocciosa. Accostò accanto a un muro di pietra, rabbrividendo mentre la navicella si avvicinava sempre più.