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CAPITOLO NONO

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Nerra fissò l’immensa mole scura del drago che svettava sopra di lei, ed era certa che sarebbe morta. Il giallo intenso e profondo dei suoi occhi era tutto concentrato su di lei, fissandola come stesse cercando di capire con quanta facilità potesse divorarla.

I resti di quella colonia distrutta che la circondavano le dicevano che sarebbe bastato un solo sfarfallio del suo respiro per annientarla. Eppure, stranamente, la cosa che più le riempiva il cuore in quel momento non era terrore ma fascino.

Rispetto al drago di cui aveva trovato l’uovo, questo era enorme, lucido e scuro, ma guardando meglio, Nerra si accorse che il nero delle sue squame era in realtà composto da una dozzina di sfumature e tonalità diverse, dal grigio più chiaro al nero profondo del catrame e delle ombre del cielo notturno. Le sue squame erano così ampie da sembrare placche di un’armatura sul suo lato inferiore; gli unici spruzzi di colore sulla creatura erano il giallo dei suoi occhi e il rosso profondo dell’interno della bocca che il drago spalancò.

Sparò fiamme accanto a Nerra, e questo mise il terrore di nuovo in primo piano nella sua mente. Si voltò e corse via, inciampando tra i rottami della colonia in rovina, dirigendosi verso gli alberi piuttosto che verso le rocce scure del terreno aperto, pensando che niente di così grande potesse passare tra essi.

Nerra udì un ruggito alle sue spalle e continuò a correre.

Ora si trovava nella giungla sulla parte interna dell’isola e il sole si intravedeva tra le chiome, mentre lei continuava a procedere. Le piante che le passavano davanti agli occhi mentre correva non avevano niente in comune con quelle che aveva visto vicino a casa, rigogliose e verdi, dai colori vivaci e dai profumi che le inondavano le narici. Quella scarica travolgente era davvero dovuta al fatto che fossero molto più pungenti delle altre piante, o aveva più a che vedere con ciò che era diventata?

In alto, persino attraverso gli alberi, Nerra riusciva a scorgere l’ombra del drago che volava in cielo; grande e maestoso, teneva il passo senza difficoltà. Nerra non poteva fare a meno di fissarlo, scissa tra il terrore che provava al pensiero di un predatore così enorme sopra di lei e il suo apprezzamento per l’eleganza con cui tagliava l’aria. Sembrava librarsi in volo e fluttuare in cielo, sbattendo a malapena le sue gigantesche ali; la fiamma che emetteva nello spazio davanti a sé, produceva correnti d’aria termiche che facilitavano il suo volo.

Aspetta, come faceva Nerra a saperlo? Aveva visto il suo drago, certo, e aveva avvertito un certo legame con lui, ma non sapeva niente di come funzionassero i loro corpi o di cosa significasse essere

L’anello dei draghi

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