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Egregio signor Treves,

Lei mi domanda una prefazione per la ristampa di Vecchia casa sul genere di quella che feci per l'Indomani, ma una prefazione è talvolta più difficile di un romanzo, sempre più delicata, e ad ogni modo non è cosa che si possa improvvisare quando non vi sia una ragione ben chiara per farlo.

L'Indomani aveva una sua storia, più o meno interessante secondo il punto di vista, ma una storia infine, mentre Vecchia casa, simile in questo ai popoli felici, non ne ha.

Ora, priva di tale fondamento, che vuol mai ch'io ne scriva? Una lode? Non sarei modesta. Un biasimo? Non sarei sincera; ed io tengo moltissimo ad ornare la mia mediocrità se non altro di queste due piccole virtù.

Che se poi a Lei interessasse di sapere quale accoglienza ebbe Vecchia Casa al suo primo apparire in pubblico (nel 1899) fu male ispirata a rivolgersi all'autore perchè gli autori in genere, nè io pretendo di formare eccezione, hanno per amore delle loro opere la stessa insaziabile brama della fiera Dantesca e se trovano venti lettori ne vorrebbero ventimila.

Purtroppo devo confessare che ventimila lettori Vecchia Casa non li ebbe ancora, ma non dispero che la presente edizione fregiata del suo nome e posta sotto il suo alto patronato possa riuscire a ottenerli, molto più che se la critica mise fuori per questo romanzo inaudite espressioni di lusinga, il pubblico, il gran pubblico, non lo conobbe e tranne qualche profonda anima fedele che ne assaporò in silenzio l'intima essenza, esso passò inosservato così da potere oggi riuscire pressochè nuovo.

Per essere sincera fino all'ultimo devo dire che nel coro delle lodi non mancò qualche nota stonata. Non può piacere a tutti un libro che fu definito: “Una di quelle piccole anfore di Murano in cui il vetro ha raggiunto la sottigliezza del velo più trasparente, anfora di una fragilità leggiadrissima che allontana istintivamente la mano dal toccarla, tessuto imponderabile nel quale anche le cose materiali diventano diafane. Ricostruirlo in sintesi è guastarlo. Una sottile malia si sprigiona da questi libri dello spirito che vi trasporta ai di sopra della realtà, pur sentendo che la realtà vi conquide, una realtà superiore ma non meno reale„. (Natura ed Arte, 15 Aprile 1900).

Questione di gusti come sempre. Chi preferisce le anfore di Murano e chi i boccali di Montelupo. Lei da quell'intelligente editore che è ci metta sopra il cartellino, così non vi saranno equivoci.

Con ciò la riverisco distintamente.

Da Campodolcino, settembre 1910.

Neera.

La vecchia casa

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