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Charlie Patton Il Padre del Blues?

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Figura emblematica, da sempre considerato ”Il padre del Delta Blues” Charlie Patton è per molti un eroe leggendario approdato al Blues, musica ”malefica e corrotta“, proprio grazie alla sua degradata condotta ai limiti di una follia schizoide e del malessere tipico di chi vive ai margini.

Abbiamo già ampiamente parlato di come l’Afro-Americano ”liberato” in realtà galleggiasse in una sorta di limbo, privato della sua stabilità e delle sue tradizioni. Suonare il Blues era un tentativo di liberazione effettiva che coinvolgeva non solo la Black people ma anche moltissimi immigrati Europei, in genere Inglesi e Irlandesi, sfuggiti alla povertà dei sobborghi natii per finire nei meandri puzzolenti del Mississippi. La vita era dura per tutti: la speranza di sopravvivere molto scarsa. La famiglia Patton non era diversa. Dalla documentazione del censimento del 1900 si fa luce sul mestiere del padre, bracciante agricolo, e sulla data di nascita del piccolo Charlie, avvolta spesso in strane ombre.Contea di Hinds, sul Mississippi, aprile 1891.

Famiglia poverissima, costituita da padre, madre e due sorelle più grandi.

Il piccolo Charlie non frequentava molto la scuola ma aiutava nei campi. Tra castighi e scorrerie, data la natura ribelle del piccolo futuro ”genio“, la sua infanzia scorre tranquilla fino all’età di 9 anni, epoca in cui per mancanza di lavoro la famigliola si trasferisce nella piantagione di cotone di Dockery, venti miglia più a sud. E qui inizia il capitolo maggiormente misterioso e romanzato della sua vita, su cui tanti hanno scritto e discusso. Un capitolo strano, oscuro, degno delle migliori tradizioni Blues.


Ecco il certificato di nascita di Charlie Patton

Se Robert Johnson ebbe il suo mentore qualche anno dopo, e si dice che fosse il DIAVOLO, per Charlie Patton le cose cambiano solo in apparenza. Sicuramente il fatto che per entrambe le due mitiche figure l’incontro con il Blues e il momento in cui prendono in mano la chitarra si accompagnino alla frequentazione di personaggi equivoci con alle spalle un mix di musica, sangue e magia nera, alimenta la leggenda. Nel caso di Charlie la firma oscura del suo genio fu un Bluesman primigenio di nome Henry Sloan. Le cronache non ci dicono molto di lui. Ma la mia proverbiale cocciutaggine mi ha sguinzagliata alla ricerca di dati esaurienti che potessero in parte chiarire quale influenza e quale eventuale condizionamento avessero esercitato una così mirabile opera sul giovane rampollo Patton.


Il delta del Mississippi così come appariva nel 1900

Ho trovato quindi una piccola storia del personaggio ”Ombra” di Charlie, devo dire mooolto interessante! Costui, tale Henry Sloan, era figlio di Sam e Laura, due ex schiavi senza professione che si erano trasferiti dalla South Carolina nella Contea dii Hinds. (a soli 3 km dalla famiglia Patton!)) già agli inizi del 1870. Nel censimento della zona del 1880 si parla di un bambino, figlio della coppia, di nome James, nato nel 1871. Ricontrollando poi i dati dell’ ulteriore censimento del 1900 abbiamo conferma che James ed Henry siano la stessa persona. Molto probabilmente, come si usava a quell’ epoca, Henry portava il nome di un fratello deceduto neonato e poi mescolato negli annali dell’epoca. Fatto sta che nel censimento che ci interessa detto Henry risultava vivere ancora coi genitori, tre dei suoi figli e la seconda moglie, essendo poi divenuto vedovo nel 1898. Di professione Agricoltore è interessante notare che si sottolinea che Henry Sloan sapeva ”leggere, scrivere e leggeva molti libri”. Particolari interessanti, visto che Henry era un Afro-Americano povero e che, come tutti i suoi coetanei, probabilmente aveva potuto frequentare solo la prima elementare! Non esistono foto a riguardo, ma anche qui abbiamo delle dichiarazioni di due futuri ”discepoli” di Charlie Patton, SON HOUSE e TOMMY JOHNSON, che riferiscono chiaramente di una mania ossessiva di Charlie nei confronti del suo alter ego Henry, definito ”alto, grosso, dal naso camuso e gli occhi penetranti e spaventosi. che contrastavano nettamente con la sua età matura”. In base alle ricerche del famoso storico DAVID EVANS, Henry Sloan poteva essere addirittura la misteriosa figura di Bluesman che W.C. Handy incontrò sul treno a Tutwiler e che lo iniziò psicologicamente al Blues! All’epoca Handy nella sua autobiografia ce lo descrive come ”alto, magro e nero, che pizzicava accanto a me una chitarra mentre dormivo. I suoi vestiti erano stracci, i suoi piedi spuntavano fuori dalle scarpe. Sul volto c’era dipinta la tristezza dei secoli. Mentre suonava ha tirato fuori un coltello e lo ha premuto sulle corde della chitarra, tirandone via un suono mai sentito che era come un lamento dell’anima. Per tre volte fece questo strano gesto, che a pensarci poteva essere una rozza croce sulla chitarra." Stiamo comunque parlando del 1903 ed è probabile che la famiglia Sloan, insieme a molte altre della Contea di Hinds, si sia trasferita da poco nella piantagione Dockery. C’è da chiedersi allora COME MAI l’incontro fatidico tra Henry e Charlie sia avvenuto solo in loco e non già nella contea di Hinds! Ancora secondo SON HOUSE ”costui da anni lo teneva d’ occhio e attendeva con ansia che crescesse”.


La piantagione Dockery, una fattoria molto ben attrezzata, come appariva agli inizi del 1900

Comunque siano andate le cose, quando inizia la chiara frequentazione tra i due Charlie ha ormai 10 anni e il Delta Blues, di cui si è detto sia stato ”il Padre” era già ampiamente diffuso su tutto il Mississippi e conosciuto come musica oscura, maligna e che portava alla perdizione dell’anima. Abbiamo già parlato dei rapporti tra il Blues e la Magia nera. I legami tra il Voodoo e gli ex schiavi, che proprio sulle rive del Mississippi hanno subìto le peggiori sevizie, sono fortissimi e volutamente celebrati attraverso questa strana musica che libera l’anima. Sporca e fangosa come il fiume sulle cui sponde nasce, la musica Blues primigenio utilizzava dei rozzi ausili ”correttivi” affinché le note NON fossero limpide e pure, in quanto l’ anima ferita non può alzarsi PULITA verso il cielo. Operando quindi un trasfert tra strumento musicale e Bluesman la musica veniva ”sporcata” ad arte bendando le mani del musicista o utilizzando un coltello a lama piatta che, tirando le corde, originava una melodia poi divenuta famosa grazie ai musicisti Hawaiani, ma che sul Mississippi aveva una valenza del tutto simbolica e magica. Il famoso coltello di cui parliamo, infatti, dopo essere stato utilizzato per riti magici come l’ uccisione della gallina nera e la celebrazione del demoniaco spirito Papa Legba, ”impregnato” del sangue della vittima sacrificale veniva poi passato sulle corde della chitarra affinché l’energia vitale si trasferisse al musicista. Divenuto quindi sciamano, il Bluesman partiva col suo canto ossessivo e improvvisato, seguito a ruota da altri musicisti che ne accompagnavano il ritmo con la mani, la chitarra o il suono della voce. Questo esperimento empatico poteva durare delle ore e costituiva per i neri che lo eseguivano ulteriore causa di alienazione e di abbandono da parte dell’ intera comunità, per la quale questi rituali erano espressione di possessione diabolica. E’ chiaro quindi come agli inizi del 1900 il Blues fosse considerato una musica maledetta, che solo adepti o iniziati potessero conoscerla. Lasciato solo con se stesso, ostracizzato, visto come schiavo di Satana il Bluesman entrava gradualmente nella convinzione di essere un dannato e volutamente si perdeva nell’ alcool, nel sesso sfrenato, nella violenza e nel sangue, cosa del resto molto facile per un Afro-Americano dell’epoca. Entrava insomma in un circolo vizioso da cui era impossibile uscire e che si concludeva quasi inevitabilmente con la morte prematura per sifilide, cirrosi epatica o duelli all' ultimo sangue. Molti di questi poveracci semplicemente ”sparivano”, probabilmente fatti fuori da loro connazionali animati da fervore religioso (la nascente Chiesa Afro-Americana ne fece di assassinii!) o da amanti gelosi oppure dalla stessa Polizia del luogo. Tuttavia le prime ”sette” che praticavano il Blues primigenio erano fortemente motivate a portare la loro musica fuori dai confini del Mississippi, e possibilmente fuori dall’ America: lo scopo era di emancipare e riabilitare la black people, rivendicando quei concetti di uguaglianza e di umanità da sempre negati. Lottando contro l’ ostracismo della loro stessa gente, i Bluesmen si impegnarono costantemente nella trasmissione orale di una cultura che poteva valersi solo dell’insegnamento diretto, del condizionamento personale e della possibilità per il discepolo di entrare in una comunità magica e oscura, in quanto dichiaratamente in lotta col sistema. Quando si parla del diavolo non si sbaglia di tanto. La differenza sta nella sua interpretazione: il vero demonio era la condizione di "non vita” nella quale era relegato l’Afro-Americano, che si sentiva ormai uno zombie. Liberarsi equivaleva ad attingere a quelle energie ataviche rimaste nella terra di origine e che ogni uomo porta dentro di sé. Quelle forze oscure che dalla palude fangosa del Mississippi potessero elevare l’uomo fino alla società vera, quella in cui tutti sono uguali e fratelli fra loro. L’abbinamento tra le figure di Papa Legba e Lucifero ne nasce automatica, ma solo perché entrambi lottano contro un’ Autorità Superiore che li costringe ad una condizione di schiavitù. Il Blues quindi non fu solo una ”musica dei neri d' America” ma una vera e propria rivoluzione culturale che segnò l 'inizio del cammino, sofferto e avvelenato, verso l’integrazione razziale, con le sue vittime e i suoi martiri. Ciò che avvenne a Charlie Patton e poi a Robert Johnson fu appunto questo. Essi furono ”iniziati” da mentori oscuri affinché imprimessero sulla propria pelle il marchio della lotta del nero contro la sopraffazione della società bianca, e lo facessero utilizzando l’arma terribile di una MUSICA che ogni uomo, di qualsiasi razza, porta nel proprio sangue. Una musica che è lo scorrere del tempo attraverso il battito del cuore, di cui emula il ritmo. In un’ intervista nella quale gli chiedevano di spiegare al pubblico quella strana musica del Mississippi, SON HOUSE rispose: ”Metti la mano sul tuo petto e ascolta il battito del tuo cuore. Beh, QUELLO è il Blues!” Ecco la spiegazione, ecco la semplice chiave d’accesso. Fu quindi facile per Henry Soan, e per tutte le altre figure oscure di cui la tradizione Blues è piena, penetrare con la forza di un uragano nella mente del giovane Charlie Patton e ”dannarlo” per sempre.


Black Indian, il ceppo genetico da cui discendeva anche Charlie Patton. L’ esistenza degli Indiani neri era un problema per il Governo degli Stati Uniti che lo risolse NON OCCUPANDOSENE. Questa minoranza etnica rimase così privata per lungo tempo del riconoscimento dei propri diritti civili e sociali. Attualmente la situazione generale è migliorata solo apparentemente.

La famiglia Patton era comunque un esempio abbastanza diffuso di disagio e difficoltà di integrazione. Lo stesso ceppo etnico di appartenenza la dice lunga sulle traversie quotidiane che i suoi componenti, tra la scuola e il vicinato, avevano dovuto sopportare. Se guardiamo l’unica fotografia conosciuta di Charlie Patton, appartenente al collezionista John Tefteller, ci rendiamo conto che non si tratta di una persona ”tipicamente” Afro-Americana. C’era una chiara mescolanza di sangue bianco, nero e Indiano in lui, e oggi si sa che la nonna materna era una Cherokee, cosa puntualizzata anni dopo dallo stesso Patton che cantava nella sua Dirth Road Blues della permanenza nei territori aviti quali ”IL TERRITO”. Si trattava di un territorio Indiano divenuto in seguito parte dell’ Oklahoma, dove sua nonna si recava spesso prima di morire, per unirsi a quelli della sua tribù nella lotta per la rivendicazione della terra che veniva concessa dal Governo degli Stati Uniti ai pochi Nativi rimasti. Il problema dei Black Indians, cioè quello dei figli nati da unioni di ex schiavi o Black Cowboys con donne Indiane, rimase comunque un problema irrisolto e contribuì alla povertà della famiglia Patton, che subì pesantemente ogni sorta di umiliazione.


Indiano Cherokee Black. Notate l’evidenza somiglianza etnica con Charlie Patton.

Molti rancori si agitavano quindi nell’animo del decenne Charlie, quando conobbe Henry Sloan. Affascinarlo e coinvolgerlo nel pericoloso gioco del Blues fu impresa da poco.

Che Charlie soffrisse per le condizioni di povertà e di emarginazione della sua famiglia è ampiamente dimostrato non solo dal suo stile di vita rivoluzionario, evidente soprattutto quando fu oggetto di interesse da parte delle grandi case discografiche, ma ne troviamo riprova anche in molte delle sue canzoni. Ad esempio in DOWN the DIRT ROAD descrive con crudezza le condizioni di degrado dei mezzadri e dei braccianti agricoli del sud, e di quanto sia impossibile cambiare le cose se non fuggendo, dal Paese, cosa che lui stesso fece a 19 anni.

Vado via per un mondo sconosciuto, ho paura, ma non sarà per sempre.

Ogni giorno sembra un omicidio, qui. Io andrò via domani.

Il viaggio di Patton inizia all’ indomani di questa canzone lungo tutto il Mississippi, fermandosi in ogni città dove sconvolgeva gli abitanti non solo per la sua musica maledetta ma anche per gli atteggiamenti rissosi e attaccabrighe.

Per tutto il territorio del Texas, in Georgia, nell’ Illinois e nel Missouri, il suo arrivo era considerato ”una piaga“ in virtù del seguito di scalmanati che l'artista si portava appresso. A Dockery, Patton era considerato già una star e la sua fama, come artista e come pazzo, lo precedeva. Bevitore incallito, ossessionato dall’ idea della perdizione, profondamente convinto che ”chi nasce nell’ Inferno non può redimersi” portava il vessillo di Satana sempre con sé. Giovanissimo era stato ferito alla gola in una rissa (o forse da un’amante gelosa) ed era scampato alla morte per miracolo; c’è chi sussurrava che il suo alter ego Henry Sloan avesse patteggiato con esseri oscuri per farlo sopravvivere. Dalla profonda ferita che gli danneggiò irreparabilmente le corde vocali venne fuori una voce terrosa, cavernosa e inquietante. Spesso, anche nelle migliori registrazioni di qualche anno dopo, molte delle parole delle sue canzoni risultano incomprensibili al grande pubblico, e ciò contribuì nettamente alla creazione di un’ immagine tenebrosa, oscura ma di grande impatto sui giovani. Non dimentichiamo la grande influenza di Patton sui giovanissimi talenti che incontrava nei suoi pellegrinaggi canori. SON HOUSE ne rimase letteralmente affascinato ma WILLIE BROWN andò anche oltre, se cercò per tutta la vita di imitare il maestro nella sua Crossroads Blues, un brano che sarebbe poi divenuto uno standard e che influenzò tutte le stars venute dopo, come MUDDY WATERS, JOHNNY LEE HOOCKER e, pensate, perfino il Satanico ROBERT JOHNSON!


Son House

Molti considerarono Charlie Patton un grande intrattenitore più che un Bluesman. Decisamente l’impatto visivo sul palco era notevole: pensate forse che il primo a coniare esibizioni Shock, con tanto di rogo di chitarra e sfumazzate di spinelli, sia storia recente e che sia patrimonio di Jimmi Hendrix negli anni ’70? Se è così vi sbagliate di brutto. Patton saliva su un palco con l’atteggiamento di un clown triste e aggressivo, che prendeva a calci i tavoli, aggrediva i clienti e suonava la chitarra in tutti i modi possibili: di schiena, bendato, ponendola tra le gambe, con una sola mano e a testa in giù. A volte il respiro affannoso miscelato alla voce gutturale calamitava le donne e atterriva gli uomini, che vedevano in lui un ”posseduto”. Probabilmente era così. Non sappiamo se la figura ammaliatrice di Sloan lo abbia condizionato al punto da ritenersi un ”perduto” o se invece il suo mentore non abbia invece ”liberato” le ossessioni naturali della sua psiche. Non conosciamo molto della primissima giovinezza di Patton, tranne quello che riferirono le sorelle all’ indomani della sua morte. Sappiamo quindi che non amava andare a scuola e che non si recava mai in chiesa. Che era un bambino obbediente sul lavoro quanto scapestrato coi compagni di gioco. E, soprattutto, sappiamo che fino all’ incontro col temuto Sloan NON SAPEVA SUONARE LA CHITARRA. Quando approfondiremo altri personaggi del Blues vedremo che QUESTO è uno dei fulcri su cui si innestano moltissime delle leggende metropolitane che hanno ampliato e corroso la fama degli artisti del periodo. Comunque sia, se l’influenza artistica di Sloan è documentata, è probabile che anche tutto il contorno ne venga di conseguenza. Patton era un donnaiolo incallito, un bevitore eccezionale e un attaccabrighe incorreggibile. In più fumava come un turco, era dedito all’ oppio e maltrattava le donne. Malgrado ciò si sposò 8 volte, ebbe innumerevoli amanti e numerosi figli, dei quali quasi nessuno gli sopravvisse. Qualcosa su di lui la riportò, tanti anni dopo, una vecchissima Rosetta Patton cresciuta anch’ ella nel ricordo del malefico padre: ma il ritratto che ne viene fuori non è affatto confortante.


Rosetta Patton, unica figlia sopravvissuta dell'artista, negli anni '60 con in mano la fotografia del padre.

In tutta la sua follia ( vera o costruita?) Patton scrisse testi che fecero storia.

Accanto alle commercialissime canzoni d’ amore commissionate dalla Paramount al solo scopo di vendere dischi, troviamo brani crudi e suggestivi che ci parlano di emigrazione (Pony Blues), di carcere (High Sheriff Blues), e di vita (Oh,Death! ).

Era un cantore delle piaghe sociali spesso volutamente sottovalutato e ostracizzato, proprio perché poneva l’accento sulle mancanze del Governo.

Ma imbavagliarlo non era facile. Se gli si poneva un veto Patton faceva di tutto per abbatterlo e, quando proprio non gli era possibile, egli partiva lasciando a metà delle sessioni di registrazione, facendo perdere le sue tracce per mesi. Aveva uno stile chitarristico molto particolare, ruvido e duro, e utilizzava spesso lo slide che con lui raggiunse vette liriche ed espressive fino ad allora impensate. Benché non sia stato l’ inventore del Delta Blues, tuttavia ne fu il più grande interprete e l’appellativo ”Padre del Blues” gli rende giustizia. Dopo di lui, a parte l’influenza che BLIND LEMMON JEFFERSON esercitava sui musicisti dello steso periodo, TUTTI GLI ALTRI venuti dopo (e questo mi attirerà le ire di moltissimi estimatori) son stati ESECUTORI VIRTUOSI, Robert Johnson compreso. Ognuno dei grandi Bluesmen, chi più chi meno, attingerà alla grande scuola di Patton, apportandovi modifiche personali che non incideranno mai sulla STRUTTURA del Delta Blues, anche se meravigliose e appassionate. Qualche critico ha addirittura considerato Patton come il Primo Rock and Roller della storia…ma questo, francamente, non posso sottoscriverlo


Inondazione del Mississippi del 1935. Patton si ispirava a scene di vita vere nelle sue canzoni, e parla di una delle tante esondazioni del fiume proprio In HIGH WATER BLUES. Inondazione del Mississippi del 1935. Patton si ispirava a scene di vita vere nelle sue canzoni,e parla di una delle tante esondazioni del fiume proprio In HIGH WATER BLUES.

Uno dei più grandi musicologi del settore, ROBERT PALMER, lo descrive come un ”jack-of-all-trades bluesman”, cioè un tuttofare della musica, capace di suonare con la stessa maestria il Blues quanto le ballate folk, l’Hillibilly e tutto ciò che era in circolazione nel periodo, senza fare distinzioni tra musica White o Black. Oltretutto Patton era un grande imprenditore di se stesso, in grado di abbinare senza sforzo l'Arte con il denaro arricchendosi smisuratamente, il che non fece che gonfiare la sua fama oscura. (Tutto ciò che lui tocca diventa oro.) Troppo bravo, troppo capace, troppo furbo e troppo ”perduto” per non essere stato toccato dal Maligno! Possiamo definire il suo personaggio come la prima grande Rock Star che si ricordi: a differenza degli altri Bluesmen tutte le sue esibizioni erano studiate e progettate a tavolino, organizzate fin nei minimi dettagli e sempre in pompa magna, nei locali di lusso quanto nelle bettole. Amava intrattenere il pubblico con la sua voce rumorosa e le sue porcate da bordello, e resisteva a qualsiasi fatica bevendo, fumando e litigando con tutti. Malgrado la protezione della Paramount finì in galera almeno un paio di volte, per rissa e lesioni nonché per vilipendio alle forze dell’ Ordine, e ogni volta ficcava le esperienze personali nelle proprie canzoni. Questa è la sua ingente discografia, realizzata in poco più di cinque anni:

Mississippi Boweavil Blues

Screamin’ and Hollerin’ The Blues

Down The Dirt Road Blues

Banty Rooster Blues

Pea Vine Blues

It Won’t Be Long

Tom Rushen Blues

A Spoonful Blues

“Shake It And Break It (But Don’t Let It Fall Mama)”

“Prayer Of Death Part 1 & 2”

“Lord I’m Discouraged”

“I’m Goin’ Home”

1929, Grafton

“Going To Move To Alabama”

“Elder Greene Blues”

“Circle Round The Moon”

“Devil Sent The Rain Blues”

“Mean Black Cat Blues”

“Frankie And Albert”

“Some These Days I’ll Be Gone”

“Green River Blues”

“Hammer Blues”

“Magnolia Blues”

“When Your Way Gets Darl”

“Heart Like Railroad Street”

“Some Happy Day”

“You’re Gonna Need Somebody When You Die”

“Jim Lee Blues Part 1”

“Jim Lee Blues Part 2”

“High Water Everywhere Part 1”

“High Water Everywhere Part 2”

“Jesus Is A Dying-Bed Maker”

“I Shall Not Be Moved”

“Rattlesnake Blues”

“Running Wild Blues”

“Joe Kirby”

“Mean Black Moan”

“Farrell Blues”

“Come Back Corrina”

“Tell Me Man Blues”

“Be True Be True Blues”

1930, Grafton

“Dry Well Blues”

“Some Summer Day ”

“Moon Going Down”

“Bird Nest Bound”

1934, New York City

“Jersey Bull Blues”

“High Sheriff Blues”

“Stone Pony Blues”

“34 Blues”

“Love My Stuff”

“Revenue Man Blues”

“Oh Death”

“Troubled ‘Bout My Mother”

“Poor Me”

“Hang It On The Wall”

“Yellow Bee”

“Mind Reader Blues”

La sua morte, avvenuta il 28 aprile 1934, resta ancora avvolta dal mistero.

Se ne conoscono molte versioni, alcune delle quali ci parlano di infarto, altre addirittura che ”fosse stato colpito da un fulmine”, cosa del resto molto in linea con il suo personaggio.

In realtà fu una morte sicuramente ”provvidenziale” per la Paramount, che aveva investito moltissimo nella sua figura Dark e nelle sue canzoni oscure. Sembrava infatti che negli ultimi tempi Patton, oppresso dalle conseguenze nefaste di una sifilide contratta in gioventù, si fosse in certo senso redento e avesse iniziato a frequentare la Chiesa di Re Salomone, molto amata dagli Afro-Americani del periodo. Qui egli sembrava felice di cantare salmi e addirittura predicava ai confratelli. Sembra anzi che si era messo in testa ( lo dice sempre SON HOUSE ) di scrivere un album Gospel, genere tra l’altro che cantava piacevolmente anche in gioventù. Una sua nipote presente al capezzale di un Patton malato MA NON MORENTE afferma di averlo sentito ripetere in modo ossessivo diversi capitoli della Rivelazione, sermoni della Bibbia. E qui inizia il vero mistero sulla sua morte, con versioni, personaggi e date che non collimano tra loro.

Cercherò di riassumere in breve.


Certificato di morte di Charlie Patton

Versione Ufficiale: Infarto dovuto a un difetto congenito della valvola mitralica. Una conseguenza molto frequente della sifilide, per cui sembrerebbe tutto a posto. Eppure il vizio della mitrale era facilmente riconoscibile anche a quei tempi mediante una semplice auscultazione: come mai il suo medico curante, imposto peraltro dalla sua casa discografica, NON SE NE ERA MAI ACCORTO? Come mai non gli furono somministrati i farmaci atti a contrastare un eventuale prolasso? E soprattutto…se il difetto era così grave da condurlo alla morte, COME MAI NON GLI FU PROIBITO di lavorare fino alla fine? Inoltre il mezzadro JIM EDWARDS, suo amico d’infanzia, riferisce che la veglia funebre si svolse a Longswitch vicino a Leland. Tuttavia nel certificato di morte si parla di Sunflower Count come luogo del decesso. Ancora più strano è il fatto che Charlie non abitasse in nessuno di questi due posti bensì al 350 di Heatman Street in Indianola, dove conviveva con la sua ultima amante BERTHA LEE, che tuttavia non viene mai menzionata come presente al fatto. Si registra invece come testimone oculare della morte di Patton tale WILLIE CALVIN, altro personaggio misterioso ignoto a chiunque frequentasse Patton, amici e parenti compresi. CHI ERA COSTUI? E perché citarlo nel certificato di morte a dispetto di testimonianze più autorevoli come quella della convivente o dei parenti stretti?

Seconda versione: colpito da un fulmine. Lo riferisce HAYES McCULLAN, amicissimo di WILLIE BROWN e dello stesso Patton. In realtà alcuni parlarono di infarto o comunque di una morte improvvisa. Non ci sono ulteriori testimonianze su questa versione, che scarterei. Terza versione: parotite. Lo sostiene SON HOUSE, che disse di aver ricevuto un telegramma da Bertha Lee in cui veniva avvertito della sua morte. Stranissimo visto che la parotite, anche se trascurata, ha dei tempi abbastanza lunghi di azione. Visto lo stretto rapporto tra i due amici E’ IMMAGINABILE che Son House fosse rimasto a casa sua o anche in tournèe senza correre al capezzale dell’ amico? Inoltre vari dati rendono sospetta questa morte. Il medico (che NON viene nominato e la cui firma appare illeggibile) che aveva in cura Patton specifica che l’agonia di Patton durò…92 giorni. Ma esistono anche altre testimonianze scritte dallo stesso medico in cui la durata della malattia scende a ..13 giorni. Come mai queste incongruenze? E comunque…Patton NON FU MAI trasportato in ospedale. 13 o 92 giorni che siano NON si trattò di una morte rapida. E allora COSA FECERO TUTTI in quel lasso di tempo in cui Patton moriva? Ancora più interessante è che, malgrado Bertha Lee abbia spergiurato che Patton sia morto tra le sue braccia, si fa menzione a una certa MINNIE FRANKLIN WASHINGTON come sua ultima moglie, la quale viene anche indicata nel certificato di morte dell’artista. Considerando i trascorsi di Patton non ci stupirebbe che fosse una ennesima consorte occasionale. Tuttavia il certificato di matrimonio dei due NON E’ MAI stato trovato. E volete l’ ultima ciliegina sulla torta? Si sussurra che l’oscuro Willie Calvin di cui sopra fosse in realtà…una DONNA, ultima amante di Patton e l’ UNICA PERSONA (cosa invece sicurissima) che informò le Autorità della morte dell’artista. Si, ma …a distanza di 24 ore precise dal decesso. C’è da chiedersi COME MAI questo ritardo e COSA STESSE FACENDO in quelle stesse ore il medico che firmò il certificato di morte! Probabilmente non sapremo mai come realmente andarono le cose... e in fondo ogni grande artista porta con sé nella tomba un alone di mistero. Purtroppo devo aggiungere con amarezza che la morte di Charlie Patton passò quasi in sordina in un mondo trasformato per sempre dalla sua musica. NIENTE annunci ufficiali, NIENTE cortei funebri e NESSUNA commemorazione pubblica. Neanche i giornali ne parlarono. Soprattutto….NESSUNA LAPIDE. Charlie Patton finì all’ossario comune di Holly Ridge. Solo nel 1990 il musicista JOHN FOGERTY dei CREEDENCE CLEARWATER depose una pietra tombale nel punto in cui il vecchio guardiano del cimitero, tale C. HOWARD, ricordava di avere seppellito l’artista. La grafia del nome Patton e l’epitaffio furono invece coniati da Jim O’ Neal. E questo fu tutto. E SLOAN…che fine fece? Pare che morì, settantenne, nel marzo del 1948 in Arkansas…ma anche qui NON esiste la certezza assoluta che i due Sloan siano la stessa persona. Come in ogni buona leggenda Blues su questa ultima vicenda è impossibile scrivere la parola FINE.


Lapide dell’artista

Anima Nera Anima Bianca

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