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Guarino a Costantinopoli. (1403-1408)

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21. E qui comincia la vita nuova di Guarino. Egli forse trovavasi a Venezia quando vi arrivarono contemporaneamente l'imperatore dal suo viaggio diplomatico e il Crisolora da Pavia. Si accompagnò dunque al Crisolora e con esso salpò da Venezia per Costantinopoli.

22. Le spese del viaggio le pagò a Guarino Paolo Zane, se pure non se lo prese egli con sè, perchè lo Zane aveva per conto proprio e per conto della repubblica veneta continue occasioni di andare in Grecia. Arrivato a Costantinopoli, Guarino fu ospitato in casa dello stesso Crisolora, dove egli servì come domestico, mancandogli certamente il danaro per pagare la pensione. E non ebbe a pentirsene, poichè così trattando anche con la gente bassa potè formar meglio l'orecchio alla lingua greca.

23. Due erano in quel tempo i Crisolora a Costantinopoli: Manuele e Giovanni, quello zio, questo nipote. Tutti e due furono maestri di Guarino. La famiglia dei Crisolora era nobilissima e imparentata con la dinastia dei Paleologi allora regnante. Per mezzo del Crisolora fu Guarino introdotto nella famiglia imperiale, dove trovò cortese accoglienza e fu preso a ben volere, specialmente da Giovanni, figlio dell'imperatore ed erede al trono. Gli venne anzi offerta dall'imperatore una posizione stabile a Costantinopoli, che egli però rifiutò.

24. La casa del Crisolora era in un amenissimo sito e Guarino ricorda con affetto i cipressi e l'orto pensile, dove andava spesso a studiare. Grande ammirazione poi destò in lui «la città regale coi suoi due mari, coi suoi sontuosi edifici, coi suoi monumenti d'arte;» e molto diletto prendeva nel sentire dalle bocche dei bambini e delle popolane uscire tanto fresca ancora e così grammaticalmente conservata la lingua di Demostene e di Senofonte, egli che nel suo volgare italiano non aveva riconosciuto più nessuna traccia dell'antica struttura grammaticale latina.

25. Manuele Crisolora andava e veniva spesso da Costantinopoli a Venezia per commissioni dell'imperatore; in quelle assenze Guarino frequentava la scuola del nipote di lui Giovanni. I primi anni del soggiorno di Costantinopoli furono da Guarino dedicati interamente allo studio; ma poi dovette pensare anche al proprio sostentamento e fu allora che si mise ai servizi del suo protettore Paolo Zane. E infatti in un documento del 1406 incontriamo Guarino con la qualità di notaio e cancelliere dello Zane. In quel tempo ottenne pure una magistratura a Scio. È ovvio supporre che Scio, sotto lo giurisdizione di Venezia, fosse in uno di quegli anni governata dallo Zane e che Guarino lo seguisse come segretario.

26. Frutto degli studi di Guarino in Costantinopoli furono alcune epistole in verso e in prosa e qualche traduzione dal greco 9 come la Vita di Alessandro di Plutarco e la Calunnia di Luciano. La Calunnia fu da lui mandata da Costantinopoli al patrizio veneziano Giovanni Quirini. Tra le famiglie veneziane con cui era in intima relazione va ricordata quella dei Barbaro, che ebbe poi tanta parte nelle vicende della sua vita. Prima di partire per Costantinopoli aveva conosciuto i fratelli Zaccaria e Francesco, quest'ultimo fanciulletto ancora e che fu più tardi uno dei suoi più illustri scolari. Nel 1408 Francesco aveva manifestato il desiderio di percorrere la via degli studi; era da poco venuto a Padova Gasparino Barzizza, il Nestore dei maestri di quel tempo, e il Barbaro si preparava a frequentare la sua scuola. In Venezia però, dove si aveva più fiducia nel traffico che nella letteratura, il Barbaro veniva censurato, anzi beffato della sua risoluzione. Egli si difendeva mettendo innanzi l'esempio di Guarino e a lui scrisse dimandandogli un consiglio.

27. Guarino gli rispose incoraggiandolo a secondare imperterrito la propria vocazione e a non curarsi dei sarcasmi della gente profana e dedita all'interesse materiale: «essere le ricchezze un possesso labile, sola la cultura non andar soggetta a perdersi; che il solo vero bene è la virtù e che il sapiente è il re dell'universo». La lettera è infiorata di citazioni da Cicerone, Vergilio, Ovidio, Esiodo, Plutarco. Nello stile molto impacciato si nota un abuso di metafore. La conclusione è che egli anela il momento di abbracciare e baciare il suo Francesco e che tra poco tornerà sano e salvo, ma con la borsa vuota: spera in lui e negli amici per trovare una occupazione da campar la vita.

28. Nel 1408 dunque Guarino tornò da Costantinopoli. Ma la trovò l'occupazione desiderata? Forse egli contava di trovarla in Venezia, ma s'ingannò. Qualche mese si sarà ivi fermato e non più; nel 1409 egli era in Verona sua patria, dove recitò il discorso di congedo per il podestà Zaccaria Trevisan. Però nemmeno a Verona si poté collocare; e allora tentò una nuova via: andò a Bologna. A Bologna risiedeva la curia pontificia: chissà che non l'attendesse colà la sua fortuna? Vi arrivò nel febbraio del 1410.

29. Vi arrivò in compagnia di due greci: Demetrio e Giovanni. Demetrio è quel Cidonio, che accompagnò sempre il Crisolora e che forse il Crisolora nel partire il 1408 per la Francia aveva lasciato a Venezia, con l'ordine di attenderlo colà o altrove. Chi fosse Giovanni, il cavaliere greco, non so: pare che dovesse portar dei libri e invece non portò che le sue vesti alla foggia greca, bizzarre, da quanto sembra, e che eccitavano l'ilarità nella moltitudine e nella curia.

30. La curia raccoglieva in quel tempo i migliori elementi della classe letterata d'Italia. Non vi si trovavano più i tre Veneti Zaccaria Trevisan, Marino Caravello e Pietro Miani, ma c'erano il Rustici e Bartolomeo da Montepulciano. C'era Bartolomeo della Capra, cremonese, vescovo allora della sua città, poi di Pavia e da ultimo arcivescovo di Milano, buono scopritore di codici; c'era Antonio Loschi, già famoso umanista; c'era lo Zabarella, arcivescovo e poi cardinale di Firenze, valente maestro e cultore di filosofia. Ma i due più belli ornamenti della curia erano certo il Poggio, sempre sbadato e distratto, a cui gli ozi di Costanza riserbavano così splendida fama, e il Bruni, che sino allora aveva sviluppata la sua operosità specialmente nella filosofia e nelle traduzioni dal greco.

31. In mezzo a questa gaia e colta società entra, novello ancora, Guarino, quantunque non per tutti novello; qualcuno era sua vecchia conoscenza dei tempi che era stato scolaro in Padova, come lo Zabarella. E poi lo precedeva una valida raccomandazione, l'essere stato alunno del Crisolora in Costantinopoli. Al Bruni fece sopra tutti ottima impressione ed egli ce lo presenta senz'altro come giovane dottissimo. Così Guarino potè stringere sin d'allora con gli umanisti della curia quell'amichevole relazione, che crebbe poi negli anni successivi per reciproca stima e scambio di lavoro letterario.

32. Al Bruni venne subito in mente che Guarino sarebbe stato un ottimo acquisto per lo Studio fiorentino e infatti ne scrisse al Niccoli facendogliene la proposta. La proposta fu subito accettata, perchè dopo non molti giorni il Bruni riscriveva al Niccoli annunziandogli prossima la venuta di Guarino a Firenze.

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