Читать книгу Le avventure dei Principi Amir & Akhmed. Il Diaspro rosso e la strega Luthien - Роберто Борзеллино - Страница 7
Capitolo sesto
IL LIBRO DEI RICORDI
ОглавлениеLa grande flotta imperiale era partita per l’isola di Cora già da due settimane. Con la vendita del suo prezioso carico, la rara spezia “Vergara”, gli abitanti dell’isola di Astagatt avrebbero trascorso un anno tranquillo e sereno, almeno economicamente. Ma un cattivo presagio aleggiava nell’aria.
Era una notte senza luna e l’oscurità si era impossessata dell’intera isola, avvolgendola in una stretta morsa. Stranamente anche il vento dell’est aveva ripreso a soffiare con vigore e una pioggia torrenziale tintinnava con forza sui vetri della camera da letto di Amir.
Il rumore della tempesta si faceva sempre più forte e il giovane principe, al lume delle candele, non riusciva a dormire. Se ne stava seduto sul letto, immobile, con le gambe incrociate e con lo sguardo fisso sulla parete. Sperava, in cuor suo, che la Grande Flotta fosse rimasta saldamente ancorata nel porto di Cora.
Le condizioni del vento erano troppo rischiose per tentare di attraversare la “Grande barriera d’acqua”.
Amir provò a liberarsi di tutti i cattivi pensieri.
Si sollevò in piedi sul letto e cominciò a saltellare, sempre più forte e sempre più in alto, fino a quando, con il rumore tipico di legni rotti, il suo enorme letto si accasciò sul pavimento con un grande frastuono. Le due guardie imperiali che, fino a quel momento, avevano sonnecchiato davanti alla sua porta, si precipitarono dentro la stanza con la spada sguainata. Immediatamente si resero conto del falso allarme e trassero un profondo sospiro di sollievo. Videro che il principe Amir, disteso ai piedi del letto, rideva a crepapelle.
“Ciao ragazzi…», s’affrettò ad esclamare, “scusatemi ma… questa notte non riesco proprio a dormire. Non sapevo cosa fare e mi sono messo a saltellare sul letto… era divertente ma… come potete vedere… questo è il risultato”.
“Per farmi perdonare…», continuò il principe, “mi accompagnerete giù nelle cucine dove vi farò gustare le mie buonissime ciambelle con miele e Vergara… Oggi ne ho mangiate tantissime… ma credo di averne lasciate in dispensa ancora abbastanza per soddisfare qualunque improvviso assalto di fame notturna”.
I tre si diressero, con passi decisi, fuori dalla camera da letto.
Il principe indossava ancora il lungo camicione bianco con cui era andato a dormire la sera prima e che gli arrivava fin sulle caviglie. Con il suo metro e ottanta camminava impettito ma stretto in mezzo ai due enormi soldati della guardia imperiale. Questi lo sovrastavano di almeno dieci centimetri, perfetti nelle loro impeccabili uniformi d’ordinanza.
Per arrivare alle cucine bisognava percorrere il corridoio che dava anche sulla grande biblioteca reale. Giunti nei suoi pressi il principe ebbe un sussulto e si fermò di scatto. All’improvviso, dal suo angelico volto sparì quel tenero sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento e, assunto un atteggiamento serio, con tono perentorio, ordinò ai suoi due improbabili compagni d’avventura di aprire la porta della biblioteca.
“Ma noi non abbiamo le chiavi… solo il Capo Bibliotecario può farlo…», i due corazzieri s’affrettarono a replicare, per nulla intimoriti dallo sguardo severo del ragazzo.
“Va bene… allora farò da solo… ma dovete giurarmi di non rivelare a nessuno il mio segreto… nemmeno al re e alla regina quando faranno ritorno ad Astagatt. Quello che state per vedere non sarà mai successo… e adesso giurate sul vostro onore d soldati!”
I due militari si guardarono perplessi ma Amir era pur sempre il loro principe ed il futuro sovrano del regno. Senza perdere altro tempo, uno dopo l’altro, ripeterono ad alta voce: “Lo giuro!”.
Amir s’inginocchiò e, con estrema cautela, spostò un piccolo pezzo di marmo che ornava il bellissimo pavimento del corridoio. Da un piccolo foro, delicatamente, ne estrasse un sacchetto. Quindi, con il tipico atteggiamento di ladro esperto, tirò fuori una chiave d’oro. In pochi istanti aprì l’enorme porta di legno massiccio della biblioteca ed entrò dentro, mentre i due militari furono lasciati fuori di guardia.
L’enorme sala della biblioteca era perfettamente illuminata.
In ogni suo angolo si potevano scorgere centinaia di grandi candele, anche a gruppi di dieci per volta, sistemate con cura nei punti più strategici.
Per evitare il pericolo che potesse scoppiare un incendio erano state raccolte su splendidi lampadari sotto i quali si potevano notare dei grandi vassoi di bronzo che raccoglievano la cera che si fondeva lentamente. Con questo semplice stratagemma nessun libro correva il rischio di essere, anche accidentalmente, colpito dal fuoco. In ogni caso, la sicurezza della biblioteca era garantita da dodici bibliotecari che si alternavano al controllo della sala.
Il capo bibliotecario, “Ermes il greco”, era perfettamente a conoscenza delle intrusioni notturne di Amir in quanto lo aveva sorpreso, più di una volta, a sfogliare con curiosità i volumi che raccontavano la storia dell’arcipelago e dei suoi stessi avi.
Qualche volta se ne era lamentato con lo stesso re Mohammed ma spesso faceva finta di niente purché il principe, dopo la lettura, rimettesse esattamente al loro posto ogni libro consultato.
Ormai erano quasi le due di notte e fuori continuava ad infuriare una tempesta tropicale, con il vento e la pioggia sempre più forti e impetuosi.
Amir, giunto nei pressi della grande finestra della biblioteca provò ad affacciarsi dietro i vetri e, alla tenue luce delle candele, provò a guardare in lontananza cercando di scorgere con lo sguardo l’arrivo della flotta. Ma la notte era troppo intensa e scura e rinunciò immediatamente all’impresa, lasciandosi cadere sulla prima sedia capitatagli a tiro. Non aveva dormito per quasi due giorni e due notti e adesso la stanchezza e il sonno stavano prendendo il sopravvento.
In quello stesso momento si accorse del forte brusio di voci eccitate che proveniva dall’entrata della biblioteca.
Dalle tipiche imprecazioni in lingua greca capì che Ermes il Greco aveva scoperto la sua nuova intrusione notturna, ma non potette fare a meno di trattenere una grossa risata immaginando la comica scenetta che si stava svolgendo lì fuori, in corridoio.
Era giunto il momento di tornarsene nella sua camera da letto per farsi una bella dormita rigeneratrice. Non fece in tempo a concludere questo pensiero che una fortissima folata di vento gelido spalancò violentemente l’enorme finestra della biblioteca, sparpagliando sul pavimento tutti i fogli che si trovavano sul tavolo.
Con prontezza, Amir riuscì a richiuderla e si mise subito a raccogliere tutti quei fogli sparsi sul pavimento, anche per evitare che Ermes potesse accusarlo al re di aver distrutto chissà quale antico manoscritto.
In pochissimo tempo li recuperò quasi tutti, tranne un foglio che proprio non voleva saperne di essere catturato. Si era nascosto nell’angolo più remoto della biblioteca, infilato sotto un battiscopa per quasi tutta la sua lunghezza.
Amir gli si avvicinò sospettoso.
Quindi, provò a tirare verso di sé il piccolo lembo di foglio che era rimasto fuori dal suo strano nascondiglio.
Immediatamente sentì lo scatto di un meccanismo metallico.
Con stupore, vide una parte del battiscopa aprirsi lentamente verso l’esterno e, senza pensarci due volte, infilò la mano destra in quell’angusto spazio. Al tatto delle sue dita gli sembrò di aver trovato un grosso libro rilegato in pelle. Lo afferrò con forza ma lo estrasse delicatamente.
Istintivamente, capì di aver fatto una scoperta sensazionale e il titolo, scritto con caratteri cubitali in oro, non ammetteva equivoci.
Aveva trovato il leggendario “Libro dei ricordi”.
Il Libro dei Ricordi
Nel frattempo, Ermes il greco era riuscito a superare l’ostinata opposizione delle due guardie all’entrata ed aveva fatto irruzione all’interno della sala. In quello stesso istante la finestra della biblioteca si riaprì violentemente con un grande rumore di vetri rotti. Amir approfittò della confusione e rapidamente si diresse verso l’uscita e da lì alla sua camera da letto. La prima cosa che fece fu quella di nascondere il libro in un posto sicuro e segreto. Si sentiva stanchissimo e troppo assonnato per iniziare a leggerlo ma promise a sé stesso che, il mattino seguente, avrebbe iniziato a sfogliarlo senza perdere altro tempo prezioso.
Alle prime luci dell’alba il principe era già sveglio. Eccitato si rimise in piedi e tirò fuori, da sotto il materasso, il “Libro dei ricordi”.
Ne accarezzò delicatamente la copertina, realizzata con una pregiata pelle di colore marrone scuro e intarsiata con diverse incisioni. C’erano anche diversi disegni ma riuscì a distinguerne solo alcuni.
Riconobbe l’isola di Astagatt, la montagna dove viveva la strega Luthien e la pericolosa foresta degli inganni, ma non seppe dare una spiegazione al gioiello dalla forma strana che vedeva inciso, per la prima volta, su di un libro.
Sapeva di avere tra le mani il libro più antico del mondo. Era stato scritto dal misterioso mago Sekmet, di cui tutti parlavano ma che solo pochi eletti avevano avuto il privilegio di vederlo nella sua vera essenza. Amir sperava che, un giorno non lontano, anche lui avrebbe fatto parte di quel ristretto gruppo di “illuminati”.
Si fece coraggio ed iniziò a leggere.
La prima pagina del libro esordiva con un terribile avvertimento: “Solo i membri della famiglia reale hanno il diritto di consultare queste pagine. Su tutti gli altri… indegni e usurpatori… cadrà la mia tremenda vendetta”.
Il principe rimase per due giorni chiuso nella sua stanza, insensibile alle richieste del personale di servizio che, al di là della porta chiusa a chiave, lo invitavano a fare colazione, poi a pranzare e, infine, a cenare. Ma Amir aveva dato disposizioni ben precise al capo della sua scorta personale: nessuno poteva entrare nella sua stanza senza un suo preciso ordine.
Grazie al “Libro dei ricordi” scoprì la sua vera origine.
I suoi ascendenti erano arrivati sull’isola di Astagatt centinaia di anni prima, provenienti da una terra ormai perduta.
Quel vecchio mondo non esisteva più.
A causa di un terrificante e misterioso evento naturale, di cui però il libro non dava alcuna spiegazione, la terra si era trasformata in un’enorme palla d’acqua salata. Solo l’isola di Astagatt e poche altre terre emerse erano sopravvissute al cataclisma.
Molti popoli erano scomparsi, ma molti altri si erano salvati approdando con mezzi di fortuna su ogni isola dell’arcipelago. Nonostante avessero conservato la propria antica lingua, la cultura e le tradizioni, era andata perduta tutta la tecnologia precedentemente acquisita dall’umanità.
Grazie all’intervento del mago Sekmet, quell’iniziale babele di popoli diversi era stata trasformata e modellata come si fa con una scultura di cera.
Per prima cosa, stabilì delle precise regole di convivenza e donò a tutti i popoli una lingua universale, in modo che potessero capirsi l’un l’altro senza malintesi.
Ogni isola fu libera di dotarsi del sistema di governo ritenuto più opportuno e conveniente da parte dei loro cittadini. Alcune popolazioni europee mantennero un regime sostanzialmente democratico, con un parlamento e un presidente eletto direttamente dal popolo, come sull’Isola della Torre Bianca. Altre, tra cui le stesse Astagatt e, parzialmente, l’isola di Cora, scelsero un sistema più complesso, realizzando un mix tra monarchia e califfato che tenesse in perfetto equilibrio le varie etnie presenti sulle rispettive isole.
Grazie al mago Sekmet, nonostante un coacervo di razze e culture diverse, dopo oltre mille anni non era scoppiata nemmeno una guerra o una piccola rivoluzione.
Nell’arcipelago tutti vivevano pacificamente.
Per evitare che in futuro potessero sorgere problemi di convivenza tra i diversi popoli, il mago Sekmet bandì per sempre ogni forma di religione monoteista. Favorì, invece, la diffusione del politeismo e la cosiddetta “magia bianca”, ma solo se a praticarla fossero stati sacerdoti o sacerdotesse esperte. Al contrario, veniva punito con la morte, mediante il rogo, chiunque fosse stato scoperto a praticare rituali di “magia nera”.
Nel Libro dei ricordi si parlava anche della strega Luthien, ma la sua storia era completamente diversa da come gli era stata raccontata dai suoi precettori.
La strega, quand’era bambina, aveva abbracciato “lo spirito della luce”. Aveva usato i suoi grandi poteri solo per fare del bene.
Di queste pratiche di magia bianca avevano tratto grande giovamento tutti gli abitanti dell’isola di Cora, dove Luthien aveva vissuto per molti anni, insieme a tutta la sua particolare e numerosa famiglia.
Purtroppo, il libro non spiegava il motivo per cui, improvvisamente, la strega aveva subito un radicale cambiamento e si era trasformata “nell’l’angelo del male”.
Giunto all’ultima pagina Amir lesse la famosa profezia e immaginò di essere lui l’eletto. Nel libro si descriveva fin nei minimi particolari il Diaspro rosso, di cui lui non aveva mia sentito parlare prima. Adesso il mistero più grande da risolvere era trovare questo talismano.
Ma dove cercarlo?
Istintivamente, iniziò a ripetere sempre la stessa frase.
“Una tragedia sfiorata… un talismano. Una tragedia sfiorata… un talismano…”.
All’improvviso ebbe un sussulto, come se fosse riuscito a risolvere quell’intricato e misterioso enigma.
“Ci sono… ci sono…», iniziò ad urlare a voce alta, “come sono stato stupido a non averci pensato prima. La tragedia sfiorata in mare con mio fratello Akhmed… è quello il posto… e lì che si trova il potente talismano… il Diaspro rosso. Io l’ho visto… io l’ho visto!! Domani mattina presto uscirò in mare e cercherò nelle profondità degli abissi… così come recita la profezia”.