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IV.

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— Avanti, avanti! — gridava Don Placido, nella notte, precedendo le due donne lungo la strada della ferrovia — Fra cinque minuti avremo addosso tutta l'acqua del santissimo cielo! Corpo di Cristo! Con una serataccia come questa!...

E a gran passi veloci l'ombra sua nera fuggiva lungo i muri. Le donne lo seguivano, tenendosi per mano, chiuse nei loro scialli doppii, inciampando di tratto in tratto, ove era più profonda l'oscurità. Così passarono per via «Gran Quartiere», davanti alla villa Ferdinandea, le cui statue impallidivano confusamente davanti al teatro. Erano alle porte della città. Sotto l'androne alcune guardie di finanza si scaldavano a una gran fiammata di fascine, e quella di piantone alla porta cantava, con le mani in saccoccia, addossata allo stipite.

— Salute! — fece Don Placido.

— Salute e bene! — rispose la guardia.

E come, a un tempo, gli fuggivan davanti le donne gridò, ridendo, a Don Placido, già lontano:

— Ferma! V'è contrabbando!

Ora le loro tre ombre erano sul ponte delle fortificazioni: l'acciottolato crepitava sotto gli stivaloni di Don Placido. Più in là i fossati nereggiavano, lateralmente, e vi s'intravedevano paurose profondità. Un'ombra uguale era scesa sulla vallata, alla quale le donne avventavano, di volta in volta, lo sguardo. In un desolato silenzio la campagna pareva conscia e lagrimante della sorte.

— Avanti! Siamo giunti! — gridò ancora Don Placido — Io vado avanti pei biglietti. Terza classe! Passate per l'ultima porta a destra e aspettatemi sul marciapiedi!...

Bruscamente la fabbrica della stazione appariva. Letizia si volse. Tutto era scomparso nella notte, dietro di lei: la città, i bastioni, la campagna medesima, ove nessun lume brillava più. Tutto dunque finiva. Stese le braccia, perdutamente, verso Capua e singhiozzò, disperata:

— Addio! Addio! Addio!....

Si sentì trascinare. La bionda l'avea quasi sollevata per la vita, e le mormorava qualcosa ch'ella non udì. Si vide, a un tratto, sul marciapiedi della stazione, d'avanti al treno nero, interminabile. Vide ancora l'orribile lor conduttore aggirarsi frettoloso pel marciapiedi, udì grida confuse e una voce più chiara, tra lo sbattere degli sportelli, urlare:

— In vettura! In vettura!

E d'un subito uno sportello si spalancò. Salì per la prima la bionda e stese le braccia. Afferrò Letizia, la sollevò quasi di peso e la trasse dentro.

Un'altra bestemmia di Don Placido accompagnò l'atto. E a un tempo, mentre lo sportello si chiudeva, il treno partì, con una scossa che gettò l'una addosso all'altra le due sciagurate.

— Dove siamo? — mormorò Letizia, cui man mano tornavano i sensi e la coscienza delle cose.

Marta la cingeva con le braccia, la teneva stretta al seno, come una bambina. Lo scompartimento era quasi deserto: alcuni fattori fumavano, più in là, sull'opposto sedile, e parlavano di derrate, a voce alta. La pioggia scrosciava a' vetri dei finestrini.

— Arriviamo — le susurrò Marta — Fatti coraggio...

Le si strinse più da presso. Soggiunse, sottovoce, rapidamente:

— Ora ascolta. Napoli io non la conosco. Ma mi hanno detto che è una immensa città, terribile città, piena di pericoli sconosciuti, una città ove la gente si perde e non si ritrova mai più... M'ascolti tu, Letizia?...

Ella assentì, col capo reclinato sul petto di Marta che le parlava all'orecchio, pianissimo.

Marta disse ancora:

— Lo stesso uomo ci ha perdute, ma tu non m'odii e io non t'odio. Siamo come due che si son conosciute da un pezzo e si amano. Tu ora mi vuoi bene, lo so, lo sento, e tu sai che io ti voglio bene.... Non è vero?....

La sua voce s'inteneriva sempre più, maternamente. Palpitavano tutte e due, i loro cuori battevano forte. E seguitava fra tanto, a scrosciar la pioggia contro i vetri e i fattori parlavano più alto, per intendersi. Il lume dello scompartimento vagolava.

— Io non ti lascerò mai! — disse ancora la bionda. E in quel patto supremo cercò le mani di Letizia e le strinse — Mai, mai! E tu giurami che non mi lascerai mai, che resterai sempre con me, che m'aiuterai come io t'aiuterò, che mi difenderai come io ti difenderò. Giurami questo, Letizia! Noi siamo due abbandonate e l'una ha bisogno dell'altra. Se ci disperdiamo, a Napoli, siamo perdute.... Letizia, Letizia!... Giura questo a Marta tua, a tua sorella, Letizia! Or io son tua sorella.... Tu non mi lascerai mai, non è vero?....

Letizia le afferrò la testa fra le mani e la baciò, singhiozzando:

— Mai! Mai!.. Mai!..

Il treno entrava sotto la tettoia e passava sugli scambii con un fragore assordante. I fattori si levarono e agguantarono in fretta le loro valigie. Una voce, due, tre gridarono nell'oscurità:

— Napoli! Napoli! Napoli!

Marta scese per la prima e aperse le braccia a Letizia, che quasi vi si gettò. A un tempo s'apersero gli sportelli di tutte le vetture e queste vomitarono sul marciapiedi ondate di soldati. Il 28º reggimento di artiglieria, il reggimento del furiere, era partito per Napoli da Capua, con loro, non visto. Il treno interminabile n'era pieno fino all'ultime carrozze, e ora, mentre i primi ranghi si formavano agli urli degli ufficiali sotto la gran tettoia luminosa, confusamente lampeggiavano altre armi nel lontano, in coda al treno.

— Vieni — disse Marta, trascinando la compagna.

Sorpassarono i cancelli, e per un momento s'arrestarono, ignare e indecise, sotto le arcate della stazione, all'uscita sulla piazza.

Era quasi la mezzanotte. La pioggia sferzava il selciato con estrema violenza: migliaia di lumi, alti, bassi, ora bianchicci, ora rossastri occhieggiavano nella vasta piazza e nelle vie circostanti ove le case, abbattute a mezzo, pel Rettifilo, apparivano come dissolventisi in quella furia d'uragano.

Come le due donne, attonite, incerte scendevano dal marciapiedi l'onda dei soldati, che le aveva rincorse, fu sopra di loro e le separò. Tutto il reggimento passò, fuggendo, sotto la pioggia, e un battaglione, che se ne staccava, ricacciò Letizia fino ai giardini, dalla parte del Vasto. Gli altri presero pel «Corso Garibaldi» e presto scomparvero.

Letizia sbarrò nella oscurità i suoi grandi occhi pieni d'orrore.

Urlò:

— Marta! Marta!

Nessuno le rispose. Ella si sentì mancare. S'addossò a un fanale. Ripetette con un grido più acuto, con uno sforzo supremo:

— Marta! Marta!

Nessuno, nessuno! Or ella era a fronte dell'ignoto, nella misteriosa notte del suo destino: sola.

Nella vita

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