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CAPITOLO DUE

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Bryn strinse un braccio attorno alle spalle di Keira, mentre la minore delle due sorelle singhiozzava amaramente.

“Hai fatto la cosa giusta,” la consolò Bryn. “Lo so che subito non ti sembrerà così, ma fidati di me. Ti stavi facendo coinvolgere troppo. Hai ventotto anni, Keira, non è il momento di accasarsi.”

Le sue parole non le furono di gran conforto. Come faceva Bryn a saperlo? La sua vita era stata segnata da una serie di relazioni disastrose. Non aveva idea del tipo di amore che Keira e Shane avevano trovato, e che adesso avevano perduto per sempre. I singhiozzi le squassarono tutto il corpo.

“Dai,” continuò Bryn, “Andiamo a prendere un caffè. Io chiamo la mamma. Lo sai quanto è brava con queste cose.”

Keira non avrebbe potuto essere più in disaccordo. Sua madre, a differenza di Bryn, sembrava aver fretta di vederla sistemata e con dei figli. Le aveva persino detto che non aveva molto senso che lei mettesse tutta quell’energia nella sua carriera, dato che tanto vi avrebbe rinunciato di lì a qualche anno per cominciare a sfornare bambini.

Scosse la testa. “Non posso, devo andare a lavoro.”

Bryn fece una smorfia. “Tesoro, sei un disastro. Non ti vorranno in questo stato. Così non sei utile a nessuno.”

“Grazie,” borbottò Keira. “Ma non posso non andare. È il primo giorno dopo le ferie. Ho una nuova posizione importante. Elliot sarà in ufficio e si aspetterà che faccia del mio meglio.”

Mentre spiegava le sue ragioni, Bryn si allungò e le sfilò il telefono dalle mani.

“Ehi!” protestò Keira.

Bryn pigiò alcuni pulsanti e poi riappoggiò trionfante il cellulare sul tavolino da caffè. “Fatto.”

“Cosa?” gridò lei, inorridita, riprendendolo subito. “Hai richiesto un giorno di malattia per me? Non ho mai preso un giorno di malattia! Non sei per niente professionale, non riesco a credere che tu lo abbia fatto.”

Ma quando controllò gli ultimi messaggi del telefono, scoprì che Bryn non aveva contattato il suo ufficio, bensì Nina, l’amica di Keira ed editrice della rivista. Lesse il messaggio che le aveva mandato.

Shane mi ha mollato. La mia vita è finita. Aiuto.

Keira fece una smorfia poco felice, e lanciò un’occhiataccia alla sorella. Bryn si limitò a scrollare le spalle con insolenza. Un secondo più tardi, il cellulare di Keira vibrò con l’arrivo della risposta di Nina.

Andrà tutto bene. Dirò a Elliot che faremo una riunione fuori dall’ufficio. Un caffè alle dieci?

L’espressione di Keira si addolcì. Forse Bryn non era del tutto deleteria.

“Nina viene a trovarmi,” disse, mettendo via il telefono. “Adesso sei contenta?”

“Sì,” rispose Bryn. “Ora devo solo dire al mio capo che oggi non vado a lavoro.”

“Non sei costretta a farlo.”

“Oh, ti prego, ogni scusa è buona,” ribadì Bryn.

Keira si arrese. A volte discutere con sua sorella era inutile. Anche se non era la persona migliore con cui sfogarsi, era brava a mettersi al primo posto e occasionalmente quell’abitudine giocava a favore degli altri.

Qualche tempo più tardi le sorelle uscirono insieme dall’appartamento avvolte in caldi indumenti autunnali, e si avviarono in strada fino al bar in cui avevano deciso di incontrare Nina. Era ancora molto presto. Quando arrivarono, il locale aveva appena aperto per la giornata. Furono le prime a entrare.

Bryn ordinò cappuccini e muffin dietetici per entrambe e guidò Keira fino al morbido divano in pelle. Un momento più tardi entrò anche Nina.

“Keira,” esclamò, con espressione addolorata.

Si accomodò e abbracciò stretta l’amica, dandole subito conforto. Forse dopo tutto saltare il lavoro era stata una buona idea, anche se si fece un appunto mentale di non prendere quell’abitudine. Non era assolutamente professionale, anche se Bryn e Nina non sembravano pensarlo. Ma tanto con ogni probabilità non le sarebbe mai più capitato, dato che stava per iniziare una vita di celibato e quindi non avrebbe avuto altre occasioni di prendersi un giorno per curare il proprio cuore ferito…

“Dio, non riesco a credere che Shane sia stato tanto stronzo,” iniziò Nina.

Keira scosse la testa. “Non è così.”

L’amica le lanciò un’occhiata impassibile. “Come fa a non essere così? Ti ha fatta innamorare di lui, e poi una settimana prima del vostro ritrovo ti molla?”

“Beh, se la metti così,” disse Keira. “Ma credimi, non è così che è andata. Suo padre si è ammalato. Si è trovato, non lo so, a riconsiderare la nostra situazione.” Si sentì di nuovo sull’orlo delle lacrime. “Per favore, possiamo non parlarne? Non voglio trovarmi a dover difendere l’uomo che mi ha spezzato il cuore.”

Nina si interruppe e sembrò riflettere sulle sue parole. “Forse è stato meglio così,” disse. “In ogni caso presto Elliot ti manderà all’estero per un nuovo incarico. Forse incontrerai un altro uomo. Uno anche meglio Shane.”

“È l’ultima cosa che voglio, adesso,” rispose Keira tristemente, appoggiando con pesantezza il mento su una mano. “Non so cos'altro potrebbe sopportare il mio cuore. Passare direttamente da Zach a Shane, e poi a qualcun altro che magari mi tratterà da schifo? Non credo proprio. Avevo ragione a volermi concentrare solo sulla carriera. Il mio lavoro non mi dirà mai che se le cose fossero state diverse avrebbe anche potuto sposarmi.”

Nina sussultò. “Shane ha detto così?”

Keira annuì, sentendosi più depressa e demoralizzata che mai.

Nina le strinse di nuovo il braccio attorno alle spalle. “Sei giovane. Troppo giovane per sistemarti. C’è un mondo enorme là fuori e tu ne hai visto solo una piccolissima parte.”

“Grazie,” concordò Bryn. “È quello che le ho detto anche io. Ha meno di trent’anni, santo cielo. Aspetta almeno di aver superato la trentina.”

Nina sollevò un sopracciglio. “Facciamo la quarantina,” disse seccamente. “E poi qualche altro anno per buona fortuna. Io non ho alcuna fretta di mettere su famiglia, nonostante quello che dicono i media sul mio orologio biologico.”

“I media?” intervenne scherzosa Keira. “Vuoi dire quelli come noi? Siamo giornaliste dopo tutto. È il nostro lavoro dire alla gente che cosa deve desiderare. Come l’amore,” aggiunse amaramente.

Nina scoppiò a ridere e Keira si sentì un po’ meglio. Lanciò un’occhiata fuori dalla vetrina, verso le strade affollate di New York, piene di gente diretta a lavoro, persone di ritorno a casa dopo feste durate tutta la notte, alcune in abiti costosi, altre con magliette decorate da slogan buffi. Vide moltissime razze e nazionalità, e ogni capigliatura immaginabile. Tutti si affrettavano, lottando contro i venti freddi portati dall’autunno.

Studiandoli, Keira si rese conto di quanto amava la sua città. Non sarebbe mai stata felice di vivere in Irlanda. Shane aveva ragione. Non si sarebbe mai trasferita altrove. Lei era una newyorkese, al cento percento. La città le scorreva praticamente nelle vene.

Riportò la sua attenzione su Nina e Bryn.

“Quindi, come ha preso Elliot la mia assenza dall’ufficio, oggi?” chiese a Nina, più che pronta a cambiare l’argomento di conversazione.

Nina mescolò il suo caffè. “A dir la verità, mi è sembrato un po’ distratto. L’ho sentito nel mezzo di una discussione accesa a telefono l’altra sera, mentre lavoravo fino a tardi. Credo che qualcuno stia cercando di acquistare la rivista.”

Keira sollevò le sopracciglia per la sorpresa. “Ma non può succedere. Elliot non lo farebbe mai. Lui ama il Viatorum. A volte anche troppo.”

Nina si limitò a scrollare le spalle e a prendere un sorso del suo caffè. “A volte non c’entra quanto si ama una cosa. Se una delle maggiori società crea una rivista rivale della nostra, copiandoci il modello ma usando tutte le sue risorse economiche e contatti per promuoversi e sopraffarci, Elliot non potrà fare altro che vendere. A volte l’unico modo in cui un indipendente come il Viatorum può rimanere in attività è che il capo, Elliot, accetti un compromesso sulla proprietà.”

“Ma per lui sarebbe una retrocessione, giusto?” chiese Keira. “Passerebbe dall’esserne il proprietario a cosa, il semplice amministratore?”

Nina reclinò la testa di lato. “Non sarebbe del tutto negativo. Così potrebbe fare più soldi. Avrebbe solo dei superiori a cui rispondere. Probabilmente perderebbe un po’ di libertà creativa.” Si scrollò di nuovo. “In effetti, è sicuro che perderebbe una parte di libertà creativa.”

Keira si morse il labbro, riflettendo sulla premonizione di Nina. Perché le cose dovevano sempre cambiare tanto in fretta? Quella mattina si era svegliata con un fidanzato affettuoso e un lavoro da sogno. E adesso era seduta depressa e in lacrime in un bar, di nuovo single e in ansia per la sua situazione lavorativa.

“Beh, anche questo è un modo per distrarmi da Shane,” commentò sarcastica a Nina.

“Oh, Dio, mi dispiace,” disse l’amica. “Non volevo farti preoccupare. Sono sicura che per te, per me, e per tutti gli altri non cambierà niente. Solo per Elliot. Ho già visto delle acquisizioni, moltissime in effetti. Di solito è quasi impercettibile per la maggior parte dello staff.”

Keira arricciò le labbra. “Vedremo,” rispose.

Si accorse in quel momento che Nina sembrava un po’ nel panico, e guardò l’amica che fissava Bryn negli occhi come per spingerla a subentrare nella conversazione. All’improvviso la sorella si illuminò come colta da un pensiero.

“Mi è venuta un’idea fantastica,” annunciò sgranando gli occhi.

“Perché ho la sensazione che non mi piacerà neanche un po’,” rispose Keira, socchiudendo i propri.

“C’è una bella festa da Gino questa sera, hai presente, quell’autentico ristorante italiano che c’è in città,” spiegò Bryn. “È a tema Halloween. A dir la verità è a tema Ognissanti, che è una festa italiana che non conoscevo, ma sembra super inquietante e da Gino la prendono davvero sul serio. Sarà per metà un ballo in maschera e per metà una cena gotica. Sembra folle ma in modo super interessante.”

Keira la fissò con occhi sempre più stretti. Bryn stava parlando a ruota libera. “Vai avanti…” esortò la sorella.

“Ecco il punto,” disse Bryn. “Malcolm, un tizio che ho conosciuto la notte scorsa mi ha invitata là per un appuntamento. Vuole vedere di che si tratta, sai, provare qualcosa di nuovo. Ovviamente ho accettato, mi conosci, sono pronta a provare qualsiasi cosa almeno una volta. Comunque, oggi mi ha detto che ha un amico che è single e si chiedeva se conoscessi qualcuno con cui fare un’uscita a quattro. Stavo pensando di invitare Tasha, ma perché invece non andiamo io e te? Ora sei di nuovo single.”

A Keira non servì nemmeno un secondo per riflettere sulla proposta di Bryn. Scosse la testa in un enfatico no. “Assolutamente no,” rispose.

Nina si chinò in avanti, apparentemente d’accordo. “Io conosco un negozio di costumi bellissimo,” esclamò. “Potresti prendere un abito da sera, dei guanti, una maschera, tutto quanto.”

Keira le lanciò un’occhiataccia. “Perché non vai tu a quest’uscita a quattro se l’idea ti piace tanto?”

Nina chiuse di scatto la bocca. Bryn assunse di nuovo il ruolo di corteggiatrice principale.

“Almeno vieni per il cibo,” disse. “Una cena gratis. Cibo raffinato. Qualche ballo. Vedila come una serata fuori tra di noi, con un paio di tizi accodati per pagarci il conto. Non devi nemmeno dirgli il tuo nome vero se non vuoi, e nemmeno toglierti la maschera. Può essere una notte d’anonimato. Potresti fingerti una persona tutta diversa.”

Keira scoppiò a ridere. “Fammi indovinare. Lo hai già fatto prima?”

Nina intervenne. “Cara, ti prego, lo abbiamo fatto tutte. Se non sei mai andata a un appuntamento fingendoti un’agente dell’FBI o un’ereditiera miliardaria, non hai mai vissuto davvero.”

Scuotendo la testa, Keira lanciò di nuovo un’occhiata fuori dalla vetrina. Studiò le persone in giro per le strade. Alcuni dei negozi avevano già le decorazioni di Halloween alle finestre. Vide una coppia di dark lungo la via, una donna con un abito di pizzo nero che sfoggiava un ombrellino e un uomo legato a un guinzaglio di cuoio. Solo a New York City, pensò tra sé e sé divertita.

Il senso della vita era accogliere a braccia aperte ogni sfida e assurdità, ricordò a se stessa. Non si era detta la stessa cosa proprio quella mattina?

“Va bene,” accettò, voltandosi verso Bryn con un sospiro rassegnato. “Verrò al tuo ballo.”

*

Bryn aveva avuto ragione su una cosa, scoprì Keira più tardi, quella sera. Gino era un posto magnifico. Tutto il ristorante era stato decorato come un castello gotico, i tavoli spinti ai lati in modo da far diventare l’area centrale una pista da ballo. C’era ovunque un’atmosfera incredibilmente inquietante, tra la vecchia musica popolare italiana, i camerieri in abiti di velluto e ovviamente, gli ospiti in maschera.

Se fossero state solo loro due, Keira avrebbe passato una notte fantastica. Sfortunatamente avrebbero condiviso la serata con Malcolm, l’uomo che aveva invitato Bryn, e Glen, quello che aveva invitato Keira. I due dovevano essere tra le persone più noiose al mondo.

Keira sollevò la pasta sulla forchetta, tenendo gli occhi aperti a fatica, mentre Glen continuava a blaterare i dettagli della sua carriera di contabile. Anche nel migliore dei casi parlare di lavoro l’avrebbe annoiata, ma quando si trattava di matematica la noia raggiungeva un nuovo livello. Senza contare che non le aveva fatto una sola domanda sul suo lavoro.

Ci fu un’improvvisa pausa nella conversazione e Keira si raddrizzò come se si fosse svegliata di scatto.

“Dunque, che cosa fai nel tempo libero?” chiese a Glen, cercando disperatamente di spostare la conversazione su un nuovo argomento.

Glen impiegò molto a rispondere, un’altra cosa che Keira interpretò come un brutto segno. Chi non conosceva i propri hobby? O che cosa gli piaceva fare oltre al proprio lavoro?

“Guardo lo sport,” disse alla fine.

“Guardi,” ripeté Keira. “Non lo pratichi?”

Glen scoppiò a ridere. “Accidenti, no. Non voglio farmi male. Preferisco essere uno spettatore.”

“È…” Keira faticò a trovare la parola giusta. Quella per cui si decise probabilmente era il contrario di ciò che intendeva davvero. “… interessante.”

“E tu che mi dici?” Le domandò Glen.

Era la prima volta che le chiedeva di lei e Keira fu quasi sorpresa. “Oh, beh, lavoro nel giornalismo quindi passo molto del mio tempo libero a leggere,” iniziò.

Glen la interruppe immediatamente. “Anche io leggo. Per lo più il Wall Street Journal.”

Rendendosi conto che le aveva appena strappato il suo turno di parlare, Keira si ritirò in se stessa. Punzecchiò di nuovo la sua pasta. “Bello.”

Bryn allora si allungò attraverso il tavolo. “Stavamo parlando dei nostri progetti,” annunciò. “Quello che vogliamo raggiungere nei prossimi cinque anni. Keira, tu cosa dici?”

Se Bryn glielo avesse chiesto il giorno prima, Keira le avrebbe detto con assoluta certezza che quello che voleva nei seguenti cinque anni era passare più tempo possibile con Shane, comprare insieme la casa dei loro sogni, e magari persino sposarsi e avere dei figli. Ma ormai quel desiderio era svanito.

Si limitò a scrollare le spalle. “Mi piacerebbe viaggiare. Vedere il mondo. Tra cinque anni vorrei aver messo piede su ogni continente almeno una volta.”

Bryn applaudì. “Che bello, sorellina.”

Glen sbuffò. “Viaggiare è sopravvalutato di questi tempi, ora che abbiamo la tecnologia per mappare tutto. Voglio dire, perché passare ore e ore in un tubo di alluminio sospeso nel cielo, inquinando l’atmosfera, quando si può vedere il mondo dalla comodità della propria casa? La realtà virtuale è ancora agli inizi, ma tra cinque anni sarà decollata. Un visore da cinquanta dollari prenderà il posto di voli inutili da centinaia di dollari.”

Solo Malcolm annuì, d’accordo con lui, lasciando capire con la sua espressione che aveva trovato l’analisi di Glen molto stimolante. Bryn, d’altra parte, apparve inorridita dalla sua dichiarazione e lanciò a Keira uno sguardo di scuse. La sorella si limitò a fissarla impassibile, come per rinfacciarle: Te lo avevo detto che sarebbe stato terribile.

“E quindi tu cosa ci dici, Glen?” domandò Bryn, cercando in ogni modo di salvare la conversazione. “Se non sei un fan dei viaggi, come pensi che saranno i tuoi prossimi cinque anni?”

Gli altri rivolsero la loro attenzione al contabile. Lui si schiocchiò le nocche.

“Ho pianificato tutto,” rivelò con assoluta sicurezza. Sollevò il dito indice. “Una moglie tra un anno.” Poi passò al secondo dito. “La nostra casa dei sogni nei sobborghi l’anno dopo.” Poi passò alle due dita successive. “Due figli, con diciotto mesi di distanza tra l’uno e l’altro. Un maschio e una femmina.” Poi alla fine agitò il pollice. “E un cane.”

Keira emise un profondo sospiro. Aveva saputo anche prima di uscire dall’appartamento di Bryn che non avrebbe trovato niente di simile al romanticismo in quell’appuntamento. Ma c’era stata lo stesso una scintilla di speranza. Solo un minuscolo barlume che qualcuno che ardesse luminoso quanto Shane potesse apparire nella sua vita all’improvviso, sconvolgendo il suo mondo rapidamente come aveva fatto lui.

Ma in quell’istante di amara delusione capì di essere stata una sciocca a prendere in considerazione quell’idea. Shane era stato un caso rarissimo. No, più unico che raro. L’appuntamento con Glen non aveva fatto altro che confermare le sue peggiori paure.

Non avrebbe trovato mai più un amore come quello.

Un Amore come Quello

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