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CAPITOLO II

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Stavo cercando di orientarmi nella sala arrivi dell'aeroporto per capire dove fosse il nastro trasportatore da cui sarebbero arrivate le mie valige, quando un energumeno in perfetta divisa estiva della Polizia di Stato si avvicinò a me con fare deciso. Sarà stato alto almeno un metro e novanta, capelli a spazzola, occhi azzurri e barba perfettamente rasata, i bicipiti che stentavano a essere contenuti nella mezza manica della camicia dell'uniforme. Accennò un saluto militare, poi, ripensandoci, mi tese la mano.

«Dottoressa Ruggeri immagino! Sono l'ispettore Mauro Giampieri e da questo istante sono al suo servizio. Ho perentorie istruzioni da parte del questore, dobbiamo raggiungere subito la scena di un crimine. Si tratta di un delitto avvenuto questa notte a Triora, un paesino nell'entroterra di Imperia. Ho già dato disposizioni a un agente di ritirare il suo bagaglio e portarlo al distretto di polizia. Mi segua, non abbiamo tempo da perdere.»

Ero un po' frastornata, e lo seguii senza fare obiezioni, anche se avrei desiderato iniziare in maniera diversa, prendendo un taxi fino a Imperia e insediandomi nel mio nuovo posto di lavoro dopo essermi data almeno una rinfrescata in un albergo. Quando poi vidi l'auto dai colori bianco e azzurro della Polizia di Stato, nel parcheggio riservato alle forze dell'ordine, verso la quale ci stavamo dirigendo, non potei fare a meno di provare un brivido: una Lamborghini Gallardo nuova di zecca. Sapevo dell'esistenza di quell'auto meravigliosa, capace di raggiungere una velocità di 320 Km orari, attrezzata con computer di bordo dalle varie funzionalità, collegato per mezzo di un sistema satellitare agli archivi informatici della criminalpol e dell'interpol, solo per averne letto qualcosa sulle nostre riviste.

«Credevo che questo gioiello fosse riservato alla Polizia Stradale» dissi, cercando di rompere il ghiaccio con l'Ispettore, che continuava a mantenere il suo passo deciso. Giunti a pochi passi dall'auto, le quattro frecce lampeggiarono emanando un bip.

«Questa è diversa da quella in dotazione alla Polstrada, non come modello, ma come dotazioni e come prestazioni. Avrò modo di spiegarle molte cose strada facendo, si accomodi!»

Quando fummo in auto, inserì una card in un'apposita fessura del cruscotto e digitò un codice su un tastierino numerico. Stava per schiacciare il pulsante d'avvio del motore, ma si fermò e iniziò ad armeggiare con un contenitore.

«Il suo avambraccio destro, Dottoressa! Le inoculerò un microchip, contenente alcune informazioni su di lei, come dati anagrafici, gruppo sanguigno, storia clinica, ma che funzionerà anche come localizzatore satellitare, nel caso ce ne fosse bisogno. Sarà un attimo, non sentirà dolore. Sono gli ordini, purtroppo. Ne ho dovuto inoculare uno anch'io.»

La sua pseudo disciplina militare cominciava a darmi un po' sui nervi e accennai una protesta.

«Non sono mica un cane che rischia di perdersi!»

Con rapidi movimenti, aprì una bustina sterile contenente un tampone imbevuto di disinfettante e poi, da un'altra, estrasse un iniettore dall'ago di calibro enorme. Nonostante le mie proteste, afferrò il mio braccio e mise in atto la procedura.

«Tenga il tampone premuto per qualche istante e allacci la cintura di sicurezza. Stiamo partendo.»

L'accelerazione incollò la mia schiena al sedile dell'auto. La Lamborghini, in pochi secondi, raggiunse una velocità molto superiore a quella consentita dal codice della strada, in breve infilò il casello autostradale e si mise a viaggiare ad una velocità che sfiorava i 200 km orari.

«Lei, Ispettore, sembra più un militare che un poliziotto. Non conosco il suo curriculum, ma credo che lo studierò con attenzione. Comunque, visto che dobbiamo lavorare insieme e io ho sempre odiato i formalismi, proporrei di darci del tu e chiamarci con i nomi di battesimo, io sono Caterina.»

Mi rispose, sciogliendosi un po'.

«Mauro. Le confesso... ti confesso che in effetti, fino a qualche mese fa, ero nell'esercito. Ho seguito il contingente italiano in missioni all'estero in varie riprese e fino allo scorso Natale ero di stanza in Afghanistan. Ero a Nassirya nel 2003, in occasione della strage di soldati italiani, e me la cavai senza neanche aver riportato una ferita. Sono stato anche in Iraq e in Bosnia-Erzegovina. Sono ancora molto abituato alla disciplina militare. Comunque, sono esperto in esplosivi, lotta al terrorismo e alla guerriglia organizzata, guida in condizioni estreme... Credo che il questore ci abbia voluto in coppia per risolvere un caso davvero scabroso, di cui poi ti parlerò un po'. Intanto ti illustro le caratteristiche di quest'auto, che per ora non ha paragoni in Italia. Come vedi, qui sulla plancia abbiamo al centro un display da dodici pollici, che sembra un navigatore GPS, ma che ha molte altre funzionalità. È un vero e proprio PC, che oltre ad avere accesso internet tramite connessione satellitare, ci consente di consultare le banche dati della polizia, non solo italiana, ma di tutto il mondo. Quello è un piccolo scanner, collegato al sistema, nel quale possiamo inserire delle impronte digitali, prelevate con dei pezzetti di scotch, e avviare una ricerca sulle banche dati cui siamo collegati. Alla funzionalità touch screen, molto interessante per lavorare sul menu principale, possiamo aggiungere le funzioni di una tastiera standard, che andiamo a estrarre da quel cassettino là sotto. Apri il vano portaoggetti, troverai una pistola, che è già stata assegnata a te, e un palmare. Sia tu che io abbiamo un palmare identico, con il quale ci possiamo interfacciare col computer di bordo dell'auto. Anche il palmare, come il microchip che ci siamo inoculati, consente alla centrale, e a uno di noi dall'auto, di individuare la nostra localizzazione esatta con sistema GPS.»

«Accidenti, a giudicare da tutto ciò che mi stai dicendo, l'indagine che ci hanno assegnato dovrebbe essere ben rischiosa. Neanche il mitico agente 007 ha tutta questa tecnologia a disposizione!»

«E in effetti non sbagli. Da diversi anni a Triora si verificano eventi strani: scompaiono delle persone in circostanze misteriosi, senza all'apparenza lasciare alcuna traccia. Finora hanno indagato i Carabinieri, senza venire a capo di nulla. Sulla principale indagata, una certa Aurora Della Rosa, che la gente del paese definisce come maga, o meglio, strega, non sono mai riusciti a raccogliere prove sufficienti e quindi le indagini brancolano ancora nel buio. Stanotte, nel bosco vicino Triora, si è sviluppato un incendio, che è giunto a minacciare la casa stessa di Aurora. Al termine delle operazioni di spegnimento, i Vigili del Fuoco hanno rinvenuto il cadavere carbonizzato di una donna. Credo che già il medico legale e la scientifica siano sul posto. Stavolta niente Carabinieri e RIS, l'indagine è nostra. Proprio per i tuoi studi sull'esoterismo e sulle sette, il questore di Imperia ha richiesto la tua presenza e questo delitto, chissà in base a quale casualità, è stato consumato giusto in concomitanza col tuo arrivo. Ora dovremo darci da fare, e non poco!»

In effetti, dopo alcuni anni di intenso lavoro con le unità cinofile, la squadra era divenuta talmente addestrata ed efficiente, che io mi ero potuta concedere qualche spazio personale e ricominciare anche a frequentare la Facoltà di Giurisprudenza a Macerata. Sapevo che con la laurea avrei potuto aspirare a un importante avanzamento di carriera, ma non era questo che mi spingeva a studiare, bensì la mia innata passione per la criminologia, che era seconda solo a quella per i cani. Mi ero interessata in particolare ai crimini compiuti da adepti di sette cosiddette esoteriche. Partendo dall'episodio delle Bestie di Satana, avvenuto qualche anno prima, in cui dei balordi, per coprire l'assassinio di una ragazza e fuorviare le indagini, avevano inscenato messe nere e riti satanici, avevo iniziato a studiare le vere sette esoteriche. Avevo cercato di scavare a fondo, per farmi un'idea di quali fossero le loro origini, che si perdevano nella notte dei tempi, per capire cosa si nascondesse dietro i loro riti e di quali delitti si fossero macchiati i loro adepti in un passato sia prossimo che remoto. In Italia, la Liguria era uno dei luoghi dove era noto che alcuni adepti ancora si riunissero e praticassero in segreto i loro rituali, che a volte prevedevano sacrifici di animali o di persone. L'Inquisizione aveva combattuto le sette fino al XVII secolo inoltrato, condannando a morte i proseliti con l'accusa di eresia o di stregoneria. Tutto questo mi affascinava in particolar modo, così, con la mia tesi dal titolo "Sette esoteriche e crimini perpetrati dai loro adepti", mi laureai nel Luglio 2008 con il massimo dei voti.

E quindi, proprio in virtù di questi miei studi, ora, dopo neanche un anno dalla laurea, ero stata chiamata a ricoprire l'incarico di commissario nel distretto di polizia di Imperia, proprio in quella zona dove esisteva ancora un'intensa attività legata alle sette.

Attraverso il finestrino vedevo sfilare, uno dopo l'altro, diversi caselli autostradali. In pochi minuti eravamo già oltre l'uscita di Savona, per continuare a velocità sostenuta verso Imperia.

«Perché in tutto ciò gli inquirenti vedono l'ombra delle sette?» chiesi, riemergendo dai miei pensieri. «Tutto sommato, se consideriamo le Bestie di Satana, famose in questi luoghi, possiamo ben capire che sono tutte montature e l'esoterismo non c'entra nulla.»

«In questo caso invece ci sono fondati elementi per pensare a una setta, anche se tutta la trama, che è iniziata parecchi anni fa, rimane buia. Non sono mai stati rinvenuti cadaveri, fino a quello di oggi e, in base a questo nuovo elemento, si può iniziare a pensare che anche le persone scomparse in precedenza siano state uccise, ma i delitti siano stati coperti, a suo tempo, in maniera impeccabile. Stanotte forse è accaduto qualcosa di imprevisto e l'assassino, o gli assassini, non sono riusciti a occultare il cadavere, come negli altri casi. Forse hanno tentato di dare alle fiamme il corpo della vittima, ma un cambiamento improvviso di vento, che da queste parti non è infrequente, ha scatenato un incendio non più controllabile. Consideriamo che è stata la stessa Aurora a chiamare i soccorsi, perché la sua abitazione era minacciata dall'incendio.»

«Qual è il suo alibi? Sappiamo cosa ha raccontato?»

«Ha detto di essere rientrata molto tardi, per essere stata a cena in un ristorante più a valle, e che, avvicinandosi alla sua dimora, ha avvistato la luce rossastra dell'incendio. Ha chiamato il 115 con il suo cellulare quando ancora era a un paio di chilometri da casa.»

«Bene, faremo le opportune verifiche. Ma parlami delle persone scomparse in precedenza.»

«Ci vorrebbe molto a raccontare il tutto nei dettagli. Cerco di riassumerti le cose in breve, poi avremo modo di vagliare tutto il materiale che ci è stato inviato dalla questura e dal tribunale. C'è un bel fascicolo da studiare, ed è già sulla tua scrivania. La prima persona di cui si sono perse le tracce è colei che abitava nella stessa casa di Aurora e che si faceva chiamare con lo stesso nome. Nel 1989 questa signora sessantenne, nota come chiromante, erborista, guaritrice, veggente, maga, decise di andare nelle montagne del Nepal per raggiungere un tempio nel quale avrebbe dovuto rigenerare il proprio spirito, il proprio corpo e la propria anima. Raggiunse Kathmandu insieme a una sua seguace, una giovane rumena, una certa Larìs Dracu. Le due donne assoldarono degli Sherpa, che le accompagnarono fino a un certo punto. Quando insistettero per andare verso una zona inesplorata, interdetta agli Sherpa per le loro credenze religiose, questi ultimi le lasciarono sole, dicendo che le avrebbero aspettate per tre giorni, dopo di che le avrebbero date per disperse. Non si seppe più nulla delle due, ma dopo qualche mese si presentò a Triora una ventenne che sosteneva di essere la nipote di Aurora. Appellandosi all'omonimia, si arrogò il diritto di prendere possesso dell'abitazione della nonna. Anche questa giovane Aurora sembrava avere poteri soprannaturali, ma ben più potenti di quelli della presunta ava. I pochi abitanti del posto, che avevano conosciuto Aurora in gioventù, non potevano che notare la straordinaria somiglianza della giovane con l'anziana scomparsa, tanto che molti si convinsero che la strega avesse trovato, nel suo viaggio in Nepal, un elisir di giovinezza e fosse riuscita a ringiovanire nell'aspetto fino a tornare ragazza. Ma, a parte questo, nei boschi intorno Triora iniziarono a verificarsi strani episodi. Si diceva in paese che, nelle notti di luna piena, le streghe avessero ricominciato a praticare i loro Sabba, indetti proprio dalla giovane Aurora. A parte i Sabba, molte erano le visite che riceveva Aurora nella sua abitazione. Oltre i postulanti che richiedevano rimedi a base di erbe per la cura dei malanni, o elisir di vario tipo per risolvere travagli amorosi, ogni tanto giungevano persone particolari, da lei ospitate come adepti di una setta esoterica, di cui ora non ricordo il nome. Questi soggetti, essenzialmente donne, raggiungevano il luogo al fine di attingere il sapere nell'antica biblioteca, che era stata sempre conservata con gelosia nella casa da Aurora dalle sue antenate, e via via arricchita dalle stesse nel corso dei secoli. Una di queste giovani donne, Mariella Carletti, detta La Rossa, nel 1997 partì da un paesino dell'Abruzzo, in cui era già nota come guaritrice e veggente, lasciando detto che avrebbe raggiunto Triora al fine di superare le ardue prove che le avrebbero consentito di diventare un'adepta del settimo livello, uno dei più elevati, e che sarebbe tornata con poteri che nessuno avrebbe mai immaginato. Non fece mai ritorno. A Triora, questa bella ragazza, alta, dai fluenti capelli rosso fuoco, gli occhi azzurro chiaro, la carnagione pallida e piena di efelidi, non passò inosservata. All'imbrunire del 21 giugno, data coincidente con il solstizio d'estate, si diresse nel bosco dove si diceva avessero luogo i Sabba, dopo di che scomparve. Un particolare interessante è che quella notte ci fu un principio di incendio, ma molto limitato. Sembra si fosse incendiato un camion in disuso da tempo, ma il fatto non riuscì a essere collegato in nessuna maniera alla scomparsa della ragazza. La carcassa bruciata del camion è ancora lì, non fu mai asportata. Il caso, a suo tempo, fu archiviato come opera di teppisti. Nel 2000, tre giornalisti, due uomini e una donna, di un noto mensile a tiratura nazionale che ha sede e redazione a Genova, vollero eseguire una loro piccola indagine sulla scomparsa della ragazza, avvenuta tre anni prima. Con la scusa di un reportage su streghe e stregonerie a Triora, si piazzarono con una tenda canadese proprio nel bosco dove si riunivano le streghe, in prossimità della Fonte della Noce, con la speranza di assistere a qualche rito satanico o cose del genere. Per qualche giorno raccolsero informazioni sul processo posto in atto contro le streghe di Triora sul finire del '500. Tentarono anche di ottenere un'intervista esclusiva con Aurora, che però non la concesse. La notte tra il 20 e il 21 Agosto i tre giornalisti scomparvero in circostanze misteriose. All'interno della tenda, trovata vuota la mattina seguente, furono trovati alcuni quaderni di appunti con il materiale raccolto. Tali quaderni vennero riconsegnati alla rivista che, in suffragio dei tre, pubblicò un articolo di ben otto pagine sulle streghe di Triora. L'ultima frase scritta sul quaderno di uno dei tre giornalisti era in stampatello maiuscolo a grandi caratteri e sottolineata: “MIO DIO!” Qualcosa o qualcuno l'aveva sicuramente spaventato a morte. Dei giornalisti scomparsi non si seppe più nulla.»

Intanto avevamo oltrepassato Imperia, eravamo usciti dall'autostrada al casello Arma di Taggia e avevamo imboccato una strada provinciale che risaliva uno stupendo fondovalle, correndo parallela al corso di un fiume. Era la prima volta che vedevo luoghi che sarebbero poi divenuti familiari. Stavamo percorrendo la Valle Argentina, percorsa dal fiume omonimo, una stretta vallata con pochi insediamenti umani. Il verde dei boschi rigogliosi spiccava contro l'azzurro intenso del cielo limpido nella calda giornata di inizio Luglio e, dentro di me, si riaccendeva la vecchia passione per la montagna. Sognavo già di camminare sui sentieri che si addentravano in quei boschi. Risalimmo oltre un piccolo centro abitato, Molini di Triora, per giungere a Triora, un paese dalle fattezze medioevali, arroccato in cima a un cocuzzolo. Oltrepassato il centro, la strada ridiscendeva e, dopo poco, ci fermammo in uno spiazzo, dove erano parcheggiate un paio di auto della polizia, una jeep dei vigili del fuoco e una camionetta del corpo forestale attrezzata per lo spegnimento degli incendi boschivi.

«Bene» dissi, «quello che mi hai detto è molto interessante ed effettivamente l'odore delle sette, oltre quello di bruciato, si avverte eccome! Si tratta ora di capire fino a che punto c'entri l'esoterismo e quanta invece sia la responsabilità degli adepti nella scomparsa delle persone che hai menzionato e nell'omicidio di questa notte, se si tratta di omicidio e non di semplice incidente.»

«Caterina, mi raccomando, qui la prudenza non è mai troppa. A parte le streghe, potremmo trovarci di fronte a criminali senza scrupoli nel corso di questa indagine. Prendi la pistola e memorizziamo ognuno il numero del palmare dell'altro, così di poterci chiamare in caso di necessità. Andiamo!»

Afferrai il palmare, ma lasciai la pistola nel cassetto portaoggetti dell'auto, in quanto ritenevo che in quel momento non ne avrei avuto alcun bisogno.

Delitti Esoterici

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