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Capitolo Otto

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Molly si svegliò con il sole che splendeva attraverso le finestre. Tra l’incontro con Matt nel cuore della notte, nonché le nuove sensazioni che la sua vicinanza aveva scatenato, e il fatto di non dormire in un letto da ben dieci anni, la sua nottata era stata per lo più insonne. Trovando il tutto troppo morbido, aveva gettato una coperta sul pavimento e solo nelle prime ore del mattino era finalmente riuscita ad addormentarsi sulle solide assi di legno.

Le immagini che le avevano affollato i sogni tornarono alla mente. Era al ranch dei suoi, prima della sera in cui tutto era improvvisamente cambiato. Nel sole del pomeriggio, con Emma di fianco, si gingillava accanto al recinto del bestiame. I ricci scuri di sua sorella erano così belli in quella luce dorata che nel sogno Molly non aveva potuto fare a meno di attorcigliarseli al dito.

Che gioia essere di nuovo insieme, Emma.

Sua sorella aveva sollevato la testa verso di lei con un sorriso che le aveva scavato una fossetta in una delle guance, come sempre accadeva quando era molto felice. Quella vista le aveva scaldato il cuore. Poi, nel recinto era apparso un uomo a cavallo: Matt, che cercava di domare l’animale. Ma non era giovane come in quell’estate di dieci anni prima. Era il Matt del presente.

Ricordare il sogno le procurò una fitta al cuore. Emma. Quanto tempo perso. Se tutto andava bene, però, l’avrebbe rivista presto. Nel tentativo di liberare la mente dalle nebbie del sonno, si stropicciò gli occhi.

Susanna le aveva lasciato ai piedi del letto un semplice abito marrone scuro e diversi capi d’intimo bianchi. Leggermente confusa, Molly infilò calze, mutandoni e un sottile sottogonna, quindi indossò una camiciola, abbottonandola alla bell’e meglio. Non vestiva a quel modo da quando era bambina, ma nel giro di poco fu pronta.

Gongolante per aver riacquistato un aspetto femminile, ruotò i fianchi facendo svolazzare l’orlo dell’abito intorno alle caviglie. Dieci anni erano passati dall’ultima volta in cui si era sentita così, pensò con un nodo in gola e gli occhi che bruciavano.

Inspirando a fondo per soffocare l’impulso di piangere, prese gli stivali. Erano così sbiaditi e sporchi… ma non ne possedeva altri. Tirò su i gambali, ben consapevole di quanto poco legassero con l’abito, e si chiese perché le importasse tanto. Matt. A importarle era come sarebbe apparsa ai suoi occhi.

Decisa a non intrattenere oltre quel pensiero, spostò l’attenzione sui capelli, che scendevano disordinati intorno al viso. Per l’intero periodo trascorso con Elijah, l’uomo aveva insistito che li portasse corti, e perciò non avevano ancora raggiunto la lunghezza desiderata. Iniziò a raccogliere la massa di ricci dietro la testa, quindi la lasciò ricadere con un gesto frustrato. La sua esperienza in fatto di acconciature che incontrassero il gusto altrui era praticamente nulla.

E per gusto altrui intendeva quello maschile.

Il gusto di Matt.

Sospirò, sconfortata. Si stava comportando da sciocca. Con tutta probabilità Matt non si sarebbe neanche accorto di lei.

Aprì la porta della camera da letto e si diresse sul davanti della casa. Dal vasto salotto provenivano delle voci e nell’udirle Molly indugiò un attimo sulla soglia, quindi entrò. La conversazione s’interruppe all’istante e i presenti si girarono a guardarla, mentre una vampata di calore si arrampicava su per il collo, incendiandole il viso.

Erano tutti in piedi, Susanna e Claire sul lato destro e Logan e Matt sul sinistro. Di quest’ultimo colse la presenza con la coda dell’occhio, ma non riuscendo a trovare il coraggio d’incontrare il suo sguardo, preferì concentrarsi sull’uomo più anziano che le stava proprio di fronte. Sebbene ricordasse di averlo incontrato solo un paio di volte da bambina, sapeva che era il padre di Matt.

Di figura imponente, Jonathan Ryan era alto quanto i suoi figli e con spalle altrettanto larghe, ma il viso rugoso e i capelli grigi mostravano gli anni di lotta contro quella terra. Fissò su di lei gli occhi verdazzurri – così simili a quelli di Matt – e raddolcì l’espressione. Prossima a un crollo emotivo, Molly sentì una stretta alla gola.

«Buon Dio» esordì piano Jonathan. «Non avevo mai visto nessuno tornare dal regno dei morti, ma tuo padre lo diceva sempre, che avevi la grinta di un ragazzo. Non mi sorprende tu sia sopravvissuta, Molly. Bentornata a casa.»

Le mani della giovane presero a tremare, così le nascose tra le pieghe del vestito, tormentando il morbido tessuto con le dita.

Jonathan si avvicinò e posò le proprie mani sulle sue spalle. «Puoi restare qui quanto vuoi» disse in tono risoluto.

Con il cuore che martellava nel petto, Molly annuì e si schiarì la gola, ritrovando finalmente la voce. «Sono contenta di rivedervi, signore.» Sembrava avesse ingoiato un rospo.

Jonathan la lasciò andare. «Devi essere affamata» disse. «Andiamo a fare tutti colazione; continueremo dopo.»

Molly lanciò un’occhiata a Claire, notando che anche l’amica indossava un abito, color crema, e aveva legato i capelli biondi con un nastro. Stava benissimo, mentre lei si sentiva una trasandata bambola di pezza.

Si stavano spostando verso la sala da pranzo, quando Logan si avvicinò e la strinse in un veloce abbraccio, cui il suo corpo rigido rispose in maniera impacciata.

«Ieri sera non sapevo che fossi tu» si scusò lui con voce e occhi colmi di calore. «Immagino che dirti “è un piacere rivederti” sia decisamente riduttivo.»

Lei spinse il busto indietro, iniziando a rilassarsi.

«Io, invece, ti ho riconosciuto subito» disse. «Con Matt vi somigliate troppo.» Apparso all’improvviso, questi riempì lo spazio tra loro, costringendo Logan a sciogliere l’abbraccio e a farsi da parte.

Senza respiro di fronte all’intensità del suo sguardo, Molly azzardò finalmente un’occhiata al suo indirizzo. Era infastidito, si accorse con sorpresa. Doveva essere per via del suo aspetto.

«Già, ma tra i due il bello sono io» scherzò Logan strappandole una risatina spontanea, del tutto irrefrenabile. La sua affabilità e la simpatia erano le stesse di sempre.

In silenzio, Matt lo invitò a precederli verso la sala da pranzo e mettendole una mano sulla schiena la guidò lungo il corridoio. A quel contatto il sorriso di Molly svanì.

Il suo aspetto non l’aveva mai neanche sfiorata durante i giorni e le notti – quelle interminabili settimane – in cui aveva contemplato il ritorno a casa. Certo, aveva sperato di vederlo ma immaginandolo così come lo ricordava lei. L’uomo che la toccava adesso era tutt’altra storia, come pure la reazione del proprio corpo.

Una parte di lei voleva girarsi e avvicinarglisi, tanto da sentirsi circondata dal suo profumo – sapone e sole uniti a un più vago odore maschile – e ammantarsi della sua forza. L’altra voleva scappare via senza mai voltarsi indietro. Non aveva esperienza in fatto di uomini, ma sapeva per certo che questo crescente desiderarlo non le avrebbe procurato altro che sofferenze.

Solo la rinuncia a qualsiasi legame affettivo aveva reso la sopravvivenza degli ultimi dieci anni sopportabile… quasi. Niente, e nessuno, era mai rimasto una costante nella sua vita.

Ed essendo cambiate così tante cose, era chiaro che presto avrebbe dovuto riprendere il proprio cammino. Aveva pensato che il Texas fosse il punto d’arrivo, ma la sua casa non era più lì. I suoi genitori erano morti, il ranch era abbandonato e le sorelle vivevano altrove. Non le restava altro che occuparsi di Davis Walker.

«Il bello saresti tu solo a confronto con un armadillo» ribatté Matt mentre entravano nella sala da pranzo.

Estrasse una sedia per Molly e fece cenno a Claire di sederle accanto, quindi lui e Logan si accomodarono di fronte. Jonathan prese posto davanti all’ampia finestra – con la luce del sole che riempiva la stanza e prometteva un nuovo giorno – e Susanna sedette all’altro capo. Sulla grande tavola di legno scuro, con il bordo arricchito da elaborati intagli, erano disposti con cura scintillanti piatti bianchi e argenteria lustra. Le sedie ben assortite erano larghe e robuste. Un tavolo lungo era addossato a una delle restanti pareti, mentre su quella opposta grandeggiava un’alta credenza a vetri colma di bicchieri e stoviglie da tavola. Molly si sentì ansiosa. Mangiare non era mai stata una faccenda tanto complicata per lei. La sera prima con Claire e Susanna avevano consumato la cena in cucina, il che le era andato perfettamente a genio.

«A me gli armadilli sono sempre piaciuti» rispondeva intanto Logan in tono affabile.

«Claire» intervenne Molly, colpita da un pensiero improvviso «ti hanno già presentato Logan?»

«Sì» rispose l’amica, lanciando uno sguardo distaccato al fratello di Matt. «Proprio prima che arrivassi tu.»

Per tutta risposta, lui le sorrise e strizzò un occhio.

Era raro che Claire mostrasse delle reazioni, eppure le sue guance si erano colorate, notò Molly.

«Hai dormito bene?» chiese a bassa voce, avvicinandosi a quella che era diventata la sua compagna di viaggio e che sospettava sarebbe rimasta nella sua vita solo per poco, come tutte le persone che aveva conosciuto.

«Sì, grazie.»

L’imbarazzo che l’amica provava, nel trovarsi in quel posto sconosciuto tra gente estranea, doveva essere almeno il doppio del suo.

«Io continuo a dimenticare che sei mancino...» iniziando a mangiare, i gomiti di Matt e Logan si erano scontrati, e il secondo sembrava approfittarne «… ma tu fingi di non ricordare che sono più grande di te» sbottò Matt esasperato, schivando l’ennesima gomitata.

«Posso sempre batterti» si vantò Logan con la bocca piena di uova strapazzate. «Quando e come vuoi. Decidi tu.»

«E proprio quando pensi che siano ormai uomini, adulti e maturi, i tuoi figli ti ricordano che sono ancora dei ragazzi» disse Susanna sporgendosi verso Molly e Claire. «Che ne dite di scambiarvi di posto, voi due?» aggiunse a voce più alta.

Fu Matt a spostarsi e sedere proprio di fronte a Molly. Sentendo il suo sguardo su di sé, lei sollevò gli occhi e… quasi lasciò cadere la forchetta.

«C’è una cosa che ho sempre voluto sapere» disse Logan «e adesso che sei qui magari saprai darmi una risposta. Chi fu a rubarmi i vestiti quell’estate che eravamo tutti al ranch di tuo padre e dopo un pomeriggio passato a domare cavalli andammo a fare una nuotata nello stagno della tenuta?»

Molly tossì, ingoiando le uova a fatica. «Ecco, io…» esitò «credo sia stata Emma.»

«Emma?» ripeté Logan, stupito. «La piccola Emma di sette, otto anni?»

«Mia sorella minore» spiegò lei rivolta a Claire.

«E la creaturina più dolce che esistesse» aggiunse Matt. «Mi chiedo chi le abbia suggerito di rubarti i vestiti.» Il suo sguardo era puntato su Molly.

«Non puoi dare la colpa a me» si difese lei. «Fu un’idea sua. Anche se, forse, Joey o Cale le diedero un piccolo aiuto.»

Susanna rise. «E poi?»

«Alla fine, la signora Hart s’impietosì e mi lanciò un lenzuolo» rispose Logan.

Molly si schiarì la gola. «Adesso che ci penso, però, forse Emma lo fece per un’altra ragione. Avevamo sentito dire entrambe che… che avevi un segno in un certo posto del corpo. Una voglia? Penso che Emma fosse un po’ troppo curiosa.»

Susanna sorrise. «Sì, ce l’ha sin dalla nascita. Ne ha una anche Matthew» aggiunse in tono discorsivo.

Molly vide i visi dei due fratelli incendiarsi e, sebbene non provasse interesse per la voglia di Logan, non poté fare a meno di chiedersi, arrossendo quanto loro, come fosse quella di Matt e in quale punto preciso si trovasse.

Spingendo da parte la curiosità, si ricordò d’un tratto che voleva chiedere a Jonathan e Susanna della morte dei suoi genitori.

«Hai avuto modo di parlare con mamma della notte in cui gli Hart morirono?» chiese Matt, che doveva aver intuito i suoi pensieri.

«Sì.» Jonathan posò la tazza del caffè con espressione severa e guardò Molly. «Vorrei poterti dire qualcosa di più preciso ma… in verità ciò che accadde ci sconvolse tutti quanti. Non ci fu ragione di sospettare qualcuno in particolare.» Fece una pausa, poi sospirò. «E tanto meno Davis Walker. Anche se, a suo tempo, mi sembrò strano che non indagasse con noi l’accaduto, né si offrisse di aiutarci a rintracciare te. D’altro canto, però, c’era già Matthew a cercarti giorno e notte.»

«Davvero?» L’attenzione di Molly si spostò su di lui. «Pensavo avessi detto che era stato Cale a trovare la ragazza uccisa.»

«Vero» disse Jonathan. «Matthew si sfinì a tal punto che fui quasi costretto a legarlo perché si fermasse a riposare. Fu allora che Cale trovò il corpo che pensammo fosse tuo.»

La tenacia di Matt non avrebbe dovuto sorprenderla e invece… I suoi occhi, il cui colore sembrava alternarsi tra il celeste e il grigioverde, incontrarono quelli azzurri di lei. Doveva essere stato davvero difficile per lui, tutti quegli anni prima, sforzarsi di trovarla senza riuscirci. Avrebbe voluto dirgli qualcosa ma le mancavano le parole.

«Vi ha mai confidato nulla mia madre?» chiese invece a Susanna, che le sedeva accanto.

La donna esitò. «Beh, no, non proprio. Matthew ci ha detto della lettera che Davis le scrisse e... Non credo tu lo abbia mai saputo ma, prima di sposare tuo padre, tua madre era fidanzata con Davis.»

«Non ne avevo idea» mormorò Molly, sbalordita.

«Perché nessuno ha mai detto niente?» chiese Matt.

«Ecco, non è mai sembrato il caso di parlarne» rispose Susanna. «Dopotutto era acqua passata. Quando vivevamo in Virginia, Davis e Robert erano buoni amici. Poi Rosemary s’innamorò di Robert e quell’amicizia subì un brutto colpo. Ma tutto sembrò sistemarsi per il meglio quando Davis sposò Loretta. Col senno di poi, naturalmente, trovo strano che una volta arrivati tutti qui in Texas Davis sia andato a vivere tanto vicino agli Hart.»

Molly ripensò alla lettera che aveva recuperato dalla scatola. Era possibile che nel Texas sua madre avesse ripreso a frequentare Davis? Che provasse ancora qualcosa per lui? La verità su quanto era accaduto tutti quegli anni prima era ormai sepolta con lei.

Ma Davis Walker era ancora vivo. Era il caso di rivolgerle a lui, quelle domande? Se necessario non avrebbe esitato, decise.

«E qui, in Texas?» chiese a Susanna. «Si vedevano ancora?»

Susanna scosse piano la testa. «Non lo so. Spero proprio di no.»

«Chiederò un po’ in giro» disse Matt. «Chissà che non riesca a scoprire qualcosa.»

«Anch’io» dichiarò Jonathan. «Nel frattempo, voi due, giovani donzelle, sarete le benvenute finché vorrete. Di dove sei, Claire?»

«Territorio del Nuovo Messico, signore.»

«Certo che ne avete fatta di strada da sole. Hai una famiglia che ti aspetta?»

«In un certo senso» rispose Claire dopo una breve esitazione.

Jonathan annuì. «Bene, quando vorrai tornare a casa, troveremo la maniera di fartici arrivare.»

«Vi ringrazio. Ma non voglio arrecare disturbo a nessuno.»

«Sciocchezze. Tra qualche giorno avrà inizio il raduno primaverile del bestiame, ma a qualcosa penseremo.» Jonathan si alzò, gettando il tovagliolo sul piatto ora vuoto. «Forza, ragazzi, all’opera. Questo ranch non si gestisce da solo.»

«Dillo a me» borbottò Logan, levandosi anche lui da tavola. «Signorine.» Lanciò un sorrisino a Claire e lasciò la stanza.

Matt esitò.

«Tranquillo» lo rassicurò Susanna. «Baderò io a loro due. Pensavo che stamattina potremmo scrivere alle sorelle di Molly.»

«Grazie, signora Ryan» rispose lei con un sorriso riconoscente.

«Allora, mi faccio vivo più tardi» disse Matt. E con un’ultima occhiata nella sua direzione, si girò e uscì dalla stanza. La gamba destra era più rigida e la zoppia che aveva notato il giorno prima più pronunciata, osservò Molly.

Pensò di cercare risposte da Susanna ma poi decise di aspettare e chiedere direttamente a Matt. Se non altro avrebbe avuto una scusa per parlargli. Avevano un sacco di cose da raccontarsi, loro due.

E lei era sempre più curiosa di sapere che cosa gli era accaduto in quei dieci anni.

Sì. La sua non era che semplice curiosità.

O così continuava a ripetersi.

Lo Scricciolo

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