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CAPITOLO QUARTO

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Odd inflisse un taglio a un soldato che gli si era avvicinato, cronometrando il colpo in modo da deviare quello del nemico e incidergli al contempo la gola. Udì un rumore accanto a sé, si girò e parò un altro attacco, sferrando un calcio per far cadere l’uomo all’indietro; poi, ne colpì un terzo per costringerlo a uscire dalla traiettoria del Maestro di Spada Wendros, incapace di completare l’affondo che stava allineando.

“Attento,” disse Odd. “Quello ti aveva quasi preso.”

“Sapevo che ci avresti pensato tu,” rispose il maestro di spada, disarmando abilmente un soldato in arrivo e poi conficcandogli la sua sottile lama nel petto.

Intorno a loro, le pedane per l’addestramento della Casa delle Armi erano inondate di violenza, mentre i fabbri e i maestri combattevano gli uni accanto agli altri, contro i soldati di Re Ravin che si avvicinavano loro per cercare di ottenere il controllo delle armerie. Odd vide uomini lottare con martelli e lame, usando sia i loro arnesi da lavoro che le cose che avevano fabbricato con essi.

Lì, sulla pedana per l’addestramento dove Odd e il Maestro di Spada Wendros combattevano a schiena a schiena, gli uomini si arrampicavano sulle ringhiere di legno che circondavano lo spazio, avanzando a coppia o da soli per attaccare con qualsiasi cosa venissero in possesso, dalle spade alle alabarde, dalle lance alle asce d’armi. Odd deviò una spada d’armi a sinistra, colpì un nemico con il pomolo della sua spada lunga per stordirlo e poi lo decapitò con un colpo di rovescio. Uno si avvicinò dall’altro lato e Wendros alzò la lama mentre si dirigeva verso Odd, lasciando aperta la strada al finto monaco perché abbattesse il soldato in arrivo.

“Sei molto bravo,” osservò Wendros, muovendosi con apparente disinvoltura per evitare il colpo di un’ascia e uccidendo l’uomo che gli si era avvicinato facendo sfrecciare la sua lama. “Dalle voci, avevo creduto che saresti stato più selvaggio.”

Odd grugnì in risposta, immergendosi nello spazio in cui combatteva adesso, con calma e precisione al posto della furia, tanto che la sua lama sfrecciò una volta e poi di nuovo, per colpire altri due avversari.

“È davvero questo il momento di fare questa conversazione?” chiese, mentre la fitta di una lama che gli incideva il braccio lo riportava in sé. Scattò in risposta, avvertendo l’impatto della sua spada contro la carne, ma non ebbe il tempo di fermarsi a vedere i risultati.

“Questo è successo perché ruoti un po’ troppo il polso quando passi dalla parata al contrattacco,” spiegò il Maestro di Spada Wendros. Come per avallare la sua tesi, deviò una lama e poi spinse la sua stessa spada nel palato di un uomo.

“Se vorrò una lezione di spada, te lo chiederò,” disse Odd. Evitò un altro colpo, uccise l’ennesimo uomo e continuò ad andare avanti.

C’era qualcosa di meccanico nella violenza in questa fase, così che invece di pensare a finta e contrattacco, tattica e distanza, c’erano solo il movimento e l’uccisione, passando da un avversario all’altro.

Nonostante ciò, il Maestro Wendros faceva sembrare tutto facile. Si muoveva fluido e con un tempismo perfetto; non sembrava mai avere fretta, ma era sempre presente quando serviva. Deviava i colpi e lasciava che lo superassero; colpiva con una letalità quasi disinvolta, mentre lasciava una scia di cadaveri ai suoi piedi. Solo lo zoppicare della gamba ferita gli faceva perdere l’equilibrio, rallentandolo e facendo singhiozzare un poco il suo lavoro di piedi.

Anche mentre Odd colpiva un altro avversario, non poté fare a meno di chiedersi quanto il maestro di spada dovesse essere stato bravo come spadaccino nel fiore dei suoi anni. Odd era sempre stato considerato uno dei più pericolosi tra i Cavalieri dello Sperone, ma il maestro di spada era qualcosa di diverso. Era davvero incredibile che Odd non l’avesse cercato per combatterci.

Odd affondò più in profondità nella meditazione della violenza, sperimentando ogni momento in modo così vivido che sembrava riempire i suoi sensi. Tutti i colori del luogo erano adesso più luminosi, i suoni della battaglia più chiari, ognuno con il proprio messaggio, cosicché scoprì di poter cogliere il flusso e il riflusso della lotta intorno a lui proprio da questo. C’erano pochi piccoli duelli intorno a loro, con partecipanti caduti e vittoriosi; Odd non sapeva quali. Riusciva a percepire il respiro degli uomini che si avvicinavano loro, a cogliere ogni dettaglio di una spada che puntava il suo cranio anche mentre la evitava, uccidendo l’uomo con un colpo verso l’alto.

In un istante, non c’erano più nemici da combattere. Lo spazio intorno alla pedana per l’addestramento era vuoto di nemici, lo spazio all’interno conteneva solo i loro cadaveri, l’odore della morte riempiva tutto. Sopra, attraverso ampie finestre ad arco, Odd pensò di vedere un sottile frammento di alba fare capolino con una tonalità di rosso.

“Non avrei mai pensato che saremmo vissuti abbastanza a lungo da vederla,” disse, rivolgendo lo sguardo al maestro Wendros. L’uomo sedeva su una delle ringhiere della pedana per l’addestramento e bendava una ferita sul suo torso con una striscia di stoffa. Odd non aveva visto quel colpo fare centro e non aveva creduto che qualcosa potesse passare attraverso la precisa rete delle sue difese.

“Una volta, questo non mi avrebbe neanche toccato,” affermò il maestro di spada, con un tono irritato. Odd poteva crederci.

“Avrei voluto combattere con te allora,” disse Odd.

Il maestro di spada si accigliò. “Non l’avrei fatto,” rispose. “Ho sentito parlare dell’uomo che eri. Non avremmo combattuto, se non fino alla morte.”

Odd chinò il capo, perché non poteva negare la verità di quelle parole. Un tempo, il suo orgoglio non gli avrebbe permesso di tollerare l’esistenza di un altro uomo con quelle abilità senza metterlo alla prova e la sua rabbia da battaglia non avrebbe permesso che si trattasse di altro che sangue.

“Non sono più l’uomo che ero,” replicò Odd, ed era più una speranza che un fatto.

“Chi di noi lo è?” ribatté Wendros. “Sono onorato di combattere al tuo fianco adesso, però.”

Questo colse Odd un po’ di sorpresa. Erin sembrava contenta di essere sua allieva, ma non sapeva fino in fondo chi era e cosa aveva fatto. Il Maestro di Spada Wendros era abbastanza in su con l’età da saperlo, ma non si era allontanato da lui come avrebbe fatto la maggior parte dei Cavalieri dello Sperone.

“Quindi,” disse Wendros. “Abbiamo un piano in tutto questo?”

“Aiutiamo dove possiamo,” rispose Odd. “Ci sono troppi nemici e noi siamo troppo pochi. La Principessa Erin sta guidando degli uomini; colpiscono e fuggono per le strade. Mi ha mandato qui per cercare di recuperare uomini e armi per la battaglia.”

Ma ormai gli uomini rimasti erano ben pochi. Se le stanze per l’addestramento erano state sgomberate dagli invasori, c’era solo una manciata di maestri d’armi e fabbri rimasti in piedi e la maggior parte di essi era ferita.

“Andate,” ordinò loro Odd. “Siete rimasti troppo pochi per mantenere il controllo di questa Casa. Unitevi alla lotta per le strade. Uccidete i nemici e proseguite. Andate.”

Uscirono, ovviamente contenti di avere qualcuno che sembrava sapere cosa stava facendo e dava loro dei comandi.

“Forse dovremmo unirci a loro,” propose Wendros e saltò giù da dov’era appollaiato sulla ringhiera, barcollando leggermente sulla sua gamba malandata.

“Ben presto,” rispose Odd. “Quando sarai pronto.”

“Non provare a compatirmi,” ribatté il maestro di spada, “o combatteremo per davvero.”

Nonostante ciò, si fecero strada attraverso la Casa delle Armi molto più lentamente degli altri, scendendo negli spazi dove si trovavano le fucine e avanzando verso l’uscita. Le fucine giacevano silenziose adesso, solo un debole bagliore proveniente da esse si aggiungeva alla crescente luce dell’alba.

“Pensi che possiamo vincere?” chiese Wendros.

Odd alzò le spalle. “A volte si tratta solo di quanto a lungo e quanto bene si combatte.”

Si stavano ancora dirigendo verso l’uscita quando altri uomini di Ravin iniziarono ad accedere alla Casa delle Armi. Una coppia entrò per prima e Odd la abbatté senza difficoltà, ma seguirono altri e altri ancora dietro di loro. Si riversarono nella Casa delle Armi, quasi troppi per poterli contare. Certamente troppi perché loro due potessero combatterli. Nonostante ciò, Odd strinse la spada sul palmo.

“Pensi di caricare di nuovo?” domandò Wendros.

“No,” rispose Odd. “Combattiamo e ci ritiriamo, usando le fucine come copertura.”

Era un buon piano e iniziarono a indietreggiare insieme, verso una via d’uscita. Il nemico avanzò lento all’inizio, come se nessuno volesse essere il primo a raggiungerli. Poi un uomo si fece avanti, caricando, e Odd lo abbatté.

Gli uomini si riversarono dentro dopo di lui, raggiungendo Odd e Wendros da ogni lato. Adesso non c’era tempo per l’eleganza, né per l’abilità. C’era tempo solo per tagliare e affondare, dando terreno passo dopo passo. Finora poteva andare, perché le fucine li proteggevano mentre combattevano a fianco a fianco, ma un solo sguardo indietro disse a Odd che presto si sarebbe ripresentato il problema che lui ed Erin avevano affrontato sul ponte. Al di là delle fucine, oltre l’uscita verso cui si stavano dirigendo, lo spazio si apriva e i loro nemici avrebbero potuto circondarli. Solo che, questa volta, Odd dubitava fortemente che ci sarebbe stato un esercito che sarebbe venuto a salvarli.

“È un problema,” disse il Maestro di Spada Wendros, ovviamente avendo notato la stessa cosa. La sua spada volteggiò per deviare la lama nemica e ucciderne il proprietario. “Ma è un problema con una soluzione, almeno.”

“Quale soluzione?” chiese Odd, abbattendo un altro uomo, poi un altro ancora.

“Io difendo la posizione mentre tu scappi,” rispose Wendros. Deviò un colpo e calciò un soldato addosso ad altri due, rallentandone un poco il ritmo.

“Cosa? No,” ribatté Odd, e non solo perché non gli piaceva l’idea di scappare da un combattimento. Il maestro di spada lo aveva trattato come un suo simile e non come un cane rabbioso da usare contro i nemici ed evitare per il resto del tempo.

“Pensi che io possa correre?” chiese Wendros, mentre uccideva un altro uomo ancora. “Vai, Odd!”

“Io… grazie,” disse l’ex monaco. Si gettò all'indietro, dirigendosi verso la porta. Non poté fare a meno di guardarsi alle spalle, però.

Quello che vide gli si impresse dentro come qualsiasi altro oscuro ricordo della sua vita. Vide Wendros piroettare in un vortice di acciaio sfocato, che sembrava sfiorare appena i suoi nemici ma essere abbastanza affilato da finirli con quel tocco. Faceva vorticare le spade ed era un tutt’uno con esse, mentre uccideva qualsiasi uomo gli si avvicinasse, anche quando cominciarono a riversarsi tutti intorno a lui.

Se la sua gamba ferita non fosse scivolata mentre si girava per affrontarne un altro, forse avrebbe potuto anche tenerli tutti a bada. Nello stato in cui era, il suo equilibrio cedette, solo per un istante, lasciando la più breve delle aperture.

Una spada la trovò e lui venne trafitto, anche se riuscì a uccidere un altro uomo. Poi una seconda spada varcò l’apertura e gli si infilzò sotto l’ascella, unendosi alla prima. Odd osservò il maestro di spada morire e uccidere gli avversari anche mentre lo faceva.

Poi giunse il momento di fare una cosa che non aveva mai fatto in tutti i suoi anni come Cavaliere dello Sperone. Corse via, con tutti i soldati di Re Ravin sulla sua scia.

L’anello dei draghi

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