Читать книгу L’anello dei draghi - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 7

CAPITOLO PRIMO

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Il Maestro Grey era in piedi sopra Royalsport, con le braccia aperte mentre faceva sollevare le maree dei fiumi della città, alte e innaturali, sentendo il grande peso di tutto ciò che stava accadendo iniziare a gravare su di lui. Aveva avvertito che sarebbe accaduto tutto ciò, aveva avvertito che ci sarebbero state molte morti lungo la strada, ma la realtà si stava rivelando peggiore, molto peggiore.

Una goccia di sudore gli scorse giù per il viso mentre osservava la città sottostante; riusciva a vederla nonostante l’oscurità. Aveva imparato quel segreto molto tempo prima. Sotto di sé, poteva vedere Royalsport estendersi, ripartita in quartieri separati dall’assalto dell’acqua, ognuno dei quali formava adesso un’isoletta a sé. Attraverso quelle isole, sciamavano centinaia, se non migliaia, di truppe vestite del rosso e del viola degli uomini di Re Ravin.

La sua magia li aveva almeno divisi in gruppi separati e ciò significava che la maggior parte di quelle forze era ancora intrappolata alla periferia della città, in grado di non fare altro che formare un anello di contenimento attorno alle uscite di Royalsport. Un altro gruppo si trovava nel quartiere dove la Casa delle Armi di solito eruttava fumo e fiamme anche al buio, ma ora le sue fornaci giacevano silenziose, con gli addetti ai lavori presi a difenderle. Altri si erano sparpagliati negli altri quartieri, intorno alle Case degli Accademici, dei Commercianti, dei Sospiri. Separati l’uno dall’altro, la loro forza risultava ridotta, ma restava ancora troppo il male che potevano arrecare, e lo avrebbero fatto dopo aver visto spazzare via tanti dei loro.

Il Maestro Grey sussultò a quel pensiero; quante vite aveva rapito quella notte, lasciando corpi cadere e spezzarsi lungo gli argini del fiume o annegare negli abissi? Per quante fossero, erano più volti nel conto che teneva dentro di sé lo stregone; e una parte di lui sapeva che un giorno avrebbe dovuto pagare quel conto. Alla fine, tutte le cose prima o poi si pagano.

Tutto ciò per evitare che si scatenasse un assalto al castello che avrebbe visto massacrati quelli che si trovavano lì dentro, mentre i soldati cedevano alla sete di sangue. In questo, almeno, il Maestro Grey era riuscito. Sotto di sé, poteva vedere il gruppo guidato da Re Ravin intrappolato nel nobile quartiere vicino al castello, impossibilitato a procedere.

Una parte del Maestro Grey desiderava che potesse semplicemente allungare la mano e fermare il cuore dell’uomo con la sua magia. Avrebbe risparmiato così tanta sofferenza a venire, ma per farlo avrebbe messo in moto troppe altre cose. Doveva confidare che le cose che stavano già accadendo fossero sufficienti, che le persone coinvolte fossero tutto ciò che sperava fossero. Ad ogni modo, fare certe cose con la magia deturpava l’anima di un uomo. Lui non era uno degli Invisibili, per prevalere l’equilibrio delle cose e diventare sempre più perverso. Lui lavorava con quell’equilibrio ed era proprio questo a dargli potere.

Come per ricordargli i limiti di quel potere, il Maestro Grey avvertì le mani tremargli, ma riuscì a mantenere l’incantesimo; la sua mente teneva in posizione tutti i delicati legami necessari per far scorrere l’acqua dove non avrebbe dovuto. Ogni secondo che passava permetteva a coloro che si trovavano all’interno del castello di continuare a prepararsi e agli eventi di progredire lungo i sentieri che erano stati loro assegnati. Il Maestro Grey pensò a Devin, che aveva inviato a raccogliere i frammenti della spada incompiuta; a Erin, che combatteva nei vicoli lì in basso; alle figure che ancora dovevano fare la loro parte in tutto ciò.

Per ora, la sua parte era semplice: doveva resistere. Secondo dopo secondo, però, minuto dopo minuto, diventava sempre più difficile. Prima o poi avrebbe ceduto, e allora… allora la tempesta di violenza si sarebbe scatenata.

*

Re Ravin fissò la torre che svettava su un lato del castello. Lo stregone era in piedi lì in cima e, per un attimo, Ravin fu certo che l’uomo stesse guardando verso di lui. Quello era un bene, perché significava che si era accorto del nemico che stava avanzando per il mago stesso e per tutti gli altri.

Intorno a lui, gli edifici del quartiere nobile erano bui e silenziosi; gli abitanti all’interno erano troppo spaventati per uscire nelle strade. Avevano buoni motivi per avere paura: intorno a Ravin, i corpi di coloro che erano capitati sulla sua strada giacevano a terra, morti stecchiti. Prima, i soldati del nemico erano stati lì, a cercare di bloccare la loro avanzata nel quartiere, ma ora, restavano solo i suoi uomini. Avevano assediato le strade e aspettavano in silenzio i suoi comandi.

“Cosa dobbiamo fare, mio re?” chiese uno dei suoi ufficiali. “Proseguiamo verso il castello?”

Ravin prese in considerazione l’idea; era sicuro che almeno alcuni dei suoi uomini si sarebbero gettati nelle acque del fossato del castello se lo avesse loro comandato. Se avesse avuto lì tutte le sue forze, forse avrebbe potuto farlo davvero, colmando il vuoto con il peso del loro numero. Aveva solo quei pochi uomini, però, e in ogni caso non ce n’era bisogno.

Ravin non era un mago, ma aveva appreso sulla magia e sui suoi limiti, così come aveva appreso su tutte le altre armi a cui un re poteva accedere. Il Maestro Grey era senza dubbio potente, ma era pur sempre un uomo e aveva dunque i suoi limiti anche lui.

“L’incantesimo cadrà prima o poi,” replicò Ravin, mantenendo una voce calma, mostrando alle sue truppe che questo ostacolo non era un problema. “Adoperatevi per ricollegare i quartieri. Lanciate funi tra le case, in modo che gli uomini possano arrampicarsi e portare messaggi. Contattate gli uomini che abbiamo in ogni distretto.”

“Sì, mio re,” rispose l’uomo, facendo un cenno con il capo ad alcuni degli uomini che si trovavano lì e mandandoli via di corsa per eseguire gli ordini.

Ravin pensò a quello che il mago stava cercando di fare. A un altro uomo sarebbe potuto sembrare ovvio: separare sacche di truppe e lasciare che i difensori li abbattessero. Ma per Ravin non aveva senso. Non c’erano ancora abbastanza truppe in città perché una strategia del genere potesse funzionare. Al contrario, quello non avrebbe fatto altro che rallentare ancora l’invasione.

Che altro, poi? Forse lo stregone sperava che Ravin si facesse prendere dal panico e si ritirasse, o forse sperava che se solo avesse resistito abbastanza a lungo, i difensori sarebbero stati in grado di prepararsi a sufficienza da salvaguardare il castello. Forse il suo unico pensiero era proteggere il castello. Non tutti riflettevano tanto quanto Ravin sulle strategie, forse nemmeno gli stregoni.

Forse la sua strategia avrebbe funzionato se Ravin non si fosse preparato così bene, o se fosse stato un comandante meno paziente. Forse avrebbe funzionato anche se Ravin non fosse riuscito a sgomberare il letto del fiume in tempo. Quando si combatte per una corona, uccidere l’uomo che cerca di indossarla è un modo efficace per vincere la battaglia.

Era anche qualcosa che Ravin non gli avrebbe perdonato. Lo stregone sarebbe morto per quell’attentato alla sua vita. Ma non ancora.

“Sparpagliatevi,” disse agli altri. “Uno di voi trovi un punto alto e invii il segnale agli altri con la torcia. Dite agli altri uomini di fare lo stesso. Voglio che assedino la città, che la rendano nostra. Schiacciate ogni resistenza e chiunque si trovi per strada è un bersaglio, ma non distruggete più del necessario.”

“Voi dove starete, Vostra Maestà?” chiese l’ufficiale.

“Seguitemi.”

Ravin scelse una casa nobile a caso; aveva un’elegante costruzione in pietra raffinata che si estendeva attorno alla porta e delle piante sistemate alle finestre che scendevano come lacrime per i morti della città. Si avvicinò alla porta e la colpì con un pugno. Comprensibilmente, solo il silenzio gli rispose.

Ravin alzò un piede e diede un calcio alla porta con lo stivale, frantumandone i catenacci che la tenevano chiusa con un solo colpo. Entrò in un corridoio dove erano appesi dei quadri, che raffiguravano figura dopo figura ciò che gli sembrava una dichiarazione sulla discendenza del proprietario e sul suo diritto rispetto alla proprietà. Ravin li stava ancora guardando quando un uomo gli si avvicinò nella tenue luce della casa, correndogli incontro con una spada alzata. Ravin la colpì su un fianco e poi gli infilzò il petto con la sua stessa lama, facendolo cadere ai suoi piedi.

“Se fossi partito da lì, saresti sopravvissuto,” disse.

Camminò rapido per la casa e fino alla cucina, seguendo l’unico sfarfallio di luce presente in quel luogo. Spinse la porta ad aprirla e vi trovò una donna e quelle che pensò fossero le sue figlie, rannicchiate in fondo alla cucina insieme a una manciata di servitori. Erano accovacciati accanto al fuoco e avevano rovesciato un grande tavolo di legno per usarlo come una specie di barricata. Una coppia di servitori aveva in mano dei coltelli e avanzava come potesse combattere.

Ravin alzò la spada, con la lama ancora bagnata dal sangue dell’uomo che gli si era avvicinato.

“Credete davvero di potermi battere?” chiese. “Io sono Ravin, Re dei Tre Regni e vostro legittimo sovrano. Inginocchiatevi o morirete.”

Mise tutte le sue forze in quel suo comando vocale e vide gli uomini impallidire mentre capivano l’enormità di chi avevano davanti. Il coltello di uno sferragliò a terra, ma l’altro fu più lento. La pazienza abbandonò Ravin, che conficcò la spada nel petto del secondo uomo, ignorando le urla delle donne intorno a lui. Gli diede poi un calcio per mandarlo all’indietro e spinse il tavolo a rimetterlo in piedi. Prese una sedia, la sistemò davanti al tavolo e vi poggiò sopra la sua spada ancora insanguinata.

Guardò quei suoi uomini che lo avevano seguito. “Io starò qui. Fate il vostro dovere.”

Si misero in marcia e solo una coppia di loro restò a fargli da guardia del corpo. Ravin se ne stava seduto lì, osservando quelli che erano rimasti nella stanza. Ora erano tutti in ginocchio e lo guardavano con evidente terrore.

“Uno di voi, mi porti del vino,” ordinò. “Il resto di voi dia per scontato un semplice fatto: tutto ciò che pensavate fosse vostro adesso è mio, i vostri soldi, le vostre proprietà, voi stessi. Questa città, questo intero regno… è tutto mio.”

O lo sarebbe diventato, non appena l’incantesimo del mago fosse svanito.

L’anello dei draghi

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