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Capitolo Dieci

Pistole e Coperte

Tornando in soggiorno, vide che Silas si era spostato in cucina. “Che stai facendo?” gli domandò.

Silas stava frugando in un armadietto sopra il microonde. Tirò fuori una grande tavola di legno, che somigliava in modo sospetto alla base dello stesso armadietto. “Rifornimenti,” rispose. Estrasse una borsa nera e rettangolare di grosse dimensioni e la porse ad Aaron. “Se avessero sprecato meno tempo a cercare di intimidirmi e più a frugare in giro, forse avrebbero trovato qualcosa di utile.”

“Sei davvero preparato a tutto, a quanto vedo,” commentò Aaron.

“La parola che stai cercando è paranoico,” lo corresse Silas. Afferrò un sacchetto del ghiaccio e un pacco di piselli surgelati dal congelatore. Tornò in salotto e Aaron lo seguì. Silas iniziò a svuotare la borsa nera: era piena di flaconi di pillole. “Ti fa male la faccia?” chiese ad Aaron.

“Non molto.” Faceva male ma non era un dolore insopportabile. Robert di solito evitava di colpirlo in viso. I lividi sarebbero stati troppo visibili. I segni sulla schiena e sullo stomaco di solito impiegavano un paio di settimane per sparire del tutto ma nessuno poteva vederli.

Silas prese un tubetto di crema dal kit di pronto soccorso. “Vieni qui, questo ti aiuterà.”

“Prima occupiamoci di te,” ribatté Aaron. “Senza offesa, ma sei un disastro.” Prese la crema dalle mani di Silas e lesse le istruzioni. Era una specie di antibiotico generico. “Questo posso metterlo sulla tua spalla, vero?”

“Sì.”

Aaron prese uno dei guanti usa e getta dal kit, immaginando che fosse necessario indossarli per evitare la contaminazione incrociata, o qualcosa del genere. Trovò un pacchettino contenente una salvietta imbevuta di disinfettante e ripulì la ferita dal sangue. Lasciò passare una manciata di secondi perché si asciugasse, poi si spremette un po' di crema sulla punta delle dita e la strofinò con cura sul taglio.

Silas si sedette più dritto, improvvisamente immobile, e guardò Aaron con un'espressione tra il divertito e l'intrigato.

Aaron prese una garza e la attaccò sopra la ferita, poi controllò il resto del corpo di Silas in cerca di altri tagli e lesioni di cui poteva occuparsi.

“Ci sono solo lividi,” gli disse Silas. “Guariranno da soli.”

“E il tuo naso?”

Silas alzò il pacchetto di piselli surgelati. “Questi sono per la mia faccia, e questo,” gli porse il sacchetto del ghiaccio, “è per la tua.”

Afferrò un po' di cotone sterile, ci spremette sopra la crema e, prima che Aaron potesse protestare, la spalmò rapidamente sulla sua guancia, appiccicandoci poi un grosso cerotto. Per tutto il tempo continuò a premersi il sacchetto di verdure sul naso.

“Grazie,” mormorò Aaron. Seguì il suo esempio e si appoggiò il ghiaccio sulla guancia.

“Ti ha picchiato altre volte?” domandò Silas.

“Non voglio parlarne,” rispose Aaron. “Così come tu non vuoi dire quello che ti è successo davvero.”

Silas sospirò. “Dammi la mano, per favore.”

“Perché?”

“Voglio dire qualcosa e vorrei sembrare il più sincero possibile.”

“Sembra già una bugia.”

“Va bene, allora lo dirò e basta.” Silas prese aria. “Farley, Ralph e Regina sono entrati in casa mia. Farley e Regina hanno iniziato a cercare tra le mie cose, Ralph invece mi ha stuzzicato e io ho reagito. Ovviamente ha vinto lui. È più grosso di me, ma mi consolo sapendo che gli ho provocato quasi altrettanti danni. Ho afferrato un coltello e lui me lo ha preso, facendomi il taglio che hai appena fasciato. Poi mi ha rotto il naso e poco dopo Farley lo ha chiamato. Ecco tutto.” Scrutò Aaron, probabilmente per vedere se lo stava ascoltando. “Abbiamo fatto a botte. È stato spiacevole. Ma questo è davvero tutto quello che è successo.”

Aaron si morse il labbro. “Mi dispiace di essermene andato senza dirti niente.” Avrebbe dovuto svegliarlo. Erano complici ormai. Avrebbe dovuto lasciare i soldi a casa di Silas. Non avrebbe dovuto farsi prendere dal panico. Il panico era sempre stato la sua prima reazione. Robert faceva bene a tenerlo alla larga da Daniel. Aaron non era di alcun aiuto nel momento del bisogno. Se si fosse fermato a riflettere, avesse svegliato Silas e poi chiamato Daniel per spiegare la situazione a suo fratello, probabilmente avrebbero potuto ideare un piano d'azione e Silas non sarebbe stato attaccato. Se Aaron non fosse stato completamente addormentato durante le chiamate di Farley, Silas adesso non sarebbe stato ridotto a uno straccio maciullato.

“Aaron.”

Alzò lo sguardo su Silas.

“Non è stata colpa tua,” disse l'uomo. “Non mi hanno violentato. Sono stato meglio, questo è vero, ma sono solo ferite esterne, che guariranno in fretta. Non è stata colpa tua.”

Aaron si allontanò un po' da lui. Era bello sentirsi dire che perlomeno qualcosa non era colpa sua… troppo bello. Non poteva rischiare di abituarsi, oppure avrebbe cercato l'assoluzione per tutti i suoi errori.

“Non sei tu il responsabile di quello che è successo,” disse Silas con forza. “Lo capisci?”

“Sì.”

“Prima o poi mi spiegherai perché non indossi niente a parte una coperta?”

Aaron si appoggiò contro lo schienale del divano. “Ho avuto una sorta di attacco nel parcheggio di un supermercato. Non lo so. È una cosa stupida. Semplicemente, non volevo più indossare quei vestiti.” Non aveva idea di quanti pezzi della storia Silas stesse riuscendo a mettere insieme. Aaron sapeva di non avergli fornito molto materiale su cui lavorare.

Silas non curiosò oltre. Si stiracchiò e sbadigliò. “Non ho dormito molto stanotte. Mi rendo conto che tecnicamente è mattina, ma non ho un programma da rispettare. Direi che anche tu sia stanco?”

Aaron annuì.

“La mia camera da letto è un disastro, come avrai notato, ma il materasso è ancora in buone condizioni. Io userò il divano.”

“Userò io il divano,” ribatté Aaron. “Sei messo peggio di me.”

Dormiamo insieme. Lo abbiamo già fatto. Non deve essere per forza lui a proporlo.

“Grazie, ma no. Anche se,” rifletté Silas, “il materasso gonfiabile potrebbe essere ancora tutto intero. Vado a controllare.” Si alzò, ondeggiò e poi barcollò lungo il corridoio. Tornò un attimo dopo portando con sé una pompa elettrica e un insieme di plastica sgonfia. “Io uso questo. Tu prendi il letto.”

“Non è sicuro dormire qui,” gli fece notare Aaron. “Possiamo condividere la camera da letto. Non è un problema.”

“Ti sentiresti a tuo agio?”

“Non te lo avrei proposto se mi fossi sentito a disagio.”

“Allora va bene.” Silas tornò in camera da letto.

Aaron si concesse un momento per calmare l'improvvisa tensione nelle spalle e nello stomaco, poi lo seguì. Esaminò la porta della camera da letto. “Il legno è cavo,” disse.

“È importante?”

“È più facile da buttare giù.”

“Non torneranno,” disse Silas. “E, se lo faranno, gli sparerò.” Fece un cenno in direzione della pistola posata sul pavimento lì vicino. Aaron non si era neanche accorto che l'avesse presa. “Dormirò tra te e la porta.”

“Okay,” disse Aaron. “Io terrò d'occhio la finestra.”

“Oppure potrei serrare la finestra, dormire tra te e la porta e lasciarti riposare in pace sapendo che siamo al sicuro.”

“Non siamo al sicuro,” gli fece notare Aaron. “Siamo degli… obiettivi. E se questa casa è così sicura, come hanno fatto ad entrare?”

“Oh,” fece Silas. “Capisco. Pensi che abbiano fatto irruzione qui dentro.”

“Non è così?”

“No, li ho fatti entrare.”

“Perché cazzo avresti dovuto farlo?”

“Perché non avevo niente da nascondere,” rispose tranquillamente. “Ed è stato divertente vedere Farley sbuffare e lanciare minacce ma andarsene comunque a mani vuote.”

“Questo è…” iniziò Aaron. “Non lo so. È strano.”

Silas si strinse nelle spalle e infilò la pompa elettrica nel materasso gonfiabile. Si avvicinò al comò mentre si gonfiava. Prese una manciata di vestiti e raccolse alcuni oggetti che erano stati gettati sul pavimento. Consegnò tutto ad Aaron. “Nel caso in cui tu voglia abbandonare quella coperta.”

Afferrò altri vestiti dal pavimento e uscì dalla stanza, sicuramente, pensò Aaron, per dargli un po' di privacy mentre si cambiava. Per la seconda volta nel giro di poche ore, si infilò di nuovo i vestiti di Silas. Si sentiva più pulito, ma più stanco. Si tirò la sua coperta fino alle spalle. Quando Silas tornò, Aaron notò che aveva indossato un pigiama al posto dell'asciugamano.

“Prendo io il materasso ad aria,” disse Aaron.

“No.”

“Sì. Ho visto i tuoi lividi. Le tue costole potrebbero essere rotte o incrinate. Non sono un medico, ma sono sicuro che ti abbiano colpito abbastanza forte.”

“No,” ripeté Silas. “Inoltre, avrò una visuale migliore dal pavimento.” Fece un cenno verso la sua pistola. Si stese in fretta al centro del materasso gonfiabile, il cuscino infilato sotto la testa e il corpo coperto dal soffice piumino.

“D'accordo,” sospirò Aaron. Chiuse la porta e girò la chiave nella serratura.

“Apprezzo la tua preoccupazione,” disse Silas. “Ma sono io quello esperto di medicina. Sono abbastanza sicuro di sapere cos'è meglio per me stesso.”

“Sei anche quello che tra i due ha uno strano desiderio di morte.”

“Non ho nessun desiderio di morte.”

“Certo, come no.” Aaron strisciò sul letto. Il materasso cedette leggermente sotto il suo peso.

Silas si girò, dando le spalle ad Aaron. “Se ti svegli prima di me, questa volta preferirei che non te ne andassi senza farmelo sapere.”

“Va bene.” Si sarebbe concesso un giorno per riposare, poi se ne sarebbe andato. Non poteva restare in città. Robert non glielo avrebbe permesso. Aveva solo bisogno di dormire e recuperare un po' di energie, a quel punto sarebbe stato pronto per partire.

Si addormentò cercando di ricordare quanti soldi gli fossero rimasti nel conto in banca.

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