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Capitolo 2 “Il rovescio della medaglia”

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Dall’altro lato del Cuore del Tempo, due anni dopo... e più di mille anni nel futuro.

La lettera era indirizzata al santuario Hogo. Il l nonno, mentre tornava al tavolo dove stava sorseggiando il suo tè, guardò l’elegante busta che gli era stata appena consegnata. Prima che bussassero alla porta, si stava godendo la pace e la tranquillità di quella casa solitamente caotica.

Erano usciti tutti. Tama era andato in sala giochi con gli amici e Kyoko era andata in biblioteca a studiare, mentre sua figlia era uscita per fare la spesa.

Prendendo un tagliacarte, fece scorrere delicatamente la lama affilata nella busta bordata d’oro. Tirò fuori una lettera autenticata scritta su carta di buona qualità, e iniziò a leggere. Più andava avanti, più spalancava gli occhi. Era una borsa di studio... una borsa di studio per una scuola molto costosa che si trovava dall’altro lato della città, in periferia.

«K.L. University.» disse, sbalordito per la prima volta in tutta la sua vita. Da come c’era scritto era tutto spesato, anche il dormitorio, e c’erano le iniziali del fondatore dell’istituto, K.L.

Il nonno aveva un sorriso smagliante, Kyoko sarebbe stata più che felice. Era preoccupata che nessun istituto l’avrebbe ammessa per le troppe assenze fatte a scuola, e adesso, invece, ne avrebbe frequentato uno che superava tutti gli altri della zona.

Il nonno si accigliò pensieroso... era quasi impossibile essere ammessi in quella scuola, non conosceva nessuno che ci fosse riuscito. Si vociferava anche che fosse frequentata da pochissimi studenti a causa dei rigidi requisiti di ammissione. Come aveva fatto Kyoko ad essere ammessa in un posto del genere senza neanche fare domanda?

La sua mente ripercorse gli ultimi due anni. Kyoko ci aveva messo un po’ a riprendersi dopo essere uscita dal santuario così disorientata. Erano tutti confusi per quel suo ritorno improvviso, lei non ricordava granché da quando se n’era andata.

La famiglia Hogo sapeva dove andava perché entrava e usciva dal portale parecchie volte... ed era l’unica ad avere un’improvvisa amnesia al riguardo.

Non si ricordava nemmeno di Toya. Ma per il nonno non era un problema, anzi, era un bene che avesse dimenticato quel guardiano che viaggiava nel tempo. Era meglio che dimenticasse cosa c’era dall’altro lato del portale e il pericolo che esso rappresentava.

I suoi occhi si rattristarono per un attimo. La famiglia sapeva quasi tutto quello che succedeva perché Kyoko viaggiava continuamente tra i mondi e, quando tornava a casa, raccontava ogni cosa. Lui sapeva che sua nipote aveva tenuto nascosto molte cose. Segreti che non avrebbero mai saputo perché lei stessa li aveva dimenticati.

Anche se suo fratello minore Tama le aveva detto tutto quello che sapeva per farle tornare la memoria, Kyoko non aveva ricordato nulla. Ricordava soltanto di essere stata da sola nell’altro mondo, un mondo pieno di mostri.

Il nonno serrò le labbra mentre pensava. Sapeva che era andato tutto bene perché Kyoko ricordava qualcosa a proposito del Cuore di Cristallo Protettore che era tornato dentro di lei, e che era tutto finito. Dopo un paio di settimane si era buttata a capofitto nello studio, ottenendo ottimi voti, e adesso stava per essere ripagata. Il nonno sentì la porta d’ingresso che si apriva e sorrise.

Baciò la lettera come se fosse un amuleto portafortuna, poi vide Kyoko che entrava in cucina... sarebbe impazzita di gioia.

Tre settimane dopo…

Un paio di occhi dorati osservavano la ragazza dal passato mentre arrivava a scuola. Finalmente l’aveva trovata e, in qualche modo, avrebbe riaggiustato le cose. Sentì le proprie difese umane abbassarsi per un attimo e i suoi occhi s’infiammarono al ricordo di ciò che era successo quel fatidico giorno, in mezzo al campo di battaglia.

I raggi del sole mattutino che filtravano dalla finestra proiettavano una strana ombra a forma di ali dietro di lui. Si guardò una mano mentre gli artigli tornavano a nascondersi sotto le sue sembianze umane.

Volgendo lo sguardo verso la Sacerdotessa, placò i propri poteri. Era giunta l’ora ormai, e, insieme alla purezza di Kyoko, sentiva anche il male che si stava risvegliando. Presto la battaglia incompiuta sarebbe cominciata. Ma stavolta lui non avrebbe commesso lo stesso errore.

Kyoko fissò l’enorme edificio. Le sembrava un grande castello di un passato sconosciuto. Sorrise tra sé, non riuscendo a trattenersi. Era ancora troppo felice per la borsa di studio, e per il fatto che avrebbe vissuto lì.

Poi guardò Tama. Le era stato di grande aiuto ad accompagnarla lì con le valigie. Era contenta di aver convinto sua madre e suo nonno a restare a casa, e di averli salutati lì. Ora si sentiva quasi inebriata da tutta quella libertà e fece un respiro profondo, assaporandola.

«Kyoko, vuoi startene lì tutto il giorno o andiamo a cercare la tua stanza?» brontolò Tama, sebbene fosse affascinato anche lui da quella visuale. Osservò sbalordito il gigantesco arco che portava all’ingresso principale.

Kyoko riprese la mappa che aveva in mano e indicò l’enorme edificio collegato all’ala destra dell’istituto. «Dovrebbe essere lì.». Si voltò e fece l’occhiolino a Tama, «Grazie per avermi aiutata.».

Lui sorrise un po’ imbarazzato e le disse: «Figurati. Non averti tra i piedi per un po’ sarà la mia ricompensa.». Si scostò e si mise a correre, ridendo a crepapelle.

Kyoko iniziò a inseguirlo ma, sentendosi osservata, si fermò.

Con la brezza che le scostò i capelli dal viso, si voltò verso l’edificio, chiedendosi chi la stesse guardando, ma non vide nessuno. Da qualche anno sentiva cose strane ed era sicura che, in quel momento, qualcuno la stesse spiando. Le sembrava quasi che quello sguardo la toccasse.

Le parve di intravedere un movimento in una finestra al piano superiore ma, guardando meglio, vide che non c’era nessuno. Sospirò tra sé, quella strana sensazione era svanita. Si morse il labbro inferiore, aspettando che la delusione passasse. Alla fine raggiunse Tama che stava entrando. Entrambi si guardarono intorno e si bloccarono.

«Questo posto è fantastico.» sussurrò Tama, poi le si avvicinò e, con tono serio, aggiunse: «Forse dovresti tenere la mappa... conoscendoti, ti perderai qui dentro.».

Kyoko non sembrava dargli ascolto mentre osservava l’atrio principale. La sala in cui si trovavano era alta almeno tre piani, con le scale che s’inerpicavano a spirale. Da un lato c’era un’enorme biblioteca, mentre dall’altro c’era una sorta di zona ricreativa e, appeso al soffitto a volta, c’era un gigantesco lampadario.

«Sarebbe un bel guaio se cadesse.» disse, facendo un cenno con la testa.

In corrispondenza del lampadario c’erano dei salottini con sedute imbottite. C’erano già alcuni studenti indaffarati, anche se era molto presto. Lei era voluta partire il prima possibile, e adesso erano le 07:30 del mattino. Guardò di nuovo la mappa, chiedendosi dove sarebbe dovuta andare.

Guardò Tama e indicò le scale. Poiché si stava trasferendo lì, aveva portato quattro valigie, ed erano molto pesanti.

Tama impallidì, «Stai scherzando, vero?». Lasciò andare i manici della valigia più grande, sapendo che stavolta le ruote non gli sarebbero state di aiuto. «Non ho tutta questa forza.».

Kyoko raddrizzò le spalle con decisione, poi fu colta di sorpresa quando sentì una voce maschile dietro di sé: «La signorina Kyoko Hogo?».

Lei si voltò all’istante e rispose: «Sì.». Spalancò gli occhi quando si trovò davanti un bel ragazzo. Aveva dei meravigliosi occhi color ghiaccio e lunghi capelli neri, raccolti in una coda di cavallo. Mentre lo guardava affascinata, sentì una strana brezza che le fece svolazzare i capelli sul viso.

Quel tipo aveva un sorriso ammaliante. Con suo grande stupore, lo vide schioccare le dita e due ragazzi comparvero quasi dal nulla, presero le sue valigie e salirono su per le scale. Kyoko rimase meravigliata ma, prima che riuscisse dire qualcosa, il ragazzo le prese una mano e vi posò un bacio delicato.

«Io sono Kotaro. Non avrei sopportato l’idea di vedere una ragazza così bella che sale le scale con delle valigie così pesanti. Se vuoi seguirmi, ti mostro la tua stanza.». Tenendola per mano, si voltò e si avviò per le scale.

Il calore improvviso che gli scorreva dalle dita lungo il braccio sembrava continuare a diffondersi in tutto il corpo... risvegliando il suo sangue di guardiano. Quello era un segreto. Le strinse leggermente la mano, sapeva che era lei la persona che aveva aspettato con tanta pazienza. L’aveva capito nel momento in cui era entrata nell’edificio.

Kyoko alzò un sopracciglio, pensando tra sé: “Che gli dei mi salvino. Un ragazzo che fa il galante... ma dove sono finita?”.

Voltandosi verso suo fratello, vide che era rimasto a bocca aperta. Piegò la testa di lato e alzò un sopracciglio, «Attento, così ti entrano le mosche in bocca.». Poi, prima che lui potesse riprendersi, si voltò e seguì quel ragazzo di nome Kotaro.

Sulla sua lavagna immaginaria segnò il punteggio di uno a zero per a sfavore di Tama. Lo sentì sbuffare mentre salivano le scale, lo stava battendo.

Incrociarono un altro ragazzo che scendeva e, mentre passava senza neanche guardarla, Kyoko sentì un tuffo al cuore e trattenne il fiato. Tutti i rumori svanirono mentre lui le passava accanto quasi al rallentatore. Poi tutto tornò alla normalità, e intanto il suo cuore saltò un battito, per poi accelerare.

Provò una sensazione di disagio, come se le mancasse qualcosa... anzi, come se avesse perso qualcosa che adesso le mancava da morire. Cercando di scrollarsi di dosso quella strana sensazione, non si voltò a guardare il ragazzo in questione, era meglio non farlo.

«Be’, almeno ci sono parecchi ragazzi per cui sbavare.» sussurrò Tama, facendola ringhiare mentalmente.

Arrivati in cima alle scale, Kotaro imboccò un lungo corridoio con numerose porte su entrambi i lati. Immaginò che fosse il dormitorio, ma il ragazzo non rallentava né si fermava ancora davanti a nessuna stanza. Alla fine del corridoio c’era una porta con su scritto “DIVIETO DI ACCESSO”. Rimase un po’ confusa quando Kotaro e i ragazzi che portavano le valigie entrarono come se niente fosse, percorrendo un’altra rampa di scale.

Tama si avvicinò a Kyoko e la punzecchiò: «Secondo me ti portano nelle prigioni sotterranee.». Lei gli sorrise da sopra una spalla, «Stiamo salendo, stupido.». «Allora è una stanza vuota e fredda in cima alla torre.» continuò Tama.

«Beh, almeno mi terrò in forma.» pensò Kyoko mentre raggiungevano la fine di un’altra rampa di scale, poi svoltarono in un altro corridoio, e stavolta era bellissimo. C’era addirittura il pavimento di marmo. Le porte erano molto distanti tra loro. C’erano solo tre stanze e lei temeva che Kotaro non sapesse qual era la sua.

Il ragazzo si diresse verso l’ultima porta. Kyoko era una persona davvero speciale perché non a tutti era permesso di entrare in quel corridoio, e lui sapeva che quella era la stanza migliore di tutto il campus. Si fermò davanti alla porta e aspettò che lei e il suo giovane accompagnatore si avvicinassero.

Vedendola nervosa, Kotaro sogghignò... riusciva a percepire il suo nervosismo. Scrutò i suoi occhi color smeraldo e sentì il cuore fibrillare ma, per ora, si sarebbe limitato a fare come gli era stato ordinato.

Tese una mano con il palmo all’insù. «Ora tolgo il disturbo ma, se dovessi avere bisogno di qualcosa...». Le porse la chiave della stanza e, con uno sguardo che la fece arrossire, le rivolse un inchino galante, poi fece cenno agli altri due ragazzi di seguirlo.

Kyoko e Tama li osservarono esterrefatti, poi Kyoko guardò la porta e sussultò... c’era una targa con scritto il suo nome e cognome a lettere dorate.

Tama le diede un colpetto sulla spalla ridacchiando, «Attenta... ti entrano le mosche in bocca.».

Lei alzò gli occhi al cielo e cancellò mentalmente il punto che si era assegnata prima. Poi prese la chiave e aprì timidamente la porta, sbirciando all’interno.

Tama spalancò gli occhi e le passò accanto, «Non ci credo! Questa stanza è grande quasi quanto casa nostra!». La sua voce piena di stupore riecheggiò nel silenzio. «Potresti aprirci una discoteca, qui dentro.».

«Allora, ti piace la mia prigione sotterranea?» gli chiese Kyoko.

*****

Due ore più tardi, dopo aver salutato suo fratello, Kyoko iniziò a sistemare le sue cose sulle mensole in bagno. Guardò la vasca, era grande abbastanza per cinque persone. «Non ci credo.».

Le si drizzarono i peli sulla nuca al pensiero che forse si trattava di un errore. «Sicuro.» mormorò. Tra poco sarebbe arrivato qualcuno per dirle di riprendersi tutta la sua roba. Doveva essere la stanza sbagliata.

Uscì dal bagno e si guardò di nuovo intorno. Non aveva mai visto un letto così grande, era già pronto ed era completo di piumone e quant’altro. La stanza era bellissima, nei toni del viola e del blu che richiamavano il tappeto e il letto. C’era un tocco di rosso intenso qua e là, e l’armadio era così grande da perdersi al suo interno.

Entrò nel soggiorno, dai colori nero e oro, che era dotato di tutto quello che una persona potesse desiderare. Aveva già controllato la cucina, era completamente attrezzata. Poi scosse la testa per l’ennesima volta, «Non può essere.». Si morse il labbro inferiore, chiedendosi cosa fare. Era sabato mattina e le lezioni non sarebbero iniziate prima di lunedì.

«Be’, non posso starmene chiusa qui tutto il giorno.» si disse.

Sentendosi quasi come se si stesse aggirando in una zona proibita, aprì la porta della stanza e fece capolino nel corridoio. Non vedendo nessuno, uscì e richiuse la porta, dirigendosi in silenzio verso le scale che portavano al piano di sotto.

Ebbe di nuovo la sensazione di essere osservata e rabbrividì, ma continuò a camminare, non osando voltarsi indietro.

“Riesce a sentirmi.” pensò Kyou tra sé. Forse i poteri di Kyoko non erano così nascosti come temeva. Lo aveva capito da quando l’aveva vista uscire dalla sua stanza e aveva inalato, e assaporato, il suo odore.

Ciò gli riportò alla mente altri ricordi. “Presto libereremo di nuovo i tuoi poteri, Sacerdotessa. Puoi anche nasconderli... ma non per molto.”. Si appoggiò al muro del corridoio, seguendola con lo sguardo finché non sparì dalla sua vista.

*****

Una volta arrivata al piano di sotto, Kyoko respirava più liberamente. Adesso era circondata da coetanei. Sospirando, si scrollò di dosso la sensazione provata al piano di sopra e si fermò per un momento.

Odiava quando i suoi sensi reagivano in quel modo. A volte, desiderava non avere la capacità di percepire le cose. Scrutò l’enorme pianterreno dell’edificio. «Mi servirebbe un interruttore per spegnere la mente in questi casi.» borbottò, continuando a pensare alle strane vibrazioni che aveva percepito poco prima.

Guardò il lato della biblioteca e poi quello opposto, avrebbe iniziato da quell’area. Si era sempre allenata fin da quando aveva memoria, e intendeva continuare a farlo. Negli ultimi due anni aveva praticato arti marziali di qualsiasi tipo, amava la libertà di movimento che le dava un corpo flessuoso.

Attraversando le sale giochi, notò che c’erano parecchie aree per diversi tipi di allenamento. Una delle palestre più grandi aveva i vetri trasparenti. Non riuscì a resistere e si fermò a guardare. C’erano due persone che combattevano con le spade. Sentendo il rumore del metallo, alzò un sopracciglio. Avvicinandosi alla porta, finì per origliare.

«Devi fare più attenzione, Suki.» disse la persona vestita di nero, dalla voce maschile, che poi punzecchiò sul sedere l’altra persona, ridendo.

Kyoko non poteva vedere i loro volti perché indossavano le visiere protettive.

«Shinbe!» gridò l’altra persona, dalla voce femminile e arrabbiata. Poi, senza preavviso, balzò in avanti e colpì l’altro alla testa, come per dargli uno scappellotto con la spada, e si tolse la visiera.

I suoi lunghi capelli castani le ricaddero sulla schiena mentre si avvicinava all’altro, puntandogli un dito sul petto. «È difficile combattere seriamente, con te che sei un pervertito.».

Shinbe si tolse la visiera sorridendo. Alzò le braccia in segno di resa e indietreggiò, «Mi dispiace Suki, ma, ecco... era una parte del corpo che non stavi proteggendo.». Sentendo una specie di formicolio sulla pelle, si accigliò e si voltò verso la ragazza accanto alla porta, «Ehm-ehm... abbiamo visite.».

Kyoko vide la ragazza arrossire e poi dirigersi verso di lei sorridendo.

«Gli uomini...» si lamentò Suki. Alzò gli occhi al cielo, poi le porse la mano in modo amichevole: «Ciao, io sono Suki, e quello stupido è Shinbe». Con un pollice indicò il ragazzo che si stava avvicinando con un sorriso ancora stampato sulla faccia.

«Suki.» disse lui, «Così mi ferisci.» continuò, portandosi le mani sul cuore.

Suki si accigliò: «Shinbe... se io potessi ferirti, ti sarebbe uscito già il cervello dalle orecchie per tutte le volte in cui mi hai costretto a darti una legnata.».

Shinbe fece un cenno con le sopracciglia, «Adoro i modi grezzi con cui mi dimostri il tuo amore.».

«Ti faccio vedere io i modi grezzi... ma non vorrei spaventare la nuova arrivata.» ribatté Suki.

Kyoko la adorava già e, stringendole la mano, sorrise. «Ciao, io sono Kyoko.» disse, poi guardò Shinbe e aggiunse: «Lieta di conoscervi.». C’era qualcosa nei suoi occhi che aveva attirato la sua attenzione. Erano di un incredibile color ametista. I suoi capelli scuri erano lunghi poco oltre le spalle e avevano dei riflessi blu. In qualche modo le ricordava un cantante di una band degli anni ‘80.

Suki le rivolse un sorriso smagliante, «Ehi, avevo sentito parlare di te. Sapevo che saresti arrivata oggi. Più tardi ti avrei cercato per farti fare un giro del campus.». All’improvviso, divenne seria e girò la testa, lanciando un’occhiataccia a Shinbe, «Io non lo farei, se fossi in te.».

Kyoko si voltò perplessa. Ovvio... Shinbe stava per toccare il sedere di Suki e sogghignava. Poi sospirò e abbassò la mano, «Prima o poi riuscirò a capire come fai ad accorgertene senza neanche guardare.».

«Me ne accorgo e basta.» ribatté Suki. Poi, con un sorriso cordiale, si rivolse a Kyoko: «Vado subito a cambiarmi, vieni con me.». La prese per mano e la trascinò fuori dalla porta.

Kyoko guardò Shinbe, che la salutò con una mano. «Questi due sono uno spasso.» pensò tra sé, mentre entravano nello spogliatoio delle ragazze.

A Suki stava già simpatica Kyoko e, per qualche strana ragione, le sembrava di conoscerla senza averla mai incontrata prima. «Parlami un po’ di te mentre mi cambio.» le disse, facendo capolino da dietro il muro divisorio.

Kyoko si sedette su una panchina, si sentiva completamente a proprio agio con Suki. «Oh beh, vengo dalla periferia dall’altra parte della città. E, non so come, all’improvviso ho ricevuto una lettera in cui c’era scritto che avevo ottenuto una borsa di studio per questo posto.». Sentì un verso di assenso di Suki e continuò: «Non so davvero come sia successo, ho ricevuto una borsa di studio per cui non ho neanche fatto richiesta.».

A quelle parole, Suki sorrise e fece capolino da dietro il muro, «Non preoccuparti. A me è successa la stessa cosa.». Sparì di nuovo per rivestirsi e aggiunse: «Neanch’io avevo chiesto una borsa di studio qui.».

Kyoko si accigliò, «Ma perché? Ci dev’essere un motivo. Tu ne sai qualcosa?».

Suki ricomparve, completamente rivestita, e si sedette per infilarsi le scarpe da ginnastica. «Sì, penso di aver capito, o almeno credo. La persona che gestisce questa scuola cerca persone con...» fece una pausa, piegò la testa e continuò: «... abilità uniche.». Poi scrollò le spalle e aggiunse: «Potrebbe volerci un po’, prima di abituarti alle altre persone che vivono qui.». Sorrise, sapendo di avere ragione.

All’improvviso, si alzò e lanciò una scarpa contro la porta, sogghignando quando sentì un’imprecazione provenire dall’esterno. Recuperò la scarpa e si sedette di nuovo per infilarsela. «Il punto è, quali abilità hai?».

Kyoko sentì il respiro fermarsi mentre la sua mente andava in tilt. Nessuno lì avrebbe potuto sapere che lei era una sacerdotessa. Guardò Suki con un’espressione colpevole, poi distolse subito lo sguardo e rispose: «Nessuna, che io sappia.».

Suki alzò un sopracciglio e scrollò le spalle, prima o poi lo avrebbe scoperto. «Vieni, andiamo. Credo che Shinbe ci stia aspettando.». Aprì la porta e, ovviamente, lui era appoggiato al muro, ad origliare. Le sorrise con aria innocente, indietreggiando.

Suki chiuse la porta e indicò il cartello che c’era appeso, «Non sai leggere? C’è scritto “Spogliatoio delle ragazze”.», e gli lanciò un’occhiataccia.

Lui scrollò le spalle e rispose: «Certo, perciò mi sono avvicinato.». Si scostò all’istante quando lei fece per dargli un ceffone. «Suki... sono un maschio... ho bisogno di affetto. Non c’è modo migliore per ottenerlo se non imparando a capire la mente femminile.».

«Cerca in biblioteca.» borbottò lei a denti stretti.

Shinbe sorrise e continuò: «Mia cara, tutti i libri sulla mente femminile che sono in biblioteca sono vuoti.».

Lei rispose sorridendo: «Solo perché sono stati scritti tutti da un maschio.».

Alzando un sopracciglio, Shinbe le si avvicinò, «Esatto. E io voglio essere il primo a scrivere qualcosa di importante per noi che abbiamo il testosterone.».

Suki guardò Kyoko con un’espressione arrendevole, poi guardò l’orologio. «Hai fame? Andiamo alla mensa e mangiamo qualcosa.».

Kyoko annuì. Non aveva mangiato nulla prima di arrivare lì perché era troppo nervosa, ma adesso si sentiva a suo agio e aveva una fame da lupi.

Shinbe fece un cenno con la mano, «Prima le signore». Poi gridò quando Suki gli diede uno scappellotto.

«Stavolta sono stata veloce, eh?... Vai avanti tu.», gli disse lei con uno sguardo accusatore. Adesso che quel maniaco camminava davanti a loro, Suki si avvicinò a Kyoko e sogghignò, «Ricordati di non camminare mai davanti a lui, per nessun motivo, se non vuoi essere palpeggiata.».

Kyoko non riuscì a trattenersi e iniziò a ridere senza ritegno finché non entrarono nella mensa, che le sembrava più un ristorante. Spalancò gli occhi e si avvicinò a Suki, «Sai, ogni angolo di questo edificio mi fa sentire fuori luogo.».

Shinbe le condusse a un tavolo in fondo. Le due ragazze si sedettero su una panchina mentre lui si sedette di fronte, come se fosse il ragazzo più innocuo del mondo. «Ci vuole molto tempo per abituarsi a questo posto.» le disse. Poi sorrise a Kyoko e, con gli occhi che brillavano, aggiunse: «Io sono qui da un anno e non ci sono ancora riuscito.».

Suki diede una leggera gomitata a Kyoko: «Anche lui ha ricevuto la stessa lettera che è arrivata a noi.», poi scrollò le spalle come per dirle di farsene una ragione e divertirsi.

Kyoko si sporse in avanti con aria o confusa, «Io non capisco. Perché qualcuno farebbe una cosa del genere?».

Shinbe fece un cenno, qualcuno doveva pur dirle la verità. «Io ho delle abilità particolari, e anche Suki.», poi le fece l’occhiolino e aggiunse: «Come tutti gli altri che hanno ottenuto una borsa di studio.». Si fermò per trovare le parole giuste, poi continuò: «Abbiamo tutti delle doti, in un modo o nell’altro.». Guardò Suki con aria perplessa e le chiese: «Gliel’hai già detto?».

Lei scosse la testa e guardò Kyoko, decisa a cambiare argomento, «Ti va un hamburger con patatine?».

Kyoko annuì e l’altra si alzò, come per evitare la storia delle borse di studio gratuite, e le disse: «Aspettami qui, torno subito. E non preoccuparti, per chi ha la borsa di studio il cibo è gratis ed è addirittura servito al tavolo.». Suki andò a ordinare da mangiare, lasciandola sola con Shinbe.

Il Cuore Del Tempo

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