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Capitolo 3 “L’incontro con Toya”
ОглавлениеShinbe si sporse verso Kyoko con aria seria. «Qui ci sono persone normali, e poi ci sono quelle che hanno le borse di studio come me e Suki. Ognuno di noi ha un’abilità speciale... una sorta di potere che le persone normali non hanno.».
«Il mio è la telecinesi. Riesco a spostare gli oggetti con la mente. E anche la telepatia, cioè posso parlare con gli altri attraverso la mente.». Pronunciò l’ultima frase senza parlare ma direttamente nella mente di Kyoko, sapendo che lei poteva sentirlo.
La ragazza rimase a bocca aperta quando sentì la sua voce nella propria mente, invece che nelle orecchie. All’improvviso sentì un calore familiare, come se conoscesse quella voce. La sua espressione si rilassò e il suo sguardo si addolcì mentre lo fissava.
Shinbe cercò di nascondere le proprie emozioni... dopo essersi collegato mentalmente con lei, aveva dovuto concentrarsi al massimo per interrompere il legame. Era come se il suo potere volesse restare con lei. Cercando di scacciare quella sensazione, aggiunse: «So anche lanciare incantesimi, discendo da una lunga stirpe di monaci.», poi s’interruppe quando Kyoko scoppiò a ridere.
Suki tornò al tavolo e intervenne: «So che sembra difficile da credere, ma discende davvero da una stirpe di monaci.». Sorrise, poi la sua espressione si fece di nuovo seria: «L’ho visto anche spostare gli oggetti senza toccarli, ed è bravissimo in ogni genere di arti marziali.».
«Forse dovremmo parlarle di tutte le doti che ho.» disse sfacciatamente Shinbe.
Suki si girò e lo guardò storto, «No, non le dirò che sei bravo in “quello”!», e gli diede l’ennesimo scappellotto dietro la nuca.
«Ma si comporta lo stesso come un umano.» disse all’improvviso una voce sarcastica, e Shinbe si raddrizzò, scostandosi per fare posto alla persona in questione.
Kyoko alzò lo sguardo, incrociando un paio di occhi dorati. Appartenevano al ragazzo più bello che avesse mai visto. Lui aveva lunghi capelli con riflessi argentati e la sua pelle dorata sembrava brillare di luce propria. Eppure, con quegli occhi sembrava tenerla prigioniera anche senza guardarla.
Suki sbuffò e incrociò le braccia sul petto, lanciando un’occhiataccia al nuovo arrivato. «Fantastico, mancavi soltanto tu per spaventarla.».
Shinbe sorrise a Suki, poi guardò Kyoko per fare le presentazioni di rito: «Questo è Toya. Toya, lei è Kyoko. Oggi è il suo primo giorno.».
Toya si voltò a guardarla e, per qualche motivo, quel suo sguardo indagatore la infastidì. Kyoko restrinse lo sguardo, gettando al vento la prima impressione positiva che aveva avuto di lui.
«Quindi sei tu la sacerdotessa?» disse lui sbuffando, poi si voltò, ignorandola.
Kyoko lo guardò sorpresa e sussultò. Nessuno lì sapeva che era una sacerdotessa. In realtà, soltanto i suoi familiari lo sapevano.
«E tu come diavolo fai a saperlo?» gridò furiosamente.
Toya trasalì sentendo il proprio sangue ribollire. «Dannazione, non gridare come una pazza. Ci sento ancora bene.» ribatté ringhiando.
Suki e Shinbe sussultarono e quasi desiderarono scomparire mentre gli altri due facevano a gara di sguardi.
I sensi di Toya iniziarono a percepire un’ondata di potere nella rabbia di Kyoko e lui s’irrigidì... forse quel bel corpo nascondeva davvero un qualche potere, ma avrebbe preferito essere dannato, piuttosto che dirglielo.
La scrutò in silenzio. I suoi capelli ramati brillavano alla luce e incorniciavano il suo bel viso a forma di cuore. Aveva degli occhi verdi che ora lo stavano fissando con rabbia, facendogli ribollire il sangue. Gli piacevano le ragazze che avevano fegato, e lei ne aveva da vendere ma, per qualche strano motivo, la cosa sembrava metterlo a disagio. Non gli piaceva il modo in cui lo stava guardando... ma risolse subito il problema.
Le lanciò un’occhiataccia, cercando di intimidirla. «Tu hai una borsa di studio, no?... E lui ha detto che sei una sacerdotessa!» ringhiò Toya, avvicinandosi finché il proprio naso non sfiorò quasi il suo, poi incrociò le braccia e sbuffò. «Scommetto che non sai nemmeno com’è fatto un demone.» aggiunse brontolando, poi si rese conto che le sembrava sempre più carina, e questo lo irritava.
Kyoko sussultò e la sua rabbia aumentò. Lei sapeva benissimo com’erano fatti i demoni. Li studiava da una vita e, se la sua famiglia aveva ragione, ne aveva persino incontrato qualcuno... anche se non riusciva a ricordarlo. Non le piaceva l’atteggiamento arrogante di Toya, quindi alzò un sopracciglio come per sfidarlo.
Suki prese le difese della sua amica: «Toya, riesci a essere educato almeno per un minuto? È arrivata solo da un paio d’ore e, se tu non la fai scappare, vorrei convincerla a restare.». Sembrava quasi triste al pensiero di perdere Kyoko così presto.
Toya alzò un sopracciglio e guardò Suki: «Be’, non ha risposto alla mia domanda. Pensi che se la caverà qui?» disse, tornando a guardare Kyoko.
«Io posso cavarmela ovunque, idiota.» lo informò Kyoko con tono gelido.
Suki e Shinbe si guardarono a vicenda. Non avevano mai sentito nessuno tenere testa a Toya in quel modo, eccetto loro stessi e il rettore dell’università, e forse anche Kotaro. Poi sorrisero, quella ragazza iniziava proprio a stargli simpatica.
Un cameriere si presentò al tavolo con un vassoio pieno e Kyoko spostò l’attenzione su di lui. Il ragazzo la guardò un po’ troppo a lungo e i sensi di Kyoko iniziarono ad avvertirla che stava succedendo qualcosa. Fissò i suoi occhi neri, che non sembravano intonati a quel viso infantile.
C’era qualcosa in lui che la attirava, ma Kyoko non era sicura di gradire quella sensazione. Certo, aveva un bell’aspetto, ma aveva anche qualcosa che la metteva un po’ a disagio. Sbatté le palpebre come per liberarsi dall’incantesimo che quel giovane sembrava quasi le stesse lanciando. Poi si destò quando qualcuno ringhiò cupamente.
Toya sentì il freddo sulla propria pelle e ringhiò verso il cameriere, quasi destandolo dal suo stordimento. Il ragazzo si girò per lasciare il tavolo e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Toya, sembrarono trasformarsi da neri a blu metallizzato.
Kyoko guardò Suki con aria confusa ma la ragazza scrollò le spalle, dando un morso al proprio panino. Shinbe tossì con la mano davanti alla bocca per non ridere quando il cameriere si allontanò di corsa. Kyoko percepiva delle vibrazioni molto strane da quel tipo di nome Toya e non si sarebbe arresa finché non avrebbe capito qual era il problema. Si appoggiò allo schienale della sedia e lo osservò per un momento.
Aveva i capelli di una strana tonalità di nero, con riflessi argentati, e i suoi occhi erano stupendi... lui era stupendo. “Dopo ricordati di prenderti a schiaffi per averlo pensato.” si disse. Quegli occhi ardevano di polvere d’oro, senza dubbio. Sarebbe stato simpatico, se non fosse per il modo in cui la stava guardando.
Suki sospirò. Avrebbe dovuto parlare a Kyoko di quella situazione. Toya aveva una sua etica e non era una buona idea contraddirlo. E poi, lei non sapeva di aver fatto arrabbiare un Guardiano.
«Sapete, se si gioca con il fuoco... si finisce per bruciarsi.» disse Shinbe di punto in bianco, ricevendo un’occhiataccia dagli altri, che decisero di ignorarlo.
Toya lanciò un’altra occhiata a Kyoko. Quindi era lei la ragazza che avrebbe dovuto sorvegliare? No, doveva essere uno scherzo. Kyou gli aveva detto che sarebbe arrivata quella mattina e, con tono piuttosto preoccupato, gli aveva ordinato di sorvegliarla e proteggerla senza sosta.
Toya restrinse lo sguardo, ripensando al cameriere che si era avvicinato al loro tavolo. Il modo in cui aveva guardato Kyoko lo aveva fatto infuriare. La sacerdotessa era davvero in pericolo? Perché Kyou avrebbe avuto interesse a proteggere una semplice umana? Non aveva mai trattato nessuno con rispetto, che cos’aveva di diverso quella ragazza?
A volte Toya odiava che Kyou fosse il suo capo guardiano, ma doveva ammettere che gli era grato per averlo preso con sé. Sapeva che, quando Kyou faceva qualcosa, era sempre per una buona ragione, e questo continuava a suscitargli domande su quella ragazza di nome Kyoko.
Shinbe notò che la tensione al tavolo era diventata pesante e guardò Suki con due occhioni dolci. Sapendo che Kyoko avrebbe riso delle sue buffonate, cominciò.
«Allora, Suki, vieni a ballare con me stasera? È sabato e mi dispiacerebbe ballare con dozzine di sconosciute, invece che con te.» disse e, per rafforzare le proprie parole, fece uno sguardo sognante come per immaginare una folla di ragazze che ballavano intorno a lui.
Suki gli rivolse uno sguardo inespressivo, chiedendosi se non fosse il caso di schiaffeggiarlo per fargli togliere quell’espressione da ebete, poi si girò verso Kyoko. «Mi serve compagnia. Tu vieni con me, vero?» le chiese sorridendo, poi aggiunse: «È troppo pericoloso andare da sola con... lui.», e la guardò con aria supplichevole.
Kyoko sorrise quando vide Shinbe destarsi e farle l’occhiolino. «Sì, mi farebbe piacere venire con voi. Così uniamo le forze se Shinbe esagera.».
Lo guardarono entrambe, lui si lamentò e Kyoko non poté fare a meno di ridere. Quei due le stavano proprio simpatici.
Toya osservava Kyoko con la coda dell’occhio. Dannazione, com’era bella quando rideva. Ringhiò tra sé... da dove saltavano fuori quei pensieri? Si appoggiò allo schienale, infastidito dalla direzione in cui stava andando la propria mente. “Dannazione!” pensò. Adesso sarebbe dovuto andare anche lui a ballare, solo per tenerla d’occhio.
Kyoko si voltò mentre rideva ancora con Suki e Shinbe. Quando i loro sguardi si incrociarono, Toya sentì il cuore saltare un battito e il sangue riscaldarsi di parecchi gradi. Si rese conto che il potere di Kyoko era aumentato adesso che era felice, rispetto a prima, quando lui l’aveva fatta arrabbiare. Si sentiva a disagio, per la prima volta dopo tanto tempo.
Kyoko smise di ridere e si girò di nuovo verso Suki: «Ehi, non so neanche quali corsi ho lunedì, né in quale aula. Come faccio a saperlo?».
Prima che Suki potesse aprire bocca, Toya rispose alla domanda con tono pigro: «Tutti gli studenti che hanno una borsa di studio seguono gli stessi corsi, quindi tu, Suki, Shinbe e gli altri sarete nella stessa classe. L’unico corso a parte si segue con il rettore.».
Kyoko si accigliò: «E quale materia insegna il rettore?».
Stavolta fu Shinbe a rispondere: «È diversa per ognuno di noi, ecco perché i corsi sono separati. Lui ci aiuta con le nostre abilità speciali.». Si appoggiò allo schienale con aria pensierosa, poi, con un sorriso compiaciuto, aggiunse: «Immagino che tu rafforzerai i tuoi poteri di sacerdotessa.».
La rabbia di Kyoko esplose di nuovo, come diavolo faceva il rettore a sapere che era una sacerdotessa? Nella lettera non c’era scritto niente a riguardo. E lei, negli ultimi due anni, aveva cercato di sopprimere quegli stessi poteri per cui il rettore le aveva dato la borsa di studio. Voleva vederci chiaro il prima possibile.
Guardando il proprio piatto, Kyoko disse con voce tesa: «Magari è un errore. C’è un modo per parlare con il rettore?».
Toya restrinse lo sguardo. Kyou lo aveva avvertito che lei avrebbe potuto chiedere di vederlo e, sebbene non volesse vedere mai nessuno al di fuori delle lezioni, gli aveva detto di portarla direttamente da lui se avesse avuto delle domande.
«Che c’è, hai paura?» la schernì Toya, guadagnandosi un’altra occhiataccia da quegli occhi burrascosi. E così quella ragazza pensava di saperlo tenere a bada? Bene, sarebbe stato divertente guardarla mentre provava a farlo anche con Kyou. Lui sapeva quanta paura potesse incutere Kyou nelle persone senza dire una sola parola.
«D’accordo, ti porterò da lui quando avrai finito.» la sfidò Toya, per vedere se avrebbe abboccato.
La rabbia di Kyoko si affievolì a quelle parole. Scostando il piatto, reagì al suo bluff e annuì: «Io sono pronta.», e alzò un sopracciglio.
«Come mai tanta fretta?» le chiese Toya sogghignando mentre si alzava. «Forse prima dovresti darti una calmata, lui percepirà la tua rabbia.». La prese in giro, convinto che lei non avesse la più pallida idea di quello che la aspettava.
Kyoko restrinse lo sguardo, poi si alzò in piedi e guardò Suki e Shinbe. «Ci sentiamo quando finisco, passate a prendermi? Vi aspetto in camera mia, così ci mettiamo d’accordo per stasera.». Fece l’occhiolino a Suki, poi guardò Toya e, con voce impassibile, aggiunse: «Sempre se decido di restare.».
Lui si voltò sbuffando e lei lo guardò, poi salutò gli altri mentre lo seguiva. Notò subito che gli altri studenti si scostavano al passaggio di Toya, e si chiese tra sé: “Ma chi è? Il bullo della scuola?”.
Non intendeva dargli la soddisfazione di correre per raggiungerlo, così si mise a camminare con calma, rimanendo volutamente indietro. Quasi arrossì quando si ritrovò a guardargli il fondoschiena. Osservò i capelli lunghissimi che lasciavano intravedere la sua rotondità, e s’infuriò ancora di più. “Bello e irritante” era un binomio terribile.
Scuotendo mentalmente la testa, continuò a seguirlo, imprecando contro il proprio sguardo curioso. «Solo un idiota può trovare carina una persona che non sopporta.» borbottò a bassa voce. «Irritante... scontroso... e arrogante... ma non carino.» aggiunse sorridendo, e si sentì un po’ meglio.
Una strana sensazione le corse lungo la spina dorsale, facendole alzare lo sguardo per incrociare un paio di occhi scuri e penetranti. Il ragazzo era appoggiato al muro in cima alle scale, e la stava guardando. Aveva i capelli color ebano, lunghi oltre le spalle, e i suoi occhi intensi erano neri come la notte. Era molto attraente ma la faceva sentire quasi... in pericolo, perciò distolse lo sguardo. “Datti una calmata, Kyoko. Smettila di fare la radiografia a tutti quelli che vedi.” disse a se stessa mentre provava a guardarlo di nuovo.
«Ecco la ragazza più carina di tutto il campus.». Kyoko sentì un braccio che le circondava le spalle, e riconobbe la voce del ragazzo che le aveva mostrato la sua camera quella mattina. Sentì le punte dei capelli solleticarle il viso, come se una brezza fosse spuntata dal nulla per accarezzarla.
Gli rivolse un sorriso caloroso ma, allo stesso tempo, si abbassò per liberarsi dal suo braccio. «Kotaro, è bello rivederti. Grazie per avermi aiutato stamattina.» disse Kyoko, nervosa per tutta quella confidenza che lui mostrava. Lo trovava gentile, sì, ma non gli aveva certo dato il permesso di abbracciarla.
Kotaro non batté ciglio e la prese per mano: «Posso accompagnarti da qualche altra parte?». Fissò intensamente i suoi occhi color smeraldo, sapendo di averli già visti da qualche parte. Ed era sicuro che, un tempo, si era perso felicemente in quello sguardo.
Kyoko alzò lo sguardo e vide che Toya si era fermato ed era di nuovo arrabbiato. Le sembrò di sentirlo ringhiare verso di lei, o verso Kotaro, non ne era sicura.
Toya non sapeva cosa stesse facendo Kotaro, ma non gli piaceva il suo atteggiamento così amichevole nei confronti di Kyoko. Un ringhio cupo gli uscì dal petto mentre parlava con tono di avvertimento: «Ci penso io, Kotaro. A meno che non voglia portarla tu da Kyou.». Gli lanciò un’occhiataccia, sapendo che Kotaro incontrava Kyou solo per le lezioni o quando veniva chiamato.
Kotaro lasciò la mano di Kyoko e le disse: «Spero che vada tutto bene.». Ricambiò l’occhiataccia di Toya, poi si rivolse di nuovo a lei: «Attenta a “Mister Ghiacciolo”. Se esagera, ci penso io a lui.». Rivolse uno sguardo compiaciuto a Toya, poi fece un cenno a Kyoko e si voltò, scendendo le scale.
Kyoko sentì Toya sbuffare e lo vide imboccare lo stesso corridoio che aveva percorso lei quella mattina.
Stavolta affrettò il passo e lo raggiunse appena in tempo per vedere che stavano entrando dove c’era il divieto di accesso. Si chiese dove stessero andando. Mentre lo seguiva, pensò che forse la stava riportando nella sua stanza. Toya si fermò proprio davanti alla sua porta e lei gli lanciò un’occhiataccia, ma lui fece un cenno con la mano verso la porta di fronte alla sua e bussò.
Kyoko era scioccata. Il rettore era nella stanza proprio di fronte alla sua?! Ancora una volta, ripensò alle parole di suo fratello “Non ci credo!”. Senza aspettare una risposta, Toya aprì la porta e la spinse dentro.
Kyoko si voltò di scatto, «Non so che cavolo di problema hai, ma potresti evitare di spingermi?» gli disse, facendo un gesto come per scacciarlo, poi aggiunse: «E anche di toccarmi? Io non ti ho fatto niente.». Le si drizzarono i peli sulla nuca quando notò che Toya stava guardando dietro di lei, e si bloccò. Ormai l’aveva detto. Ma perché sbottava sempre, senza pensare a dove si trovava né a chi poteva sentirla o vederla?
Toya la vide irrigidirsi e sogghignò, adesso sembrava improvvisamente piccola. «Non volevi parlare con qualcuno?». Quando Kyoko non si voltò, lui guardò di nuovo Kyou e restrinse lo sguardo quando vide che era appoggiato alla porta del soggiorno e fissava Kyoko come se fosse ipnotizzato.
“Ma che cavolo gli prende?” pensò Toya tra sé. Perché Kyou stava guardando la ragazza come se avesse visto un fantasma? A quel punto, si rifiutava di ammettere che la cosa lo rendeva geloso. Sentiva uno strano formicolio nello stomaco e gli venne voglia di mettersi tra i due per nascondere Kyoko dalla vista di Kyou. Voleva proteggerla.
In quel momento Kyou era senza parole, non vedeva Kyoko così da vicino da oltre mille anni. L’aria attorno a lei vibrava per la forza che lui ricordava... la stessa innegabile forza che, in passato, lo aveva attratto... e che non era svanita.
I suoi occhi dorati fissarono con indifferenza il Guardiano che stava dietro di lei. «Toya, lasciaci.» gli disse, con un tono pericolosamente minaccioso.
Toya sentì un ringhio formarsi in gola e strinse i pugni con rabbia, mentre alcune strane sensazioni sembravano ricomparire da qualche angolo nascosto della sua mente, per tormentarlo. Senza aggiungere altro, si voltò e uscì di scatto, sbattendo la porta.
Kyoko guardò Toya che se ne andava, mentre la propria mente correva all’impazzata tra mille pensieri. All’improvviso, gli venne voglia di corrergli dietro. Non volendo sembrare una codarda, alzò il mento e trovò il coraggio per girarsi ma, quando lo fece, rimase incredula.
Invece dell’uomo anziano in giacca e cravatta che si aspettava di vedere, si trovò faccia a faccia con... due occhi la fissavano, facendola sentire incapace di distogliere lo sguardo. I capelli argentati gli ricadevano sulle spalle e lungo il corpo perfettamente scolpito. Era alto e bello, con un’aura di arroganza che circondava la sua figura regale e quel viso che era un dono del cielo.
Kyoko chiuse gli occhi. Ma che diavolo le prendeva? Era andata lì per fargli delle domande, non per sbavare. Quando riaprì gli occhi, lui si era avvicinato. Kyoko fece subito un passo indietro, allontanandosi da quell’aria di nobiltà e superiorità che lo circondava, ma si ritrovò intrappolata contro la porta chiusa.
Senza rendersene conto, Kyou iniziò a camminare verso di lei. Quando la vide indietreggiare, alzò un sopracciglio e le fece un cenno con la mano, indicando il divano. «Vuole sedersi, signorina Hogo?». Sapeva che lei aveva delle domande da fargli, sarebbe rimasto deluso se non fosse stato così.
Kyoko deglutì nervosamente, poi alzò il mento e si diresse verso il divano, mantenendo più distanza possibile tra loro, nella speranza che il suo cervello riprendesse a funzionare normalmente. Sorrise tra sé e iniziò a parlare: «Prima di tutto, vorrei sapere cosa le fa pensare che io sia una sacerdotessa.». Lo guardò con diffidenza e quasi perse le staffe quando lui le si sedette accanto sul divano, anziché sulla poltrona dall’altra parte del tavolino. Kyoko si scostò e si girò a guardarlo, allontanandosi ancora di più e manifestando la propria paura.
“E così vuole giocare.” pensò Kyou tra sé, poi scacciò subito quel pensiero. «Cosa le fa pensare che io non sappia riconoscere una sacerdotessa?» le chiese con voce forzatamente calma. Si sporse verso di lei e la osservò, sembrava così piccola e fragile rispetto a lui.
Kyoko scrutò il suo viso perfetto in cerca di una qualche traccia di emozione, ma non ne trovò nessuna. Sembrava la rappresentazione della calma e della perfezione, e questo la irritava da morire.
«Risponde sempre a una domanda con una domanda, signor...?» borbottò Kyoko, non sapeva neanche il suo cognome.
Kyou sorrise interiormente per non farsi vedere. Bene, c’era ancora vita in lei e ne era contento. Voleva solo vederne ancora di più. «Lord, ma può chiamarmi Kyou, se preferisce.» le rispose, inchiodandola con uno sguardo infuocato.
Kyoko ricambiò quello sguardo. «Perché... mi trovo... qui?» gli chiese lentamente, come se stesse parlando con un bambino. “Ecco, vediamo se così capisce. Signor Lord un corno.” sbottò Kyoko mentalmente, senza mai distogliere lo sguardo da lui.
Avendo letto nella sua mente, gli occhi dorati di Kyou brillarono quando incrociarono quelli color smeraldo di lei. Le si avvicinò ancora un po’ sapendo che, in questo modo, l’avrebbe intimidita. Riusciva a sentirlo.
«I tuoi poteri di sacerdotessa sono deboli e non addestrati, ecco perché non sai come faccio a dire che sei una sacerdotessa.» le rispose quasi sibilando e perse la propria compostezza per un istante, prima che la sua apparenza tranquilla tornasse al proprio posto. «Ti insegnerò arti marziali e potenziamento... è questo che ti manca.».
Per Kyoko, quelle parole sembravano quasi un insulto. Essendo una rinomata testa calda, gli si avvicinò per affrontarlo quasi faccia a faccia e non risparmiò il proprio sarcasmo. «O forse sto solo nascondendo il mio vero potere, che rilascerò quando troverò il bersaglio giusto.». La rabbia la rendeva impavida o stupida, in quel momento non ne era sicura.
Kyou le si avvicinò ancora di più, accostando le labbra alle sue per accarezzarle con il proprio respiro caldo, e le sussurrò con voce cupa: «Sacerdotessa.».