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V – Vivian inizia le sue avventure in questo romanzo

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L'Esattore si fermò con la macchina davanti all'ufficio di Vivian e tamburellò con le dita sul cruscotto, dove aveva messo la tessera sanitaria di Alexis. Guardò verso l'edificio prima di scendere dalla macchina. Allora vide uscire Vivian dall'edificio. Quest'ultima guardò il cielo e poi cercò gli occhiali da sole in borsa. L'Esattore continuò a osservarla, mentre restava in attesa ed era indeciso se parlarle di Alexis od occuparsi lui del problema. Allora Vivian si guardò intorno. La macchina dell'Esattore era nel suo campo visivo, ma Vivian sembrò non vederla, assente com'era. Si sistemò i capelli e scese giù per la strada. L'Esattore scese dalla macchina, i suoi passi seguirono quelli di Vivian. Quest'ultima stava camminando velocemente e ogni tanto guardava l'orologio come se temesse di arrivare in ritardo. L'Esattore, inseguitore esperto, la seguì da vicino e vide che entrò in un centro commerciale.

– Non avrà mica intenzione di fare shopping? – rifletté l'Esattore.

Era lunedì e c'era una probabilità del 99,9% che le cose stessero così.

L'Esattore gettò via la sigaretta che stava fumando, poi ne accese un'altra.

Vivian salì al secondo piano e finse di guardare delle gonne, ma dopo alcuni minuti salì all'ultimo piano, dove c'era un bar. Si avvicinò al banco, chiese un caffellatte e si sedette a uno dei tavoli liberi. Mentre aspettava che il caffè si raffreddasse un po', guardò i messaggi sul cellulare. L'Esattore, seduto a un tavolo vicino, anche se leggermente nascosto dalla vista di Vivian, osservò che lei stava digitando sul cellulare. Vide una persona avvicinarsi al suo tavolo e metterle di soppiatto una busta nella tasca della giacca. Subito dopo Vivian prese la giacca e, dopo aver sorseggiato il caffè che le rimaneva, uscì dal bar senza rendersi conto che un Esattore pensieroso la stava osservando.

Prima di uscire dai grandi magazzini, comprò un borsellino al pianoterra, perché se fosse uscita senza comprare niente, la gente si sarebbe insospettita. L'Esattore la seguì con la sua andatura tranquilla, sapendo che difficilmente l'avrebbe persa di vista.

Vivian aveva preso la strada di ritorno per l'ufficio. L'Esattore la osservò fermarsi all'incrocio proprio davanti all'ufficio e aspettare che il semaforo cambiasse colore.

Un'auto perse il controllo e andò verso le persone che stavano aspettando al semaforo. Sembrò che il tempo si fosse fermato quando le ruote della macchina girarono a una velocità supersonica e Vivian vide quella macchina avvicinarsi senza poter reagire. La macchina andò a sbattere contro il marciapiede e, di conseguenza, caddero a terra le persone che si trovavano lì, tra cui Vivian. Si udirono grida e strilli, mentre la gente si avvicinava a soccorrere i feriti. Non c'era nessun ferito grave, ma qualcuno chiamò lo stesso un'ambulanza. Presto si sentirono delle sirene e alcuni minuti dopo arrivarono la polizia e i soccorritori.

L'Esattore osservò da lontano mentre un soccorritore si stava occupando di Vivian; una ferita alla sua testa stava sanguinando copiosamente.

– Non si spaventi, signora – disse il soccorritore —. Il sangue fa tanta impressione.

Vivian lo guardò sprezzante.

– Dovrà andare all'ospedale – spiegò il soccorritore —. Per fare alcuni esami.

– Non è necessario, sto bene – affermò Vivian, mentre cercava di alzarsi.

– È per il suo bene. Non ci vorrà molto tempo.

– No, grazie. Ho delle faccende da sbrigare – rispose e fece un paio di passi verso il suo ufficio.

Mise la mano nella tasca della sua giacca e notò che non c'era nessuna busta. La sua faccia impallidì per qualche secondo, ma presto recuperò il coraggio e il sangue freddo che la caratterizzavano, sebbene non con la prontezza sufficiente affinché l'Esattore non si accorgesse del cambiamento. Si girò per vedere se la busta fosse per terra, ma con intorno i feriti, i soccorritori, la polizia e le persone curiose non si poteva cercare niente. Indecisa, si guardò intorno e allo stesso tempo iniziò ad arrabbiarsi con se stessa. Lei non perdeva mai la calma, né tantomeno aveva mai commesso uno sbaglio del genere.

Il soccorritore, che non aveva smesso di tenerla d'occhio, le si avvicinò e le disse:

– Entri almeno un attimo nell'ambulanza in modo da farsi controllare la ferita. Magari ha bisogno di alcuni punti.

Vivian gli rivolse uno sguardo meno superbo della volta precedente e con un semplice cenno della testa acconsentì alla richiesta del soccorritore.

Mentre Vivian veniva soccorsa, un'altra ambulanza portò all'ospedale altri feriti, tra cui il conducente della macchina. L'Esattore, che non era visibile sebbene non fosse nascosto, mise nella tasca della giacca il cellulare con cui aveva scattato qualche foto di tutto quello che era successo, sia dello scenario che dei suoi protagonisti.

Un quarto d'ora dopo Vivian uscì dall'ambulanza, dopo aver promesso che sarebbe andata all'ospedale dopo il lavoro o anche prima, se avesse avuto nausea o mal di testa.

Vivian si diresse verso il suo ufficio, mentre stava guardando l'orologio, che le ricordò che aveva perso troppo tempo, tempo che non avrebbe potuto recuperare e che per lei significava la perdita di parecchi guadagni. La perdita della busta le stava causando un terribile contrattempo, ma sperava di risolverlo. Lei trovava sempre il modo per vincere e una prova ne era il suo matrimonio con Peter, sul quale concentrò i suoi pensieri in quel momento senza una ragione apparente. Guardò l'ora, avrebbero già dovuto essere fuori dallo studio. Prese il telefono di riflesso. Cercò nella rubrica il numero di Peter e si trattenne prima di premere il tasto di chiamata.

L'Esattore, attento fino alla più piccola azione di Vivian, respirò sollevato, sebbene non ne fosse cosciente.

Vivian entrò nell'edificio e scomparve dalla vista dell'Esattore. Alcuni minuti dopo era seduta alla sua scrivania con le dita sulla tastiera del computer e in mente un'idea o, meglio, un oggetto: la busta e il suo destino. La sua mente diffidente la portò a pensare che forse l'incidente era stato una messa in scena per toglierle la busta. Tamburellò nervosamente con le dita sul tavolo dell'ufficio pensando qual era il passo successivo da compiere. Il passo le era chiaro: avvertire l'Esattore, lui le avrebbe sicuramente trovato la busta; ma quella era una faccenda che doveva sistemare da sola, sebbene conoscesse l'Esattore a sufficienza per essere sicura che lui non sapeva cosa fosse la curiosità, che mai e poi mai avrebbe guardato cosa si nascondeva nella busta e che non poteva avere la stessa sicurezza da parte di nessun altro dipendente ai suoi ordini.

La cosa che non sapeva era che l'Esattore, quando tutto era tornato alla normalità, si era avvicinato al luogo dove erano successi i fatti e aveva cercato la busta con cura, ma di soppiatto. E proprio in quel momento l'Esattore stava aspettando pazientemente una pista che gli indicasse quale fosse il passo successivo da fare con la busta nascosta nella sua giacca. Proprio allora suonò il cellulare. Dopo aver visto chi lo stava chiamando, lo lasciò squillare più di una volta, prima di decidersi a rispondere. Sapeva che in questo modo l'altra persona si sarebbe agitata e che lui avrebbe avuto il controllo della conversazione. Era sorpreso dal momento che Peter non l'aveva mai chiamato e gli sembrava persino strano che avesse il suo numero.

– Ciao, che succede? – chiese.

– Dove diavolo sei? Sono più di due ore che te ne sei andato – esagerò.

– Sono successi degli imprevisti, ma presto sarò da te. Ti manco, fratellino?

– Sto mostrando la foto di Alexis a chiunque mi passi davanti e ho ordinato a Sultán di abbaiare quando uno mente.

– Molto intelligente, fratellino. Sono sorpreso – commentò, mentre continuava a osservare l'edificio in cui si nascondeva Vivian.

– Non l'ha visto nessuno e Sultán non ha abbaiato, ma credo che non sia possibile. Secondo me è rimbambito – disse mentre Sultán abbaiava offeso.

– Hai chiesto se qualcuno ha visto una macchina allontanarsi in fretta? O se qualcuno ha visto qualcosa di strano, diverso dal solito?

– No. Aspetta un attimo che vado a chiedere. – E fermò e fece le domande a una signora e poi a un signore e poi a un'altra signora, mentre l'Esattore continuava a essere al telefono.

– Vai all'inferno! – sentì l'Esattore dopo un po'.

Nel frattempo nell'ufficio di Vivian la sua segretaria interruppe i suoi pensieri. Vivian la guardò severamente, ma l'efficiente segretaria la conosceva abbastanza bene da non lasciarsi influenzare da un'occhiata del genere.

– Scusi il disturbo, ma ha una visita. Non era nell'agenda, però mi ha detto che è importante che la veda.

Vivian, sempre padrona di se stessa, anche nei momenti in cui era molto irritata, disse alla sua segretaria che avrebbe ricevuto il visitatore e poi, perché negarlo, anche la curiosità ebbe a che vedere con la sua decisione.

Un minuto dopo entrò un signore dall'aspetto umile e piuttosto agitato.

Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì

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