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LIBRO PRIMO
VII

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Frattanto, a Milano, Nunziata Villari si preparava a partire per Londra e faceva perder la testa a Marietta colla premura e la confusione che portava attorno ai bagagli. Pensando al suo amico Antonio ella – per citare un suo breve monologo – bolliva.

– « Bollo! » – diceva lei.

Infatti Nino, che le aveva scritto due volte al giorno durante la prima settimana di assenza, le aveva poi scritto ogni due giorni durante la seconda settimana; una sola volta nella terza settimana; e nella quarta, e nella quinta – che era questa – non aveva scritto affatto.

– Qualche sbiadita inglese, – pensava Nunziata, – gli avrà fatto girare per l'altro verso quel naso di pasta frolla.

E in tali pensieri essa sgridava Marietta per tutte le cose che aveva messo nei bauli, e per tutte le cose che non vi aveva messo, e per il modo in cui erano state messe.

Ma la Villari sbagliava; nessuna sbiadita inglese aveva distolto da lei il naso di pasta frolla di Nino. Edith che, volendo, lo avrebbe potuto, aveva preferito trafiggere quella passione nascente con la forcellina che le fermava anti-esteticamente sul capo la comica pettinatura della Germania del Nord. Lo aveva abbandonato e trascurato per andar con Nancy a cogliere le primole nei boschi; con Nancy, di cui l'amore era l'amore proprio all'infanzia: il cieco e chiaroveggente amore che non deriva nè dalla morbidezza d'un ricciolo, nè dal roseo d'una guancia, nè dallo sfavillìo d'un sorriso.

Nino, lasciato a sè stesso, e guardandosi attorno nell'istintiva ricerca di emozioni, aveva incontrato gli occhi profondi di Valeria fissi su di lui.

E d'improvviso si era ricordato del desiderio di suo padre. Sì; questa sua cuginetta era stata destinata alle sue braccia fin da quando erano bambini entrambi. Se il Fato non fosse entrato nella loro esistenza sotto la forma di Tom Avory, biondo e placido, che dipingeva quadri, citava poeti, li conduceva in barca sul Lago Maggiore – ecco, questa bruna testolina graziosa che Nino contemplava gli avrebbe posato sul petto, la piccola mano, le gracili spalle, il viso sottile, tutto ciò sarebbe stato suo per sacro diritto.

Guardandola da questo punto di vista, Nino sentiva che in fondo egli l'aveva sempre amata! Anzi, non aveva mai amato altri che lei! Pensando così era sincero. Aveva completamente scordato il breve e violento capriccio avuto anni fa per l'altra sua cugina, Adele. Anche la passione – più grave e più duratura – per la Villari, gli era uscita dal cuore e dalla memoria.

Adele? Non esisteva più! La Villari? Era a Milano. E qui, davanti a lui, stava Valeria con la sua testolina bruna e le sue fossette.

– Cuginetta, – diss'egli, col respiro un po' rapido. – Oggi è il primo giorno di maggio. Cosa facciamo in casa? Usciamo!

Valeria ripiegò il suo lavoro, e corse su a prendere il cappello. Passando davanti alla stanza di studio udì delle voci gaie, e spinse l'uscio per guardare. V'erano Nancy ed Edith. La piccina con un foglietto in mano e gli occhi ispirati, leggeva dei versi ad Edith, che si chinava verso di lei.

– « My darlings! » vado fuori con Nino, – disse Valeria. – E tu, Edith, non vuoi venire?

– Oh, no… c'è' troppo vento, – disse Edith. – Sai bene, il vento mi toglie il respiro e mi fa tossire. E poi, Nancy non può stare senza di me.

– Oh, no, no, – disse Nancy poggiando il visetto sorridente alla spalla di Edith. – Non posso stare senza di lei.

Valeria rise mandando un bacio a entrambe; poi uscì nei campi con suo cugino.

… La stanza di studio era attigua al salotto, dove la signora Avory stava a ricamare; e oggi il nonno le sedeva vicino e la guardava. Tacevano entrambi.

Dopo un lungo silenzio il nonno parlò.

– La tosse di Sally peggiora, – disse.

(Le Parche filavano. « Ecco un filo nero », disse l'Una. « Intessilo nella trama », disse l'Altra. E la Terza aguzzò le forbici).

– La tosse di Sally peggiora! – ripetè il nonno.

La signora Avory alzò gli occhi dal suo ricamo.

– Zitto, zitto, papà! – disse, scotendo la testa in aria di rimprovero.

– Ho detto che la tosse di Sally peggiora, – ripetè il vecchio. – Tutte le notti la sto ad ascoltare.

– Ma no, ma no, non parlar così, – disse la signora Avory. – Sai bene che la povera Sally riposa in pace da gran tempo. Non è Sally che senti. Forse parli di Edith, che ha un po' di raffreddore.

– Io conosco la tosse di Sally, – sentenziò il vecchio.

La signora Avory depose il lavoro, intrecciando le mani in grembo. Un lento brivido le passò nelle vene, e l'avvolse tutta come d'un lenzuolo bagnato.

– Sally è la mia nipotina prediletta, – proseguì il vegliardo, crollando la testa bianca. – Ah! povera piccola Sally! povera piccola Sally!

La signora Avory, immobile, lo guardava. Un terrore senza nome, un terrore lento, gelido, s'insinuava come una serpe nel suo cuore.

– Edith! E' Edith… che tosse un poco, – sussurrò.

– E' Sally! – gridò il vecchio, rizzandosi in piedi. – Io ricordo la tosse di Sally, ed ogni notte la odo.

Seguì un silenzio profondo. Poi nella stanza vicina, Edith tossì.

Il vecchio venne vicino, vicino a sua nuora. Era livido e terribile.

– Ecco: – bisbigliò. – Ecco! hai sentito? Questa è Sally. E voi da tanti anni mi dite che è morta!

La signora Avory si levò. Nei suoi tragici occhi passava la visione spettrale dei suoi figli morti, straziati tutti, dilaniati tutti dal Male orrendo che si accovacciava nei loro petti, che scivolava, subdolo, nelle loro gole, che balzava su di loro e li strozzava appena giungevano al limitare della giovinezza. Ed ora, dunque, anche Edith? Edith, l'ultima nata del suo cuore?… Alzò gli occhi vacui di Mater Dolorosa al volto dell'avo; poi cadde svenuta davanti a lui, con la testa grigia ai suoi piedi.

Fuori, nei campi costellati di margheritine, Nino aveva preso con aria di padronanza il braccio di Valeria.

– Cuginetta, – disse, – ti ricordi come io ti amavo, quando avevi dodici anni? E tu mi schernivi!

– E' vero, – disse ridendo Valeria. – Ma come ti amavo io quando avevo quattordici anni. E tu mi sprezzavi!

– Ma dopo… – riprese Nino, – come io ti adoravo quando ne avevi diciotto! E tu mi scacciasti!

Valeria lo guardò con occhi timidi.

– Ed oggi tu hai ventisei anni; ed io ne ho già ventisette e mezzo.

– Così è. Come sei giovane! – E Nino rise. – La donna che amo ha trentotto anni.

Valeria si fece pallida, poi una vampa rosea le soffuse il volto; e rise, mostrando tutti i denti bianchi e tutte le fossette.

– Che dici? Trentotto anni? quasi quaranta? Io non ci credo.

– Quasi quasi non ci credo neppur io, – disse Nino, ridendo. – Forse non sarà vero! – E si chinò con fare deciso ed autoritario e la baciò sulla guancia.

(Può darsi che nella lontana biblioteca della Casa Grigia lo zio Giacomo con l'orecchio astrale udisse la confortante asserzione di suo figlio? Certo è che la Fräulein, alzando gli occhi dal trentacinquesimo Canto dell'Inferno, credette di vederlo blandamente sorridere nel sonno).

– … Sei proprio sicuro, Nino, – disse Valeria, dopo avergli con grande difficoltà perdonato quel bacio, – sei proprio sicuro che quella che tu ami non abbia… diciasette anni appena?

E Valeria, mordicchiando un filo d'erba colla testa inclinata sull'omero, gli lanciò di sotto alle ciglia uno sguardo malizioso.

Nino si fermò, sorpreso.

– Chi? Che cosa vuoi dire? Chi ha diciassette anni? – domandò.

– Edith, – sospirò sottovoce Valeria. – Ho creduto… mi pareva…

– Ah no, – esclamò Nino crollando il capo. – Non Edith! Povera creatura!

Poi si chinò rapido e le baciò la bocca socchiusa, prima assai che ella se lo aspettasse.

– Perchè hai detto di Edith « povera creatura? » – chiese Valeria, dopo avergli anche stavolta perdonato.

Nino si rabbuiò. Con aria grave si picchiò leggermente le dita sul petto:

– Ho paura… sai…

– Cosa?… cosa?… – e Valeria si sentì impallidire.

– Ma!… secondo me, è tisica, – disse Nino.

Valeria sobbalzò, strappando la sua mano dalla stretta di lui.

« Tisica! » Il cuore le si fermò, poi riprese a battere a precipizio, scuotendole e martellandole il petto. « Tisica! » La terribile parola le rievocò fulminea la memoria di Tom e il passato di lacrime e di morte. Sì, Edith tossiva! E' vero! tossiva. Ma in Inghilterra tutti tossono. Edith, la piccola Edith dai capelli biondi e dalle guancie di rosa? No! Non era vero, non poteva essere vero! Edith, così cara! così buona con lei; che s'era fatta apposta l'orribile pettinatura della Germania del Nord… Edith, la migliore amica di Nancy… Ah! Nancy!… il pensiero di Valeria, a un tratto, come preda inseguita, precipitò follemente per altre vie: Nancy! Nancy! Mio Dio! Nancy era con Edith. Era sempre con Edith! Sempre!… ridendo, discorrendo, chine sullo stesso libro, con le faccia vicine. Dio! Dio! Anche adesso… erano insieme… forse s'erano baciate…

– Devo andare a casa subito, – ansò Valeria, col viso livido e sfatto.

Nino la teneva stretta.

– Ma perchè, amor mio? Cos'hai?

– Oh Dio! La mia creatura! – singhiozzò Valeria.

E nel suo cuore Nancy era tornata la creatura piccola, il « béby » che bisognava salvare, salvare ad ogni costo! come l'aveva salvata da Tom, ora bisognava salvarla da Edith! Allontanarla, portarla via!

Era per lei, per la bambina, che Valeria era corsa traverso questi stessi campi una mattina, anni fa, barcollando e incespicando nella sua fretta d'arrivare a casa – lasciando dietro di sè ciò che forse era l'amore, perchè la bambina non piangesse, perchè la bambina non avesse fame!

Ed oggi, come allora, Valeria corse traverso i campi, barcollando e incespicando nella sua fretta, lasciando dietro a sè ciò che forse era l'amore. La bambina! Bisognava salvare la bambina!… E se fosse già tardi? Se Nancy già avesse respirato la morte? Se fosse già tocca dal contagio? Se Nancy, anche lei, dovesse tra poco cominciare a tossire, a schiarirsi la gola, a sudare di notte! e farsi misurare la temperatura due volte al giorno… e poi, infine… Mio Dio! vederla un giorno coi pugni stretti, con gli occhi dilatati, e la bocca, la piccola bocca piena di sangue!… Valeria strinse le mani contro le tempia, gemendo forte come una creatura ferita, mentre correva barcollando traverso i prati in fiore.

Giunse finalmente al cancello, e corse giù per il giardino. Ed ecco Nancy! Ecco la piccola Nancy solitaria e felice in piedi sull'altalena, cantando, coi ricci al vento.

– Oh mamma! – chiamò subito Nancy facendo un po' di broncio; – è venuta Fräulein poco fa a portarmi via Edith. E mi ha detto di non muovermi di qui. Che sia arrivato qualcuno? Forse il poeta di Londra? Credi che sia il poeta per me?

– Non so, cara, – balbettò Valeria, senza voce e col cuore martellante; e abbracciò le gambettine nere ritte sull'altalena, e appoggiò la tempia pulsante sul grembiulino della piccola. – Dio, tenetemela sana e salva! – mormorò.

– Fàtti in là, mamma, e guarda come vado in alto! – disse Nancy.

E Valeria si mosse per lasciar posto all'altalena. In quel momento vide Fräulein affacciarsi alla finestra del salotto e farle cenno colla mano di venire.

– Vado in casa un momento, tesoro. Non spingerti troppo in su, – pregò Valeria, e si affrettò ad entrare.

Quando aprì l'uscio del salotto, le si fermò il cuore.

La signora Avory giaceva sul sofà, con le labbra livide e gli occhi smarriti. Fräulein le stava vicino, tenendo una boccetta di sali, mentre Edith, piangente, in ginocchio davanti alla madre, le chiedeva:

– Mamma! mamma! ti senti meglio?

In un angolo il nonno e lo zio Giacomo guardavano, tristi ed allarmati.

– Che cos'è stato? – esclamò Valeria.

Edith singhiozzò:

– Non so… è svenuta… era qui col nonno…

La madre si rizzò a sedere e guardò Edith. Subito gli occhi le si inondarono di pianto: cinse il collo di Edith e le sue lacrime piovvero su lei.

– Mamma, mamma, perchè piangi? – chiedeva Edith.

Ma sua madre non rispondeva. Valeria pianse con lei. E anche Edith piangeva, senza sapere perchè.

Sola in giardino, Nancy cantava, lanciata sull'altalena, coi ricci al vento. Quand'ecco il ricordo dei poeti tedeschi le tornò nel cuore, e il loro incantesimo la vinse.

Die linden Lüfte sind erwacht

Sie säuseln und wehen Tag und Nacht

Sie kommen von allen Enden…


I poeti le bisbigliavano le parole maliarde all'orecchio. Traverso gli alberi foscheggianti in fondo al prato si vedeva una striscia d'oro, là dove il tramonto si accendeva in cielo.

Die Welt wird schöner mit jedem Tag

Man weiss nicht was noch werden mag,

Das Blühen will nicht enden!…


Nancy si lasciò scivolare giù dall'altalena. I poeti sussurravano ed urgevano… Fräulein nelle sue lezioni di ieri le aveva insegnato un fatto meraviglioso: aveva detto che il mondo era una stella: una stella rotonda, oscillante nell'azzurro, con tante altre stelle tutto all'ingiro. Sì, sopra alla terra ed anche giù, sotto, in tutta l'aria celeste intorno al mondo galleggiavano le stelle! Ma dunque, se si andava all'orlo del mondo, proprio fino all'orlo, là dove la curva della terra comincia a scendere, si poteva certo, sporgendosi un poco (e aggrappandosi forse a un albero per non cadere) guardar giù nel cielo e veder le altre stelle, sospese sotto di sè!

Subito Nancy sentì che bisognava che ella andasse fino all'orlo del mondo a guardar giù. L'orlo del mondo! Si vedeva anche di qui. Doveva essere dietro a quegli alberi scuri, al di là delle cascine del Mulino, proprio là dove il sole era caduto, lasciando una striscia d'orizzonte incendiato.

Fu così che Nancy uscì dal suo giardino, per andare fino all'orlo del mondo.

Quando la signora Avory, teneramente sorretta dalle figlie, venne a sedere in giardino, e che le ebbero messo uno sgabellino sotto ai piedi, e un guanciale dietro le spalle, e dell'acqua di Colonia sulla fronte, Edith disse:

– Dov'è Nancy?

– Già, – disse Valeria, – dov'è Nancy?

Fräulein andò chiamando per il giardino e per la casa. Valeria andò, chiamando, per la casa ed il giardino. Edith corse di sopra e guardò in tutte le stanze; poi guardò in solaio, e poi ancora nelle stanze e ancora in giardino, e nel boschetto, e nella serra. Nino, appena entrò, fu mandato in paese a domandare se mai Nancy vi fosse stata, ma Nancy non c'era, e nessuno l'aveva veduta. Lo zio Giacomo col garzone della scuderia se n'andò in una direzione, e Jim Brown nell'altra. Nino prese per i campi verso la stazione: lo si udiva chiamare e fischiare per miglia d'intorno. E Florence corse giù pel sentiero della Cappelletta, che conduce a Fern Glen.

Valeria, torcendosi le mani, le corse dietro, lasciando detto ad Edith che restasse a casa a badare alla mamma e al nonno.

Ma Edith si era messo il cappello, e diceva alla signora Avory:

– Torno subito, mamma cara! Sta qui buona, e chiama la Fräulein, che badi a te, e al nonno.

Ma sua madre non volle saperne di lasciarla uscire sola. No, no! andrebbe anche lei. E se ne uscirono frettolose verso Bakers' End, dicendo a Fräulein di stare in casa e di badare al nonno.

Ma Fräulein, che aveva recentemente letto « Misunderstood », fu presa da un orribile presentimento riguardo al lago del vecchio Castello di Bery. Ed uscì anche lei, in gran fretta, fermandosi solo un attimo per dire alla cuoca che badasse di ritardare il pranzo, e non mancasse di star attenta al nonno.

Ma la cuoca andò fuori alla latteria di Smith a raccontare l'accaduto; e l'altra serva andò con lei.

Il nonno rimase solo nella casa deserta.

(Le Parche filavano. « Ecco un filo nero. Intessiamolo »).

Il nonno era solo nella casa deserta. Chiamò sua figlia. Chiamò Valeria; ed Edith; e Nancy. Poi si ricordò che Nancy si era smarrita. E chiamò Sally. E chiamò Tom. Poi suonò tutti i campanelli, ma nessuno venne, nessuno rispose. Allora di nuovo si ricordò che Nancy era smarrita, e che tutti erano andati in cerca di lei. Lentamente si avviò nel parco e scese lungo il viale fino al cancello. S'affacciò a guardare: la strada si stendeva deserta nell'ombra crepuscolare.

Il vecchio uscì, e a passo a passo, volse a sinistra, dalla parte opposta al villaggio, verso il crocevia delle Cascine.

Ma, prima ancora di arrivarci, lasciò la strada maestra e prese un sentiero traverso i campi. Il sentiero si perdeva al Fosso di Wakeley, ma il vecchio continuò a camminare inoltrandosi verso la brughiera desolata e incolta.

Il sole era caduto dietro le colline, e la notte, come un gatto grigio, correva furtiva e rapida per le lande.

Nancy era già stata trovata e ricondotta a casa da Jim Brown. Ma il vecchio nonno volgeva ancora i tardi passi per la scura e desolata brughiera. Vide qualcosa oscillare e muovere contro il celo.

– Sarà Nancy, – disse. E la chiamò.

Ma era una trebbiatrice, coperta di lunghe tele nere che sventolavano nell'aria. Il nonno si affrettò un poco nel passare, e disse forte:

– Ho ottantasette anni.

Allora si sentì più tranquillo. Era persuaso che nessuno, sapendo la sua grande età, gli avrebbe fatto del male. Difatti la trebbiatrice lo lasciò passare senza fargli nulla, e non lo seguì coi suoi cenci sventolanti, come egli aveva temuto. D'un tratto sussultò udendo dei piedi leggieri correre nel buio davanti a lui. Erano tante pecore grigie nella notte, che si fermarono di colpo, tutte insieme, con le faccie nere volte verso di lui. Gli venne freddo, e si affrettò, vacillante; mentre gli pareva sempre che dietro a lui sbucasse qualche cosa dai cespugli. Era agghiacciato di paura.

– Ho ottantasette anni. Non è giusto che io sia qui, solo nella notte, – disse e cominciò a piangere forte, come un bambino; ma nessuno lo udì ed egli ebbe paura del rumore che faceva.

Si volse per tornare a casa, passando di nuovo vicino alla macchina avvolta nel drappo nero. Ed ecco che in un campo a destra vide qualcuno in piedi che si moveva.

– O Nancy! – gridò – sei lì?

Ma la figura non rispose.

Allora il nonno gridò:

– Buona sera. Scusi… ha visto Nancy? Buona sera! Nancy è passata di qui?

La figura nel campo faceva molte riverenze e il nonno continuava a rispondergli:

– Buona sera, buona sera.

E come gli pareva di vedere che gli facesse cenno di avvicinarsi egli si avviò pel campo, incespicando nei solchi.

Quando fu vicino a quella figura, disse in fretta:

– Ho ottantasette anni.

La figura sventolò ambe le braccia, molto impressionata.

Il nonno sedette per terra perchè era stanco.

… Già Nancy era giunta in salvo, e la casa echeggiava di voci e splendeva di lumi accesi. Ma nel buio sulla collina il nonno sedeva vicino allo spaventa-passeri e discorreva con lui.

– Quando vorrà andare a casa, – diceva il nonno, – verrò anch'io se permette.

E lo spauracchio non fece obbiezioni.

Dopo un lungo silenzio il nonno riprese:

– Mi dirà poi quando sarà disposto ad andare…

La figura gli fece cenno con fluttuante gesto che aspettasse; e il nonno cercò di non impazientirsi.

– Va bene, va bene, – disse. – Non ho fretta.

Ma era tardi e faceva freddo.

… D'improvviso, ecco, sul ciglio della lontana collina, apparire suo figlio Tom! Ed anche il figlio di Tom. Giganteschi e taciti scendevano per il pendìo, venendo a lui con passi lunghi e leggieri. E dietro loro, con passi lunghi e leggieri, venivano tutti i figli morti di suo figlio Tom. E tutti si mettevano a sedere intorno a lui. E più l'aria si faceva buia, più egli se li sentiva vicini, leggieri e giganteschi. C'era anche Sally, Sally che era la sua prediletta; ed essa si appoggiava strettamente al suo petto, e gli agghiacciava, col piccolo viso freddo, il cuore.

A tutti loro egli domandò se avessero veduto Nancy; ma essi dissero di no, scotendo la testa tutti insieme. Il nonno chiese a Sally se la sua tosse andava meglio. E allora tutti risero piano, senza rispondere.

La trebbiatrice passò, agitando le ali…

Così per tutta la notte i suoi figli morti sedettero accanto a lui. All'alba si levarono, e ritraversarono con passi lunghi e leggieri la collina.

Ma lo spauracchio non lo abbandonò.

(Taglia il filo, disse la Parca).

I divoratori

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