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2. Educazione e sviluppo della coscienza di Socrate.

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Imparare a leggere, e recitare poi a memoria le sentenze degli antichi poeti; assuefarsi alla modulazione ed al canto, ch'era destinato a formare nell'animo il senso dell'armonia; esercitare il corpo con la ginnastica, per sviluppare con la regolarità dei movimenti l'accordo dell'esterno con l'interno, ed il senso dell'euritmo; in questi tre capi consisteva l'educazione dell'Ateniese[32], Solone, istitutore di questo sistema di educazione, ne aveva affidata la vigilanza al venerando consesso dell'Areopago, assicurando in tal guisa alla coscienza ateniese l'inviolato possesso di una preziosa eredità morale. Gli Ateniesi, tuttochè rimutassero più volte le forme politiche della loro costituzione, riguardarono sempre con pietosa venerazione gli ordini di Solone; e gli stessi restauratori della libertà, dopo la cacciata dei trenta, li tennero qual sicuro fondamento della vita civile. La riforma di Efialte, col porre dei limiti all'autorità dell'Areopago, lo aveva privato della vigilanza su la educazione, entrando in quella vece i Sofronisti[33] a funzionare da moderatori di quegli antichi istituti. La pochezza dei mezzi per la diffusione letteraria, e la vita ristretta in più angusti confini, rendeano allora necessaria la concentrazione degli elementi educativi che la coltura e la tradizione poteano offrire: sicchè lo sviluppo dell'individuo, favorito dalla limitata istruzione, era di una grande svariatezza e libertà[34], e tanto più intenso, per quanto meno sussidiato da una larga preparazione di scuola.

I primi anni della vita di Socrate precedettero la riforma di Efialte, e non è a dubitarsi ch'egli s'ebbe l'istruzione legalmente stabilita sin dal tempo di Solone. Senofonte, e qualche reminiscenza socratica presso Platone fanno fede della educazione affatto ateniese di Socrate; e fra gl'indizi non è di poco valore quello che può desumersi dalle frequenti citazioni di Omero, di Esiodo, di Teognide e di Simonide[35], che, secondo la tendenza invalsa a quell'epoca, servivano di occasione a delle analisi morali dei precetti che potessero esser contenuti in questo o in quel luogo. Da questa prima istruzione (che se non è esplicitamente attestata in persona del giovanetto Socrate[36], non c'è dubbio che abbia avuto luogo per lui come per ogni altro Ateniese), fino al momento che, informato già a solide convinzioni, egli appare su la scena pubblica, come autore di una dottrina determinata e precisa nel suo carattere e nel suo valore, come siasi sviluppato, e quali siano state le diverse fasi del suo pensiero, e le sue lotte coi contemporanei e con sè stesso, la critica storica non è più in grado di saperlo[37]. La leggenda in vero ha conservato finanche ì nomi dei maestri di Socrate, e gl'indizi della loro influenza; ma alla luce della critica tutte queste varie tradizioni sono apparse vuote di certezza, avendo esse per fondamento, o certi presupposti dottrinali, o delle combinazioni equivoche di dati storici[38]. E del pari non si ha ragioni sufficienti, per riconoscere in certe altre tradizioni la lontana ricordanza delle lotte sostenute da Socrate, per raggiungere quello stato di perfetta costanza, continenza ed equanimità, che tanto ammiravano in lui i testimoni contemporanei: perchè quelle tradizioni, o sono del tutto inventate, o furono escogitate con l'intento di supplire con la congettura il difetto della storia[39].

Ed in fatti, la vita d'un Ateniese di mediocre stato, che privo d'ogni arte e d'ogni pubblico ufficio visse nelle più grandi strettezze e quasi povero, non potea svilupparsi dapprima che nella oscurità: e quando egli ebbe raggiunta con la maturità degli anni una convinzione chiara ed intensa della sua missione, l'antitesi dichiarata in cui si pose contro tutte le tendenze pratiche e teoretiche dei contemporanei valse tanto ad attirargli amici ed inimici, che l'importanza dell'uomo adulto dovette far perdere di vista la storia del suo sviluppo. Quello ch'egli ha potuto pensare prima di fermare definitivamente l'orizzonte della sua coscienza, e quali impulsi naturali dovessero esser riposti nel suo temperamento e nel suo carattere per determinarlo ad abbandonare ogni pratica occupazione, e darsi interamente ad esaminare l'animo e le morali intenzioni di quanti gli venissero innanzi, e come poi continuasse con religiosa convinzione l'opera intrapresa, certo di non poterla intermettere senza venir meno alla voce della divinità che l'avea scelto e chiamato; tutte queste domande non possono altrimenti toccare una soddisfacente risposta, che per via di una congettura, forse psicologicamente verosimile, ma non per questo equivalente ad una notizia storica. Cercheremo innanzi tutto di mettere in piena luce alcuni dati molto importanti.

Poco tempo dopo l'impresa contro Delio, quando Socrate toccava il 45º anno dell'età sua[40] (424 a. C.), Aristofane fece di lui su la scena il rappresentante tipico di tutta la classe dei Sofisti e dei filosofi naturali; e col suo squisito umore rilevò vivamente il contrasto fra l'antica virtù, e il nuovo principio della ricerca individuale. Non è qui il luogo di esporre i motivi estetici e politici dell'opera singolare di Aristofane, nè di tratteggiarne i caratteri, i contrasti, le peripezie e la catastrofe. A noi importa solo di notare, che a quel tempo Socrate era di già un nome tanto popolare in Atene, che la satira di lui potea offrir materia alla commedia, innanzi ad un pubblico uso a vedere sulla scena le persone più eminenti della repubblica[41]. Le Nuvole di Aristofane, se non sono un documento storico su la cui autorità devasi accettare o rigettare come genuino questo o quel principio della dottrina socratica, perchè in esse è troppo evidente l'erroneo concetto che Aristofane s'era fatto di Socrate il μεριμνοφροντιστής attribuendogli tutte le opinioni dei filosofi naturali, e tutte le più strane conseguenze che la satira avesse potuto desumere dalla riflessione sofistica, sono bene una testimonianza storica dell'influenza che Socrate esercitava già in quel tempo, e del valore reale della sua persona nella società ateniese. Il suo convivere coi giovani, il suo perpetuo ragionare, la sua preoccupazione logica, e fino la relazione con Cherefonte, vi appariscono come cose già note a tutti; e tali, che, senza essere caratterizzate con fedeltà storica, si prestavano a rappresentare vivamente su la scena una personalità già stata argomento di molti discorsi nel pubblico[42]. Quanto lavoro e quante lotte non ha dovuto sostenere Socrate, per raggiungere una forma di coscienza così pronunziata; e quanti motivi non han dovuto esercitare la loro azione sul suo animo, dal momento che abbandonata la bottega del padre cominciò egli a vivere nella sua beata e laboriosa ἀπραγμοσύνῃ?

I testimoni autentici ed immediati della dottrina socratica non ci forniscono di notizie sufficienti, per poter noi con l'aiuto delle stesse, se non rifare minutamente, almeno adombrare in parte le successive fasi che ha dovuto percorrere la coscienza di Socrate, prima di presentare alla considerazione degli Ateniesi dei caratteri così notevolmente spiccati, che l'occuparsi di lui fosse come toccare un argomento che tenea desta l'opinione generale. Senofonte e Platone erano appena nei primi anni della loro vita, quando le Nuvole di Aristofane furono rappresentate[43]; e questa sola circostanza dovrebb'essere ragione sufficiente, perchè noi, senza più interrogarli su lo sviluppo della coscienza del loro maestro, ci appagassimo di quanto hanno raccolto dei detti e degli atti di Socrate già maturo e dimentico delle lotte della sua prima gioventù; oltre di che la natura stessa dei loro scritti, e l'epoca in cui furono redatti, doveano di necessità indurli a mettere sotto gli occhi dei lettori l'immagine completa e perfetta del loro eroe, la cui incontestabile vittoria su le viete opinioni professate dal comune degli uomini e su i riluttanti elementi della coltura ateniese, non che essere invalidata, era stata rifermata e consacrata da una morte, per quanto ingiusta, altrettanto gloriosa.

La data della rappresentazione delle Nuvole d'Aristofane, e la maniera come Senofonte e Platone ci rappresentano il loro maestro già nel pieno possesso d'intime convinzioni, che avevano acquistato la forza e la potenza d'istinti naturali, sono due fatti dalla cui combinazione critica dee risultare evidente l'opinione di coloro i quali affermano, che Socrate avea nei primi anni della guerra del Peloponneso già in parte fissato l'orizzonte della sua coscienza[44]. E a volere esprimere nella forma più semplice la natura ed i limiti di quell'attività scientifica, basterà dire su la testimonianza di Aristotele[45], che egli fu il primo che si rivolgesse a ricercare la natura delle relazioni etiche, seguendo il filo logico della epagoge e della definizione. Tale era la sua occupazione, quando in mezzo ad una schiera di giovani d'ogni classe sociale, e conversando con quante persone gli venissero innanzi, metteva in mostra nell'età sua provetta i pensieri maturati nell'intimo dell'animo suo; e mosso da un invincibile bisogno di richiamare i suoi interlocutori ai motivi intrinseci della convinzione e della certezza, rigettava i pregiudizi, mediante il concetto rettificava l'opinione, e, con l'invogliare alla continenza ed all'esercizio cosciente di ogni virtù, affermava di adempiere una missione affidatagli dalla divinità, la cui voce gli si era fatta palese nella coscienza fin dai suoi primi anni, finchè l'oracolo di Delfo non venne a confermarlo nel suo proposito. Tutta questa ricchezza di pratiche attitudini, e di capacità teoretica, che non è certamente espressa dalla caratteristica troppo astratta di Aristotele, è esposta con plastica evidenza nel ritratto senofonteo, e in tutti quei luoghi di Platone, che portano l'evidente impronta di una storica reminiscenza.

Ma, avendo escluse come infondate tutte le tradizioni conservate dagli scrittori di un'epoca assai posteriore, e sforniti come siamo dei ragguagli dei testimoni autentici, dovremo forse deciderci a negare ogni connessione fra l'attività scientifica di Socrate, e tutti i tentativi fatti prima di lui e durante la sua vita, per escogitare dei principi atti a spiegare la natura delle cose, e l'ordine intrinseco dell'universo? Che influenza insomma hanno esercitato sul suo spirito le opinioni delle varie scuole filosofiche dei due punti estremi del mondo greco, le colonie dell'Asia e dell'Italia? E non si è forse ripetutamente insistito su la derivazione di alcune convinzioni di Socrate dal principio della filosofia di Anassagora; e la più o meno grande somiglianza, che s'è voluta scorgere fra lui ed i Sofisti, non s'è cercato più volte spiegarla con la diretta influenza della costoro propaganda? La esposizione critica di tante svariate opinioni non può punto riguardarci in questo momento: e se ci siamo fermati alquanto su questa quistione, è stato solo nell'intento di chiarire nettamente la posizione di Socrate in Atene, e nello sviluppo della coltura greca; ed eziandio per giustificare il divario che passa fra la nostra esposizione della dottrina socratica ed alcuni dei lavori che hanno preso a trattare dello stesso argomento. Esporremo dunque brevemente l'opinione che ci siamo formata con lo studio delle fonti.

La prima elementare istruzione, tenuta per legalmente obbligatoria nella repubblica ateniese, non è sufficiente a spiegare l'attitudine filosofica e la efficacia pratica del carattere di Socrate; perchè, sebbene rimanga dubbio fino a che punto egli abbia potuto valersi della tradizione letteraria come mezzo di coltura, il carattere delle sue vedute, e l'influenza che esercitarono, mostrano chiaramente quanto quelle fossero radicate nei bisogni e nella coltura del tempo. Sotto questo riguardo, tutte le molteplici tendenze ricercative delle varie scuole filosofiche hanno potuto esercitare una influenza più o meno diretta su lo sviluppo della sua coscienza, e disporlo a quel bisogno incessante di esaminare con certezza scientifica i fenomeni interni della vita etica, che la profondità del suo carattere, e la perfezione del suo sentimento morale gli venivano offrendo alla riflessione con insolita evidenza. E si è anche in grado di arguire dai Memorabili di Senofonte, e dall'Apologia di Platone, di che natura fosse quella influenza, se si prende per poco ad esaminare con quanta cura nei primi abbia l'autore cercato di tratteggiare l'antitesi che correa fra Socrate e le opinioni di diverse classi di cittadini e di addottrinati, e come, nell'altra, Platone, nell'intento di appressarsi quanto più poteva alla verità storica, abbia solo leggermente idealizzato lo svolgimento della coscienza socratica in rapporto coi vari elementi politici ed educativi del tempo.

All'epoca di Pericle, e molto più dopo la sua morte, Atene era divenuta il centro di tutta la coltura ellenica, e quanto s'era prodotto di poesia, di storia, di filosofia, e d'invenzioni artistiche e tecniche in tutti i punti del mondo greco avea trovata facile accoglienza in quella città, cui la prosperità materiale del popolo e i larghi possessi aveano sotto tutti i riguardi disposta a essere il pritaneo della civiltà. Filosofi e ciarlatani, oratori ed arruffapopoli, poeti e guastamestieri, maestri e novatori della musica, della mimica, del ballo, della educazione, dell'architettura, della tattica e della strategica veniano a trattenersi ed a far propaganda e scuola in Atene, ove la mobilità del carattere congiunta ad un nobile patriottismo, e ravvivata dalla ricordanza delle recenti glorie, avea così slargati e resi incerti i confini dell'opinione, che l'individuo potea a sua posta allontanarsi dalle credenze e dalle convinzioni comuni e tradizionali. Il contrasto fra le nuove tendenze, e la vita antica dette ben presto luogo ad una profonda collisione nel seno della società ateniese; e questa tanto più apparve grave e pericolosa, perchè andò per molti lati congiunta al disfacimento della democrazia e della pubblica morale. L'immagine completa di questo contrasto può desumersi dal confronto della satira di Aristofane, con l'addolorato e sdegnoso racconto di Tucidide.

Ora è in quest'epoca agitata da tanti interessi, e ricca di tanto bisogno di ricerca, che Socrate acquistò la coscienza della sua missione educativa. Che egli abbia potuto raccogliere qua e là qualche nozione dei principii delle varie scuole filosofiche, apparisce chiaro da Senofonte, che, sebbene voglia mostrarcelo in opposizione assoluta coi ricercatori delle cose naturali, pure lo fa apparire informato delle loro vedute[46]. Ma, dall'ammettere questo come vero, all'accettare come storiche tutte le discettazioni che Platone immagina avvenute fra Socrate e i diversi rappresentanti delle scuole filosofiche ci corre molto; e a noi pare, che la persistenza con la quale certi critici tornano continuamente a mettere in una diretta relazione Socrate coi filosofi Ionici ed Eleatici, ed a dedurne le convinzioni dal principio di Anassagora, non merita di essere nuovamente criticata. Il ritratto ideale di Socrate presso Platone può fino ad un certo punto ravvivare e rendere evidente il contrasto dell'epoca sofistica con l'antica coltura[47], per quanto il misticismo platonico il consente; ma non è per ciò storicamente fedele.

Le condizioni della coltura ateniese, ed il risultato esclusivo cui pervenne Socrate con le sue ricerche costituiscono un'antitesi così pronunziata, che rimane sempre vero quello che si è detto ripetutamente di lui, esser egli stato maestro a sè medesimo[48]. E che questa opinione non deva condurci a farne un uomo dotato di qualità mistiche e profetiche, parrà chiaro dall'osservazione che aggiungiamo. L'oggetto e la natura della ricerca socratica sono affatto nuovi, ed ignoti ai filosofi della Ionia e d'Italia, checchè possa andarsi a rintracciare di elementi etici e logici nei loro principî[49]. Questo nuovo interesse e questa nuova maniera di filosofare non apparisce in Socrate come qualcosa di teoreticamente intenzionale, ma deriva intimamente dai suoi bisogni etici e religiosi, ed è il risultato di un esame che egli ha esercitato su sè medesimo, fino al punto di obbiettivare in una intuizione etica dell'universo le esigenze dell'animo suo. Questo lavoro egli ha dovuto compierlo reagendo continuatamente contro tutte le tendenze opposte e divergenti dei contemporanei; e quanto fossero esatte le sue conoscenze intorno ai principi filosofici di quelle scuole, che direttamente o indirettamente aveano influito a modificare l'etica della società ateniese, noi non siamo più in grado di saperlo. Volerne quindi dedurre i principî dai predecessori, con non so quale idea schematica di una necessaria derivazione dei sistemi filosofici, è sconoscere in lui l'elemento più originale ch'egli s'avesse, la sua originale personalità, e dimenticare al tempo stesso, che in un uomo straordinario come Socrate gli elementi che han potuto servire a svilupparlo doveano trovarsi in una grande incongruenza col risultato stesso dello sviluppo. Con ciò noi non neghiamo, che Socrate sia appunto l'uomo in cui convergono per la prima volta le varie fila della coltura greca, per raggrupparsi insieme e formare una più complicata e più mirabile tela; ma come abbiamo posto in chiaro, che le fonti non ci autorizzano a metterlo in relazione coi suoi predecessori per la via di una tradizione dottrinale, così vogliamo non si perda mai di vista, che la sua filosofia, o meglio quello che noi troviamo di filosofico in lui, è stato, non il risultato di una indagine più o meno teoretica e dottrinale, ma un bisogno personale, che si è fatto dottrina.

Socrate

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