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III.

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Basta il fuggevole sguardo che abbiamo dato alle condizioni interne ed esterne dei Comuni per fare intendere che sorta d'esistenza travagliata e precaria essi menassero e come aprissero facile varco alle ambiziose mire dei futuri Signori. I quali, peraltro, non ostante tutte le arti loro, non avrebbero potuto insediarsi nè mantenersi in istato ove non fossero stati sorretti, per un tempo, dal favore delle moltitudini. E non poteva essere altrimenti; giacchè la licenza e le sfrenatezze generano tal sazietà, che viene un momento in cui un popolo si darebbe anche al diavolo, pur di tirare in basso i prepotenti e di godere qualche giorno di vivere riposato; si acconcia allora all'assoluta potestà d'un solo, finchè i mali dell'oppressione non abbiano alla lor volta cancellato il ricordo degli abusi della libertà. Ci possiamo fare una chiara idea di questa legge storica, ripensando (per addurre un solo esempio) alle vicende della repubblica in Francia, negli ultimi cento anni: nè parrà strano il raffronto, chi consideri quanto si somigliano nell'instabilità le nostre antiche democrazie con la moderna di Francia. Colà due volte, nel 1800 e nel 1848, la nazione intera si buttò volonterosa in braccio ad un Bonaparte, affinchè la salvasse dai pericoli dell'anarchia. Speriamo che, al presente, faccia miglior prova la terza repubblica; e noi, come italiani, dobbiamo desiderarlo; ma poco mancò, due anni or sono, che essa non precipitasse sotto la strana dittatura d'un fantoccio soldatesco, di cui teneva i fili una compagnia di legittimisti, d'imperialisti e di faccendieri. Ed avvertasi che se, nella prima repubblica, c'erano due categorie di persone messe fuor della legge, gli emigrati ed il clero non costituzionale, nelle altre due repubbliche, tutti partecipavano e partecipano al governo, anche i residenti in remotissime colonie; mentre per contrario gli assoggettati, gli esclusi e gli sbanditi costituivano il massimo numero degli abitanti, nei nostri Comuni medievali.

Non deve dunque parere strano che la vita loro abbia avuto, in complesso, splendida, ma non lunga durata, essendo sorta coll'undecimo secolo, e già nel decimoterzo incominciando a declinare; c'è piuttosto da meravigliarsi che alcune città riuscissero, tra molte traversie, a mantenersi libere fino ai tempi moderni, e che quattro delle antiche repubbliche sopravvivessero ancora in Italia quando l'intiera Penisola, travolta nel turbine della rivoluzione francese, fu soggiogata dalla nuova repubblica e dal suo condottiero, nato in Corsica, di schiatta toscana: quattro repubbliche, Venezia, Genova, Lucca e San Marino, tutte prettamente oligarchiche, salvo una che, sola superstite, ci è caro di conservare qual minuscolo testimone d'un mondo scomparso.

Per tutti gli altri Comuni, la trasformazione in signorie ha principio col 1200 ed ha compimento nel 1559. Durante questo periodo si manifestano svariatissime forme di vita politica che s'intrecciano e si avvicendano, secondo che portano l'energia individuale e l'umore avventuroso d'un popolo, il quale si ridesta, giovane e vecchio ad un tempo, superbo delle antichissime tradizioni latine, perpetuatesi nei travestimenti del medioevo, e pur voglioso d'innestare su quelle i germogli d'una nuova civiltà.

La vita italiana nel Trecento: Conferenze tenute a Firenze nel 1891

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