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[I-1] Di questa portentosa longevità dei patriarchi pare abbia conosciuto e divulgato il secreto, ma senza beneficio notabile, un Giovanni Bracesco, autore di un raro libro intitolato: Il legno della vita, nel quale si dichiara qual fosse la medicina per la quale i primi padri vivevano novecento anni. Si stampò in Roma nel 1542. La longevità di Noè e divenuta in particolar modo proverbiale fra gli Arabi. V. Goldziher, Der Mythos bei den Hebräern, p. 279.

[I-2] Il Kuhn ha dimostrato l'identità dell'amrita e del soma nella sua monografia intitolata Die Herabkunft des Feuers und des Göttertranks, p. 145.

[I-3] Sebbene la vite fosse coltivata in alcune parti dell'India non pare tuttavia che gli Indiani ne abbian mai tratto il vino. Usavano bensì vino di palma secondo si trova riferito da Plinio, Hist. nat., VI, 32, 8; XIV, 19, 3. Conobbero anche il vino di vite, che, a dispetto d'ogni proibizione, vi si portava assai di lontano. V. Lassen, Indische Alterthumskunde, v. I, p. 264–265, n. 3.

[I-4] Râmâyana, versione di G. Gorresio, edizione di Milano, v. I, c. XLVI. Il Mahâbhârata ha un racconto molto più lungo, ma non diverso per la sostanza. Se ne trova la versione fra le note al Bhagavadghita tradotto dal Wilkins. Altre versioni, con varietà di poco rilievo, si trovano nei Purani. Cf. Wilson, The Vishnu-Purana, p. 75–78.

[I-5] V. la lettera che si suppone scritta dal Prete Gianni all'imperatore di Roma e al re di Francia nel Monde enchanté del Denis, p. 185–205.

[I-6] Baruffaldi, Baccanali, Bacco in Giovecca.

[I-7] Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, III, 68.

[I-8] Antigone, 1105.

[I-9] Osiride e Bacco sono divinità solari. Fra essi v'è identità mitica. Cf. Braun, Naturgeschichte der Sage, v. II, p. 116.

[I-10] Du Méril, Poésies inédites du moyen âge, p. 306–308.

[I-11] Beugnot, Histoire de la destruction du paganisme en Occident, v. II, p. 324.

[I-12] Piper, Mytologie der christlichen Kunst, v. I, p. 211.

[I-13] Maury, L'astrologie et la magie dans l'antiquité et au moyen âge, IVa ed., p. 155.

[I-14] La commemorazion di San Bacco cade il 7 di ottobre. Dice in proposito il Middleton nella Letter from Rome: «In another place I have taken notice of an altar erected to St. Baccho; and in their histories of their saints, I have observed the names of Quirinus, Romula and Redempta, Concordia, Nympha, Mercurius, which, though they may have been the genuine names of Christian martyrs, cannot but give occasion to suspect, that some of them at least have been formed out of a corruption of old names». Io non so persuadermi che genitori cristiani volessero imporre ai loro figliuoli nomi così esecrati quali si erano quelli delle antiche divinità, e quanto ai neofiti credo che prima lor cura, ricevendo il battesimo, sarebbe stata di sostituirli con altri, quando pure si debba supporre che li portassero innanzi.

[I-15] Tommaso Cantipratense ricorda una specie di canto fescennino composto in onor di quel santo: cantus turpissimus de beato Martino, plenus luxuriosis plausibus, per diversas terras: Galliae et Teutoniae promulgatus. Bonum universale de apibus, ed. Colvenerii, Duaci, 1627, p. 456–457. Cf. Du Méril, Poésies populaires latines du moyen âge, p. 198.

[I-16] Blavignac, Histoire des enseignes d'hotelleries, d'auberges et de cabarets, p. 55.

[I-17] Missa de potatoribus, Wright and Halliwel, Reliquiae antiquae, II, 208–210.

[I-18] Nella Confessio Goliae attribuita a Gualtiero Mapes. Wright, Latin poems attributed to Walter Mapes, p. 70–75.

[I-19] Histoire littéraire de la France, v. XXII, p. 141.

[I-20] Id., v. XXIII, p. 495.

[I-21] Jubinal, Nouveau recueil de Contes, Dits, Fabliaux et autres pièces inédites des XIII, XIV et XV siècles, v. I, p. 250 e segg.

[I-22] Joyeusetez, Facecies, ecc., v. IX.

[I-23] Morgante Maggiore, c. XVIII, st. 132. Qui possono essere ricordati anche questi pochi versi tedeschi:

Der Deutsche hat zum Symbolum

Das Wort der Passion

«Mich durstet» ausersehen,

Und hält nach eigenen Proben

Das Vers für unterschoben

«Lass diesen Kelch vorübergehen.»

[I-24] Conquestus in Bacchum et Cererem.

[I-25] Canzona d'un Piagnone pel bruciamento delle vanità nel carnevale del 1898, pubblicata da Isidoro del Lungo. Si può confrontare con Il Transito del tanto lascivo e desiato Carnovale col tollerabile e osservabile Testamento lasciato all'ardita e sfrenata Gioventute. Firenze, 1569.

[I-26] Veggasi il poema intitolato La Cuccagna.

[I-27] Veggansi i Fragments cosmogoniques de Bérose pubblicati dal Lenormant. Giorgio Smith fece conoscere un racconto più esteso che non sia quello di Beroso, contenuto nelle tavolette trovate a Ninive dal Layard. Questo racconto è indubitabilmente anteriore a Mosè. Cf. Lenormant, Les premières civilisations, v. II, p. 19.

[I-28] Per ciò che concerne il Noè americano si può riscontrare J. G. Müller, Geschichte der amerikanischen Urreligionen, p. 423.

[I-29] Parabole, leggende e pensieri raccolti dai libri talmudici dei primi cinque secoli dell'E. V., p. 341–342.

[I-30] Plancy, Légendes de l'ancien Testament, p. 121–122.

[I-31] Leviticus rabbâ, sect. 12.

[I-32] Arnold, Arabische Chrestomathie, v. I, p. 53.

[I-33] C. XXX. Josephus, au livre des causes des choses naturelles, racompte que Noè trouva la vigne silvestre, c'est assavoir les lambrusces; et, pour ce que le piet en estoit amer et foïble, le bon patriarche print du sang de quatre bestes, du lyon, du pourceau, de l'aignel et de la singesse, pour en destremper le fient, tellement que après cela le vin fut fait meilleur et plus fort.

[I-34] Tischreden, Ed. di Lipsia, 1700, p. 172.

[I-35] Méon, Nouveau Recueil, De l'hermite qui s'enivra.

[I-36] Riferisco questo racconto sulla fede del Plancy, op. cit., p. 111–112. Non ho agio di riscontrare le Istorie di Tabari.

[I-37] Ed. di Firenze, 1549, p. 33–39.

[I-38] Ateneo, X, 49; Eliano, Variarum historiarum, II, 41.

[I-39] Eliac., II, c. XXVI, 1.

[I-40] Historia del Infante D. Pedro de Portugal en la que se refiere lo que le sucediò en el viaje que hizo cuando anduvo las siete partes del mundo, compuesto por Gomez de Santistevan.

[I-41] Freytag, Arabum proverbia, v. II, parte 1a, p. 140.

[I-42] Epist., III, 19.

[I-43] Carmin., III, 21.

[I-44] Huon de Bordeaux, edito dal Guessard e dal Grandmaison.

[I-45] La Vie de Gargantua et de Pantagruel, l. III, c. XLVII.

[I-46] Qui mi pare venga in acconcio la seguente storiella narrata dal Domenichi, nel l. III della Historia varia.

Arrigo conte di Goritia hebbe due figliuoli d'una sua moglie Vngara donna nobile et prudente, i quali prima ch'uscissero di fanciullezza, tenne appresso di se nella camera sua; et spesse volte, mentre ch'essi dormiuano, era usato chiamargli da meza notte, et domandargli, se haueuano sete. I quali non rispondendo nulla, perch'essi dormiuano sodo, esso si leuaua, et daua loro bere. Ma non volendo essi bere, et rigettando fuori il vino, volto alla moglie le diceua: ah p....., tu ti facesti ingrauidare a un altro: costoro non son miei figliuoli, che dormono tutta la notte intera, senza hauer mai sete.


Il Vino: Undici conferenze fatte nell'inverno dell'anno 1880

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