Читать книгу La Vita Italiana nel Settecento: Conferenze tenute a Firenze nel 1895 - Autori vari - Страница 6
II.
ОглавлениеTale eredità raccoglieva Cosimo duca: bensì non come successione pacifica; non come il magnifico Lorenzo potè sognare, se la vita gli fosse bastata, di trasmettere quella sua indefinita, non però meno effettiva, autorità ai suoi discendenti; invece, una successione viziata di tante eccezioni, quante venivano ad essere inchiuse in quest'ordine di fatti: la cacciata del 1494 e successivi diciotto anni di governo popolare, la restaurazione del 1512 violenta, la cacciata ultima del 27, l'assedio, la permanente ribellione dei fuorusciti, fra' quali ora riparava festeggiato l'uccisore del tiranno. Ma questo Cosimo giovinetto aveva avuto per padre Giovanni, il prode capitano delle Bande Nere, che la milizia italiana rimpiangeva tuttora; e per madre ed educatrice quella valente Maria Salviati, che accoglieva nell'animo, congiunti in salda tempera, gli spiriti di una popolana baldanzosa e d'una imperiosa matrona; degna e caratteristica madre di quello fra i Medici, sul capo del quale la popolare supremazia della predestinata famiglia doveva divenire principato e fregiarsi della corona granducale.
I sette coronati che per due secoli appunto, dal 1537 al 1737, ressero la signoria di Firenze e del dominio; — presto, alle mani del duca Cosimo, accresciutosi di Siena ultima ròcca di libertà popolare; — formano, nella storia dei principati italiani, un gruppo che ha suoi peculiari caratteri e degni di nota. Non è una dinastia, che impostasi o imposta a un paese, lo governa o sgoverna, lo prospera o lo sfrutta, rimanendo essa una cosa (buona che si voglia chiamare o cattiva), e quel paese, pel quale essa passa, essendone un'altra. E nemmeno si può poi dire, che a fare essere i Fiorentini e i Toscani ciò che in codesti due secoli furono, quei sette granduchi operassero neanche la metà di quello che a dirizzare pel loro proprio verso la Firenze del secolo XV operarono il vecchio Cosimo ed il magnifico Lorenzo. No; la dinastia granducale Medicea è una cooperatrice familiare e compagnevole della cittadinanza fiorentina e toscana, ormai tranquillata e ferma nella servitù; signoria assoluta, dispotica anzi, ma non propriamente tirannica, la quale, senza nè spingere nè trattenere, procede di conserva con la società nuova che si è formata intorno a lei, e che tanto è diversa da quella che fu popolo, quanto cotesti granduchi dai loro avi, che in quel popolo furono tutto fuori che principi. Solamente può dirsi, e si deve, che la signoria assoluta nella quale si è trasformata la supremazia medicea, come impedisce le feconde iniziative fuori del chiuso campo nel quale uno solo è il padrone, come soffoca le reazioni generose contro l'arbitrio di lui, come ammortisce l'espansione dei sentimenti e delle volontà, che opererebbero chi sa su quale altra linea, verso quali altri obietti; come aduggia delle ombre sue, siano pur protettrici, la pianta della scienza sperimentale, che, maturata dai tempi, fiorisce ormai e vigoreggia sul buon terreno fiorentino; così con più maligna efficacia, che non potesse mai sugli animi de' liberi cittadini la politica liberticida de' Medici avanti il principato, influisce nel carattere dei sudditi i vizi o le deficienze che accompagnano e affrettano il logoramento fatale di quella stirpe. In tal modo il secolo XVIII riceverà, per le nuove sorti che la politica europea ha ordito alle regioni italiche, una Firenze e una Toscana, sulle quali alita sì la grande tradizione del pensiero e dell'arte da Dante al Machiavelli, da Michelangelo a Galileo; e sorvola alle effimere corruzioni, spirito immortale e verbo di nazione, la lingua; ma nel carattere e nel sentimento, nell'abito del vivere e nelle istituzioni, han filtrato e si son diffuse, la debolezza o l'insufficienza di Cosimo II e di Ferdinando II, la bigotteria testarda di Cosimo III, la scettica dissolutezza di Gian Gastone. L'età virile del granducato Mediceo, durata settantadue anni in Cosimo I e nei suoi due figliuoli, Francesco erede dei vizi paterni e Ferdinando I delle virtù; età, nel cui corso alcun che della Firenze repubblicana sopravviveva se non altro nella memoria di chi ci aveva vissuto; quella età è ormai consumata ne' suoi effetti, e moralmente quasi prescritta, lungo i centoventott'anni degli altri quattro principati.