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Capitolo Quattro

Frank aggrottò la fronte e le prese velocemente le mani mentre studiava il suo viso. “Era solo Matt Shearer. Il giovane allevatore. Non è un problema che sia interessato a te, vero?”

Carla rilasciò il respiro che non si era accorta di stare trattenendo e sentì tutto il corpo rilassarsi. Ovvio che non si tratti di Jerome: perché diavolo dovrebbe pensare di venire a cercarmi fin qui? Si maledì per la propria stupidità e si lasciò sfuggire una piccola risatina di sollievo.

“Oh… Matt… no, non è un problema,” riuscì a dire.

“Era deluso di averti mancata. A proposito, dove alloggi? Ieri mi sono dimenticato di chiedertelo, quindi non ho potuto dirglielo,” continuò Frank, apparendo leggermente più tranquillo.

La mente di Carla iniziò a correre. Non c’era possibilità di evitare la domanda diretta del suo datore di lavoro. Si sentiva abbastanza al sicuro lì, quindi non era una gran cosa rivelarglielo. “Al Melrose. Lo conosci?”

Frank sembrava sorpreso. “Sì, lo conosco, è il motel della città vicina. Ma si trova a più di un miglio di distanza. Vieni fino a qui in auto?”

Carla scosse la testa, i riccioli scuri che le sfioravano il viso.

“Hai detto il Melrose? Il Melrose Motel? Stai lì?”

Carla si voltò, vedendo che le due donne avevano finito di lamentarsi delle patate e adesso erano in piedi vicino al bancone, intente ad ascoltare la conversazione. Non c’era modo di negare dove stesse alloggiando, quindi si limitò ad annuire educatamente. “Sì.”

“Io gestisco un bed and breakfast in città. Perché non rimani qui? È molto più pulito di quel motel e ho un posto libero,” disse una di loro.

Carla sentì il panico invaderla per la seconda volta quella mattina. Non voleva offendere la signora ma non aveva alcuna voglia di trasferirsi in città, dove tutti sarebbero venuti a conoscenza dei suoi affari privati.

Era già abbastanza brutto che sapessero qualcosa di lei.

“La ringrazio, ci penserò su,” promise, incrociando le dita dietro la schiena.

Delores arrivò in quel momento con la colazione e le due clienti si voltarono per salutarla. Carla passò rapidamente alla cassa i pochi prodotti che avevano scelto e li aveva già imbustati quando tornarono a guardarla.

“Ooh, hanno un odore delizioso,” sospirò Carla quando Delores le passò accanto con la colazione.

Delores le rivolse un ampio sorriso. “Ne ho presi un paio anche per te. Appena avrai finito li mangeremo.”

“Non vedo l’ora!” esclamò Carla, sperando che le due donne davanti a lei capissero il suggerimento e se ne andassero. “Grazie mille,” disse poi, prendendo i soldi. Contò il resto dopo averlo preso dalla cassa per evitare di dover continuare a parlare del luogo in cui albergava, e glielo consegnò con un sorriso, prima di voltarsi e infilarsi nel retrobottega.

Le due signore uscirono dal negozio borbottando e Carla sospirò.

“La Signora Hodges stava facendo di nuovo pubblicità al proprio B&B?” chiese Delores con un sorriso mentre porgeva a Carla un grosso bagel.

“Temo proprio di sì. Spero di non averla offesa.”

“Ci vuole ben altro per scalfirla,” la rassicurò Frank, allungandole una tazza di caffè. “Quella donna ha la pelle più dura di un rinoceronte. Se una persona fa tanto di dire che ha qualcuno in arrivo, insiste per poterlo ospitare.”

Carla gli sorrise e prese un boccone della colazione.

“Grazie mille, è stato molto gentile da parte tua prenderla anche per me,” disse a Delores.

“Sciocchezze. Fai con calma, tanto da qui sentirai il campanello se entra qualcuno.” La corpulenta signora si sedette al piccolo tavolino da caffè e addentò il proprio cibo, mentre Frank si portava dietro il suo nel magazzino.

“Ora, raccontami tutto di te,” la esortò Delores senza giri di parole. “Cosa ti porta a Pelican’s Heath? Dove alloggi? Ieri sera mi hanno chiesto dov’eri andata e non riuscivo a credere di non avertelo chiesto.”

Carla ridacchiò. “Alloggio al Melrose Motel, appena fuori città,” spiegò. “Nonostante quello che ha detto la Signora Hodges, è molto carino e le persone sono davvero amichevoli.”

“Cosa? Trevor Melrose amichevole? È l’uomo più miserabile che abbia mai conosciuto!” esclamò Delores.

Carla ridacchiò di nuovo. “È un tipo a posto. Sembra scortese ma in realtà è gentile. È anche Maggie della tavola calda è adorabile. Prepara le colazioni migliori del mondo.” Si pentì subito di averlo detto, perché Delores avrebbe capito che aveva già mangiato. Erano passate un paio d’ore ed era di nuovo affamata, ma non voleva che il suo nuovo capo pensasse che fosse avida.

“Se lo dici tu, cara,” rispose con un sospiro, poi le fece l’occhiolino.

Non avrebbe dovuto preoccuparsi. Delores ovviamente non pensava male di lei, e dentro di sé si pentì di aver creduto che le avrebbe detto qualcosa di scortese.

“Vado io, tu finisci pure la tua colazione,” le disse Delores quando sentirono suonare il campanellino sopra la porta. Poi si alzò e tornò nel negozio.

Carla mangiò con gusto il bagel caldo, bevendo anche il caffè. Pensò che Delores fosse stata davvero gentile a farle finire la colazione, i suoi datori di lavoro erano sicuramente una coppia adorabile.

“Hai finito?” chiese Frank uscendo dal magazzino.

Carla annuì, bevendo l’ultimo sorso di caffè. “Proprio adesso.”

“Pensi di potermi aiutare per un attimo? Però è qualcosa di complicato, non voglio che ti faccia male.”

Carla fu in piedi prima ancora che lui finisse di parlare. Frank la accompagnò nel piccolo magazzino pieno zeppo di merce non deperibile di ogni tipo.

“Ho bisogno di prendere alcune di quelle lampadine sullo scaffale là in alto,” indicò Frank. “Ti dispiacerebbe tenere ferma la scala per me?”

“Certo che no. Vuoi che salga al posto tuo?” si offrì Carla.

“No, va bene così. Mi sentirei solo più tranquillo sapendo che qualcuno tiene ferma la scala.”

Carla annuì e afferrò la scala mentre l’uomo saliva. Vide che le sue mani tremavano un po’ mentre si arrampicava sui gradini, vacillando lievemente, ma poi alzò le braccia e prese la scatola dallo scaffale più in alto. Sembrava leggero come una piuma.

“Grazie. Sapevo che era una buona idea avere due mani in più ad aiutarci,” le disse, quando fu tornato accanto a lei sul pavimento.

Carla si sentì la benvenuta e fu felice di essere di qualche aiuto a quelle persone così gentili. “Ora è meglio se torno nel negozio e aiuto Delores. Penso di aver sentito di nuovo il suono del campanello,” disse, mentre si faceva strada verso il retrobottega.

“Eccoti qui, ti stavo cercando,” la salutò Delores con un sorriso raggiante.

“Ero nel magazzino con Frank. Mi ha chiesto di tenergli la scala,” spiegò Carla, un po’ confusa. Era preoccupata che il suo capo credesse che stava battendo la fiacca, ma Delores stava sorridendo troppo sinceramente per pensare a questo.

“Va bene. È che un certo giovanotto è passato per chiedere di te. Sono venuta a cercarti ma ho immaginato che fossi occupata. Ha detto che si sarebbe rifatto vivo più tardi,” Delores le fece l’occhiolino e Carla arrossì.

“Buongiorno, potreste aiutarmi a prendere un po’ di riso?” Un uomo anziano si avvicinò al bancone, proprio mentre Carla stava per domandare a Delores chi fosse quel “certo giovanotto”. Sperava in qualcuno di specifico, ma voleva esserne sicura. Però quello non era il momento per chiederlo, pensò mentre andava a prendere un pacco di riso da uno degli scaffali più bassi dall’altra parte del negozio.

“Grazie mille. Io non riesco a piegarmi così tanto, come vedi,” disse il cliente quando Carla tornò, scoprendo che nel frattempo Delores se n’era andata.

Dopodiché, il lavoro divenne frenetico, con i clienti che entravano per ogni genere di cosa. Carla era contenta di aver preso mentalmente nota di dove era riposta tutta la merce o si sarebbe ritrovata in alto mare in mezzo a tutti quei prodotti. Quando la situazione si calmò un po’, Delores aveva la testa infilata nei libri contabili e Carla non pensava fosse giusto interromperla solo per chiedere chi era il “giovanotto” che aveva chiesto di lei quella mattina.

Il suo cuore sussultò quando poco dopo la porta del negozio si aprì improvvisamente ed entrò un uomo con un cappello da cowboy e due brillanti, e familiari, occhi verdi.

“Buongiorno,” disse allegramente. Fece il giro della corsia di sinistra e iniziò ad esaminare gli scaffali.

Carla sentì il cuore sprofondare. Aveva sognato quell’uomo tutta la notte, pensava a lui da quando si era svegliata e adesso lui a malapena le parlava! Sembrava bellissimo, proprio come lei ricordava, e notò che quel giorno si era fatto la barba. Le piaceva quell’aspetto pulito tanto quanto la barba incolta.

Lui non la guardò più, continuando semplicemente a selezionare i prodotti come se lei neppure fosse lì. Si sentiva delusa e ferita. Cominciava a sentirsi anche un po’ seccata per quell’improvviso cambio di atteggiamento.

Cosa ho fatto di sbagliato? Perché non mi guarda neppure?

Mentre cercava la risposta, il campanello suonò di nuovo.

“Buongiorno, bellezza.” Aiden Fielding si avvicinò con aria spavalda al bancone, porgendole un piccolo mazzo di fiori. “Questi sono per te.”

Carla sorrise. Amava i fiori ma non ne aveva mai ricevuto neppure uno da Jerome. Aiden era un bell’uomo e aveva un chiaro luccichio d’interesse negli occhi mentre le sorrideva. Sebbene fosse delusa dal modo in cui Matt si era comportato, era davvero toccata dal gesto di Aiden.

“Grazie. Sono adorabili,” disse, prendendo il mazzolino dalle sue dita.

“Proprio come te.”

Carla arrossì. Era profondamente lusingata, anche se un pensiero assillante nella mente le faceva presente che avrebbe tanto voluto ricevere tutte quelle attenzioni da Matt.

“Vieni a cena con me stasera?”

Carla era senza parole. “Beh… io…” Guardò oltre gli scaffali e vide il meraviglioso uomo che riempiva i suoi pensieri intento a fissarla. Per una frazione di secondo pensò che Matt stesse per dire qualcosa, poi però distolse lo sguardo. Bene. Se è così che vuoi giocare… “Mi piacerebbe molto,” disse, rivolgendo ad Aiden il suo miglior sorriso.

“Ottimo. Ti passo a prendere io. A che ora finisci?”

“Alle sei.”

“Sarò qui,” le promise. “A proposito, dove alloggi? Nessuno sembrava saperlo ieri sera.”

Carla lo guardò a bocca aperta per un attimo. Era sicura che Frank avesse detto che era stato Matt a chiedere di lei la sera precedente. Doveva essersi confuso. Dopotutto erano entrambi cowboy e affascinanti, per quanto poco si somigliassero Frank poteva averli scambiati.

“Al Melrose Motel,” rispose lei.

Aiden annuì. “Bene. Allora ci vediamo più tardi, bellezza.”

Carla non poté reprimere un sorriso di fronte al suo viso felice. Aiden aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. Era alto poco più di un metro e ottanta, come Matt, e aveva la sua stessa struttura imponente, quella che a lei piaceva da impazzire.

Pensava che a quel punto Aiden se ne sarebbe andato ma lui la stupì sporgendosi oltre il bancone e dandole un leggero bacio sulle labbra. “Per arrivare a stasera,” mormorò, con gli occhi pieni di promesse.

Il campanello suonò per l’ennesima volta ma Carla non alzò lo sguardo. Era troppo occupata a guardare il bel viso di fronte a lei. La bocca di Aiden era dolce e Carla si leccò le labbra per prolungare il suo sapore. L’uomo le fece l’occhiolino mentre si voltava e se ne andava. Carla appoggiò i fiori sulla panca dietro il bancone con un sorriso. Quando si voltò per servire il cliente successivo, il sorriso le morì sul viso.

“Buongiorno.”

Carla sentì un enorme peso sullo stomaco mentre fissava due ormai familiari occhi verdi, che la fissavano con aria accusatoria. Mentre il suo cervello lottava disperatamente per mettere insieme i pezzi, guardò l’uomo che camminava lentamente verso di lei.

“M-Matt?”

“Ciao, Carla.” Il suo viso era teso mentre la osservava, e non le piacque affatto il dolore che lesse nel suo sguardo.

Passò lo sguardo da lui all’altro Matt. “M-ma io pensavo…”

L’uomo si avvicinò al bancone e si fermò accanto a Matt.

“Siete gemelli!” sbottò Carla.

“Esatto. Sono Dyson Shearer, piacere di conoscerti,” disse lo sconosciuto, porgendole la mano.

Carla mise il palmo tremante nel suo e si godette il modo in cui sparì in quel calore, proprio come era accaduto quando aveva stretto la mano di Matt il giorno precedente.

“Ehm, piacere di conoscerti. Sono Carla Burchfield. Mi dispiace, pensavo che fossi…”

“Me,” sbottò Matt a denti stretti.

“Sì.”

Ora che erano l’uno di fronte all’altra, Carla riusciva a vedere che Matt si comportava in modo leggermente più distaccato nei suoi confronti. Se il giorno prima era apparso davvero spensierato e allegro, oggi sembrava chiuso e un po’ ferito.

Dannazione!

Ritirò la mano da quella di Dyson, sentendosi stupida e goffa. Matt la stava ancora fissando e lei non sapeva cosa dire. Percepiva una sensazione strana alla bocca dello stomaco solo guardando quei due ragazzi sexy, ma loro non sembravano felici vicino a lei. Perché? Perché qualcun altro mi ha chiesto di uscire e io ho accettato? È forse un crimine? Dopotutto, nessuno di voi si è preso il disturbo di invitarmi!

Il suo senso di colpa di trasformò in rabbia e raddrizzò la schiena, fissando Matt.

“Perché non mi hai detto di avere un gemello?” chiese, stufa di sentirsi delusa per qualcosa per cui non aveva alcuna colpa.

“Perché avrei dovuto? Tu mi hai parlato della tua famiglia?” La sua voce era bassa e il viso imbronciato.

“Era importante dirti chi ero quando sono entrato?” chiese Dyson, appoggiando un paio di lattine sul bancone.

Lieta di avere qualcosa da fare, Carla li batté subito alla cassa.

“No,” rispose, dando a Dyson il suo resto. “Avrebbe solo evitato un po’ di confusione, tutto qui.”

“Non sembravi molto confusa mentre baciavi Aiden Fielding.” Matt aveva un’espressione tempestosa mentre parlava.

La rabbia salì nel corpo di Carla fin quasi ad esplodere. All’ultimo secondo si ricordò dove si trovava e abbassò la voce in un mormorio sommesso. “È un problema per te?”

Vide un bagliore nei suoi occhi verdi e per un attimo pensò che le avrebbe urlato contro. Ma anche lui dovette ricordarsi dov’era, dato che invece sussurrò: “Perché dovrebbe esserlo?”

Fu il turno di Carla di sentirsi ferita mentre ansimava e lo fissava.

Lo guardò deglutire a fatica prima che si voltasse e col fratello lasciasse il negozio, senza aggiungere una sola parola.

Carla era così impegnata a guardare la porta chiusa che non si accorse dell’ingresso di Delores. “Era di nuovo Matt Shearer?” Le lanciò uno sguardo d’intesa ma il luccichio nei suoi occhi si spense quando si rese conto che Carla non stava affatto sorridendo. “Oh, cara, cos’è successo?”

Carla sentiva di stare per piangere così fece dei respiri profondo per impedirselo. “Niente. Sto bene,” mentì.

Delores aggrottò la fronte poi il suo sguardo fu catturato dai fiori posati sulla panchina. “Questi te li ha portati lui? Ti ha chiesto di uscire? Ha detto che l’avrebbe fatto. Dove ti porterà? In un posto carino, suppongo.”

Carla si sentì male. Era palese che Delores pensasse che il ragazzo provava qualcosa per lei e si stesse chiedendo di cosa avessero parlato poco prima.

Quando Carla aveva visto Aiden aveva creduto che fosse lui ad essere passato dal negozio quel mattino, soprattutto dopo che il gemello di Matt, che lei credeva fosse Matt, l’aveva praticamente evitata.

Che completo disastro!

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