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CAPITOLO DUE

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Uccidere non era stato affatto come si era aspettato. Credeva che ci sarebbe stata una fase di che cosa ho fatto? Magari un momento di enorme senso di colpa per aver in qualche modo stravolto la vita di un’intera famiglia. Invece non c’era stato nulla di tutto ciò. L’unica cosa che aveva provato dopo gli omicidi – dopo aver ucciso entrambe le sue vittime – era un opprimente senso di paranoia.

E anche, ad essere onesti, di gioia.

Forse era stato uno stupido ad affrontare tutto in modo così casuale. Si era sorpreso di quanto gli fosse sembrato normale. L’idea l’aveva terrorizzato, almeno fino a quando non aveva stretto il loro collo nelle sue mani – stringendo con forza e rubando la vita da quei bellissimi corpi. La parte migliore era stata vedere la luce nei loro occhi spegnersi. Era stato inaspettatamente erotico, la cosa più vulnerabile a cui avesse mai assistito.

La paranoia, invece, era peggio di quanto avesse immaginato. Non era riuscito a dormire per tre giorni, dopo aver ucciso la prima. Con la seconda, invece, si era preparato. Un paio di bicchieri di vino rosso e un sonnifero subito dopo l’omicidio e aveva dormito a meraviglia.

L’altra cosa che lo infastidiva era quanto fosse stato difficile abbandonare la scena del crimine la seconda volta. Il modo in cui era caduta, il modo in cui la vita era scivolata via dai suoi occhi in un istante… gli aveva fatto desiderare di restare lì a fissare i suoi occhi appena morti per vedere quali segreti celassero. Non aveva mai provato impulsi del genere prima, anche se, a dire il vero, fino a un anno prima non si sarebbe nemmeno mai sognato di uccidere qualcuno. A quanto pareva, oltre ai gusti, poteva capitare di cambiare anche valori morali.

Rifletteva su questo seduto davanti al camino. La casa era avvolta nel silenzio più totale, al punto che poteva sentire il rumore delle proprie dita che si muovevano sul calice di vino. Bevve un sorso di vino rosso osservando il fuoco scoppiettare.

È questa la tua vita, adesso, si disse. Hai ucciso non una, ma due persone. Certo, era necessario. Hai dovuto farlo, altrimenti per te sarebbe finita. Anche se tecnicamente quelle ragazze non meritavano di morire, è stato necessario.

Se lo ripeté più e più volte. Solo così era riuscito a non farsi schiacciare dal senso di colpa. Forse era questo che aveva dato modo alla paranoia di prendere il sopravvento.

Si aspettava che da un momento all’altro la polizia bussasse alla sua porta. O magari una squadra speciale, con tanto di ariete da sfondamento. E la cosa peggiore era che sapeva di meritarselo. Non si illudeva di farla franca. Immaginava che un giorno la verità sarebbe venuta fuori. Era così che andava il mondo, ormai. Non esisteva più la privacy, non potevi vivere la vita che ti eri scelto.

Perciò, quando fosse giunto il momento, era sicuro che avrebbe saputo affrontare il suo destino come un uomo. L’unica questione che rimaneva era: quante ancora ne avrebbe dovute uccidere? Una piccola parte di lui lo implorava di smettere, tentando di convincerlo che il suo lavoro fosse concluso, che non dovesse più morire nessun altro.

Ma lui era convinto che non fosse così.

E il peggio era che la prospettiva di uscire e uccidere di nuovo suscitava in lui un’eccitazione che divampava ardente come il fuoco che aveva davanti.

Prima Che Fugga

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