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CAPITOLO SETTE

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Non era mai facile fare visita a una famiglia così presto dopo la morte di una persona cara, soprattutto quando stavi per fare domande sulla loro morte. Mackenzie aveva perso il conto delle volte in cui le era capitato, ma ce n'erano alcune che le erano rimaste impresse nella mente. Le manifestazioni del dolore non erano mai state uguali in nessuna situazione, ma non aveva mai assistito a una manifestazione in forma di collera pura. Almeno fino a quando non andarono a casa dei genitori di Sophie Torres. La madre, una donna bionda di nome Esmeralda, era chiaramente annientata dalla disperazione. Glielo si leggeva sul viso e negli occhi, quando li accolse in casa sua.

Esmeralda li accompagnò dentro casa come un fantasma che stesse infestando la sua stessa casa. Non aveva detto nulla, a parte: “Prego, entrate.” Camminava come se le gambe stessero perdendo forza, come se nessun muscolo del suo corpo vedesse alcun motivo per andare avanti, ora che sua figlia non era più viva.

Era davvero quella l'unica parte del suo lavoro che Mackenzie detestava. Guardò Webber e vide che aveva uno sguardo solenne e quasi di rimpianto sul volto. Considerato come l'aveva visto finora lavorando insieme, non gli si addiceva.

Esmeralda li condusse in cucina. Lì, Mackenzie vide il marito seduto al tavolo. Davanti a lui c'erano un album di foto e una bottiglia di liquore. Il suo volto era un muro di pietra. Tutto il suo corpo sembrava racchiuso in una corazza di rabbia. L'ira era così densa che a Mackenzie sembrò di sentirla irradiare da lui come calore.

“Mio marito” disse Esmeralda, facendo un cenno passivo nella sua direzione. Non si preoccupò di dire il suo nome, quasi stesse semplicemente nominando un mobile a caso.

All'inizio lui non disse nulla, anche se si alzò in piedi quando gli agenti entrarono in cucina. Lasciò l'album fotografico sul tavolo, ma prese il liquore. Non disse nulla mentre si appoggiava al bancone della cucina.

“Tè?” disse Esmeralda. “Caffè?”

Mackenzie non ne voleva, ma si era già trovata in situazioni simili. Sapeva che dare qualcosa da fare a Esmeralda Torres sarebbe stata una benedizione per la poveretta. Qualsiasi cosa pur di tenersi occupata, pur di sentire di avere il controllo su qualcosa.

“Sappiamo che è incredibilmente dura” disse Webber, mentre si accomodavano sugli sgabelli del bancone. “Vi ringraziamo per averci ricevuti. Riteniamo che sia essenziale per arrivare a capire molte cose su questo caso.”

Esmeralda non disse nulla, occupandosi del tè. Nella cucina dei Torres non fu pronunciata una sola parola fino a quando il bollitore non fischiò sul fornello e la signora cominciò a versare il tè nelle tazze con le bustine.

Esmeralda porse loro le tazze di tè. Mackenzie sorseggiò subito il suo e lo trovò piuttosto forte. Era una specie di tè verde, se non sbagliava, anche se aveva sempre preferito il caffè al tè.

“Cosa possiamo fare per voi?” chiese infine Esmeralda.

“Stiamo essenzialmente cercando di scoprire se ci fosse qualche possibilità che Sophie avesse dei nemici” disse Mackenzie. “Odio usare un termine così drastico, ma alcuni dettagli sulla sua morte ci portano a pensare che possa essere collegata a un altro omicidio avvenuto di recente.”

“Nemici, no...” disse la signora Torres. “Ma ci sono state delle cose che...”

Lasciò la frase in sospeso, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento e sforzandosi visibilmente di non mettersi a piangere. Il signor Torres, nel frattempo, fu più che felice di riprendere da dove la moglie aveva lasciato. E quando lo fece, la rabbia che Mackenzie aveva percepito prima in lui era altrettanto evidente nella sua voce.

“Nessun nemico” disse, parlando a ritmo serrato. “Ma il suo ex fidanzato è andato fuori di testa quando lei lo ha lasciato. Le ha mandato messaggi terribili.”

“Quanto tempo fa è finita la relazione?” volle sapere Mackenzie.

“Non lo so. Poco più di una settimana, credo. Non più di due settimane di sicuro.”

“Come fa a sapere dei messaggi?” chiese Webber.

“Ce li ha mostrati lei” disse il signor Torres. “È passata da noi, un po' spaventata, capite? Ci ha chiesto se secondo noi fosse il caso di chiamare la polizia. Le ho detto di lasciarmi parlare con quello stronzetto. Gli ho telefonato, ma non ha mai risposto. Ho lasciato un messaggio piuttosto aggressivo e, per quanto ne so, gli sms si sono interrotti.”

“Che tipo di messaggi le mandava, questo ex fidanzato?” chiese Mackenzie.

“Ossessivi. Le diceva che aveva commesso un errore, che lui poteva seguirla quando voleva e sapeva sempre dove si trovava. In uno dei messaggi ha scritto che sperava che un giorno qualcuno le avrebbe fatto del male tanto quanto lei ne aveva fatto a lui.”

“Immagino che non abbiamo il telefonino, vero?” Chiese Mackenzie. Guardò nella direzione di Webber nel porre la domanda.

“No. Ce l'ha ancora la polizia locale.”

“Avete mai conosciuto di persona questo ragazzo?” Chiese Mackenzie.

“Una volta” disse il signor Torres. “Una volta l'ha invitato a cena e giuro che... pensavo fosse un bravo ragazzo. Ma lei aveva lasciato intendere che le cose erano difficili quasi sempre. E poi quei dannati messaggi...”

“Per quanto tempo sono usciti insieme?" Chiese Webber.

“Forse un anno?” ipotizzò Il signor Torres. “Oppure un po' di più, credo.”

“Avete idea del perché si sono lasciati?” Chiese Mackenzie.

“Credo che stesse diventando troppo appiccicoso.” Stavolta fu la signora Torres a rispondere. A quanto pareva, aveva ripreso il controllo delle sue emozioni e voleva collaborare. “Sophie era in quella fase in cui era pronta a cominciare a fare l'adulta. Stava cercando di smettere di fare la cameriera per dedicarsi alla carriera di modella.”

“Era una modella?”

“Solo part-time” disse la signora Torres. “Niente di grosso. Qualche servizio fotografico per annunci su stampa e online. Ha fatto una pubblicità non molto tempo fa, ma non è mai stata mandata in onda.”

“Quando è stata l'ultima volta che uno di voi due ha parlato con l'ex fidanzato?” Chiese Webber.

“A parte il messaggio che gli ho lasciato” disse il signor Torres, “abbiamo parlato con lui solo quando lo ha portato a casa per cena.”

“Come si chiama?”

“Ken Grainger” rispose la signora Torres.

“Se lo vedete” disse il signor Torres, “assicuratevi che sappia che una delle ultime cose che la mia bambina ha visto è stato probabilmente uno dei suoi messaggi ignoranti. E se scoprite che è stato davvero lui... vi pagherei per lasciarmi anche solo cinque minuti da solo con lui.”

Una lacrima gli sfuggì dall'occhio destro. Mackenzie pensò che fosse la prima volta che vedeva qualcuno piangere per la rabbia. Né lei né Webber fecero commenti. Si alzarono e tolsero il disturbo, e Mackenzie sentiva ancora la rabbia del signor Torres aggrapparsi a lei come una ragnatela.

***

Con l'aiuto dei tecnici dell'ufficio operativo, Mackenzie e Webber riuscirono ad ottenere l'indirizzo di casa, l'indirizzo del lavoro e il numero di cellulare di Ken Grainger nel giro di quindici minuti. Il suo appartamento si trovava a undici chilometri da casa Torres, più vicino ai quartieri più degradati del centro. Era una zona della città che sembrava essere rimasta bloccata nel passato. I graffiti ai lati dell'edificio recitavano NIRVANA FOREVER, RIP KURT e LAYNE VIVE.

“Capisco i riferimenti ai Nirvana e a Kurt Cobain” disse Mackenzie. “Ma che cosa vuol dire Layne vive?”

“Layne Staley. Era il cantante del gruppo Alice in Chains. Non puoi sfuggire al fenomeno grunge, se abiti in una città come questa.”

Mackenzie annuì. Oltre che per Starbucks e per il costante rumore della pioggia, Seattle era anche conosciuta come luogo di nascita della musica grunge. Vide altri graffiti, piccoli locali e un numero impressionante di negozi di dischi, mentre si dirigevano verso l'appartamento di Grainger. Una volta arrivati lì, nessuno rispose alla porta. Non era un grande shock, perché erano nel bel mezzo della giornata e la maggior parte delle persone era probabilmente al lavoro.

Tuttavia, la telefonata al suo posto di lavoro, la Next Wave Graphics, diede risultati simili. Un uomo dal tono decisamente arrabbiato li informò che Ken Grainger non si presentava al lavoro da tre giorni e non rispondeva alle telefonate. L'uomo, adirato, chiese a Mackenzie di avvisare Ken che poteva considerarsi licenziato.

“Sembra estremamente sospetto, direi” disse Webber.

“Sono d'accordo. Dobbiamo comunque adoperarci per trovarlo in fretta. Se si tratta davvero del nostro uomo e riesce a spostarsi senza problemi da uno stato all'altro, non c'è modo di sapere dove potrebbe essere.” Ci pensò su per un po' mentre lei e Webber erano seduti in macchina, entrambi a sorseggiare una tazza di caffè. Mentre cercava di valutare i passi successivi, Mackenzie chiese: “Ti viene in mente qualcuno del Bureau che sia in grado di ottenere rapidamente informazioni personali? Numeri di previdenza sociale, informazioni sulla carta di credito, cose del genere?”

“Beh, sono dati piuttosto standard, quindi dovrebbero bastare una ventina di minuti o giù di lì per scoprirli.”

“Li vorrei ancora più in fretta. Salta la previdenza sociale per ora. Vediamo se riusciamo a trovare una carta di credito intestata a Ken Grainger.”

Webber lo fece, prendendo il cellulare quasi troppo diligentemente. Spostava lo sguardo da Mackenzie alla strada oltre il parabrezza, mentre parlava con qualcuno. Mackenzie restò in ascolto, colpita da come Webber riusciva a gestire bene la persona all'altro capo del telefono. Cominciava a rendersi conto che molte persone dell'ufficio di Seattle rispettavano parecchio Webber. Quando chiedeva qualcosa, di solito la otteneva rapidamente e senza domande.

Fu così anche per le informazioni sulla carta di credito di Ken Grainger. Webber ottenne quello che cercava nel giro di sei minuti. Coprì il microfono e guardò Mackenzie. “Ce l'ho. Stanno facendo un controllo per vedere quando è stata usata l'ultima volta...” Si interruppe, quindi si rivolse di nuovo alla persona in linea. “Sì... oh, davvero? Sì, sarebbe fantastico. Grazie.”

Terminò la chiamata e mise in moto l'auto. “La carta di credito di Ken Grainger è stata usata fisicamente l'ultima volta presso una stazione di servizio a circa venti chilometri da qui. L'ha usata a una pompa di benzina alle 8:37 di questa mattina.”

“Quindi è ancora in città" commentò Mackenzie. “Non sono passate nemmeno tre ore.”

“Il meglio deve ancora venire. È l'ultima volta che è stata usata fisicamente. Il mio collega dice che è stata usata ancora più di recente per pagare un ordine su Amazon. Quell'ordine è stato effettuato meno di un'ora fa.”

“Sappiamo da dove?”

“Non ancora. Stanno lavorando per ottenere l'indirizzo IP e poi la posizione fisica del luogo di origine di quell'indirizzo IP. In questo momento, mi sto dirigendo in direzione della stazione di servizio, supponendo che attualmente si trovi da qualche parte nelle vicinanze, in base all'ordine di Amazon.”

“Gran bel lavoro.”

Webber sembrò illuminarsi a quel complimento, mentre tornava in fretta verso la parte più bella della città. Nel frattempo, iniziò di nuovo a cadere una leggera pioggia, anche se il cielo era prevalentemente di un azzurro splendente.

Ci vollero meno di due minuti prima che il telefono di Webber suonasse. Rispose subito, pronunciò solo poche parole e poi riattaccò con un sorrisetto eccitato in faccia.

“Quell'ordine di Amazon è stato effettuato da un portatile a un indirizzo a circa sei minuti da qui” la informò.

In quel momento Mackenzie capì che, a volte, certe cose erano semplicemente universali. Lavorava con Ellington da così tanto tempo che aveva quasi dimenticato cosa significasse vivere l'entusiasmo di un altro agente. E in quell'eccitazione, né lei né Webber dissero nulla. Era quasi come andare sulle montagne russe, quando prima chiacchieri e scherzi del più e del meno e poi la sbarra di metallo si abbassa e all'improvviso arriva il momento di partire. Entrambi rimasero seduti senza dire una parola, mentre Webber accelerava e si dirigeva verso l'indirizzo che gli era stato dato.

Mackenzie si sentiva un po' in colpa per il fremito che provava. Con Ellington, le cose erano diventate rapidamente prevedibili nella routine lavorativa. Si nutrivano l'uno dell'altra e, di tanto in tanto, riuscivano a comunicare in maniera quasi telepatica. Ma a fronte di questi vantaggi, c'era anche un lato negativo: tutto ciò era diventato banale, quasi noioso. Mentre Webber sfrecciava per le strade, affrontando una curva ad una velocità tale che la parte posteriore dell'auto sbandò leggermente, Mackenzie si domandò se questo fosse esattamente ciò di cui aveva bisogno. Un piccolo scossone di adrenalina nella sua carriera, dopo essere finalmente uscita dal suo lungo congedo di maternità, avrebbe potuto fare miracoli per lei.

Raggiunsero l'indirizzo nel giro di quattro minuti. Webber fermò l'auto in un piccolo parcheggio. Si trattava di un appartamento che faceva parte di un piccolo complesso costruito per sembrare un'unica grande casa. Quando Webber scese dall'auto, Mackenzie lo seguì, senza fare domande. Lui si voltò a guardarla, come se volesse vedere se avrebbe preso lei il comando, ma lei glielo lasciò.

Non c'era alcuna fretta nel suo passo, mentre si dirigeva verso la porta dell'appartamento. La corsa in auto era stato per raggiungere il domicilio il più velocemente possibile; l'ordine di Amazon era stato piazzato poco più di un'ora prima, il che significava che Ken Grainger avrebbe potuto essere uscito appena piazzato l'ordine o in qualunque momento dopo di allora. Ma ora che erano qui, era il momento di scoprirlo: era ancora lì, oppure non c'era più.

Webber bussò alla porta. Entrambi udirono dei movimenti dentro casa e un suono molto basso che Mackenzie pensava potesse essere qualcuno che sussurrava.

Webber bussò di nuovo, questa volta più forte. Qualche istante dopo, un giovane che sembrava poco più che ventenne aprì la porta. Portava i capelli corti e indossava una canotta bianca con pantaloncini larghi.

“Sì?” disse, cercando di apparire tranquillo e rilassato. “Posso aiutarvi?”

“È lei Ken Grainger?” chiese Webber.

“Chi? No, amico.”

“E come si chiama?”

Il ragazzo sembrava quasi offeso. Fece un passo avanti sulla soglia, cercando di sembrare un duro. “Hai bussato tu alla mia porta, amico. Chi sei tu?”

Webber estrasse distintivo e carta d'identità con movimenti lenti e risoluti. Mackenzie trattenne un sorriso quando vide lo stupore sul volto del ragazzo.

“Agente Webber, FBI. Questa è la mia partner, l'agente White. Allora, le rifaccio la domanda. Come si chiama?”

“Toby Jones. L'FBI? Che succede?”

“Stiamo cercando un uomo di nome Ken Grainger” spiegò Webber. “Siamo abbastanza sicuri che sia stato qui di recente.”

“No. Sono solo, amico.”

“Le dispiace se entriamo a controllare?” Chiese Mackenzie.

“Non vi serve un mandato o roba simile?”

“In genere sì” disse Webber. “Ma abbiamo informazioni secondo cui qualcuno ha usato la carta di credito di Ken Grainger da un portatile a questo indirizzo nell'ultima ora e dieci minuti. Quindi a lei la scelta: possiamo interrogarla per il furto della carta di credito di Grainger, oppure può farci entrare per assicurarci che non sia qui.”

Prima Che Insegua

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