Читать книгу Prima Che Insegua - Блейк Пирс - Страница 7
CAPITOLO UNO
ОглавлениеMackenzie guardò il numero sulla bilancia digitale e provò un senso di trionfo di cui quasi si vergognò. La cifra diceva che era finalmente tornata al peso che aveva prima della gravidanza. Anzi, aveva due chili in meno. Non era mai stata una donna ossessionata dal peso, ma quel numero le dimostrava che riprendere un certo senso di normalità era possibile. Certo, si era abituata ad essere una madre e aveva accettato il fatto che la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
Ma, per qualche ragione, aveva faticato a perdere i chili presi in gravidanza. Gli ultimi cinque erano stati parecchio ostinati e ci era voluto molto più tempo di quanto lei o il suo medico si aspettassero. E ora, finalmente, se n'era liberata. Ci erano voluti quasi otto mesi e anche un caso pericoloso che l'aveva vista scalare il versante di una montagna, ma finalmente era tornata al suo peso ideale. E, per di più, non riusciva a ricordare l'ultima volta che si era sentita così in forma.
Scese dalla bilancia e cercò di dire a se stessa che non c'era nulla di male a crogiolarsi in quelle piccole vittorie. La sua depressione post-partum era durata quanto i chili di troppo e, proprio come gli ultimi, non sembrava voler andare da nessuna parte per il momento.
“Che stai facendo?”
Mackenzie si voltò verso la porta del bagno e vide Ellington in piedi sulla soglia. Guardò verso il basso, come se non si sarebbe mai aspettato di vedere sua moglie su una bilancia.
“Mi prendo un momento per apprezzare le piccole vittorie.”
“Posso sapere?” chiese, guardando la bilancia con scetticismo.
“Ho raggiunto l'obiettivo” disse lei, scendendo dalla bilancia. “Per quanto riguarda il peso, almeno.”
Entrò in bagno e la baciò sulla guancia. “Sto per uscire. Volevo solo salutarti.”
“Presto verrò anch'io con te.”
“Ah, lo so. E non vedo l'ora.”
La abbracciò, e il silenzio tra loro fu più che eloquente. Dopo l'ultimo caso in cui si era spinta ben oltre i limiti imposti delle sue condizioni, a malapena guarita a soli cinque mesi dal parto cesareo, il direttore McGrath aveva deciso di farla restare a riposo per altri tre mesi. Era ancora un'agente, ma era stata retrocessa a un incarico da casa, dove si occupava di smistare telefonate e aiutava nella ricerca e nella stesura dei rapporti.
Scalpitava per tornare nel mondo reale e affrontare casi reali. Vedere Ellington avere tre mesi piuttosto attivi era stata una tortura, specialmente il giorno in cui lui e uno dei suoi partner avevano neutralizzato un uomo armato che aveva quasi portato a termine una sparatoria in un centro commerciale.
“Di' a McGrath di preparare il mio ufficio.”
“Lo farò. Ma Mac... sai, la prossima settimana... è solo una riunione. Non c'è ancora nessuna garanzia.”
“Sì, lo so. Perché le donne sono facili da scavalcare e sottovalutare... fino a quando non hanno un figlio. Allora non diventano altro che addobbi per vetrine. Una specie di ripensamento che nessuno vuole offendere o maltrattare accidentalmente.”
“È solo prudente.”
“Lo so. Ma io ho deciso di essere incazzata.”
“Sì, lo vedo.” La baciò di nuovo e si diresse verso la porta. “Comprerò del cibo thailandese per cena, stasera. Buona giornata a te e a Ometto.”
Lo guardò andare via, poi lo seguì fuori. Kevin stava facendo il suo pisolino mattutino nel box in cameretta. Faceva tutto parte della routine. A otto mesi, si svegliava alle 5:45 del mattino, mangiava, giocava un po' e poi faceva un pisolino verso le 7:30 circa. I suoi orari per dormire e mangiare erano precisi come un orologio, il che rendeva le giornate di Mackenzie a casa un po' più semplici.
E, pur amando suo figlio più di quanto non si sarebbe mai aspettata, era eccitata all'idea di portarlo di nuovo all'asilo. Avevano già un posto prenotato al suo vecchio asilo nido. Il personale era stato molto gentile, date le particolari circostanze lavorative di Mackenzie nell'ultimo semestre.
Mackenzie si versò la seconda tazza di caffè della mattina e iniziò la sua routine quotidiana. Controllò le sue e-mail per vedere se ci fossero richieste di ricerca: non ce n'erano. Fece un sacco di bucato. Iniziò a fare la lista della spesa per il fine settimana. Mentre aggiungeva articoli di alimentari agli appunti sul telefono, sentì Kevin che cominciava a muoversi. Controllò l'orologio, vide che erano le 8:45 e non fu affatto sorpresa. Quel bambino era un orologio svizzero.
Andò da lui e lo prese in braccio. Il sorriso che le regalava sempre al risveglio dal suo pisolino mattutino era così somigliante a quello che le faceva Ellington quando si svegliava, che non poté fare a meno di ridere. Invece non la fece ridere l'odore di quello che aveva svegliato il piccolo. Gli cambiò il pannolino, lo vestì per la giornata e poi tornò fuori. Lì, lo sistemò nella sua sdraietta vibrante e controllò di nuovo le sue e-mail. C'era una richiesta di ricerca in attesa, ma conosceva già le risorse, così rispose all'e-mail inviando le informazioni in meno di dieci minuti.
Un meccanismo ad orologeria. Routine. Pannolini sporchi. Sì, si rendeva conto di avere una vita piuttosto piacevole, ma non vedeva l'ora di tornare in un ambiente di lavoro vero e proprio.
Era quasi ora di pranzo quando il telefono squillò. Il nome sul display inizialmente non aveva senso per Mackenzie: Greg McAllister. Poi però realizzò che era il nome di uno dei partner a cui era stato abbinato Ellington nei tre mesi in cui lei era stata relegata a casa. Era intenta ad agitare il biberon di latte in polvere per Kevin, quando si rese conto che poteva essere successo qualcosa di brutto. Probabilmente c'era solo una ragione per cui uno dei partner di Ellington avrebbe dovuto chiamarla, e non voleva nemmeno pensarci.
Il telefono squillò tre volte, prima che riuscisse a costringersi a rispondere. “Pronto, qui agente White.” È sciocco che stia ancora usando il mio cognome, quando tutti al bureau si riferiscono a me, anche per scherzo a volte, come ‘signora Ellington’.
“White, sono l'agente McAllister. Senti, va tutto bene per lo più, ma Ellington voleva che ti chiamassi per farti sapere che sta andando all'ospedale.”
Appoggiò il biberon lentamente e guardò Kevin, appollaiato sul seggiolone su cui aveva appena imparato a sedersi comodamente.
“Che cosa è successo? Sta bene?”
“Sì, pensiamo di sì. Abbiamo fatto una visita a sorpresa a un sospettato in un caso di un traffico di droga su cui stavamo lavorando. C'è stato un breve inseguimento, ed Ellington è caduto dalle scale. Nel peggiore dei casi, ha un braccio rotto. Ha anche battuto la testa, ma non sembra essere troppo grave.”
“Grazie. Sai qual è l'ospedale?”
McAllister le diede tutti i dettagli. Mentre Mackenzie li memorizzava, cercò anche di decidere cosa fare con Kevin. Ellington la prendeva in giro perché era un po' troppo paranoica, quando si trattava della salute del figlio. Le tornò in mente ora, mentre terminava la telefonata con McAllister, perché non aveva nessuna intenzione di portare suo figlio di pochi mesi in ospedale, a meno che non fosse assolutamente necessario.
È solo un braccio rotto, pensò. Riderà di me se faccio una scenata e mi precipito in ospedale.
Ma voleva assicurarsi che stesse bene; era il colpo alla testa a preoccuparla. Si sarebbe sicuramente aspettata che lui venisse a trovarla, se la situazione fosse stata invertita. Guardò Kevin e si accigliò.
“Ti va di andare a trovare il tuo papà, piccolo? Sembra che sia maldestro quanto te. Ha fatto un ruzzolone giù per le scale. Dovrei portarti in ospedale, però. Che ne dici?”
Kevin sorrise e batté le manine sul ripiano del seggiolone in risposta.
“Anch'io la penso così.”
Anche se, onestamente, non poteva negare che quella visita imprevista all'ospedale per il braccio rotto del marito fosse la cosa più eccitante che avesse vissuto negli ultimi tre mesi.